LE OSTERIE
appendice 4

 

     Sarà molto difficile dare i nomi delle  vecchie  osterie  esistenti nel 1700, ma ritengo che avessero un  carattere monopolistico, privilegiato, patriarcale, ereditario, appannaggio dei maggiorenti del paese che nell'esercizio, oltre al  buon guadagno, coglievano origliando tutti gli interessi del paese, arrivando a quasi contare i soldi  in  tasca di ogni famiglia. L'oste era, dopo il confessore, quello che conosceva i più nascosti ed intimi segreti dei paesani. Se davanti al prete il peccatore sentiva ancora un poco di  ritegno e taceva qualcosa che il sacerdote non riusciva ad  estirpare dalla  coscienza, l'oste, favorito dalle abbondanti  libagioni, riusciva  in tutto; se poi  qualcosa  di  particolarmente intimo non fosse riuscito a  sapere avrebbe incaricato la moglie, verso la quale l'ubriaco è più incline a confidenze sperando in chissà quali concessioni. Seguendo questo ragionamento possiamo pensare che le osterie fossero quelle giunte fino a noi, cioè quella dei Cominazzini Furei, quella dei Toeschi Fra, quella dei Baroli della fornace. Poi, siccome ai commestibili si aggiunse anche la vendita del vino, vediamo  nascere quella del Pep Girumin, quella del Maurizio Giromini, quella del Maioni tabaccaio e, se non  vado  errato, anche quella del Giulion alla Valetta. Venne anche quella del Galleazzi Cicon e più tardi del Baroli Ernesto sulla Piazza del Peso; quella  del  Cominazzini  Pietro Merlo al casale Cominazzini, sulla strada ove sta ancora la bella terrazza, delizia estiva; quella del Minotti e del Casarotti Pinul alla sommità del Casale Cominazzini; quella del Casarotti Camillo Pisceta nella nuova casa da lui fatta costruire fra la  cascina del Giovanela  e Casale Baroli; quella del Travaini Serafino Pinin nella casa posta sulla scarpata verso Baracreria, chiamata terrazza e già conceria Toeschi. Questa osteria  venne  poi  trasferita verso il 1919 in paese, nella casa Poggia ove trovasi tuttora sotto l'insegna di Osteria della Pace. Fantini Francesco aperse poi  quella  alla sommità del Casale Toeschi.  Alla Valetta troviamo ancora la osteria del Casarotti Giovanni Ratin, che la trasferì in paese in casa Pisceta sotto l'insegna dell'Osteria San Giulio. Alla Valetta l'osteria del Ratin si trovava  a destra della piazzetta, ai piedi della collina, al di là di un vasto cortile sullo  stesso piano. Al Motto, proprio in faccia al rettifilo della salita, stava l'osteria del Guidetti Carlo Carlot. Più tardi ancora, sempre alla Valetta, un poco in dentro  dalla piazzetta, a destra e percorrendo una cinquantina di metri su una  salitella, aprì osteria Fantini Ubaldo, chiusa recentemente. Sulla strada per Soriso, ad ovest ed oltre il Casale Raviscieui, precisamente nella cascina Garabi, il proprietario Casarotti Silvestro restaurò tutti i locali facendo terrazze e balconate allo scopo di creare, verso il 1930, il primo albergo-ristorante  affidandone  al figlio Giuseppe, cuoco di professione, la  conduzione. L'intenzione  era quella  di ospitare in quell'ambiente  silvestre e quieto  scelta clientela  in villeggiatura, ma per il posto fuori centro, la strada mal tenuta, la mancanza di propaganda e di comfort per  simile clientela, il sogno naufragò e l'attività fu limitata a semplice osteria paesana con ballo e gioco di bocce. Alla domenica era discretamente frequentata, ma durante  la settimana era pressoché deserta, specialmente in giornate piovose od  invernali. Durò pochissimi anni, poi l'Albergo Italia chiuse i battenti. Verso il  1946  nei locali restaurati del  Toeschi Fra fu aperta la trattoria San Fermo, ove venivano serviti pasti discreti per clientela occasionale. Ultimo conduttore fu il monferrino Petrini, che poi  trasferì l'attività in casa Maldivi ove vi era il Circolo Operaio a sua volta trasferitosi altrove. Petrini acquistò  anche i locali e mise pure magazzino per consegna a domicilio di vino  e bevande. Esiste tuttora e funziona egregiamente.

     Agli inizi di questo secolo o poco prima si è formato il Circolo Operaio Gargallese, che mise sede in casa Cominazzini Silvestro Palaziin, si trasferì da  Giromini  Alfonso Fonsi, nella casa isolata sulla strada da Casale Casarotti per Soriso, e traslocò  da Maioni Adolfo, nella lunga casa che sta di fronte e che guarda ad ovest verso le cave della già fornace Toeschi, cioè l'ultima verso ovest del Casale Baroli, una trentina di  metri dentro, dopo la strada comunale. Verso il 1914 si trasferì nella casa Poggia, a lato  est del tabaccaio Maioni, e verso il 1919 mise sede nella casa del Pep Girumin, già citata come  osteria cessata. Il Circolo traslocò ancora (dopo  una  stasi di chiusura nel periodo che va dal 1922 al 1945, cioè nel periodo Fascista), anzi, si  ricostituì come ENAL  in casa  Maledivi, fra la Piazza del Peso e la cascina del Giovanela, indi si trasferì in casa di Baroli Enrico, all'angolo opposto a quello in cui vi è la casa del Pep Girumin, ossia  sull'angolo sinistro dell'imbocco della vecchia strada per Soriso, passando per la  cascina  del Fonsi ove trovasi tuttora. Naturalmente il Circolo aveva anche funzioni di osteria.  Da circa tre anni anche la frazione Valetta ha aperto il proprio ENAL  nei locali  dei Guidetti Pezan, a sinistra ed ai piedi della salita per il Motto.

     Nel 1920 fu fondata anche una società sportiva col nome  di Unione Sportiva Gargallese, che veniva volgarmente chiamata Sport. La prima sede fu  nei locali del sig. Ferraris e precisamente al piano terreno della casa a destra sulla  vecchia  strada per Soriso, sul costone, accanto alla fornace.  Lì si tenevano  riunioni  sportive e si ballava. Per maggior comodità la sede fu trasferita in casa  di Galleazzi  Francesco Cicon, già fornace di vasi e stoviglie. Furono riammodernati i locali interni sul  cortile, sotto il porticato, e si ottenne l'esercizio di osteria con ballo. Il campo per il calcio era quello  sull'angolo  opposto a destra, di Toeschi Giovanni e Angelo, conciatori, ora occupato dalle scuole e dalla  casa Cavigioli. Più tardi la sede fu trasferita  nell'interno  del casale Toeschi; si passava sotto il portone di detto Casale e dalla strada ci si addentrava diretti fino alle  ultime case, in vista della strada Vignola. In quei locali vi era la vecchia  conceria e come  sede  di  società sportiva non poteva essere più infelice. Dopo qualche  anno uscì per stabilirsi in casa dei Maioni Varnuscia, allora l'ultima del Casale Toeschi, sulla strada verso sud. Uscì di lì nel 1935 non appena Caviglioli Carlo ebbe terminata la  casetta  nel già campo sportivo, che venne trasferito proprio di fronte all'Albergo Italia di cui si è fatto cenno  in questo capitolo. Questa società sportiva cessò di esistere verso il 1946.

     Perché fiorivano le osterie?  Perché  ognuno a casa sua beveva solitamente il vinello, perché l'osteria era l'unico ritrovo per gli uomini e la gioventù, perché  l'osteria era l'unico posto per trattare gli affari, che non  si potevano concludere se non bene innaffiati da qualche bicchiere di vino. L'osteria allora era il salotto in sedicesimo, era il  posto di convegno per tutti, era il tribunale paesano, il notiziario specialmente  invernale, il mercato, la banca, il posto anche di  conciliazione ove si  regolavano tutte le pendenze. Diventava perfino la palestra, perché qui si sfogavano molte esuberanze a suon di ceffoni e di sonori calci se non addirittura coltellate. C'era di buono che a  quei tempi (parlo della mia infanzia e prima) le divergenze si appianavano quasi  in famiglia, alla buona, senza pretese e quasi senza  acredine, perché, si diceva, può capitare a tutti... oggi a te, domani a me! e vi erano degli avvocati locali specializzati per redimere ogni vertenza. Si riunivano nell'osteria i contendenti, magari uno dei quali col braccio  trapassato da una coltellata, e sul tavolo si stabiliva la pena che consisteva in mezzo, uno o due litri di  vino  da  bere all'istante ed in compagnia di tutti i presenti, i quali facevano in fretta ad  aumentare se i litri sul tavolo erano parecchi. In casi gravi si condannava il reo al pagamento di una cena, la quale consisteva in salamini  e vino, tutti forniti dal premuroso oste. Se il fattaccio era ancora più grave, alla cena partecipava anche il Sindaco e magari anche il curato.

     Oltre alla domenica e le altre feste comandate i calzolai avevano  accettato festivo anche il lunedì. Infatti ricordo molto bene quando al lunedì si ballava ed i  giochi delle bocce erano sempre occupati. Chi ci andava di  mezzo erano i poveri gatti.  A Gargallo i gatti non potevano mai diventare belli! Appena ingrassavano e cercavano di pavoneggiarsi sui tetti venivano presi di mira da occhi esperti ed avevano vita corta, con gran disperazione dei ragazzi e delle zitelle. La povera bestia veniva ben circuita con  carezze e lusinghe, poi messa nel sacco. I ribelli venivano catturati con trappole e  poi  divorati alla chetichella perché non lo sapessero i proprietari, qualcuno  dei quali sarebbe stato disposto a diseredare il figlio se colto fra i congiurati.

 

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