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STORIA della CASCATA delle MARMORE
ingresso cascata £ 5.000

il biglietto comprende
parcheggio ed accesso ai sentieri
navette di collegamento
tra Belvedere superiore ed inferiore
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STORIA di TERNI
La cascata delle Marmore ha avuto origine nel 272 a.C. dopo i lavori fatti eseguire dal console romano Curio Dentato - Con un'altezza di 165 metri è la cascata più alta d'Europa

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Orario apertura della CASCATA
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dal 16 marzo al 30 aprile

Domenica e festivi
10.00 - 13.00
16.00 - 21.00
Sabato
11.00 - 13.00
16.00 - 21.00
Feriali
12.00 - 13.00
16.00 - 17.00

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dal 1°maggio al 31 maggio
Domenica e festivi
10.00 - 13.00
15.00 - 22.00
Sabato
11.00 - 13.00
16.00 - 22.00
Feriali
12.00 - 13.00
16.00 - 17.00

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dal 1°giugno al 30 giugno
Domenica e festivi
10.00 - 13.00
15.00 - 22.00
Sabato
11.00 - 13.00
15.00 - 22.00
Feriali
16.00 - 17.00
21.00 - 22.00

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dal 1°luglio al 31 agosto
Domenica e festivi
10.00 - 13.00
15.00 - 22.00
Sabato
10.00 - 13.00
15.00 - 22.00
Feriali
12.00 - 13.00
17.00 - 18.00
21.00 - 22.00

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dal 1°settembre al 30 settembre Domenica e festivi
10.00 - 13.00
15.00 - 21.00
Sabato
11.00 - 13.00
16.00 - 21.00
Feriali
12.00 - 13.00
16.00 - 17.00
21.00 - 22.00

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dal 1°ottobre al 31 ottobre
Domenica e festivi
10.00 - 13.00
15.00 - 20.00
Sabato
11.00 - 13.00
16.00 - 20.00

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dal 1°novembre al 15 marzo
Domenica e festivi
15.00 - 16.00

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    Con il nome di Marmore, s'intende l'estremo lembo occidentale della pianura di Rieti, ad oltre 160 metri sopra la sottostante valle, dove scorre il fiume Nera (Nar) su cui si riversa il fiume Velino (Mellino). L'ammasso di concrezione calcarea, si erge dai piedi della cascata fino al piano delle Marmore, costituendo una barriera naturale alla valle sottostante. Il nome marmore deriva da marmo, nome con cui la pietra calcarea veniva chiamata dalle popolazioni che abitarono quei luoghi fin dall'età del bronzo.
    Già lo scrittore latino Plinio, descrisse meravigliosamente la località: « in exitu paludis reatinae ubi saxum crescit ». vista dal belvedere superiore del gran salto di 80 metri Con saxum, Plinio, ha inteso descrivere la gigantesca concrezione di calcare formata dalle acque del Velino, ricche di bicarbonato di calce e d’altre sostanze solubili, provenienti dalle sorgenti di Terminillo, d’Antrodoco e Cutilia depositatesi a seguito dell'intensa attività vulcanica che si ebbe in quelle zone circa 2 milioni di anni fa.
    In epoca romana, prima di unirsi al Nera, le acque del Velino seguivano un percorso tortuoso, formando piccole cascate interrotte da pozzi, caverne e fosse, che ancora oggi, danno il nome a località vicine alla cascata. L'erosione naturale delle acque era vanificata dall'accumulo di calcare, che impediva il libero sbocco del Velino nella valle del Nera cui derivava l'impaludamento (lacus velinus) della valle reatina e la riduzione delle attività agricole.
    Nel 272 a.C. (481 ab u.c.), con la costruzione attraverso la diga di calcare di un canale conosciuto con il nome di cavo Curiano, fu avviata la prima bonifica della valle reatina. L'opera fu dovuta al console romano Curio Dentato, già distintosi per la costruizione dell'aquedotto romano addotto dall'Aniene. Al termine dell'opera, le acque del Velino diedero origine al meraviglioso spettacolo della grande cascata delle Marmore, e, potendo riversarsi nella valle sottostante più rapidamente, vista dal basso della cascata chiusafavorirono il prosciugamento delle pianure reatine e le attività agricole connesse.
    Queste, le vere origini della cascata delle Marmore. La fantasia popolare, tuttavia, preferì raccontare delle sue origini divine. Fu tramandato, infatti, che la ninfa Nera si fosse innamorata del pastore Velino irritando Giunone, regina e madre di tutti gli dei dell'Olimpo che, per punizione, la trasformò nel fiume Nera che ancora oggi porta il suo nome. Velino, colto dalla disperazione, con un salto destinato a perpetuarsi per l'eternità, si gettò dalla rupe di Marmore, ricongiungendosi con un abbraccio mortale, alla donna amata.
    All'apertura del cavo Curiano, seguirono benefici alle popolazioni reatine, ma anche disagi agli abitanti della valle del Nera, soprattutto ternani e narnesi, i quali dovevano subire le inondazioni del fiume non in grado di defluire anche le acque del Velino, soprattutto nei periodi molto piovosi. Iniziarono così contrasti secolari tra i ternani che cercavano di occludere il cavo Curiano ed i reatini, che volevano impedirlo arrivando talvolta a vere e proprie operazioni di guerra.
    Testimonianze dei dissenzi tra Terni e Rieti, derivati dall'apertura del cavo Curiano, ci sono fornite da Cicerone, il quale, durante il consolato di Domizio Enobardo ed Appio Claudio Pulcro sostenne le ragioni dei reatini contro quelle ternane rappresentate da Aulo Pompeo. Sul giudizio, espresso da un consiglio di magistrati di Roma presieduto dal console Claudio Pulcro,non si hanno testimonianze ma, la sentenza fu ritenuta soddisfacente da entrambi i contendenti, i quali esaltarono l'operato dei propri difensori.
    Le controversie per le acque del Velino, come ci ricorda nel primo libro degli annali (LXXIX), lo scrittore latino Tacito, non cessarono e, all'epoca dell'imperatore Tiberio, quando fu posto il problema se ridurre il flusso degli affluenti del Tevere

Si discusse poi in Senato, per iniziativa di Arunzio e di Atalo se per frenare le inondazioni del Tevere si dovesse deviare il corso dei fiumi e dei laghi che lo alimentano; furono perciò, ascoltati i rappresentanti dei municipi e delle colonie, tra i quali i Fiorentini pregavano che il Chiana non fosse deviato dall'alveo consueto e trasferito nell'Arno, perchè ciò sarebbe stato di grave danno per loro. Proteste simili a queste esposero gli abitanti di Terni (Interammates): sarebbero andati in rovina i campi più fertii d'Italia se il Nera, separato in canali, come si progettava, vi avesse stagnato sopra con allagamenti; non tacevano neppure i Reatini, che rifiutavano di ostruire il lago Velino che si getta nel Nera, perchè allora avrebbe dilagato nelle terre circostanti. La natura aveva ottimamente provveduto alle umane esigenze quando aveva dato ai fiumi le loo fonti, il loro corso e, come aveva dato le sorgenti così gli sbocchi; si dovevano poi rispettare anche i culti degli alleati che avevano dedicato ai fiumi patrii riti, boschi, altari; lo stesso, Tevere non avrebbe assolutamente voluto correre con diminuita maestà, privato dei fiumi vicini: fossero le preghiere delle colonie, o la difficoltà dell'impresa o il sentimento religioso, certo è che prevalse il parere di Pisone, che aveva espresso l'opinione di non far nulla di tutto ciò.»

    Le inondazioni della valle reatina, continuarono anche dopo la caduta dell'impero romano d'occidente (476 d.C.) e, nel medioevo gli impaludamenti, oltre a ridurre le terre coltivabili erano causa per le popolazioni, di malattie e pestilenze.
    Il nuovo assetto politico che seguì l'impero romano, affermò il dominio della Chiesa anche sulle Marmore, con la presenza del monastero di S. Salvatore alle Marmore poi passato sotto il controllo dell'Abbazia di Farfa (ricevuto in dono dalla famiglia degli Arroni), che estendeva il proprio potere sui territori circostanti e, alla quale, si deve l'approfondimento del cavo Curiano della fine del XIV secolo. vista del salto finale che la cascata compie prima di riversarsi nel Nera
    Ancora agli inizi del XV secolo, per il persistere dell'impaludamento, fu ritenuto dai reatini, che, per consentire il defluso delle acque del Velino, era necessario scavare un nuovo canale che affiancasse quello curiano. Il progetto, sottoposto al parere dei ternani, fu da quest'ultimi respinto. Gli abitanti di Rieti, allora, decisero un'azione militare cui seguì l'occupazione della Rocca di Monte S. Angelo e l'inizio degli scavi per la realizzazione di un nuovo canale. La reazione dei ternani non si fece attendere, la rocca delle Marmore fu attaccata e riconquistata. Concluse le operazioni militari, grazie alla mediazione di Braccio Fortebraccio da Montone signore dei territori di Rieti e Terni assoggettati alla Chiesa, si desise di costruire un nuovo canale conosciuto con il nome di cavo Reatino. Il progetto prevedeva, oltre allo scavo del nuovo canale, la costruzione di una torre che regolasse il flusso delle acque del Velino attraverso paratoie e quindi, inpedire l'inondazione della valle sottostante. Il progetto e la realizzazione dell'opera furono affidati all'ingegnere bolognese Aristotile Fioravanti, il quale, a seguito della morte di Braccio Fortebraccio da Montone, interruppe i lavori nel 1424, dopo aver realizzato soltanto il canale.
    Il mancato completamento dell'opera convenuta, riaccese le dispute tra le due città: i ternani, cercavano di ostruire il cavo Reatino, i reatini di impedirlo. Anche le popolazioni dei centri vicini alle Marmore furono attive nelle controversie ma, mentre Papigno, e gli altri centri della Valnerina si allearono con Terni, Piediluco, rimase fedele a Rieti. I ternani, invano chiedeva che fosse costruita la torre per la regolazione del flusso delle acque. Al contrario, nel 1459, ci fu un tentativo da parte di Rieti di costruire un nuovo canale: fu minacciato l'uso delle armi impedito dall'intervento del Governatore dell'Umbria, cui si era rivolto il Consiglio di Terni. Nel 1495, il papa spagnolo ALESSANDRO VI (Rofrigo de Borjia 1492 - 1503), sollecitato da una delegazione di cittadini ternani, si occupò delle secolari dispute tra Terni e Rieti, ordinando la sospensione dei lavori iniziati dai reatini per l'ampliamneto del cavo Reatino.
    Verso la fine del XV secolo, per circa cinquant'anni, le controversie secolari furono sospese da un'alleanza tra le due città, le quali si erano unite per opporsi a Spoleto che voleva impadronirsi di alcuni loro territori. Conclusa la vicenda ripresero le vecchie dispute. La tregua temporanea, consentì ai reatini di rimuovere dal cavo Reatino, le ostruzioni messe in opera dai ternani.
    Nel 1545, ripresero le tensioni e, presso Marmore, fu evitato lo scontro armato per l'intervento del magistrato di Terni, che cercò di accordare le parti attraverso lunghe trattative che si conclusero dopo l'autorizzazione del papa romano Paolo III (Alessandro Farnese 1534-1549), di costruire un altro canale, più a valle e più profondo del cavo Reatino.
    Incaricato di eseguire l'opera fu l'architetto fiorentino Antonio Sangallo il giovane (1483 - 1546) chiamato a Roma dal pontefice. I lavori iniziati prima della fine dell'anno proseguirono non senza disappunto del Sangallo, che lamentava la scarsa collaborazione dei ternani e dei loro alleati. Non mancarono, inoltre, defezioni di operai vittime di malattie contratte in quelle zone malsane.
    Il 26 settembre 1546, Paolo III, mentre tornava da Perugia si recò alle marmore per ispezionare il luogo dove si stavano svolgendo i lavori. Il pontefice ebbe modo di godere delle bellezze naturali di Piediluco già apprezzate l'8 ottobre 1476 dal papa savonese Sisto IV (Francesco Della Rovere 1471 - 1484) che aveva visitato quel luogo durante la peste scoppiata a Roma. La sosta del pontefice proseguì a Terni dove il Sangallo, contratta una malattia di cui non si hanno notizie, morì la notte stessa nonostante le cure del medico personale del papa.
    I lavoro previsti furono comunque completati e fu inaugurato il cavo Paolino che sostituì, nelle sue funzioni, il cavo Curiano. l'ultimo salto - sulla destra i sentieri accessibili anche durante l'apertura della cascata     Durante i lavori furono rinvenute testimonianze di epoca romana del tempio di Nettuno i cui reperti, bassorilievi ed iscrizioni dedicate al dio, sono conservati a Terni nella raccolta archeologica di piazza dei Carrara.
    Neanche quest'opera, le cui tracce sono ancora visibili presso la stazione ferroviaria delle Marmore, aveva risolto i problemi del devlusso delle acque del Velino e, dopo poche decine d'anni si formarono i soliti impaludamenti.
    Rieti, si rivolse allora al papa fiorentino CLEMENTE VIII (Ippolito Aldobrandini 1592-1605) affinchè venisse riaperto il cavo Curiano apportando modifiche per rendere più veloce lo scorrimento delle acque. Poichè la questione era ritenuta di estrema importanza per la regolazione delle piene del Tevere, fu nominata una commissione che esaminasse la proposta. Al termine dei sopralluoghi e degli studi, fu decisa la riapertura del cavo Curiano ed iniziati i lavori. Prima ancora del loro completamento ci fu una nuovo straripamento del Tevere che inondò Roma facendo credere ad una responsabilità diretta del Velino e, quindi, dei lavori che si stavano eseguendo a Marmore. Il sopralluogo di tecnici inviati da Roma accertò cause indipendenti dal sistema fluviale di Marmore. Si decise allora la chiusura del cavo Paolino e la costruzione di un ponte regolatore con lo scopo di frenare le acque del Velino durante le piene. Una lapide collocata alle Marmore, presso il ponte Regolatore, è stata posta per ricordare l'opera. Al termine dei lavori, il fondo del canale era largo 16 metri e profondo 14, ben 5 metri più di prima. In questo modo, prima del gran salto verso la valle del Nera, le acque del Velino scorrevano più rapide, alla velocità di circa di 2 m al secondo. Anche il nome fu cambiato, il cavo Curiano prese il nome di cavo Clementino. Il nuovo canale, finalmente, favorì il prosciugato delle campagne reatine ma l'impeto con cui il Velino si univa al Nera generò un nuovo problema: la valle sottostante veniva spesso inondata perchè il Nera, arricchito dalle acque del Velino, non era in grado di defluire rapidamente per cui, gli abitanti della valnerina, da Collestatte a Ferentillo si appellarono al papa affinchè fossero impedite le inondazioni delle loro terre, divenute paludose e causa di malattie.
    il belvedere superiore da cui si può ammirare il gran salto di 80 metri e particolrae della lapide affissa nel 1781     Fu allora inizia la costruzione di argini e l'asportazione dei massi depositati nel Nera ma il fenomeno del rigurgito delle acque non fu completamente risolto, nonostante la continua costruzione di argini e lo scavo di canali.
    Nel 1782 il papa cesenate PIO VI (Giovanni Angelo Braschi 1775-1799), mentre ritornava da Vienna, fece sosta a Terni ed ebbe l'opportunità di ascoltare i rappresentanti delle popolazioni della Valnerina i quali si appellavano perchè fossero presi i provvedimenti necessari a risolvere il problema delle inondazioni. Dopo lunghe controversie tecnico-giuridiche venne realizzato un nuovo canale che prese il nome di canale Pio.
    Al termine, fu risolto il problema delle inondazioni delle pianure della Valnerina e, alla cascata delle Marmore, fu conferita l'attuale conformazione: dopo un balzo di 80 metri e cascate per 165 è la cascata più alta d'Europa segnali relativi ai sentieri che collegano i due belvedere
    Nel 1781 fu costruito il belvedere superiore ed i sentieri per il collegamento con la valle sottostante. Lo spettacolo attrasse personaggi illustri come letterati, pittori, poeti, scienziati, studiosi tra cui il poeta Byron che testimoniò la bellezza e la Byron assiste alla cremazione di Shelley sulla spiaggia di Lerici-Liverpool Walker Art Gallery maestosità dello spettacolo ammirato, almeno in due occasioni: una dall'alto ed una dal basso, com'egli stesso lasciò scritto. Lo stesso poeta, ebbe a dire, che la cascata vista dall'alto o dal basso, sovrasta, in ogni modo, tutte le cascate ed i torrenti della Svizzera messi insieme.
    Più mirabile è la visione dal basso, dove è possibile ammirare l'imponenza della cascata, accompagnata dal suono rimbombante del precipitare vorticoso del fiume, che copre di spuma gli scogli e, forma un vapore nebuloso che si diffonde in tutta la vallata ed i colli circostanti rendendoli tutto l'anno rigogliosi di vegetazione. Nelle belle giornate, i raggi del sole producono l'iride, con smaglianti colori che ravvivano il tetro ma al tempo stesso sublime spettacolo.
    Le inondazioni della valle reatina, non cessarono comunque e la questione fu dibattuta anche dopo l'unità d'Italia. La razionalizzazione dei canali di irrigazione delle pianure reatine, lo sfruttamento della cascata per la produzione di energia elettrica e la costruzione di argini sul tratto romano del Tevere furono le soluzioni per impedire grandi inondazioni delle vallate. orari di apertura della cascata convenuti tra la regione Umbria e l'Enel
    Già a partire dal 1868, con la rivoluzione industriale, furono fatti studi per utilizzare direttamente a Terni la forza della cascata mediante l'aria compressa o la trasmissione telodinamica. Nessuno, degli studi fatti, ebbe pratica applicazione. La soluzione pratica a questo problema è invece stata data dalla Società dell'Acciaieria prelevando direttamente dal Velino, al Ponte Regolatore, l'acqua occorrente per la produzione di energia elettrica, portandola, con condotte forzate, sino all'acciaieria stessa. Oggi la produzione di energia elettrica attraverso le forze imbrigliate nelle acque della cascata delle Marmore è gestita dall'Enel che regola anche l'apertura della cascata con limitazione del meraviglioso spettacolo.
    L'unione del Velino con il Nera, ha influito sul corso delle acque a valle della cascata. Le popolazione locali, infatti, hanno reso fertile la vallata, irrigando le terre attraverso i numerosi canali costruiti nel corso dei secoli e, la cui importanza è testimoniata da Plinio e Tacito, i quali, ricordano che con essi, s'irrigava la fertile pianura di Terni. I più importanti di essi, sono il Sersimone ed il Cervino.Di quest'ultimo, la costruzione viene dagli storici attribuita all'edile Caio Dessio, mentre il nome deriva dal fatto che iniziasse nei pressi della villa di Cervano Procuro. Una parte del suo tragitto sembra lo percorresse all'interno del monte.