SECONDA DISTRUZIONE DI GARGALLO

 

     Con la pace di Cherasco del 1631 si riaccende il conflitto fra Francia e  Spagna. Due grandi uomini, Richelieu per la Francia e Olivares  per  la Spagna, si misero in gara per servire i loro regnanti; nel 1635 la lega francese, con la Savoia,  Parma  e Mantova ed al comando di Vittorio Amedeo I di Savoia, del generale Cresquy e del  Conte Villa, marciò contro spagnoli, austriaci e modenesi  che  erano  comandati dal Governatore Ligares. I francesi vinsero gli spagnoli a Tornavento ed entrarono da Vercelli nel  Novarese arrivando fino a Fontaneto, che conquistarono dopo un violento combattimento  il 14 giugno 1636. Intervenne il Vescovo Volpi, che villeggiava a Gozzano, per supplicare il maresciallo San Bonnet, signore di Togras. Alla ripulsa di costui il paesano Simone Del Boca lo finì con una moschettata in fronte.

     Le forze francesi si diressero d'un  balzo su Sesto,  Arona e Angera,  puntando con duecento soldati a cavallo e trecento a piedi su Borgomanero, tutto bruciando e desolando.  Uno  spavento indescrivibile corse  nella zona, accresciuta da una turba di fuggenti impauriti, anzi caduto d'ogni speranza, colle donne, coi fanciulli e colle  migliori masserizie fuggirono in cerca di salvezza o rifugio, sbandandosi sui pendii o nel folto dei boschi. Il Vescovo Volpi intervenne di nuovo con dolci inchini e gentili atti, pronto  per soddisfare, per quanto in suo potere, ogni loro desiderio; invitò anche  i  Capitani  alla sua tavola di Gozzano, conversando principalmente sulla miseria della terra e sulla bontà della sua gente.

     Ammansiti i comandanti, un periodo di tranquillità diede respiro di poche settimane; senonché il 15 luglio, verso mezzogiorno, un  gruppo di cavalieri  irruppe in Gozzano e messosi sotto le mura tentò di sfondare. I gozzanesi lo respinsero  con un valore ed una rapidità tali da lasciare sgomenti gli assalitori che si diedero a  precipitosa fuga; per poco  però, perché ingrossatisi con forze di stanza a Borgomanero ritornarono dopo  un'ora a vendicare lo scorno subito. Abbattute le porte entrarono in Gozzano saccheggiando merce e bestiame. Il Vescovo, disgustato per le ambiguità  degli assalitori, si rivolse presso il Generale Marchese Pianezza, il quale diede assicurazione di rinnovata  tranquillità facendo perfino le dovute scuse e disponendo l'invio immediato  di  una  guarnigione a garanzia delle promesse. Questo avvenne fin che pochi militi tutelavano l'ordine ed il buon costume, ma con l'arrivo di altri duemila piemontesi di rinforzo tradirono di nuovo la parola data e, vantando necessità di alloggiamento, ricominciarono con piccole prepotenze incrementate man mano fino al punto da farla da veri padroni. Alle proteste dei cittadini risposero col mettere a sacco Gozzano, Auzate, Soriso,  Gargallo e Pogno, insanguinando le strade, uccidendo moltissimi abitanti.  Gli  uomini  rimasti  si portarono sulle coste di Gargallo impegnandosi in un'ultima resistenza, in una feroce lotta  con  alterne  vicende in cui rifulse maggiormente il valore di molti gargallesi. Il Rusconi descrive il racconto di un testimone oculare:

     Il dì seguente (21 luglio) da suddetto, gente della medesima armata assaltarono Soriso, entrandui, et facendo ivi notabil spoglio, con morti dell'una et della altra parte... Dal detto dì 21, poi, fino al 25  scorsero per di continua per varie terre di detta giurisdizione  saccheggiandole,  portando  via roba et  bestiame. Ammazzando gente per terre e boschi, non hanno perdonato chiese col fare oltraggio alle cose sacre, e quel che  peggio allo stesso Santissimo. Hanno dato foco per tutto dove hanno potuto sì che hanno abbruciato molte terre fra quali cui sono Prerro,  Pogno, Auzato,  Bugnato, Gregallo [Gargallo] et bona parte di Soriso, Baraggia et molti altri cascinaggi... In detto tempo altro  non  si vedeva che fochi, ne altro si sentiava che clamori et campane all'armi giorno e notte...

     Ributtati verso Bolzano, furono di là sloggiati da quel famoso Agazzino di Ameno. In questo tempo Auzate fu bruciato completamente e Gargallo, oltre all'incendio, fu totalmente raso al suolo. Infatti il Mongini nota:

     Di Soriso (ma sopratutto Gargallo) trovasi scritto nella pagina del secondo registro parrocchiale dei  morti  come  segue: Il primo libro dei morti è stato rubato dai francesi il 22 luglio 1636. In detto giorno sono  venuto in  Soriso ed hanno ammazzato gli infradescritti uomini di Soriso: Francisco Mongini. Domenico Merigo. Jacomo Loro. Gio Antonio Pinotto. Gio Maria Pinotto. Gelardo Casarotto. Gio Julio Toriano. Julio Barollo  detto il Moretto. Gio  Maria Casarotto. Clara Hieromina moneca terziaria. Tutti di Soriso. Mathia Mora di Santa Cristina ed altri forastieri. La chiesa fu tutta spogliata, e la terra tutta brusata dai francesi.

     Che questi morti non fossero tutti dell'attuale Soriso è evidentissimo, perché i cognomi di Barollo (Baroli), Casarotto, Toriani, Hieromina (Giromini) denunciano  una vecchia pertinenza di Gargallo. Comunque la battaglia di Gargallo, come abbiamo  detto, fu sanguinosa e di massa per il grande ausilio delle popolazioni vicine. I guerreggianti tennero testa sul costone e poi si difesero sulle rovine fumanti delle case e dietro le  travi atterrate ed ardenti dei tetti. Fu anche inumana, se  i  nemici arrivarono perfino ad appendere per le gambe ad una carrucola una povera  vecchia ed  a darle fuoco... La  sventurata  fu poi rinvenuta all'ultima casa di Gargallo, l'ultima della Valletta di allora. Uno dei Francesconi (quelli del Vescovo, per intenderci) uccideva nel portico della chiesa di Soriso, da un vicino colle, un capitano francese. Ci volle ben poco, dopo questi fatti, per far divampare una furente zuffa; fra omicidi, saccheggi, incendi, una sola casa  rimase in piedi in Soriso, perché tutto il resto, naturalmente compreso Gargallo, fu raso al suolo.

     Ormai gli uomini, visto che più nulla avevano  da perdere, si buttarono nella mischia decisi di liberare il paese o di soccombere con esso. Fu quella forza, derivata dalla disperazione, che ebbe ragione sui francesi: furono spinti verso l'oratorio della  Gelata e lì inseguiti oltre la Cremosina, ove i valsesiani, già informati delle loro malefatte, li ributtarono indietro. Trovandosi fra due fuochi e non sapendo quale  orientamento  prendere, vagarono disorganizzati finché trovarono degli  spiragli nella  valle del Sizzone; infilarono sotto i monti di Campiano e Soliva di Valduggia, scesero alla chetichella e  mezzo impauriti cercarono di filtrare fra i boschi di Gargallo e di Pianezza  presumibilmente nella valletta dell'Ovago (Luagh), cioè fra Orfarina e  Pianezza.  Avvertiti  in tempo, i gargallesi in concerto con quei di Pianezza ripresero le armi, ancora calde,  ed  incontrati i francesi li insultarono coprendoli di botte così sonore da renderli malconci, con le divise strappate ed obbligati a filarsela in gran fretta verso Bolzano non senza  aver lasciato sul  terreno uomini ed armi in abbondanza. A Bolzano ebbero modo  di  rinfrancarsi e, memori  della batosta gargallese, sfogarono la loro vendetta bruciandolo totalmente.

     Quanti morti, nostri e francesi, seminarono il suolo di Gargallo nessuno lo sa dire, ma certo furono molti, perché il cimitero non poté accoglierli tutti. Se ne  dovettero seppellire molti nelle campagne, se nell'archivio parrocchiale di Soriso trovasi una supplica al Vescovo in data 21 giugno 1637 che dice:

     Mentre la terra di Soriso patì l'invasione francese, con morte di  molti terrazzani * essendo allora la gente ritirata chi qua e chi là si seppelirono li cadaveri di essi morti in  campagna  alla meglio che si poté. Ora li parenti di essi morti desiderano far trasferire le ossa di essi morti  nel cimitero della parrocchiale di Soriso. [Si tenga presente che i cimiteri erano attorno alla chiesa] **

     Ritornarono gli spagnoli, ma per poco, perché di nuovo i francesi li  vinsero arrivando ancora fino a Gozzano e Soriso-Gargallo per rinnovare le  loro  malefatte.  Scrisse l'allora curato di Soriso, Motta:

     Nel 1644 addì 9 di agosto sono ritornati i francesi a  Soriso ed hanno spoliato la chiesa di quel poco che era rimasto nel 1636 che non si era  potuto portar via con affatto ogni cosa; hanno spoliato la terra di ogni  grano, vino e fieno. Dio ci guardi per lo avvenire. E vi rimasero fino alli  29 di agosto, nel qual giorno certa Benedetta Farina morì priva dell'olio Santo a  causa dei francesi. L'anno 1651 li francesi sono andati... e qui a Soriso bisognò  fuggire  un Marchese Villa che con cinquemila  persone  in  campo  volante andava saccheggiando; il giorno di San Giacomo bisognò fuggire. Dio ci guardi dai francesi!

     E' un'implorazione di stanchezza  derivata  da  ventate  continue, in tutta la zona, ed aggravata da una nuova pestilenza che invase  Borgomanero, Briga, Fontaneto, Gargallo e Soriso. Colla peste troviamo anche  cascine  incendiate, mandrie  distrutte, raccolti letteralmente rubati, depredate le chiese.

     Pensa, lettore, come il sadismo dilagava! Oltre alle donne, anche  gli uomini venivano trattati come merce di sfogo. A Briga alcuni soldati francesi tentarono di bruciare un uomo riluttante ai loro voleri. I brighesi, rifugiati sul  monte  di San Colombano, udirono le sue grida e scesero sdegnati ed infuriati. Fugarono i francesi, ma molti di loro rimasero uccisi sul terreno.

     Cacciati da ogni parte i francesi tentarono di resistere in Valsesia, ma anche  di là furono sloggiati da Vitaliano Borromeo, che  transitando per Gargallo con due compagnie di fanti italiani arrivò in tempo a dar man forte ai valsesiani.

     Un traditore di cospicua famiglia di Orta, messosi coi francesi, animato da baldanzoso spirito esibizionistico, il 6 ottobre 1659 entrò improvvisamente in Gozzano e, dopo essersi provvisto di quanto gli pareva ed aver usato violenza  carnale, prese  la via del  ritorno non senza aver caricato su carri il bottino.  Ed il Cotta afferma che se non fosse stato per il rispetto della sua famiglia tanto onorata in Orta si  sarebbe  sbranato il traditore e vi si sarebbe effigiato quel fellone, appeso per un piede sopra la porta al  fine  di eternare la ricordanza di sì brutto misfatto. Racconta anche il Fara: ...intanto le  campane  del  Borgo suonavano a storno e sentendosi rispondere quelle di Gargallo, Auzate, Bolzano, veggonsi armati correre da ogni lato e perfin le donne di Gozzano ancora scarmigliate ed in gonnella seguono i loro figliuoli e mariti infiammandoli alla vendetta. La famiglia del traditore doveva essere ben importante se né il Fara né il Cotta vollero rivelarne il nome...

     Nel 1659, conclusa la pace dei Pirenei fra francesi e spagnoli,  un periodo di quiete attraversò la Riviera e la nostra zona seguì la sorte del restante d'Italia. Per  quanto ci interessa posso aggiungere che nel 1675 passò da Gargallo una banda di cavalli inviata in soccorso dalla  Borgogna  e  nel 1684 pernottò pacificamente Gio Moreno con duecento spagnoli diretti in Valsesia.

     Dopo il periodo tranquillo a cavallo fra il '600 ed il '700 si va  lentamente verso l'abolizione di privilegi di zona, feudi, signorie e principati, più o  meno ecclesiastici, per unire il Piemonte in un solo stato con uniche leggi. Vediamo  apparire Carlo Emanuele III dei Savoia e con atto del 1735/36 il novarese passò sotto il dominio dello stato piemontese. Ad Orta avvennero gravi disordini fra liberali che gridavano non istando bene il Pastorale e la spada ed i conservatori frenati dalla intercessione  del nuovo  Vescovo Bernardino Ignazio Rovere di Costanze, primo Vescovo nominato dai  Savoia. Colla  venuta a Novara del nuovo Vescovo Aurelio Balbis Bertone si accentuò  il  malcontento. Tutti sanno che quando si litiga in famiglia quelli di fuori ridono, e rideva infatti il parlamento Piemontese che non ascoltava i supplicanti ortesi, anzi li rimandava a casa, mentre il  Vescovo, ormai appartato, faceva altrettanto con quelli che si recavano  da lui. Così fra buone parole e consigli interessati, il popolo della Riviera e la Curia spianavano la strada  a quel documento del 15 giugno 1767 fra il Vescovo Balbis e  Re  Carlo Emanuele III, approvato da Sua Santità Clemente XIII, cui il primo dei ventisette articoli sancisce che  il supremo dominio della Riviera di San Giulio e di Orta, Gozzano e sua Pieve e dell'intero territorio di Soriso appartenga a Sua Maestà ed ai suoi Reali Successori.

     Per la rinuncia  di un credito da parte dei rivieraschi, il Re di Sardegna concesse loro dei privilegi con atto composto da 14 articoli in data  19  ottobre 1767; fu come dare un ditino ad un neonato per farlo star buono, perché nel 1771 fu posto in  Gozzano un ufficio della Insinuazione per atti notarili. Quando poi i nostri  deputati Ruga e Fortis si recarono nel 1773 a Torino per lagrimare la  morte del Re,  approfittarono per dolersi del trattamento riservato ai  loro elettori. L'erede regale in  persona,  molto  cerimonioso e suadente, rispose loro che per un affare di tre quattrini non  conveniva  più oltre, col loro soggiorno, gravare di spese il pubblico della Riviera; che se ne tornassero alle loro case.

     La ventata Giacobina non risparmiò il novarese e molti alberi della libertà furono innalzati nei paesi ma poco o nulla riguarda Gargallo.

     Con l'anno 1796 la Riviera e Soriso fu tutta unita al  Piemonte. Dopo quasi tre secoli la gagliarda, coraggiosa, contrastata ed eroica Repubblica di Soriso si spense della sua luce che dal suo poggio incuteva ammirazione ed invidia. La  Repubblica di Soriso cessò di esistere: era praticamente nata nel 1494 e durò fino al 1796.

     Costretti i Savoia, più tardi, a lasciare il  novarese,  questo  venne  invaso da francesi, russi, austriaci. Colla venuta del Buonaparte venne creato il distretto di  Borgomanero con 37.558 abitanti (fra cui naturalmente quelli di Soriso e Gargallo), forse il primo atto che dà a questo Borgo l'importanza di capoluogo nostro. Nel 1805 si formò il distretto di Varallo, che assorbì una parte della zona di  Borgomanero; non mi fu possibile accertare se Gargallo subì tale trapasso o meno.  Passò la stella napoleonica e partirono i francesi con la regolamentazione del 16 aprile 1814, ma il 26 dello stesso mese veniva annunciato l'arrivo delle truppe alleate (austriache) al comando dello Schwarzemberg  a premessa  del successivo ritorno dei Savoia  con Vittorio Emanuele I.  La  nuova  non fu  gradita a molti e tumulti scoppiarono qua e là. Nella  zona di Borgomanero  si ebbero  saccheggi delle rivendite del sale.

     Con atto del 18 luglio 1817 furono liquidati in tre articoli gli ultimi diritti temporali dei Vescovi di Novara sulla Riviera e territorio di Soriso. Il Vescovo di Novara  fu elevato di rango, da Marchese di Vespolate a Principe di San Giulio e d'Orta, e la pillola gli sembrò meno amara. I notai ebbero ordine di indicare sugli atti Regno d'Italia - Reggenza Provvisoria. La chiesa, col suo prudentissimo vicario novarese Zucchi,  stava in attesa pregando; pregava per tutti, come dice il Cognasso, meno che per lo Stato nascente, perché dei neonati non si può mai sapere ciò che saranno da grandi.

 

* Nativi della terra di cui si parla; indigeni.
** Nel 1640 Soriso con Gargallo contava 230 famiglie con 1300 abitanti.

 

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