REPUBBLICA DI SORISO
con Gargallo e Pianezza

 

     Se di fatto il popolo di Soriso  superiore ed inferiore con Gargallo, Pianezza e Valetta erano uniti territorialmente sotto uno  stesso  Stato e sotto il Vescovo di Novara, non così lo erano di diritto, sia in ordine della podesteria giudiziaria, sia in ordine alle leggi ed altro ancora. Questa anacronistica condizione consigliò agli abitanti di inviare un invito al Cardinal Morone Vescovo di Novara che qui trascrivo, rilevata dalle solite memorie scritte dal Mongini:

     Gli uomini di Soriso sudditi di V.S. Ill. e Rev. hanno le loro case sì  vicine ed unite che sotto a niun aspetto si possa  fare  una comoda  divisione. Sono retti dalla stessa parrocchia; in comunione ed indivisi posseggono gli stessi mulini, i pascoli ed altri beni. In comune offrono la  cera a San Gaudenzio, * fruiscono insieme l'immunità ed i pedaggi del distretto di Novara che godono quelli di Gozzano ed i plebani. Negli statuti di Novara si fa comune  menzione senza distinzione di Soriso Superiore e Soriso Inferiore, cosicché  si reputa un sol corpo. Una sola divisione rimane, cioè quelli di Soriso inferiore  vengono retti dal proprio Pretore che si elessero e fu confermato da S.V. Ill.,  pagando separatamente i pesi; e quelli di Soriso superiore sono retti dal Castellano di  Gozzano e plebe. Questa cosa porge ben di spesso materia  di contese cosicché si viene alle risse ed alle armi talvolta nella  speranza  di delinquere impunemente, perché non si possono convenire sotto lo stesso giudice;  e  per questo motivo si sono commessi vari delitti, ed ora poi si teme, come corre voce, che si addivenga alla divisione  dei beni comunali, la qual cosa preparerebbe per la vicinanza dei popoli continue e perpetue discordie e  risse con  armi.  Siccome adunque sommamente è spediente l'essere retti dallo stesso giurisdiscente per i commerci e le negoziazioni che insieme si esercitano, ad impedire le discordie e sedare le risse, e come un nuovo corpo e Comune essere soggetti alla S. V. Ill., avuto in niun conto di Soriso superiore ed  inferiore; il  che  gli  stessi  uomini desiderano per quella stessa ragione che andando e ritornando da Gozzano fa mestieri di solito dimorarvi per piccoli affari e di ben poco momento  onde  conseguire il fatto proprio, accade che una buona parte di tempo consumato per strada ed intanto sono distratti dai domestici affari, e dalla coltura dei campi con gravissimo detrimento, dovendo assoggettarsi per tal causa a tasse ed a perdite di spese, sedendo il Giudice di Gozzano solamente tre volte alla settimana; perciò gli uomini suddetti unanimi fanno ricorso al suffraggio di V.S. Ill. umilmente supplicando si degni con sue lettere patenti  li detti uomini e li detti luoghi unire in guisa che per l'avvenire siano un  sol corpo e Comune, e quelli di Soriso superiore si debbano separare in tutto dal luogo e giurisdizione di Gozzano, decretando che gli stessi uomini di Soriso siano governati da un sol  Pretore in  tutto siccome in parte di Soriso inferiore, si debba or eleggere e poi confermare dalla S.V. Rev.. Inoltre si debba separare l'estimo di  Soriso superiore dall'estimo di Gozzano e plebani, sicché nulla abbiano di  comune con essi, ma separatamente paghino i pesi per la loro posizione. Nulladimeno restino sudditi della S.V. Rev.. Siano però contenti gli uomini di Soriso superiore di contribuire nel salario del Pretore deputando, ed a  pagare separatamente i pesi. Le quali cose essendo disposte per togliere le liti e massime ad evitare le irragionevoli spese, ed essendo eque, sperano di ottenere il  loro intento dalla S.V. Rev. cui  si  raccomandano umilmente.

     Segue la risposta del Cardinal Morone a tale ricorso:

     ...le quali cose da noi lette e diligentemente  esaminate, desiderando sommamente la quiete, e la tranquillità dei nostri sudditi, procurando per  quanto possiamo di togliere le liti, le discordie e le spese. Abbiamo determinato di annuire alle loro suppliche per quanto a noi  spetta.Per la qual cosa di nostra autorità episcopale, e con certa cura  di animo nel miglior modo che possiamo lo stesso luogo di Soriso superiore con tutto  il di lui territorio dal luogo nostro di Gozzano e giurisdizione in un coll'estimo del territorio del luogo di Gozzano e plebe separiamo e col luogo di Soriso inferiore così detto  uniamo,  congiungiamo, incorporiamo, cosicché di poi sia tolto il nome di Soriso superiore ed  inferiore ** e venga chiamato un sol Soriso, e nei tempi avvenire ed  in perpetuo gli stessi uomini siano sotto lo stesso Pretore e giusdiscente da noi e dai  nostri successori nell'episcopato deputando. Vogliamo  che  quelli di Soriso siano sciolti da tutti i pesi che si impongono a tutta la Riviera generalmente  e  che si imporranno, e quelli di Soriso siano separati da quelli di Gozzano e plebe, cosicché affatto ed in tutto gli stessi uomini di Soriso  superiore  ed  inferiore presenti e futuri con tutto il loro territorio sia ad essere s'intenda in avvenire un unico corpo e separato dal nostro Castellano di  Gozzano e per sempre lo stesso non possa giudicare quelli di Soriso nelle cause e giurisdizione, avendo solo il Pretore di  Soriso da noi deputando diritto e giurisdizione come sopra.Vogliamo eziandio che l'estimo di Soriso sia separato da quello di Gozzano, e nella  deputazione  del Pretore e giusdiscente sia lecito a quelli di Soriso di proporre tre o quattro uomini probi ed esperti nelle giurisdizioni: un solo di questi noi deputeremo a  Pretore e giusdicente, cui gli uomini di Soriso provvederanno di competente  salario di ogni anno e sempre in perpetuo. Sì il Pretore giusdicente che gli uomini di Soriso useranno degli statuti ed ordini che  si daranno  e stabiliranno da noi, i quali vogliamo si chiamino Statuti ed ordini di Soriso, e di questi si serva il Pretore nelle cause tanto civili  che criminali e miste; con questi giudichi, ascolti e decida; i contravventori  ed inobbedienti  corregga, condanni  e punisca, e contro di essi proceda, ed in tutti gli appelli del giusdicente di Soriso si  riportino al Vescovo o suo Commissario o luogotenente generale  nell'episcopato;  le pene e le multe applichi tutte a favore della nostra mensa ed al  Sindaco  ogni mese, ed all'Esattore per esso lui deputando insieme  alla  pubblicazione dei beni se si farà, eccettuate però le cause civili, nelle quali per metà le multe allo stesso Comune, e per l'altra metà vogliamo sia applicata a favore del Pretore secondo gli Statuti. Il Pretore nell'entrare al suo ufficio prometterà di assoggettarsi ad un idoneo sindacato. Non intendendo con ciò di pregiudicare ai diritti della mensa Episcopale che ha nel detto Soriso superiore, e parimenti di non oppormi  ai diritti degli uomini di Soriso inferiore, e niun suddito ardisca dispensare e contraddire ai nostri diritti che ordiniamo di eseguire e conservare  sotto pena della nostra indignazione, e sotto altre pene  da infliggersi a nostro arbitrio, non ostando le supplicazioni degli uomini di Gozzano informati e cenziorati in una tale unione a di cui testimonio le presenti noi abbiamo ordinato si facciano e siano impresse del nostro sigillo.

Nel palazzo Episcopale dell'Isola, il dì vigesimo quarto di giugno del 1553.

Il Cardinale Morone

     Fra le trentasei  pergamene  denunciate esistenti nell'archivio parrocchiale di Soriso trovasi questa preziosissima di Papa Paolo IV che, dopo un preambolo del  tenore di quello del Cardinale Morone, continua:

     Volendo noi che li prefati uomini di Soriso abbiano speciali favori  e grazie; propensi a tal supplicazioni, l'unione, l'annessione, l'incorporazione di Soriso superiore ed inferiore, come pure i desideri ed il mandato di Giovanni Cardinale Morone, e quanto contenuto in dette lettere patenti, Noi colla nostra Apostolica autorità approviamo e confermiamo ed omologhiamo  supplendo a tutti i singoli difetti se mai siano occorsi, e di poter costringere e compellere con pene e censure ecclesiastiche e con altri rimedii... E se fa d'uopo d'invocare eziandio l'aiuto del braccio secolare, non ostando le apostoliche costituzioni, e gli statuti della città di Novara e dei Municipi, ecc. ecc...

Dato in Roma presso S. Pietro, sotto l'anello del Pescatore,
il giorno 10 di Luglio del 1556, anno secondo del nostro Pontificato

     Così Soriso superiore ed inferiore, Gargallo, Pianezza  e  Valetta formarono un unico paese con tutti i crismi dell'ufficialità e stabilirono la loro sede in Soriso attorno al vecchio confine che prima li divideva, proclamando nel frattempo la Repubblica Autonoma di Soriso.

     Nel 1556, coll'inizio di detta Repubblica  i dirigenti di Soriso ebbero cura di stendere gli Statuti che regolassero la vita dei cittadini. Trovasi presso l'archivio comunale di Soriso l'originale di detti Statuti che avevano la forza di legge assoluta. Un codice cartaceo (Haec sun statuta Sorisii) in sessanta carte trovasi pure presso la  biblioteca  civica di Novara. Quello di Soriso consta di 46 fogli semplici cm. 23 x 17 racchiusi in due fogli bianchi e da copertina in pergamena più spessa. Il tutto composto  da  79 paragrafi divisi in cinque parti: dal 1 al 6 tratta la costituzionalità, dal 7 al 38 la procedura  civile, dal 39 al 59 il diritto civile, dal 60 al 62 la procedura penale e dal 63 al 79 la penale sostanziale.

     Ritiratosi a vita privata il Vescovo Morone gli succedeva Giovan Antonio Serbelloni, al quale Soriso inviò richiesta di riforma degli statuti del 19  novembre 1553 (allora concessi provvisoriamente ai sorisesi dal Cardinale Morone) con altri più aggiornati. Nel 1569 Soriso ottenne la sanzione dello statuto che qui  trascrivo da quanto ha fatto il Mongini, seguitando anche nel commento:

     A lode del Signore e giusta il decreto dell'Ill. D.D. Gio Antonio Serbellone Prete e Cardinale di Santa Romana Chiesa  del Titolo di San Giorgio al velo d'oro, perpetuo amministratore del Vescovado  di Novara, Conte  dell'Isola e Riviera d'Orta, e Gozzano e plebe, e Signore di Soriso terra a  se  separata, fatti e composti dagli egregi e probi uomini Sig. Guidotto Uzini  figlio del fu Sig. Giacomo Pietro,  Bernardino  Casarotto figlio del fu Giò Pietro, Giacomo Magalio detto il Filavino figlio del fu Domenico, e Giorgio  Ravizza figlio del fu Antoniolo tutti di Soriso deputati ed eletti a ciò fare dai Consoli, Consiglieri  dal Comune e uomini di Soriso, e per istrumento rogato dal Sig. Gerardo Casarotto  figlio del fu Jacobino Notajo pubblico di Soriso, sotto il giorno 19 del mese di Novembre 1553, per abbreviare le  liti e reprimere  l'audacia  dei  calunniatori, ed in perpetuo siano osservati nella terra di Soriso e suo territorio come sono  scritti alla lettera senza che di essi sia fatta alcuna interpretazione.

     Continua ancora il Mongini a mo' di commento:

     Seguono quindi tutti i capitoli in  numero  di  79 coi  quali  sapientemente si provvede alla santità del giuramento che devono prestare i pubblici impiegati ufficiali, il loro salario, si prescrivono le  norme per la nomina di tutti i pubblici ufficiali, ed i loro doveri, quelle per i pignoramenti ossia ipoteche, e le pene ai contravventori; si tutelano i diritti dei creditori verso i debitori, si  determina l'ordine a tenersi in cause civili; il modo  di procedere contro gli assenti, contro i minori e nei sequestri; si stabiliscono i testimoni pei testamenti, le solennità ad osservarsi nel ripudiare un'eredità, e del passaggio di questa all'erede, dell'eredità ab intestato, dell'occupazione, del  possesso  turbato,  delle vendite e compromessi, dell'osservanza delle ferie, dei confini,  delle piantagioni,  degli estimi, delle misure o bilancie, delle costruzioni e materiali per esse, dei danni recati per sé o per gli animali nei possessi altrui, dei delitti,  e  modo di procedere contro i misfatti e di quelli contro cui non può  procedere  il Podestà; delle pene contro chi favorisce i banditi o condannati  a vita, dell'obbligo di arrestare i malfattori o i banditi, e delle pene contro chi ne impedisce il processo; delle bestemmie, delle risse, insulti, minacce o ferite, delle parole ingiuriose, delle armi proibite, dello spergiuro o falso testimonio, della remissione  di una pena a chi confessa il suo delitto, degli  incendiari e delle  esecuzioni delle pene. In detti statuti si rimarcano singolarmente le seguenti leggi civili e penali  che a soddisfazione del lettore si espongono per esteso.  Si  è  stabilito ed ordinato dai reggenti che tutti i parenti del padre possono riscattare i beni alienati da altro parente, sebbene passati a vari  padroni  mediante  lo  sborso del prezzo stabilito dagli estimatori pubblici del Comune, quando l'istanza venga fatta al Podestà di Soriso entro un anno ed  un giorno dalla vendita. Così pure è rimarcabile la legge detta delle tre coerenze. Venne  parimente ordinato:  se uno possiede uno stabile in duplice quantità, ed è coerente da tre parti al fondo  altrui, questi deve cedergli il detto fondo al prezzo stabilito dagli estimatori comunali. In quanto alla dote della moglie viene stabilito che il marito stando dieci anni senza muovere lite, si ritiene essere convenientemente  dotata.  Se la moglie muore senza figli, il marito ha il diritto  della metà dote, se poi è forestiera, di tutta. Il marito poi non può legare alla moglie  più  della metà dei suoi beni in usufrutto, e lire cinquanta in proprietà. Questi leggi cessarono col  codice Albertino. In quanto alle leggi penali si nota, primo, della bestemmia, contro Dio, la  Vergine, i Santi, la quale è punita con la pena pecuniaria di  lire dieci  ogni  volta, da applicarsi parte a favore dell'accusatore e parte della fabbrica  di San Giacomo. In difetto si debba tenere legato alla catena per  un  giorno. Segue poi del furto: venne parimenti ed ordinato: colui che commette un furto di lire  dieci è condannato alla restituzione del valore derubato, più alla pena di lire cinque sino alle venticinque imperiali. Se poi il condannato a lire 10 ed alla pena del furto, non l'avrà fatto entro dieci giorni dalla sentenza, in tal caso il  Podestà  debba condannarlo al taglio della mano destra, e  lo  stesso debba ordinare l'esecuzione della sentenza appena sia il reo nelle sue mani.  Se poi il ladro per tre volte ha commesso un furto del valore di lire 25 imperiali, sia condannato alla forca cosicché moja nientedimeno, e  sia ancor condannato alla restituzione della roba derubata. Venne pur stabilito ed ordinato che siano condannati alla  stessa pena coloro che ai detti malfattori prestano ajuto o consiglio o favore. Il testimonio poi che spergiura nelle cause criminali per delitto di sangue  verrà condannato a lire cento da applicarsi per metà al Rev. Signore, e l'altra metà al Comune, le quali non pagate entro dieci giorni dalla condanna, sarà punito col taglio della lingua, o della mano destra ad arbitrio del pretore; alla  stessa pena verrà pur condannato colui che avrà introdotto alcuno a far testimonio falso con inganno. Degli omicidi così ordinato: chi nella giurisdizione di  Soriso avrà dato la morte ad alcuno sia condannato al taglio della testa, tranne che l'uccisore non abbia compiuto gli undici anni, o sia maniaco o furioso; se poi soffre  umori melanconici, sentito il parere dell'avvocato fiscale, il Podestà può condannarlo alla galera a vita, o a tempo determinato secondo il caso. Non sarà punito  chi per difesa della propria vita, od in tempo di notte nella propria casa avrà ucciso il ladro,  l'adultero, lo stupratore, ecc...  Fu  ordinato  inoltre che gli assassini di strada, i traditori della terra di Soriso, o del  Vescovo  Signore,  i sodomiti, siano condannati alla forca, ed i fabbricatori  di  monete false  ad essere abbruciati vivi. *** Queste  sono alcune leggi più notabili dello statuto di Soriso onde darne un saggio ai nostri lettori, che sarebbe di troppo lunga la pubblicazione di tutte. Fra i diritti che competevano  agli uomini  di Soriso in forza dello statuto eravi principalmente quello di eleggervi il loro Podestà che copriva eziandio la carica di Pretore, proponendo al Vescovo Presidente, pro forma, tre personaggi probi e conoscitori dei loro diritti, dei quali il più accetto al popolo sovrano veniva scelto ad amministrare la giustizia secondo gli statuti della Repubblica. Solenne era la presa di possesso con che insediavasi nella sua carica di Podestà e Pretore, divenendo esso con la sua autorità e potere il conservatore e difensore di tutti i diritti del piccolo stato. Prima di esercitare la sua  giurisdizione  doveva giurare sul Vangelo davanti al Consiglio dei Magnifici Reggenti e dei Due Consoli di osservare e di far osservare gli statuti et ordini della Repubblica e di esercitare la giustizia con fedeltà e coscienza, senza odio, amore o  timore.  E perché la giustizia fosse così amministrata, il Pretore  doveva  presentare  una  solidale cauzione ed alla fine del suo ufficio  doveva essere il suo operato sottoposto ad un esame o sindacato. Onde poi non allegasse  ignoranza presentavasi a lui il codice delle patrie leggi, in cui fra le  altre  prescrizioni veniva ordinato che fosse multato di soldi venti ogni qual volta che non sedesse nel banco della giustizia nel giorno prescritto che era di giovedì di ogni  settimana. Il salario era determinato in lire venticinque da retribuirsi metà a  San Pietro e l'altra metà alla festa del Santo Natale. In fine veniva rogato l'atto di possesso da  un  notaio, dopodiché il più anziano del Consiglio porgeva nelle mani  del novello Podestà il bastone di comando ornato  di pomello  d'argento,  e  la  spada che  cingevasi ai fianchi.  Egli aveva  sotto di se a sua disposizione un fante ed un cancelliere notaio di Soriso, essendo escluso dallo statuto ogni forestiero. Per lungo tratto di tempo esercitarono tale ufficio i notai Mongini, dei quali se ne contano undici. Fra i Pretori di Soriso che  sedettero negli ultimi anni giova ricordare l'avv. Ruga Rocco nel 1766, l'avv. Gio Maria Bartoli nel  1790,  l'avv. Molli di Borgomanero nel 1800,  assai erudito nell'antichità, ed il nobile Giulio Ferrari nel 1814. Un Capitano era il superiore della milizia civica del borgo. Questi con il Pretore ed i Consiglieri  reggenti  intervenivano  all'entrata  di ogni  Vescovo nella Riviera quando prendeva possesso del  principato. Quando poi il Vescovo faceva il suo ingresso in Soriso questi andando  ad  aspettarlo al torrente Grua, confine dello Stato, e prima di por piede sul territorio di Soriso  era  d'uopo  che giurasse di conservare gli statuti e privilegi.

     Il Mongini parla velatamente di un fatto increscioso avvenuto durante una di queste cerimonie. Un Vescovo audace od autoritario, o ben  povero di intuizione, ritenne di respingere con intolleranza la pergamena presentatagli per il rituale giuramento da un accanito sostenitore delle libertà sorisesi, certo Francesconi. Come gli  fu  presentato il documento, il Vescovo, padrone borioso che forse mal tollerava tal sottomissione, ebbe l'infelice idea di lacerare il foglio con disprezzo gettandolo oltre, davanti alla folla osannante venuta ad incontrarlo. Si narra che il Francesconi, offeso nella sua dignità di rappresentante di un paese libero e con diritti faticosamente conquistati, non abbia  trovato di meglio da fare che mollare un paia di ceffoni sul candido  viso episcopale, disarcionandolo dal suo destriero e facendo rotolare sul terreno lo zucchetto. Siccome di Francesconi ve n'erano parecchi (o almeno che la pensavano come lui) e della stessa levatura, e siccome necessariamente il parroco ed i confratelli  dovevano difendere l'autorità e la dignità del Principe-Vescovo, dovette succedere un bel guazzabuglio fra croci, candelieri, stole e manate, se non sonori pugni. Lascio al lettore giudicare e pensare cosa sia uscito in quel giorno.

     Diamo ancora la parola al Mongini:

     Presso l'attuale palazzo  comunale  che  pur  oggidì  chiamasi  Pretorio eravi ancora nell'anno decorso una maestosa scala  monumentale che conduceva al tribunale del Pretore, alla sede del Podestà e dei Magnifici Reggenti; vi stava annessa l'abitazione del Cappellano e maestro della  scuola elementare comunale, del satellezio  ossia Carceriere, e le carceri  pretoriane. Una  di queste guardava verso piazza da una finestra con inferriate, e sotto  stava un'altra affatto scura; altre quattro stavano al fondo di un torrione che sorgeva a capo del palazzo Pretoriano demolito nel 1849,  onde  allargare  la  contrada maggiore. Servì una volta da fortezza a Soriso superiore, come fu detto più sopra. Quelle prigioni chiamavansi orbe perché non ricevevano che  una languida luce dallo alto dei finestroni del torrazzo, ed  i delinquenti vi si calavano per una scala a piuoli che tosto si toglieva. La facciata del palazzo pretoriale era ornata da vari stemmi di Vescovi e potentati che ebbero  il  dominio e la difesa di Soriso, ma non è molto, furono sconsigliatamente  cancellati con imbiancature. Nel mezzo dell'albo Pretorio sporgeva dall'alto una trave cui era appesa  una  grande carrucola che serviva per la tortura; un anello affisso al muro assicurava la corda; l'anello fu tolto nel 1849 come pure la carrucola che conservasi ancora. All'angolo del palazzo presso la  strada comunale  era affissa una berlina alla quale legato pel collo stavano così esposti molte ore per lo più i ladri di campagna.**** E' antica tradizione che il luogo dell'ultimo supplizio era al di sotto dell'attuale Oratorio della Madonna delle Grazie verso mattina, ove ancora esiste una piccola sorgente d'acqua dove il carnefice lavavasi le mani dopo la esecuzione capitale.

     I consiglieri venivano in un primo tempo scelti  dai  Cancellieri su una lista di trenta soggetti scelti fra le persone più oneste e ricche del paese, poi si procedette col sistema a voce, ma anche questo non diede i risultati sperati e così si fece l'elezione con scheda posta in urna alla presenza del Podestà e con l'elezione a suon di tromba pubblicata allo albo pretorio. Ad elezione avvenuta, i Consiglieri  nominavano  due Consoli ed i Credenzieri, che avevano il compito di consultare sulle cose pubbliche e la loro ricompensa era una cena a fine mandato. I Consiglieri  nominavano pure il Podestà e lo potevano anche, per gravi ragioni, destituire; facevano eseguire le  sentenze, emanavano  leggi e ne abrogavano altre.

     Il Vescovo di Novara  godeva  sovranità  spirituale, ma quando tentava di intromettersi in quella temporale trovava i sorisesi pronti a contrastargli il passo, tanto che nel 1560, passando Soriso sotto il conte Federico Borromeo e cedendo Soriso con la Riviera al Cardinal Serbellone, si ritenne utile ribadire il  concetto col seguente atto rogito Decazinis del 24 aprile:

     I - La terra di Soriso non sia sottoposta in modo alcuno al giudice della  terra di Gozzano, né ad altri giudici della Riviera, anzi sia separata da Gozzano e sua plebe ed abbia il giudice separato, qual si elegga da detti  uomini, e si conferma per lo Ill. sig. Conte alla forma dei privilegi concessi  per lo Rev. Sig. Cardinal Morone, quali si devono eseguire a puntino.

     II - La detta terra e uomini di  Soriso non siano tenuti a contribuzione alcuna tanto alla Rocca di Arona quanto all'Isola ed  ad  altre fortezze fatte, e che essi faranno per la sua Signoria Ill.; come sono stati esentati per  lo passato, siano anche per lo avvenire in perpetuo.

     Sotto questi patti gli uomini di  Soriso prestarono giuramento di fedeltà, obbedienza ed omaggio al nuovo loro signore Conte Carlo Borromeo, presidente a vita della  loro piccola Repubblica.

 

* Si tratta della famosa cera (candele) offerta alla basilica di  San Gaudenzio nella misura di quattro libbre annue.
** Con Gargallo, cioè Gargallone. Da notare che non è il Gargallone che viene assorbito, ma è il Soriso superiore che viene unito all'inferiore con Gargallo, pur mantenendo gli uffici al superiore.
*** Ben più crude erano le leggi novaresi, come dice il Morbio: ...amputazione  di  una mano per furto; se poi la somma derubata era di qualche rilievo, il delinquente veniva privato di un occhio (in certi casi ambedue), esposto alla berlina ed impiccato. Alla moglie, ai figli ed ai domestici  era  lecito  rompere loro le ossa; pagando cento lire imperiali potevano accecare altrui, recidergli il naso o le orecchie. La  moglie  adultera  veniva abbruciata viva...
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Nel 1965, durante la posa della tubatura centrale del termosifone nei locali del piano  terreno del vecchio fabbricato municipale, coperta dalla muratura prospicente alla piazza, fu  rinvenuta una colonna rotonda di granito che denuncia la probabile esistenza di porticato lungo la costruzione oppure di un portone di passaggio per uscire alla parte opposta.  Siccome se n'è trovata una seconda murata, l'eventuale presenza di altre dovrebbe collocarsi lungo la muratura.

 

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