Ciao Salvatore

Purtroppo mio Nonno Salvatore Sciascia se ne è andato venerdì 25 Febbraio 2010 dopo circa tre settimane di ricovero ospedaliero.

Il triste ed inaspettato evento ci ha colto di sorpresa come avrà colto di sorpesa chiunque abbia avuto il piacere di conoscerlo o abbia sentito parlare di lui.

Il funerale Lunedì 28 febbraio alle 10:30 presso la Chiesa Santa Maria del Rosario di Ladispoli.

Perché mi arruolai nella Regia Marina

 

Mi arruolai per causa di forza maggiore nell’anno 1941 a soli 17 anni.

La mia vita in marina appartiene ormai ad un lontano ricordo passato, ma di quegli anni ho conservato e conserverò finche vivrò un ricordo incancellabile e struggente.

Sono nato in un piccolo paese agricolo nel giugno del 1924 a Minervino Murge (BA) chiamato anche il Balcone delle Puglie, frequentando fin dall’infanzia una bottega artigiana (Falegname Ebanista) e le scuole elementari per poi proseguire, fino al raggiungimento di 14-15 anni, la Scuola di Avviamento Professionale dove mi fu rilasciato un attestato dall’Ente Nazionale professionale di arte e cultura. Già nel 1938/39 ero molto richiesto per vari lavori, per cui ricevevo due lire alla settimana fino a quando mi arruolai, arrivando a prendere addirittura 4,20 - 4,50 lire alla settimana; ma allora si lavorava per davvero, tutto a mano, dal tronco della noce nazionale a tavole grosse prima e placcature poi, per l’incollaggio di tranciati mediante colla cervione a bagnomaria.

Nell’inverno ci bruciavano gli occhi nel riscaldare i legni sui trucioli accesi per poter incollare i vari tipi di legno sempre in massello, non esisteva la luce elettrica, si tirava avanti con la luce a petrolio e acetilene a carburo, l’inalazione di questi ci faceva gonfiare gli occhi e ci procurava il mal di testa.

Il lavoro era enormemente faticoso e senza alcun compenso, anzi al contrario di oggi dovevamo andare a fare anche alcuni servizi, per esempio accompagnare a scuola i bambini dei figli del maestro, andare a prendere un po’ d’acqua per i servizi di casa alla fontanella esterna (le più vicine stavano a 100/150 mt di distanza) con contenitori di circa 10 lt.; all’epoca non c’era né luce elettrica né acqua in casa, qualcuno aveva il pozzo ma i veri possessori erano molto pochi e se volevi imparare quel mestiere, al quale io ero molto affezionato, dovevi sottostare anche ai predetti lavori fuori dall’apprendistato.

Allo scoppio della IIª Guerra Mondiale, 10 giugno 1940, i miei maestri furono entrambi richiamati alle armi, ed io rimasi al lavoro, ora chiamato da un maestro ora da un altro fin quando, nel giugno/luglio 1940 (non ricordo bene la data), il maestro Pasquale Protopapa mi chiamò e mi disse se volevo andare con lui ad aiutarlo per riparazioni alla trebbiatrice del grano nella Masseria Lamalunga dell’Ammiraglio Umberto Bucci. All’epoca quelle macchine erano tutte in legno, così parlando con il mio maestro e con il fattore (l’uomo di fiducia della masseria), incontrammo l’Ammiraglio al quale mi raccomandai per  arruolarmi nella Regia Marina.

L’Ammiraglio mi rispose che ero troppo giovane e che occorreva il consenso dei genitori; ottenuto questo solo l’anno successivo, nel 1941, accettai anche la categoria di cannoniere, poiché la categoria di Falegnami Ebanisti non era richiesta in quegli anni. Gli artigiani facevano la fame, poco lavoro e pochi soldi in circolazione. Nel ’41 già ci furono i primi morti in Marina ma nonostante questo mi arruolai ugualmente nella Regia Marina; per togliermi di peso dalla famiglia, essendo il figlio più grande, e per poter guadagnare qualcosa di più rispetto alla vita in paese.

Fui accolto in Marina dalle Scuole CREM di Pola, senza pensare ai primi giovani che caddero nel I° e II° anno del conflitto per la propria Patria, che oggi è completamente sparita; c’era il famoso detto “chi muore per la Patria, è vissuto assai!”. Ricevendo la prima paga di £ 42 o £ 45 al mese.

Dalla scuola CREM di Pola - città fui trasferito nella categoria Cannonieri Telemetristi. Fui inviato in montagna, affacciata sul mare, a circa 7/8 km dalla città chiamata Fortemogenico-Mariottica (dove nell’inverno ‘41-‘42 eravamo circa 8.000 allievi) ed essendo distaccati dalla città soprannominata, alcuni di noi venivano sorpresi dai famosi ribelli perdendo la vita durante il servizio di sentinella intorno alle scuole; il freddo in quelle zone, raggiungeva a volte i 20 gradi sotto lo zero e gli stessi abitanti ci dicevano (e forse avevano ragione) che quella città apparteneva a loro…cioè alla Jugoslavia. Premessi questi fatti e superato il corso di Telemetrista, fui prescelto per frequentare un altro corso di radarista, una nuova specializzazione, per essere poi inviato a Nettuno Porto (Anzio) fine ‘42/’43 dove frequentai con i Marinai Tedeschi il corso di radarista (fine marzo ’43 primi di aprile dello stesso anno). Anche a questo corso ottenni ottimi risultati tanto che fui inviato a Roma, per una settimana di licenza premio, aggregato alla Caserma R.G. Lante Maridist per trascorrere la S. Pasqua nella capitale. Appena tornato a Nettuno Porto mi fecero caricare, insieme agli altri commilitoni, i cannoni tipo 88 contraerei Tedeschi ed i radar su un treno speciale, destinazione La Spezia. Durante il trasferimento, nei primi di Maggio, fummo attaccati di notte dagli aerei inglesi e fummo costretti a fermarci nella stazione periferica di Bologna; ricordo bene che i cittadini Bolognesi ci dissero “fino ad allora non avevamo subito alcun bombardamento, siete arrivati voi (rivolti a noi ed ai tedeschi) e subito sono arrivati questi signori a farci visita”; non ricordo con esattezza i danni avvenuti in città, la stazione centrale non ebbe danni di notevole rilievo. Il giorno successivo riprendemmo il viaggio per La Spezia; all’imbrunire subimmo un altro bombardamento dopo il quale a stento si raggiunse SARZANA dove ci siamo dovuti fermare tutta la notte per poter raggiungere il mattino successivo, mediante automezzi tedeschi, le postazioni in Batteria contraerea; eravamo circa una dozzina di marinai con un sott’ufficiale: raggiungemmo Monte Branzi sopra le pendici dell’Arsenale dove trovammo altri marinai Tedeschi con alcuni marinai della Milmart (Milizia Marinara Marittima). Rimasi lì fino alla caduta del fascismo; non eravamo più uniti come lo eravamo all’inizio, tanto che i viveri ci venivano inviati da Maridist La Spezia; noi stessi da quel momento ci sentivamo piuttosto isolati, sia i militari tedeschi che i nostri camerati della Milmart ci tenevano in disparte, finché l’8 settembre giunse la notizia che il Governo Italiano aveva accettato l’armistizio senza condizioni lasciando i militari di tutte le armi abbandonati a sè stessi.

Il mattino del 9 settembre giunse l’ordine del Comando in Capo del Dipartimento di La Spezia che tutti i militari della Regia Marina, dell’Esercito e dell’Aeronautica avevano 24 ore di tempo per decidere se rimanere con i nostri alleati germanici oppure ritornare alle proprie case.

Decisi di ritornare a casa, ma come?! Io con altri commilitoni prendemmo un po’ di vettovaglie e fuggimmo attraversando il fiume per raggiungere Sarzana; i ns. alleati di ieri ci sparavano dalle Batterie sovrastanti la città. Giunti nella città di Sarzana fummo ospitati da una famiglia borghese, dove lasciammo quei pochi vestiti militari. Ci vestirono al meglio con abiti civili avviandoci verso la stazione ferroviaria di Sarzana, gremita da giovani ragazzi come lo scrivente, per imbarcarci sui treni che andavano verso il sud; treni per modo di dire (treni merci, carri bestiami, tradotte militari) pieni di giovani dentro e fuori, anche sui tetti dei vagoni, dove ho visto e sentito giovani commilitoni cadere dai tetti stessi con lunghe grida di morte. Io mi salvai dato che ero aggrappato a cavalcioni sui respingenti posteriori dei vagoni fino a raggiungere Montecatini (ricordo che eravamo quattro o cinque ragazzi malconci). Dopo alcuni giorni senza mangiare incontrammo un signore il quale ci chiese di che reparto eravamo; rispondemmo “della Regia Marina provenienti da La Spezia”, ed il signore ci accompagnò in un grande albergo nelle vicinanze della stazione ferroviaria di Montecatini. Dopo averci fatto rifocillare dandoci da mangiare per uno o due giorni ci diede dei consigli per raggiungere con mezzi di fortuna l’Adriatico dove giungemmo, in Ancona, sfuggendo ai rastrellamenti tedeschi. Dopo alcuni giorni arrivammo a San Severo (FG), luogo in cui una famiglia ci accolse tenendoci nascosti per qualche giorno. Mi rifugiai a Trinitapoli ma fui preso dai tedeschi e fui caricato su un camion con altri ragazzi. Nel tragitto arrivò una squadriglia di aerei inglesi che cercavano di colpire questi mezzi di trasporto e, trovandoci in questa brutta situazione, scappammo saltando a terra. Ci ritrovammo nelle vicinanze di Zapponeta. Incontrammo una famiglia che ci portò in casa dandoci qualcosa da mangiare, facendoci riposare la notte. Il mattino dopo le nostre strade si divisero, il mio amico prese la sua ed io la mia. Raggiunsi il mio paese natio l’8 ottobre con i piedi insanguinati ed il peso corporeo di circa 40 kg. Mia madre mi nascose in un granaio perché nel paese vi erano ancora alcuni soldati tedeschi in ritirata verso il nord e se ne andavano distruggendo ponti stradali e ferroviari. Pochi giorni dopo che questi lasciarono il paese, il Comando Stazione Carabinieri fece affiggere un manifesto per richiamare l’attenzione dei militari sbandati; il manifesto invitava a presentarsi in caserma per essere convocati e raggiungere nel più breve tempo possibile il Comando Militare Marittimo di Bari, dove venimmo interrogati, scrutinati ed inviati a nuova destinazione per combattere contro i tedeschi. Verso la metà di ottobre con altri quattro marinai di Minervino M. ci avviammo a piedi verso Canosa prima e poi a Bari. Giunti a tarda sera in città, ci rifugiammo in un albergo per trascorrere la notte. Il mattino successivo ci presentammo presso la Capitaneria di Porto, dove ci fecero imbarcare su un camion Militare con quattro file di palanche in legno per sederci e fummo condotti al Deposito CREM chiamata Caserma Cugini. Chi è passato per detta Caserma in quel periodo, potrà raccontare come si pensava di poter vincere la guerra in quelle condizioni di vita. Dopo qualche giorno in cui fummo sottoposti ad interrogatori ed altro, fui destinato ad imbarcarmi su Nave Velite Primo Cacciatorpediniere che, oltre ai telemetri era dotato anche del primo radar tipo tedesco. Mi imbarcai alla banchina Torpediniere a fine ottobre 1943, salpammo subito per Palermo,ma con un mare oltre forza 4/5, giungemmo nel capoluogo siciliano dopo oltre due giorni di navigazione e rimanemmo per base in quella città per circa quattro mesi. Si usciva la sera due o tre volte la settimana alla caccia dei sommergibili tedeschi in Mediterraneo, nel frattempo mi fu recapitato un giornale denominato “Prore Armate” del giugno 1943 dove nella Iª  pagina di copertina c’era la rappresentazione, di un noto Pittore dell’epoca, del C.T. Velite in navigazione l’ultimo R.C.T. varato nel 1942 che tengo custodito ed incorniciato nel ricordo, dove ho avuto l’occasione di conoscere i veri marinai come il C.te De Pellegrino Dal Coi, Antonio Raffai, Raffaele Villa, Alberto Dominici, Renato Lo Monaco, Luigi Bazan, e soprattutto il C.te in IIª Aldo Baldini con Giorgio Bacchetti, Emanuele Giartosio con il suo e mio grande amico Giorgio Pittaluga onorandomi della loro immensa e fraterna amicizia fino alla loro scomparsa con la perdita dell’ultimo Uff.le Com.te Vittorio Matricardi incontrato a Felina (RE) nel giugno 2000. Lo perdemmo alla fine di novembre dello stesso anno. Finita la guerra nel 1945, nei primi del 1946 inoltrai domanda di trasferimento nella categoria di falegname ebanista che fu accettata. Fui inviato su Nave Cadorna per sostenere gli esami di prova d’arte della durata circa di 3 gg., quindi fui invitato a rientrare sul C.T. Velite, dove giunse esattamente in data 7/12/46 il seguente fonogramma da Nave Cadorna a Nave Velite con seguente giudizio: “il sottocapo Sciascia Salvatore è stato decaduto dalla precedente categoria ed è stato classificato nella categoria richiesta con il seguente punteggio, 18/20”. Nel frattempo appresi che il ns. Velite veniva consegnato alla Francia, pur rimanendo incredulo alla notizia, seppi poi con certezza che doveva essere portato in Francia e consegnato alla Marineria Francese per risarcire i danni di guerra procurati a quella nazione. Non volendo partecipare a quel triste episodio, chiesi subito di sbarcare ed esercitare a terra la mia nuova professione, possibilmente destinazione Bari, Roma o Genova. Il mio desiderio fu subito esaudito: nei primi giorni del mese di maggio 1947 giunse il trasferimento con destinazione Roma Capitale, Caserma R.G. Lante Maridist presso P.zza Mazzini. I lavori venivano eseguiti presso gli scantinati della stessa dove esistevano tutte le cale dell’arte e mestieri per la manutenzione della Caserma stessa; i locali erano totalmente in pessime condizioni, umidi, infatti per effettuare alcuni lavori di falegnameria mi recavo presso il Ministero della Marina IV° reparto; sebbene qui gli scantinati fossero ridotti nelle medesime erano comunque un po’ più arieggiati. Mi ritengo ugualmente e particolarmente fortunato per essermi salvato l’8 settembre 1943 ed aver trascorso circa quattro anni imbarcato sul Cacciatorpediniere “Velite” effettuando a volte anche missioni su Nave Carabiniere e Oriani (della stessa classe) quando il C.T. Velite era ai lavori, e proprio per questo motivo mi viene spesso il pensiero per le tante mamme che non hanno potuto più riabbracciare i propri figli, tra questi alcuni miei compagni d’arma e miei compaesani arruolati proprio per la Difesa della Patria i quali ricorderò sempre portandoli nel mio cuore finché sarò in vita. Tutto questo mi è valso ad ottenere  tanta esperienza e molto insegnamento, per aver conosciuto i Veri Marinai a bordo ed a terra, in zone belliche, e non  come scrisse Trizzino nel libro  “Navi e poltrone”, e anche un altro libro dello stesso scrittore che ho letto, riguardante il settembre nero, dove ha messo in risalto la Medaglia d’Oro di Carlo Fecia di Cossato, che ebbi l’onore di conoscere su Nave Aliseo. Negli ultimi due anni trascorsi esercitando la mia nuova professione di falegname ebanista, acquistai tante simpatie, incontrando anche, dopo breve tempo, il mio Direttore di Tiro del C.T. Velite Emanuele Giartosio ed il suo Vice Avv.to Giorgio Pittaluga, entrambi residenti nella Capitale. Mi invitarono nelle loro abitazioni dove mi presentarono i propri genitori: il padre Carlo Giartosio Ammiraglio, ed il padre di Giorgio Pittaluga Generale delle Armi Navali con l’altro figlio Avv.to Valerio. Furono i miei primi clienti affettuosi. Intanto, dopo i primi lavori eseguiti in Caserma, mi presentarono al Com.te in Iª Maria Corrado de Qual definendomi “maestro d’arte”; il comandante mi fece vedere un pianoforte e mi domandò se ero in grado di ristrutturarlo effettuando anche la sostituzione di alcuni martelletti consumati. Eseguiti i suddetti lavori a perfetta regola d’arte, mi fece conoscere l’Ammiraglio Vocaturo che invitandomi a casa sua in Via Monte Zebio mi chiese se gli potevo costruire un mobile bar in una parete di divisorio del salone. Mi trovai un posto di lavoro nei pressi del P.le degli Eroi in uno scantinato e da lì cominciai ad eseguire i primi lavori esterni dalla Caserma nel novembre 1947. In quel periodo e in quella zona  incontrai colei che sarebbe diventata mia moglie, maestra di pianoforte. Quando mi sposai nell’agosto del ’50 lasciai definitivamente il servizio. Quell’anno mi trattennero ancora in Marina avendo da terminare i lavori che avevo in corso di finiture. Successivamente mi trovai un locale più grande in Via Cola di Rienzo dove per un anno, con un mio collaboratore ed alcuni ragazzi apprendisti, ottenni un’infinità di ordinazioni di mobili su disegno di validi ingegneri ed architetti. Ricordo bene gli architetti Bartolini, De Santis, ed altri. Mi trovai un altro locale nelle vicinanze di Via Nazario Sauro a cento metri circa l’uno dall’altro per rimanere sempre in contatto ed in buoni rapporti con i miei commilitoni abitanti nella stessa zona, in servizio e fuori servizio. Un giorno mi venne a trovare un amico chiedendomi se volessi iscrivermi all’ANSUM, Associazione Nazionale Sott’ Ufficiali Marina fuori servizio. Accettai subito con molto piacere ma durò solo qualche anno. Poco dopo mi venne a trovare Capo Bartolini in pensione ed il Signor Mariani Carlo già Capo R.T. in servizio presso la stazione Radio della Marina di Sant’Alessandro alla Nomentana appena ufficiale del CEMM, padre di Angelo Capo di Stato Maggiore della Marina, negli anni 1994-1997. Mi invitarono ad iscrivermi all’ ANMI (Associazione Nazionale Marinai d’Italia). Amico dei Signori Miraglia, Bottazzi, Notarangelo, Marchionni, e tanti altri che abitavano nello stesso quartiere, aderendo anche a questo con tanto orgoglio e molto entusiasmo e, prestando anche qui più volte la mia opera presso l’associazione suddetta che era agli inizi, se non erro, la Presidenza Nazionale si trovava in Via Nicotera. Ho acquistato una vasta clientela di illustri personaggi sia nell’ambito civile che militare, come l’Ammiraglio Carlo De Bei con la Sua Nobile Signora, Donna Iolanda, i quali mi hanno voluto un bene immenso fino alla loro scomparsa. Mi diedero e mi furono di grandissimo aiuto sotto ogni profilo morale ed economico, per me sono stati i miei secondi genitori, per loro io ero un secondo figlio, visto che avevano un'unica figlia  Maria Grazia. Oltre all’aiuto affettivo mi fu donato un medaglione in bronzo che l’Amm.glio ricevette nel 50° Anniversario della Vittoria 1918/1968 ed una pittura ad olio eseguita dal noto pittore Rodolfo Claudus del Cacciatorpediniere LANCIERE di cui l’Amm.glio ebbe il Comando. Furono loro a consigliarmi di lasciare il servizio nella M.M. e mettermi in proprio. Mi hanno aiutato e mi hanno permesso di fare conoscenze illustri come quelle del grande maestro dell’Avvocatura Francesco Carnelutti in Via Condotti, l’Avv.to Fornario in Via Fabio Massimo, l’Ingegnere Domenico Tolomeo Direttore Generale dell’ENEL con il Prof. Avv.to Presidente Di Cagno entrambi pugliesi, e tante altre personalità Politiche e Religiose, tenendomi sempre in priorità tutti i grandi Amm.gli da Michelagnoli al più giovane Amm.glio Emanuele Giartosio, perduto nel 1987. Per 20 anni ho portato avanti la mia attività di artigiano ebanista, dal 1950 al 1970, consegnando la licenza ma lavorando ugualmente a porte chiuse per finire i lavori in corso per altri cinque o sei anni circa, da solo, senza alcun aiuto. Non si trovavano più operai specializzati e neppure più apprendisti, finché mi trasferii definitivamente a Ladispoli nel 1973 lasciando i locali con i macchinari nel 1980. Lavorando da solo ma tenendomi sempre in contatto con i miei amici incontrati nella M.M.. vennero poi da Viareggio e da La Spezia per incontrarmi e per suggerirmi, poiché mi trovavo a Roma e conoscevo tanti Amm.gli  (tra questi l’amico Amm.glio Giartosio), di indire su Nave Carabiniere in La Spezia, un Raduno dei Reduci del “Velite”. Presi subito a cuore codesto suggerimento presentandomi alla Presidenza Nazionale per inserire nel Periodico Marinai d’Italia questa iniziativa che ci venne accordata per il giorno 7 ottobre 1971 a La Spezia sul C.T. Carabiniere al Comando del Cap. di Fregata Franco Papili. Mi recai insieme a mio figlio maggiore, con un suo amico, i quali avevano appena ottenuto la maturità in elettronica. Scrissero le loro impressioni di quella grande occasione avvenuta dopo oltre un quarto di secolo dalla fine di quel conflitto, mi ricordo che tutti erano entusiasti e mi pregavano di organizzare un altro incontro in tempi brevi e possibilmente a Roma dove fui informato che in Vaticano risiedeva il ns. Cappellano della Marina Don Sergio Pignedoli. Egli veniva a dirci la Santa Messa a bordo dei C.C.T.T. di La Spezia 1942/1943. Andarlo a trovare non mi fu difficile, conoscevo la sorella del Cardinale Nasalli Rocca della segreteria particolare di Sua Santità la quale mi fissò un appuntamento per andare a trovare Sua Eminenza Don Sergio Pignedoli. Recandomi nel suo ufficio fui fraternamente accolto e mi abbracciò dicendo ad un monsignore, suo segretario, questi sono i ragazzi che io ho conosciuto in Marina, complimentandosi anche dell’iniziativa che ero andato a spiegargli. Gli chiesi quando era disposto a venire in caserma Grazioli Lante Maridist in occasione del II° Raduno dei Reduci del C.T. Velite dopo aver consultato il suo segretario, mi disse ancora una volta di chiamarlo Don Sergio e non Eminenza. Mi diede in regalo un piatto di Deruda e mi fissò l’appuntamento per il 16 ottobre 1977 alle ore 11.00 circa, nel frattempo io mi posi all’opera per costruire il CREST del R.C.T. Velite. Informai l’Amm.glio Giartosio. Il Comandante di Maridist cap. di Vascello Mario Tonni mi disse che l’avevo messo in serie difficoltà per ricevere un alto prelato con alcuni Amm.gli, infatti Giartosio mi disse di dire al C.te Tonni di preparare 16 fucilieri armati per gli onori militari ad un Principe della Chiesa. Telefonai di nuovo a Don Sergio il quale mi disse: “non voglio nessuna particolare cerimonia mi farò accompagnare con la macchina di servizio fino alla porta principale e desidero incontrare tutti i partecipanti come se fossi uno di loro”. Riportai la risposta di Don Sergio all’Amm.glio Giartosio ed al c.te Tonni i quali si tranquillizzarono. Intervennero in maggior numero rispetto alle ns. aspettative, mi giunse anche un telegramma del c.te in IIª del Velite Giorgio Bacchetti che sarebbe stato presente anche se si trovava in Kenia per lavoro essendo il Direttore Generale della Total Petroli. Anche qui ebbi gli elogi di tutti gli intervenuti con i telegrammi giunti dal Capo di Stato Maggiore della M.M. Torrisi e dal com.te in Capo delle Forze Navali Alleate del sud Europa Amm.glio Aldo Baldini già c.te in IIª del C.T. Velite, offrendo il CREST del C.T. “Velite” in legno placcato in oro zecchino al ns. Don Sergio avendo in cambio una speciale benedizione in una sua foto. Ascoltammo con commozione la Santa Messa ufficiata da Sua Em.za con la collaborazione del Cappellano di Maridist. Al termine della commossa benedizione, un giovane marinaio ha letto la Preghiera del Marinaio scandita dal silenzio del suono di tromba. Tutti i partecipanti manifestarono apprezzamenti di compiacimento e ringraziarono i principali organizzatori Sciascia e Giartosio. Ci chiesero di effettuare un prossimo Raduno possibilmente al Nord Italia; il Comandante Tonni ci invitò tutti al pranzo conviviale preparato in onore dei superstiti e delle autorità civili e militari della ns. Marina nel grande salone del circolo Sottufficiali di Maridist. Intanto le ore scorrevano veloci. Il programma prevedeva di lasciare Maridist alle ore 15.00 tra i saluti e gli abbracci di commiato giunsero nei ns. cuori, e nella breve allocuzione rivolta a tutti i presenti dal com.te Mario Tonni, nel salutarci in ognuno di noi c’era il desiderio di rincontrarci ancora, possibilmente a Torino.

La descrizione di detta manifestazione fu riportata nel periodico mensile Marinai d’Italia n° 12 del dicembre 1977 con le foto del Gruppo all’epoca Presidente Naz.le dell’ANMI l’Amm.glio Camillo Cuzzi amico indelebile di tutti i Marinai, eletto per tre legislature alla Presidenza Naz.le fino al suo decesso. Intanto venivo invitato ad organizzare il III° Raduno che si effettuò nel 1981 a Torino presso il Gruppo ANMI di questa meravigliosa città, ed il IV° a Livorno presso l’Accademia Navale al Comando dell’Amm.glio Franco Mariotti, 2 giugno del 1984, con il V° eseguito a Ladispoli il 27 giugno 1993 con la partecipazione del Gruppo ANMI di Bracciano, Presidente Stefano Sodano con la collaborazione del Comune di Ladispoli e di una rappresentanza della Presidenza Naz.le all’epoca Amm.glio Antonino Fedele con la partecipazione del Presidente di Frascati Signor Casagrande, di Follonica Carlo Mainetti, ed il Consigliere Naz.le per la Lombardia S.E. già Presidente del Gruppo ANMI di Agnosine (BS) Camillo Pier Emilio Zanoni incitandomi entrambi a formare anche a Ladispoli il Gruppo ANMI di cui avevo raggruppato un bel numero di soci presso il gruppo di Bracciano. Fiero ed orgoglioso di appartenere sempre a questa grande famiglia nell’anno successivo fu formato il nuovo Gruppo ANMI di Ladispoli in cui il sottoscritto fu nominato all’unanimità Presidente e Lauria Vice Presidente. In collaborazione con tutti i soci ottenni anche un chiosco sul mare su segnalazione del Com.te della Delemar Signor Vincenzo Fiorentino. Egli mi presentò il Signor Gino Salò già marinaio, offrendoci detto chiosco in cambio di iscrizione al Gruppo di Ladispoli in qualità di Socio Onorario Effettivo.

Sciascia Salvatore e Cafiero Antonio si ritrovano dopo 60 anni.

 

Caso Zanoni

 

Nell’anno 1996, ho partecipato al XIV° Raduno Naz.le in Lecce con il Vessillo del Gruppo avvenuto nel Maggio accompagnato da un mio nipote, Franco Magrelli. Incontrai alcuni commilitoni del mio stesso corso 1941 ed alcuni amici fraterni del Velite a cui chiesi come mai non c’era il ns. Zanoni, essendo stato sempre presente nell’attività dell’ANMI, rimasi quindi sorpreso della sua assenza. Era la fine di maggio quando nei primi di giugno mi telefonarono dalla Presidenza raccomandandomi di non mancare, con il vessillo, alla cerimonia del 10 giugno sull’altare della Patria, Festa della Marina Militare. Gli assicurai di fare il possibile per essere presente. Infatti, il 10 giugno 1996, io con mio figlio Sandro ed il Vice Presidente A. Lauria andammo con la sua autovettura alla Presidenza Naz.le, dove c’era ad attenderci un pullman della Marina per portarci con altri gruppi del Lazio presso il Sacrario monumentale. Dopo essere scesi dal pullman, ci avvicinammo alla scalinata dove ci accorgiamo che  due soci dell’ANMI, anch’essi in perfetta divisa sociale, discutono animatamente. Quando ci siamo avvicinati a loro riconosciamo il Presidente Naz.le Tugnoli con il Consigliere Naz.le della Lombardia S.E. Zanoni. Rimasi particolarmente sorpreso di incontrare Zanoni a Roma, ed in quella occasione! Alla fine della Cerimonia mi spiegò tutto l’accaduto. Stentavo a credergli! Il giorno successivo mi venne a trovare a casa con la sua signora, dato che erano ospiti del Presidente di Frascati Signor Casagrande. Mi raccontò nuovamente tutto l’accaduto; ritornando a Brescia trovò poi una lettera R.R del Presidente Tugnoli nella quale gli metteva per iscritto ciò che era avvenuto tra lui e lo Zanoni a Roma.

 

Pubblichiamo a tal proposito copia della lettera dell’Amm.glio TUGNOLI destinata a ZANONI

Roma, 12 Giugno 1996

Ella il 10 giugno u.s. a Roma è intervenuto ad una manifestazione organizzata dalla Marina Militare indossando indebitamente la divisa sociale dell’A.N.M.I., Associazione della quale non fa attualmente parte.

 

Il non averLa riconosciuta appena incontrata non mi ha consentito di farLe immediatamente notare quanto sopra.

 

Quando Ella più tardi si è a me rivolto per sollecitare un mio interessamento nei Suoi riguardi, avendo allora riconosciutaLa, ho ritenuto di interrompere il colloquio, senza renderLe noto il mio disappunto, per l’imminenza dell’inizio della Cerimonia.

 

Intendo ora precisare quanto segue:

 

-          aver nella sopraddetta circostanza parlato con Lei non può costituire in alcun modo avallo alla sua decisione di indossare impropriamente la divisa sociale che oggi non Le compete;

-          ancora una volta ho avuto modo di constatare quanto le Sue iniziative, pur a Suo dire sostenute da vero attaccamento alla Associazione, si pongono assai spesso al di fuori delle regole statutarie

 

In altri termini se la S.V. rispetta realmente l’Associazione che ho il privilegio di presiedere può, come privato Cittadino, rivolgersi al sottoscritto quando vuole e quando ciò mi è consentito dai miei doveri ed impegni. Se invece risolvere problemi di interesse personale ancorché legati con l’Associazione, ogni tentativo di instaurare un colloquio con il sottoscritto non può che essere destinato a fallimento.

 

                        Ciò chiarito, per quanto mi riguarda, ritengo chiuso l’incidente.

                                                                                   Amm.Sq. (a) Manlio TUGNOLI

 

Gli ripeté di non avergli data alcuna autorizzazione di indossare la divisa sociale in quel luogo così Sacro, specie per noi combattenti. Da questa mia iniziativa di solidarietà espressa a favore del mio fraterno amico infermiere del C.T. Velite (bellissimo cacciatorpediniere varato nel 1942) e dove ho vissuto per circa 4 anni in periodi disastrosi, informai tutti i pochi superstiti del Velite. Per esprimere tutta la ns. solidarietà nei confronti del ns. amico Zanoni ed indire una nuova riunione a Ladispoli con il parere favorevole di tutto il Direttivo ed alcuni Gruppi  del Lazio, fu effettuato il VI° Raduno il 7 giugno 1998 con la partecipazione del ns. Uff. di Rotta Ten. Di Vascello Vittorio Matricardi incontrato a Ladispoli la prima volta dopo oltre mezzo secolo, essendo venuto a conoscenza della sua residenza a Napoli soltanto da poco tempo. In occasione di questo avvenimento intervenne anche l’Amm.glio Salvatore Grillo del Gruppo di Frascati, la n.d. Signora Mizia, vedova Amm.glio Giartosio, madrina dei Reduci e la Signora Giuliana, vedova Amm.glio Vitullo, madrina del Gruppo ANMI di Ladispoli con il gonfalone di questa Amministrazione cittadina patrocinata dal Sindaco Signor Gino Ciogli e dal Presidente della Pro Loco Claudio Nardocci. Dopo il defilamento da Piazzale Roma (stazione ferroviaria) alla P.zza del Monumento, accompagnati dalla banda cittadina “La Ferrosa”, e la S.Messa eseguita sul Piazzale del Monumento ai Caduti, fu offerto a tutti i superstiti di quella Nave un portachiavi in argento con l’effige del “Velite” ed il motto “Franco Velite del Mare tu passi” eseguito dal Cav. Uff.le Pier Emilio Zanoni, al quale contraccambiai personalmente con una medaglia d’oro con scritto “un giorno da NON dimenticare”, rilasciando allo stesso la tessera ONORARIA del Gruppo di Ladispoli riportando la seguente motivazione: “per il suo grande attaccamento alla Regia Marina prima ed alla Marina Militare poi e per la sua indelebile assistenza sanitaria con il Dott. Pignatti Gianni, con ammirevole spirito di fratellanza a bordo del C.T. Velite 1942/1946”.

Incontrandoci ancora una volta a Felina (RE) per il VII° Raduno del 10/11 giugno 2000 per ricordare la scomparsa di altri ns. superstiti perduti nel tempo ed onorare il 20° Anniversario della morte di Sua Eminenza Don Sergio Pignedoli, parteciparono al Raduno il Com.te Vittorio Matricardi da Napoli, il Cap. Sebastiano Stella da Genova , Di Prizio da Lecce, Zanoni da Brescia, Cappiello da La Spezia, Adriano Festagalla da Viterbo, Silipo Gregorio da Roma, Zannoni Rino da Reggio Emilia e il sottoscritto Sciascia Salvatore da Ladispoli.

Tutti noi abbiamo scritto e firmato una petizione a favore di Zanoni, inviata per ben due volte con R.R., al Presidente della Repubblica Dott. Carlo Azeglio Ciampi e per conoscenza al Consigliere Generale per la Marina Amm.glio Sergio Biraghi senza avere alcun riscontro. Solo dopo, con tanta fermezza, scrissi una lettera raccomandata  R.R. all’Amm.glio Biraghi che mi rispose dicendomi che di quelle lamentele gliene giungevano ogni giorno tante alla Presidenza della Repubblica e che non poteva fare un torto ad altri per risolvere quei problemi. A questo punto mi rivolsi all’Avv.to Bargiacchi di Ladispoli per un esposto presentato presso la Procura della Repubblica di Civitavecchia dove dopo circa 18 mesi hanno inviato alla Procura della Repubblica di Roma l’intero esposto per avere un altro verdetto. Dopo oltre un anno, nonostante tutti gli indelebili sforzi effettuati dall'Avv.ssa Irene Sigismondi presso il P.M. e poi presso il GIP, si disponeva definitivamente l’archiviazione di codesto procedimento formulato dal P.M. in data 17/12/2003. Poiché il sottoscritto dal 1996 ad oggi ha collezionato una serie di maltrattamenti morali ed economici da codesta Presidenza Naz.le ANMI solo per essersi scrupolosamente attenuto allo STATUTO dell’ ANMI – 1992 – e precisamente all’ art. 2 (SCOPI) dove si recita testualmente al paragrafo c) TUTELARE IL PRESTIGIO DEI MARINAI IN CONGEDO, ALIMENTARE IN ESSI IL SENTIMENTO DELLA RECIPROCA SOLIDARIETA’ E RENDERE SEMPRE PIU’ STRETTI I VINCOLI TRA LORO ED I MARINAI IN SERVIZIO.

Per porre fine alla questione che si protrae da circa 8 anni faccio appello ai supersiti del 2° conflitto mondiale richiedendo un minimo di solidarietà per il ns. Commilitone Pier Emilio Camillo Zanoni di Agnosine (BS) ed a me medesimo che non ho mai preteso nulla dalla Marina e tanto meno dalla Presidenza Naz.le ANMI, sono giunto fino al punto di scrivere una R.R. il 4/2/1999 al 1° Vice Presidente Naz.le A.N.M.I., C.te Mauro Leonardo De Pinto di Molfetta ma neppure lui si degnò di una risposta.

Ritenendomi indegnamente offeso dal comportamento ricevuto da codesta Presidenza, dal 10 giugno 1996, ho reagito solo con spirito di solidarietà. Ho chiesto a codesta Presidenza Nazionale ANMI, la restituzione del Medaglione del Velite da me eseguito e la restituzione delle quote associative versate al Gruppo ANMI di Roma per l’anno 2000 per me e per mio nipote Simone Sciascia in quanto lo stesso Gruppo non ha mai accettato la ns. iscrizione, ma trattenendosi la quota associativa, senza dare alcuna spiegazione.

Nella primavera dell’anno 2006 sono state finalmente restituite le quote associative versate al Gruppo ANMI di Roma per l’anno 2000 per me e per mio nipote Simone Sciascia.

 La restituzione è avvenuta tramite versamento sul conto corrente postale dell’UNICEF.

 

 

 

21 Giugno 2006

 

In data 21.06.06, dopo 10 anni dallo spiacevole episodio sopra citato, ho consegnato il medaglione presso il Sacrario Monumentale del Vittoriano.

Prima di depositarlo l’ho ripristinato con un pannello rivestito con panno azzurro\mare e la sua custodia l’ho realizzata in legno noce.

L’ho consegnato al Vittoriano, al direttore C.te C.V. Rizzo di Grado e di Premuda Francesco Carlo e a tutto il suo direttivo del 1°Ufficio Storico di Maridist-Roma, in memoria dei nostri compagni d’Arma caduti per la Patria, esprimendo altresì i migliori auguri e ringraziamenti per il raggiungimento di tale scopo.

 

A tal proposito il sottoscritto, Sciascia Salvatore, ringrazia i Reduci venuti appositamente da fuori Roma: il C.te Stella Sebastiano da Genova, il Signor Scordari Rocco da Perugia, il Dott. Valenzuolo Ugo da Roma (tutti e tre ultraottantenni); la Signora Paola Ved. C.te Matricardi, da Napoli; la Signora Mizia Sessa Ved. Amm. Giartosio; mio figlio Sandro Sciascia; mio nipote Rag. Franco Magrelli; il nipote del ns. Guglielmo Aprile, Angelo Aprile, Presidente del Gruppo di Roma, la Signora Maria Ved. Del ns. Adriano Festagalla ed il ns.Signor sindaco di Ladispoli e Consigliere della Provincia On.Gino Ciogli e tanti altri ospiti intervenuti per onorare la presente cerimonia.

                                 SALVATORE SCIASCIA

 

Discorso pronunciato da Salvatore Sciascia al momento della consegna del Medaglione al Vittoriano di Roma

 

Cari amici, Veterani e Reduci del “R.C.T. Velite”

 

Siamo rimasti in pochi, anzi in pochissimi, perché il tempo vuole ed ha voluto la sua parte di questi nostri colleghi scomparsi, ed è con tanto rimpianto che di vero cuore li ricordiamo e li ricorderemo sempre.

Il cimelio che noi oggi consegniamo al Museo Nazionale dell’Altare della Patria è stato da me ideato e realizzato a ricordo dell’Equipaggio del “R.C.T. VELITE” ed inizialmente posto in mostra per essere successivamente conservato presso la sede della Presidenza Nazionale dell’A.N.M.I. a Roma.

Il deplorevole ed immeritato trattamento nei confronti dell’amico fraterno Zanoni, veterano del “VELITE” fino dal suo allestimento, mi ha indotto a schierarmi a difesa di questo grande amico che tanto ha compiuto fedelmente per la Marina e per l’A.N.M.I. (da fondatore di uno dei più prestigiosi Gruppi ANMI della Lombardia di cui fu Presidente per 26 anni, per poi essere eletto Consigliere Nazionale per due mandati consecutivi).

Venne poi espulso dall’Associazione per motivi che non gli sono mai stati portati a conoscenza, nonostante le innumerevoli richieste di chiarimenti e di convocazione per tale trattamento sempre rifiutati dalla Presidenza Nazionale.

Io sottoscritto SCIASCIA Salvatore, commilitone e fraterno amico, conoscendo l’onestà morale di Zanoni ho sentito il dovere di schierarmi a difesa di questo grande amico ma per questa posizione personale il sottoscritto Sciascia Salvatore, fondatore e Presidente del Gruppo A.N.M.I di Ladispoli, senza alcuna possibilità di difesa come l’amico Zanoni, senza alcuna motivazione valida, l’onorevole gruppo di Dirigenti Nazionali (senza alcuna convocazione in merito) dispose l’allontanamento dall’ANMI e il rifiuto della tessera.

 

Questo inconcepibile e malefico comportamento nei miei confronti mi convinse che il presente Medaglione in bronzo da me depositato ad onore dei veterani del “R.C.T. Velite” presso la Presidenza Nazionale dell’ANMI meritava una più onorata collocazione.

 

A questo scopo iniziai la lungamente ostacolata e sofferta battaglia per la richiesta della restituzione e chiedere di poter destinare in forma definitiva il Cimelio a questo grande storico Museo dell’Altare della Patria che oggi ci onora di ospitarci.

 

Un pensiero va a tutti i Commilitoni caduti per la Patria perché sono convinto che per questa cerimonia i nostri Eroi caduti in mare me ne sono grati da lassù compresi gli ultimi grandi Marinai scomparsi nel 1999. Voglio ancora ricordare l’Amm.glio BALDINI e il C.te Matricardi deceduti nel 2000, Adriano Festagalla, Uliano Marozza e coloro che li hanno preceduti come il valoroso Amm.glio DE BEI ed Emanuele GIARTOSIO (ai quali sono personalmente riconoscente).

 

Il più sentito ringraziamento va a tutte le Autorità Nazionali che hanno collaborato per far sì che avvenisse questa donazione e in particolar modo ai Dirigenti del Museo.

 

Per questo ringrazio anche a nome dei commilitoni Domenico Cappiello da La Spezia, Vincenzo Iacono da Forio d’Ischia, Averardo Quiriconi da Viareggio e Pier Emilio Zanoni da Agnosine (BS) che per seri motivi di salute non sono qui oggi.

Infine ringrazio tutti i presenti compreso mio figlio Sandro che ha voluto essermi vicino in questo giorno per me molto importante.

 

                                                           Un fraterno abbraccio dal Marò Salvatore SCIASCIA

 

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Altare della Patria 21 Giugno 2006

 

 

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