DISTRUZIONE DI GARGALLO

 

     La lotta fra Guelfi e Ghibellini fu cruenta, dilagò in tutta  Italia e Gargallo subì la falcidia più spaventosa della sua storia. La  battaglia  durò da dicembre a giugno con danni enormi.

     I gargallesi atti alle armi, per convinzione o necessità, si chiusero a difesa nel castello coi Brusati ed i Cavallazzi. Molte donne, qualche vecchio ed i bambini si rifugiarono nei paesi vicini, specialmente a Soriso e Gozzano, ma gran parte dei  vecchi  rimasero fedeli al proprio terreno fidando di venire trascurati dai nemici per la loro età inoffensiva. Questa risoluzione rivelò una buona dose di coraggio, ma in effetti risultò una  specie di suicidio di massa. I Tornielli, visto che i gargallesi stavano alla difesa del  castello, cominciarono a sfogarsi con quelli che ne stavano al di fuori con crudeltà e soprusi di ogni genere. I Ghibellini entravano nelle case da padroni e commettevano ogni sorta di  ribalderia: uccidevano bestiame senza averne bisogno, distruggevano ogni scorta di famiglia, allagavano cantine col vino delle botti  dopo  essersi ubriacati...  Distruggevano senza altra ragione se non quella di commettere vandalismi. Portavano i poveri  vecchi, dopo averli ben malmenati, sotto le mura del castello perché implorassero i loro figli ad  arrendersi, ma questi, intuito che simile preghiera era imposta con le minacce  e  che gli  intendimenti dei loro genitori  erano ben  diversi, rispondevano con rinnovata gagliardia. Visto il vano esito di questo tentativo i Tornielli riversavano il loro furore contro gli inermi genitori, seviziandoli ed uccidendoli.

     Assistendo ad una di  queste scene un tal  Ignazio Casarotti, uomo di gran coraggio e di forza eccezionale, si calò dal bastione con una fune  ed  attraversato il fossato * si avventò  come una furia contro i nemici armato solo di un bastone, ma che di traversa di tetto si trattasse, e manovrandolo a mo'  di clava distese al suolo  ben  undici nemici, e buon per gli altri se le gambe li sostennero nella  precipitosa fuga.  Raccolto  il cadavere della madre, che stava a pochi passi, lo portò alla sua abitazione seguito dal  padre piangente e sanguinante. Nessun altro Ghibellino  si azzardò  ad attaccarlo. Il giorno dopo, sepolta la madre, il Casarotti credette di continuare a sfogare il suo furore  per la liberazione del paese. Afferrato un vecchio tridente scovato in  un letamaio, gli mise  un lungo manico ed usandolo come lancia si mise a correre per le vie del paese  fugando i nemici. Questi, riunitisi in poderosa massa e bene armati, lo attirarono nel cortile Baroli come il torero attira il toro con la muleta. Lo sventurato Casarotti, già estenuato dallo sforzo del giorno precedente, consumava le rimaste energie inveendo e scagliandosi contro le porte in cui apparivano i nemici,  che  però si chiudevano subito al suo arrivo mentre se ne apriva un'altra dalla parte opposta, per chiudersi  anch'essa  appena vi si  approssimava. Durante questo logorio fisico un secchio d'acqua bollente gli inzuppò le scarse vesti; nel tentativo di liberarsi di queste finì sotto le mazze ghibelline. Il suo corpo denudato fu infitto su un palo ed innalzato di fronte al castello come monito a non osare.

     I gargallesi non cedettero neppure quando un cappellano, venuto da Gozzano per benedire le recenti salme degli uccisi, fu inviato al castello per  scongiurare  gli assediati a por fine a tanto massacro e se ne uscì oltraggiato dai Guelfi e male accolto dai Ghibellini per la sua scarsa abilità di paciere.

     Trovai scritto che un gruppo di donne gargallesi, rifugiate a Soriso e capitanate da una certa Maddalena Hieromina (Giromini), in una esplosione di amore  per i loro mariti rinchiusi nel castello risolsero di recarsi di  notte  a  Gargallo con forche, tridenti, falci e bastoni per dar man forte agli assediati. Giunte  fin sotto le  mura, dopo una disperata zuffa rusticana tentarono di allargare la posizione usando perfino unghie e denti. Tentativo veramente eroico quanto inutile, perché il forte numero  dei nemici, ovviamente più robusti e meglio armati, dopo una lotta di parecchie ore che si trascinò  fino all'alba, ebbe ragione di quelle eroine, quasi tutte trucidate o annegate. Da  ciò  gli assedianti trassero motivo per avvilire gli assediati, mostrando con disprezzo i corpi spenti delle novelle spartane.

     L'assedio si trascinò fino a giugno e dal castello ormai si  rispondeva da sfiniti. Scorte esaurite, uomini decimati e malaticci, morale abbassato ad un livello da tragedia ed armi spuntate dettero ragione ai Tornielli che, dopo tanti tentativi, riuscivano finalmente ad appiccare il fuoco al castello; al paese avevano già provveduto da tempo... Colla distruziozione del castello di Gargallo furono rasi al suolo anche quelli di  Borgosesia, Boca, Marzalesco, Fagnano, Pombia, Ghemme, Revislate, Maggiate, Comignago,  Gagnago, Spinazzola, Crusinallo, Bogogno, Mesma, Gattico, Briga, Vergano ed Opaglio. Nell'archivio della chiesa di Soriso trovasi un documento che ricorda questa strage:

     ...col castello venne pure abbruciato il villaggio di Gargallo e di quelle poche persone  che non  rimasero vittima dell'incendio parte si rifugiarono a Gozzano e parte a  Soriso, che allora contava ottocento anime al pari di Gozzano.

     Fin qui abbiamo parlato di castelli, ma l'Azario parla anche di fortezze, intendendo massicce fortificazioni più ampie e  tali da consentire  la  difesa su tutti i lati: dobbiamo quindi convenire che Gargallo era ben più importante di quanto non si  creda, in quanto possedeva una fortezza che probabilmente si estendeva  su  tutto il frontone verso l'Agogna e avente come baricentro il castello. Infatti l'Azario dice che solo due fortezze furono rase al suolo, ovvero quelle di Gargallum ed Opalium,  mentre  per i paesi distrutti contemporaneamente e sopra menzionati parla di castelli. Possiamo anche credergli, perché scavando il terreno che sta fra la fornace Galleazzi e la parrocchiale troviamo innumerevoli detriti e tracce di vecchie costruzioni; se un attento ricercatore scavasse questa  zona ho tutte le ragioni di credere che non lo farebbe invano. Se poi si tentasse lo scavo più al largo, verso ovest, si  potrebbero  probabilmente  trovare avanzi di costruzioni. Sì, perché pare corretto supporre che il terreno del castello e dei relativi servizi non si limitasse allo spazio dell'attuale chiesa, ma  che si allargasse al terreno dell'attuale casa parrocchiale, del Municipio, delle scuole od anche oltre.

 

* Si sa che questo fossato veniva alimentato da acqua raccolta da una roggia che partiva da fin sotto l'altura dell'attuale cimitero di Soriso e scendeva per l'odierno casale Toeschi, passando  pressappoco ove sta la strada principale a lato est. Data la natura stagna dell'argilla, la dispersione era pressoché nulla.

 

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