PRESENTAZIONE
del libro di Paolo
BULLITA
IL CANONICO GIOVANNI SPANO
UN GRANDE SARDO DELL'OTTOCENTO
E LA RISCOPERTA DELLA LINGUA SARDA
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Nel
210° anniversario della nascita del Prof. Giovanni Spano, 27° Rettore
del nostro Ateneo, vede la luce questo libro che ci ricorda la sua vita
e le sue opere tutte dedicate agli studi e alle ricerche sulla
Sardegna, sulla sua storia millenaria e sulla sua antica lingua con le
diverse articolazioni dialettali.
Il canonico lavorò sempre con rigore e
con maestria lasciando tante opere stampate che testimoniano, ancora
oggi, alcune sue intuizioni quasi profetiche e il metodo scientifico
allora utilizzato.
Fu stimato docente e attivo Rettore
del nostro Ateneo in un periodo storico di transizione, pieno di
sconvolgimenti politici che trasformarono il Regno di Sardegna in Regno
d’Italia e il nostro Ateneo in un organismo più moderno, più articolato
e meglio organizzato.
Dobbiamo a lui tante realizzazioni
importanti, quali l’insediamento dell’Orto Botanico e il Museo
Archeologico arricchito, con munificenza, delle sue rare e preziose
collezioni.
La sua fu una vita di grande
mediazione fra la ferma vocazione religiosa, mai messa in dubbio, e le
varie attività pubbliche che lo assorbivano costantemente.
Ricevette numerosi importanti
riconoscimenti e diverse altissime onorificenze che mai lo insuperbirono
e che culminarono nella sua nomina a
Senatore a vita per meriti scientifici;
rifiutò questa nomina per solidarietà con il Papa che, dopo la
presa di Roma,
si reputava prigioniero del neonato Regno d’Italia.
Si tratta, insomma, di un personaggio
importantissimo per la storia della Sardegna e del nostro Ateneo, da
proporre come esempio alle giovani generazioni.
A questo proposito, quindi, non
posso che plaudere all’iniziativa dell’Autore che, dopo i suoi due
precedenti volumi sulla storia del nostro Ateneo, ci regala questa nuova
“piccola perla”
sulla vita
e le opere del Canonico Giovanni Spano.
Giovanni Melis
59°
Rettore dell’Università
degli
Studi di Cagliari
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Giovanni
Spano fu un brillante studente dell’Università di Sassari: il 14 luglio
1825 si laureò in Teologia a pieni voti, dopo un esame sostenuto davanti
ad una commissione di undici membri presieduta dall’Arcivescovo Carlo
Tommaso Arnosio.
In seguito, nel 1830
si laureò anche in Arti Liberali, ed in particolare in Filosofia,
discutendo una dissertazione De stellis fixis, mentre uno dei
commissari avrebbe voluto assegnargli un tema bizzarro, I nuraghi
della Sardegna.
Nei lunghi anni della sua giovinezza,
trascorsi a Sassari da studente, prima al Collegio degli Scolopi, poi in
Seminario (per gli studi di grammatica, di retorica, di logica e di
matematica), infine all’Università, era riuscito a maturare il suo
carattere, rafforzando la sua propensione per la ricerca sistematica,
dando uno sfogo razionale alla sua connaturata passione per
l’archeologia. All’età di appena 16 anni, egli aveva avuto modo di
seguire con ingenua curiosità la vicenda degli scavi effettuati a Porto
Torres nell’area di Palazzo di Re Barbaro, restando
impressionato dai
reperti, «pietre scritte o rocchi di colonne», che iniziavano ad essere
raccolti nella sala dei professori dell’Università, ammirando le
scritture antiche, i segni di una civiltà perduta, le epigrafi latine
che gli sarebbero rimaste nel cuore. Sarebbe stato proprio lo Spano, più
tardi, a donare al Gabinetto Archeologico dell’Università quattro casse
di reperti, compresa la celebre Tavola di Esterzili,
testimonianza principe della romanità in Sardegna.
Giovanni Spano fu una personalità
complessa, un personaggio illustre, poliedrico, che meritò fama e
riconoscimenti per aver onorato la Sardegna, esaltandone l’antica
lingua, il patrimonio culturale, i monumenti classici, gli usi e le
tradizioni moderne, eredità di un passato lontano.
Le sue numerose opere,
frutto di curiosità e di passioni profonde, diedero l’avvio a molte
ricerche originali, poi continuate da tanti altri studiosi, che vollero
dare impulso ad una “sardità” sopita e in qualche caso fraintesa.
Non è importante
stabilire in questa sede l’effettiva partecipazione dello Spano alla
falsificazione delle Carte d’Arborea e la sua responsabilità nella
raccolta di notizie incerte e poco affidabili sulla storia della
Sardegna, lungo un itinerario che l’avrebbe fatto scontrare con Theodor
Mommsen: semmai il quadro di questa straordinaria attività che si
sviluppa sul piano della ricerca scientifica e sul piano romantico delle
ritrovate origini mitiche di tanti luoghi della Sardegna e della stessa
città d’origine, Ploaghe, testimonia una passione straordinaria per la
piccola patria lontana, una nostalgia senza limiti e una simpatia senza
ombre, che forse avvicinano lo Spano allo spirito nuovo dei protagonisti
della vicenda delle Carte d’Arborea, momento fondante, anche se
distorto, di una “Sardità” vissuta come riscatto e come annuncio
di tempi nuovi.
La sua vita attiva, laboriosa e, allo
stesso tempo, umile e coerente, può essere proposta come esempio anche
ai giovani studenti.
Siamo grati all’Autore dott. Paolo
Bullita per questo volume, che ci fa conoscere meglio un personaggio
che, per tanti aspetti, continua ad essere punto di riferimento per gli
studiosi di oggi.
Attilio
Mastino
Rettore dell’Università degli Studi di Sassari
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Questo
volume rappresenta la fatica letteraria e, per certi versi originale, di
Paolo
Bullita che va ad aggiungersi alla schiera di quanti hanno testimoniato
la modernità e l’attualità delle opere del Canonico Giovanni Spano, nato
a Ploaghe nel 1803, 210 anni orsono.
Eletta Cagliari a sua dimora, vi
risiedette per la maggior parte della vita, spegnendovisi,
settantacinquenne, nel 1878.
In questo lungo lasso di tempo divenne
uno stimato studioso e un illustre personaggio di grande statura
culturale e morale; seppe rivolgersi agli intellettuali dell’epoca,
sardi, italiani ed europei, divulgando, da vero precursore, le sue dotte
opere sulla Sardegna che ne illustravano l’archeologia, la poesia, la
storia, la lingua.
Trattò la “Sardità”
in ogni suo nobile aspetto, sottraendola dal ristretto ambito
folcloristico in cui era stata relegata fino ad allora per riportarla,
onorevolmente e senza complessi, nell’alveo più ampio della moderna
cultura scientifica.
Dimostrò efficacemente e con orgoglio
lo stretto rapporto esistente fra la cultura sarda locale e quella più
generale dell’Italia, facendo rinascere, anche nelle gente più umile, un
orgoglioso senso di appartenenza alla storia e alle tradizioni della
nostra Isola.
Il suo attaccamento alla lingua sarda,
profondamente sentito, lo portò a studiarla nelle sue diverse varianti
dialettali e a tentarne e propagandarne un radicale
“ripulimento” che la
riportasse alla purezza del latino da cui sosteneva la
derivazione.
Insieme al Rettore Salvatore Cossu
dettò per l’antico Cimitero Vecchio della nostra cittadina, vero e
proprio monumento nazionale della nostra Isola, il testo in lingua
sardo-logudorese delle bellissime lapidi che sono state amorevolmente
conservate fino ad oggi e costituiscono un singolare esempio di beni
culturali identitari, che suscita l’interesse e l’ammirazione dei tanti
visitatori, sardi e non.
Per questi motivi, Ploaghe e la sua
comunità celebrano con orgoglio la memoria del loro figlio più illustre,
ben consapevoli che la sua straordinaria eredità culturale costituisce
un insostituibile patrimonio da conservare, tutelare, studiare e mettere
a disposizione dei cittadini affinché serva di stimolo a progredire
operando, come fece sempre il Canonico Spano, per il bene comune.
Il lavoro dell’Autore costituisce un
valido contributo per rafforzare i valori della nostra appartenenza e
della nostra identità e per poter trasferire questa importante eredità
alle nuove generazioni.
Francesco
Baule
Sindaco
di Ploaghe
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La
salvaguardia e il recupero della lingua sarda - in ogni sua modalità di
espressione
- richiedono una cura particolare,
poiché l’idioma parlato e scritto costituisce un elemento fondante
dell’identità di un popolo.
Paolo Bullita, cultore di memorie
patrie, da tempo dedica attenzione alle forme documentarie non
conservate nel chiuso dei luoghi istituzionali ma disseminate sul
territorio, visibili a un lettore non distratto e interessato:
testimonianze non vergate su carta, ma scolpite nella pietra, nel marmo
e costituite dalle epigrafi scritte su monumenti, e da targhe e lapidi,
soprattutto funerarie.
Il mondo cimiteriale è una realtà che
il nostro autore va da tempo riscoprendo, confermandoci così che un
vecchio cimitero non è un luogo lugubre né misterioso, ma quieto e
memore, e può essere preziosa fonte di ricerca storica ed artistica.
Le epigrafi tombali, come gli esperti
sanno, sono un genere letterario e costituiscono,
nello specifico, una
fonte incomparabile per la ricostruzione del sermo cotidianus, la
lingua parlata, che in quanto tale si evolve più velocemente rispetto
alla
lingua letteraria, conservativa per definizione.
Un caso singolare e significativo di
recupero della memoria linguistica, un
unicum in Sardegna, è
costituito dagli epitaffi leggibili andando a passeggio per il
Campo
Santo Vecchio di Ploaghe.
Tale scoperta è ancora più importante
poiché, come evidenziato dall’autore, i testi della maggior parte delle
epigrafi di questo lapidario sui generis sono scritti
in un sardo-logudorese
“ripulito”, elegantissimo e latinizzante, una prova ulteriore
che il
Logudorese non è solo una variante parlata della lingua sarda, ma è
anche - forse - la sua forma scritta più elegante.
La ragione di questa eleganza
stilistica è dovuta al fatto che le epigrafi sono
attribuibili in gran
parte a un esperto della limba, il canonico Giovanni Spano, e da
lui
dettate appositamente per i defunti della sua numerosa famiglia e per le
famiglie dei suoi compaesani.
Dello Spano, noto eclettico studioso
della Sardegna dell’Ottocento, autore anche di un vocabolario
sardo-italiano, nel libro è tracciato un esaustivo profilo biografico.
Paolo Bullita divulga la conoscenza di
questo interessante complesso museale funerario con un saggio piacevole,
specchio della sua personalità di esploratore curioso, e al tempo stesso
ci restituisce alla memoria il simile profilo del carissimo compianto
prof. Tito Orrù, grande amante della lingua sarda, maestro inesauribile
di curiosità intellettuale, che da tempo era suo compagno in queste
escursioni alla ricerca di sempre nuove testimonianze, anche il più
piccolo tassello, utili per la comprensione della storia della Sardegna.
Marinella
Ferrai Cocco-Ortu
Presidente del Comitato di Cagliari
dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano
già
Direttrice dell’Archivio di Stato di Cagliari
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