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Lineamenti di Regia Televisiva

di  Massimo Zanasi

Oggi siamo disposti a credere che fra la pratica e la grammatica non ci debba essere una grande differenza: chi teorizza deve poi concretizzare il suo pensiero nella prassi.
Una pratica artigianale fa sempre tesoro di un’esperienza storica che a sua volta si prolunga in una tradizione. Sta al genio creativo, semmai, stabilire gli stacchi (o gli attacchi) dall’insieme delle tradizioni correnti.
Ed é più che concreto ciò che impegna la ricerca sull’immagine, nella direzione inevitabile della necessità e lungo la traiettoria imprevedibile della creatività: non dimentichiamo che occuparci di “spettacolo” televisivo significa collocarci nel punto di confluenza di questi incontri ravvicinati dettati dalla necessità e dalla libertà interpretativa.
La televisione trasmette fatti di cronaca, documentari, finzioni (fiction). Quando trasmette fatti di cronaca, vorrebbe farci credere di obbedire in tutto e per tutto all’automatismo del mezzo. L’obiettivo della telecamera sembra un occhio neutrale e mai sazio di ciò che va registrando: le immagini sembrano dettate da una attenzione non condizionata da una necessità o da una legge.
In realtà questo non accade, non può accadere. Per poter essere libero, l’operatore é sì consapevole della necessità, ma in questa introduce sé stesso, la sua (in)soddisfazione, la sua attesa; e opera a sua volta delle scelte più o meno precise.
Il mezzo televisivo potrà dire di aver esaurito il suo ciclo quando lo spettatore, per conto suo, potrà istantaneamente percorrere non uno spazio per volta, ma lo spazio totale: non solo incrociare le immagini di cronaca dell’alluvione con la guerra in medio-oriente o le elezioni americane, ma moltiplicarsi per tutta l’estensione del pianeta; teoria che per ora neppure Internet riesce a mettere realmente in pratica.
Perché anche allora verranno operate delle scelte; e guardare qualcosa prima e qualcosa dopo significa introdurre la variabile del Tempo umano nell’irriflessivo dominio della “natura” terrestre attuale, nello stato delle cose in mutamento.
Una condizione astratta e felicemente appagata non partecipa attivamente, quindi non produce: prende atto di ciò che accade e per essa lo spazio che ha di fronte, pur entro stretti confini, é tutto lo spazio.
Dunque é sempre la scelta, e l’insoddisfazione dopo ogni scelta, che detta la conquista dello spazio che ci circonda; e tutto ricomincerebbe daccapo anche se tutto lo spazio fosse registrato e rivisto attraverso l’occhio televisivo.
Per il momento la televisione non può essere considerata una finestra aperta sulle tre dimensioni; e se l’emittente opera a tutto campo, chi riceve opera nella stessa ampiezza solo identificandosi col trasmettitore, solo se si fida delle sue “visioni” del mondo.
Ecco allora che anche la trasmissione cronistica, attraverso la necessità della scelta, rientra nel quandro di una funzione editoriale. Il telegiornale, come ogni altro contenitore di notizie (news), tende, attraverso l’abbondanza e la varietà delle notizie, a far dimenticare al cliente-utente, che quel cumulo di avvenimenti non é tutto, che tante cose rimangono al di fuori, e che il loro valore é determinato non da circostanze astratte, ma da un preciso atto di volontà: starà dunque all’utente, al consumatore dare il giusto valore alle cose che vede, non al fornitore del servizio, che sarà sempre parziale.
In quanto emittente di documentari la TV non sempre entra nel merito della scelta tra fatti concreti o supposti tali; ma indica il rapporto che le scienze attuali stabiliscono fra lo cose e l’uomo.
Un documentario biologico analizza un organismo secondo l’ordine con cui lo analizzano le scienze biologiche. Per avanzare nuove ipotesi dovrà avvalersi del contributo di artisti della pagina elettronica, che mettano a reagire gli elementi dell’arte con quelli della scienza.
Un documentario storico introduce tra i fatti affidati alla memoria e l’osservazione delle cose offerte alla vista (luoghi, rovine, monumenti, etc.) la nozione del tempo e delle sue diverse stratificazioni, capaci di di svelare con la loro successione una sostanza che alla nozione puramente spaziale ed extrastorica sfuggiva.
Un documentario critico (concentrato sull’espressione, sull’estetica e sulla poetica) ci conduce attraverso l’opera d’arte al punto d’incrocio fra l’espressione semantica offerta ai sensi e il mondo storico a cui appartiene, l’ambiente umano in cui sembra liberarsi anche del tempo.
Ma anche l’attività documentaria impegna una scelta editoriale; e perciò coinvolge indirettamente la preoccupazione politica che resta sempre presente in ogni scelta cronistica: la stessa scelta di occuparsi di un determinato argomento anziché d’un altro denota la volontà di sottoporre all’attenzione del pubblico una pagina o l’altra della storia. E non é detto che ci sia sempre la stessa cura, e lo stesso spazio per tutte le pagine della storia dell’umanità.
Se ne discute proprio in questo periodo a proposito dei testi scolastici: la scelta di questi presuppone un più ampio orientamento metodolgico che, alle sue origini, vede ancora un atto di scelta.
Tutti gli ampliamenti tecnici e gli approfondimenti culturali possibili non pregiudicano purtroppo la possibilità che ognuno ha di rifugiarsi nell’angolo tranquillo delle idee inveterate; così come tutte le regole, le scoperte e le riflessioni critiche cercano di integrarsi attraverso sistemi che la regia raramente realizza nella pratica televisiva.

Massimo Zanasi