RICOSTRUZIONE DI GARGALLO Passata la bufera dei Guelfi e Ghibellini, dei pochi gargallesi che riuscirono a scampare, chi fortunosamente dalla difesa del castello e chi rifugiandosi nei dintorni, qualcuno scoraggiato non fece più ritorno (ecco perché qualche raro Casarotti, Baroli, ecc. figura in altra anagrafe vicina), mentre i più determinati tornarono sulle macerie delle case da cui trassero ancora qualche cadavere di parente sul quale versare le ultime amare lagrime, tornarono sui loro campi devastati più che da qualsiasi tempesta. Cosa sperava di trovare quella povera gente dopo il passaggio, o meglio la permanenza, di quella furia infernale? Prati aridi come steppa, piante mozzate, viti strappate o vilipese, orti disprezzati e senza alcun segno di coltura, campi sterili in un miserando squallore, pozzi distrutti od inquinati a tal punto che per provvedersi di acqua i pochi abitanti dovevano recarsi con secchi perfino ai torrenti, perché le poche fontane erano prese d'assalto. Non avevano più alcun bestiame né il denaro per provvederne. Esattamente centoventicinque fra uomini, donne e bambini erano questi eroi, perché eroe si può chiamare chi affronta un semideserto cercando di trarne sostentamento. Eppure questi centoventicinque reduci, asciugate le ultime lagrime e rimboccate le maniche, rifecero le abitazioni e la difesa del paese, prepararono la terra per il prossimo anno ed uniti come una sol famiglia si aiutarono per superare l'inverno nella più nera miseria. Era una enorme forza che supera ogni barriera, una fratellanza degna di essere immortalata come ben disse il Pievano Gozzanese di allora. Chi erano questi prodi? Erano coloro che non volevano tradire la loro madre terra e sicuramente rispondevano ai vecchi nomi dei Comminazzini, Casarotti, Baroli, Guidetti, Giromini, Toeschi, Ravizza. Sorsero così le nuove case, ed è qui che lo scrittore del citato quadernetto cerca di scoprire una specie di pianta del primo Gargallo, frugando in quel che fu prima ed in quel che si fece dopo la sua distruzione. Annota infatti l'autore:
Sorse pure il nuovo castello sulle rovine del primo, il quale indubbiamente trovavasi ove sorge l'attuale chiesa e di cui rimase solo l'attuale torre adattata a campanile. Mi è caro ricopiare quanto continua a dire il citato Gavinelli:
Fu costruita più tardi anche la casa di cui fa ancora cenno l'autore suddetto:
Questa descrizione va accettata con una certa larghezza in quanto i confini veri, per la gran parte degli anni, si trovavano in luoghi leggermente distanti; non si può comunque negare che forse per breve tempo (data l'elasticità dei confini di allora) siano stati proprio quelli succitati. Non dice il Gavinelli da dove ha attinto la notizia, ma l'onestà dell'autore e le passate assicurazioni dei vecchi abitanti del Motto fanno pendere la bilancia in modo molto favorevole verso tale tesi. Poco si sa sulle vecchie costruzioni della Valletta, ma indubbiamente una delle vecchissime è quella sul piazzale ai piedi della salita verso il Motto, in quanto era la sede della masseria Baroli, trasferiti poi a Cremona; masseria condotta e poi acquistata dai Fiorini ed attualmente dai Narciso. * Si assicura che ad una cinquantina di centimetri dal suolo, sottoterra, furono trovate tracce di poderosi fabbricati nella regione Griscia, come pure in tutto il terreno che va dal convento agli Arbosti, nonché fra il Casale Casarotti ed il Casale Toeschi; praticamente i terreni attornianti e fra i casali. E' d'uopo ricordare che mio nonno materno, Poggia Vincenzo, ricevette ai primi anni di questo secolo una lettera da Valladolid (Spagna) sulla quale lo scrivente assicurava di essere in possesso di un documento con relativo disegno pervenutogli da un suo antenato. Da informazioni assunte il mittente sosteneva di essere venuto a conoscenza del fatto che sul terreno di proprietà del mio avo (vasta porzione che partiva dal casale Baroli ed arrivava fino alla strada per la Valletta toccandola tanto ad est quanto a sud fino quasi alla frazione menzionata) era stato sepolto un tesoro da un guerriero spagnolo durante gli eventi franco-spagnoli. Chiedeva la collaborazione del nonno per le spese di viaggio e di scavo, ma il buon vecchietto, sembrandogli una richiesta ambigua, non aderì. La lettera peregrinò in tutti i cassetti della casa e destava solo la curiosità di noi nipoti perché era scritta in spagnolo. © Tutti i diritti sono proprietà esclusiva e riservata degli eredi dell'Autore
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