Autore:
Fabio Della Seta
Biografia:
FABIO DELLA SETA, una vita trascorsa in Rai, centinaia di
programmi e incarichi di responsabilità. Ha culminato
la sua carriera come Direttore per l’America Latina; e Montevideo
ha visto nascere, lungo un arco di circa dieci anni, i suoi
oltre mille sonetti, un lungo viaggio a ritroso alla ricerca
di luoghi, di personaggi, di modi di dire della Roma della
sua gioventù. A fianco della sua carriera manageriale
un’avventura letteraria dalle alterne vicende: un saggio storico
(«Antico Nuovo Israele»), vari radiodrammi,
e la rievocazione dell’appassionante esperienza della Scuola
Ebraica sorta a Roma negli anni della persecuzione razziale
(«L’incendio del Tevere»). E poi la narrativa:
«Agnusdei», «Rivedere Petra»,
«La banda archeologica», e «Cara
Sophie», quest’ultimo scritto con Maria Sofia Casnedi.
Con Giovanni Gigliozzi ha scritto «Aiuto! Ho sbagliato
città… Cronache del Cairo Nord» (Antonio
Stango Editore). Suoi articoli sono apparsi sui principali
quotidiani e sulle più importanti riviste italiane.
«Premio Verga» per la sua opera letteraria.
Descrizione:
«Er poeta romano, quar che sia, / pe’ trova’ un fiore
dove sia riposto / ha da fruga’ ner fango de la via.»
Mille e più sonetti romaneschi; anzi, più precisamente,
romani - perché ormai, ovviamente, «le grossezze
del dialetto plebeo», come le chiama il D’Amico, si
sono smorzate o perse, e Della Seta usa quella «lingua
appena vagamente patinata di dialettalità» che
è oggi la lingua della maggior parte dei romani e che
è stata ed è ampiamente diffusa in tutta Italia
dai personaggi di Fabrizi, Magnani, Sordi, Proietti e di tanti
altri attori cinematografici e teatrali. L’amore per la poesia
romanesca, e il suo studio, nasce in Della Seta negli anni
delle persecuzioni razziali, all’epoca in cui egli era un
giovane allievo della Scuola Ebraica di Roma. Le leggi razziali
fasciste, separandolo dai vecchi compagni di classe e obbligandolo
a frequentare una scuola speciale, gli rivelarono la sua ‘diversità’
e lo spinsero alla ricerca delle radici ebraiche; allo stesso
tempo, però, sollecitarono, come reazione naturale,
l’approfondimento del legame con la tradizione locale, territoriale,
che era anche tradizione familiare, e che si identificava,
soprattutto, con il linguaggio, con la parlata comune a tutti
i membri della popolazione romana, con il dialetto di Roma:
il rifiutare la discriminazione imposta dalla barbarie razzista
e l’affermarsi romano. «Da quanno stamo a Roma?»
si chiede Della Seta in uno dei suoi sonetti: «Da infiniti
/ anni: come poc’antri, ce scommetto». Orgoglio, quindi,
di essere più romani della stragrande maggioranza degli
abitanti di Roma, pochi dei quali certamente possono vantare
una romanità più antica di quella delle famiglie
di ascendenza giudea. (Andrea Barbaranelli)
Note:
I sonetti di «Roma in valigia» sono arricchiti
dalle oltre cinquanta tavole espressamente disegnate da IRIO
OTTAVIO FANTINI, pittore romano che ha esposto un po’ in tutto
il mondo, autore di bozzetti per innumerevoli francobolli
e responsabile del Settore Grafico della Radio Vaticana.
ISBN 88-87274-22-3
pp. 48, lire 12.000
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