Pirandello e il Fascismo

L’episodio più discusso della biografia di Pirandello riguarda la sua adesione al fascismo.Nel 1924,nel pieno della bufera politica scatenata dall’assassinio del  deputato socialista Giacomo Matteotti, con un breve telegramma indirizzato a Mussolini, Pirandello dichiarò di voler aderire come <<umile e obbediente gregario>> al partito fascista. L’episodio appare paradossale (e molto pirandelliano) perché  avvenne nel momento di maggiore debolezza politica del regime, allorché le opposizioni sembravano  sul punto di far cadere il governo. Pirandello divenne fascista per più motivi: per il suo innato gusto dell’andare controcorrente; per la sua radicata diffidenza verso i partiti politici tradizionali; per un bisogno di certezze, oltre le barriere del suo relativismo; infine e soprattutto, per il sogno di favorire cosi la nascita di un teatro di stato, protetto e sovvenzionato dal regime. Le illusioni pero caddero presto. Pirandello man mano si sottrasse all’abbraccio del regime, viaggiando molto e risiedono spesso all’estero, nel 1930 pronuncio all’accademia d’ Italia , di cui era stato nominato membro l’anno prima, un discorso commemorativo su Verga  che suonava  aspramente critico verso D’annunzio , all’epoca l’intellettuale fascista prestigioso. Quando nel 1934  gli fu assegnato il premio nobel, la critica ufficiale accolse con freddezza il riconoscimento. L’ultimo dispetto giocato da Pirandello al regime fu il proprio funerale, che lui volle poverissimo. Di fronte alla volontà del  fascismo di celebrare le solenni esequie di stato dell’autore italiano piu celebre al mondo, questi riprendeva intatta la sua libertà, riaffermando la sua voglia di solitudine e di lontananza da tutto.