I Corsi di Diploma Universitario in Edilizia

Si è riunita a Vaccarile il 15 e 16 maggio una rappresentanza dei diplomati e diplomandi in Edilizia provenienti dalle sedi di Bologna, Roma, Torino e Venezia; le motivazioni dell'incontro sono da ricercare nella necessità di disporre di un coordinamento a livello nazionale per poter essere rappresentati e rappresentativi in tutte le sedi formali nelle quali si dibatte per il futuro di questa nuova Figura Professionale.

L'urgenza scaturisce dalla recente pubblicazione della Legge 4/99 che prevede anche per i Diplomati la possibilità di svolgere libera professione:

 

Art. 1 comma 18 - ...sono istituite apposite sezioni degli albi, degli ordini o dei collegi previsti dalla normativa vigente in materia di accesso alle professioni, in conformità ai seguenti criteri direttivi: riserva dell'accesso alle predette sezioni ai titolari di diploma universitario e connessa determinazione dell'ambito consentito di attività professionale.

 

Nell'incontro si sono evidenziate quali possano essere le problematiche da affrontare dal punto di vista dei diplomati nel dibattito attualmente in corso: queste non si prefigurano certamente come questioni di facile soluzione poiché l'area dell'architettura, nella quale il DU si inserisce, è rigidamente disciplinata sia nel contesto Europeo, sia in quello Italiano.

L'evoluzione del mondo produttivo e del mercato del lavoro hanno evidenziato l'esigenza di un innalzamento del livello culturale e di una maggiore professionalità degli operatori del processo edilizio, da qui la necessità della creazione di una figura intermedia, tra il laureato (Architetto e Ingegnere) ed il diplomato di scuola media superiore (Geometra e Perito), con competenze specialistiche ed una cultura universitaria.

Un tale percorso formativo di tipo universitario è già operante da molti anni in vari paesi dell'Unione Europea ed avvia con successo numerose professionalità nel ciclo produttivo.

La necessità di armonizzare i corsi di studio (e le professioni che ne derivano) a livello europeo è quindi una questione che gli stati membri hanno affrontato fin dagli anni 60, emanando a questo scopo circa 60 direttive.

Il testo normativo di riferimento specifico per il settore dell'Architettura è costituito dalla Direttiva 85/384 e dalle seguenti 85/614, 86/17 che individuano stato per stato quali siano i diplomi necessari al riconoscimento del titolo ed alla possibilità di libera professione in Europa.

Lo stesso testo fissa, inoltre, quali siano i criteri ed i requisiti minimi per considerare compiuto un ciclo di studi abilitante:

 

Art. 4 -...la durata totale della formazione deve comprendere almeno 4 anni di studi a tempo pieno presso una università o un istituto di istruzione analogo [ovvero] ad almeno 6 anni di studi presso un'università o un istituto analogo dei quali almeno 3 anni di studi a tempo pieno

 

Vale la pena di fare notare come, in deroga a quanto appena sancito, la direttiva specifichi:

 

Art. 4 - ...è parimenti riconosciuta come soddisfacente ai sensi dell'Art. 2 la formazione delle "Fachhochschulen" " nella Repubblica federale di Germania, la quale sia impartita in 3 anni...

...purché la formazione sia completata da un periodo di esperienza professionale nella Repubblica federale di Germania di 4 anni

 

Successivamente alla direttiva in Italia si sono susseguite più leggi, che disciplinano sia il riconoscimento dei titoli, sia il percorso degli studi universitari. Tali normative si sono succedute disorganicamente nel tempo e sembra che l'una non tenga in considerazione gli effetti dell'altra.

Nel 1990 si attua la riforma degli ordinamenti didattici universitari con la L 341/90, si introduce il Diploma Universitario di durata 3 anni che in definitiva anticipa la nuovissima riforma indicata nella nota MURST 19/2/99 "Schema di regolamento in materia di autonomia didattica degli atenei".

Successivamente ad una condanna in sede di Commissione europea nel 92 l'Italia recepisce la normativa comunitaria con il D. Lgs. 129/92 nel quale in definitiva si dà modo a tutti i professionisti di essere riconosciuti a livello comunitario sanando così l'esistente, nel contempo si gettano le basi per un'istruzione riconosciuta a livello europeo.

Uno studio del MURST del maggio 1996 evidenzia i ritardi e la resistenza italiana all'introduzione dei regolamenti attuativi: in definitiva ci si limita riconoscere i professionisti già sul mercato.

In questo scenario, la nascita di Diplomi Universitari senza un preventivo riconoscimento delle competenze da attribuire agli stessi, pone i Diplomati in condizione di inferiorità nei confronti dei diretti concorrenti del settore.

A questi (Diplomati) è precluso l'ingresso agli albi professionali con evidente impossibilità di esercizio della Libera professione e risulta impossibile anche l'ingresso nella Pubblica Amministrazione poiché, se da un lato la Legge 127/97 e la successiva nota MURST 1164/98 riconoscono l'equivalenza del DU alla Laurea, dall'altro tutti i bandi richiedono ai concorrenti l'abilitazione professionale (l'iscrizione agli Albi) impedendo di fatto la possibilità di accedere ai concorsi.

Anche nel caso di lavoro dipendente, ad esempio nelle imprese di costruzione, esistono problemi relativi alle competenze dei diplomati in edilizia: al momento di definire la qualifica professionale dei tecnici dipendenti per l'iscrizione all'Albo Nazionale dei Costruttori ai fini della conduzione dei lavori, non si sa ancora se il fatto di impiegare dei Diplomati in Edilizia sia ritenuto o meno elemento sufficiente al soddisfacimento dei requisiti specificati nel D. Lgs. 406/91.

Sono passati 14 anni dalla direttiva CEE, 9 anni dall'introduzione dei Diplomi Universitari nell'ordinamento didattico, 5 anni dalla nascita del Diploma Universitario in Edilizia  ed oggi l'introduzione della Legge 4/99, oltre che essere tardiva, suona come una ulteriore beffa nei confronti dei Diplomati poiché non si definisce il termine temporale per l'adozione dei regolamenti destinati ad attuare il testo di Legge.

Il problema dell'attribuzione delle competenze al Diplomato in Edilizia deve essere affrontato prendendo in esame il percorso di studi che ha prodotto questa specifica, e nuova, figura professionale.

Dal confronto diretto con i programmi di studio di Architettura devono emergere delle aree di studio comuni tra i corsi di Laurea e di Diploma: verosimilmente si può ritenere di richiedere quanto meno la possibilità di gestire le competenze che da tali aree derivano.

Un esempio potrebbe essere il caso dell'architetto che può progettare un impianto perché ha seguito alcuni corsi caratterizzanti l'area della fisica, fisica tecnica ed impianti; se anche il Diplomato affronta, per la medesima area culturale, un percorso di esami confrontabile con il precedente deriva che anche il Diplomato acquisisce le stesse conoscenze e, per riscontro, nel mondo del lavoro deve poter spendere le stesse competenze.

Al diplomato in Edilizia, inoltre, va riconosciuta una specificità del percorso formativo che lo porta a confrontarsi con programmi e tipologie di esami estranei ai canonici corsi di laurea in Architettura o Ingegneria.

Da indagini effettuate nell'ambito del settore edilizio e delle sue normative, si è riscontrato che le aree in cui a tempi brevi, e non, ci sarà un notevole assorbimento di personale qualificato sono:

-          area della Qualità;

-          area del Project Management;

-          quantity surveyor;

-          area della Sicurezza.

E' facile riconoscere proprio nel percorso formativo dei DU la prima risposta alle succitate richieste del mercato.

Il problema delle competenze viene oggi ad amplificarsi per l'introduzione della nuovissima riforma universitaria: come si armonizzeranno gli attuali DU e le future lauree di primo livello di 3 anni ?

Una riforma universitaria che prevede una verifica per un primo livello di formazione dopo un ciclo di tre anni di studi sembra essere esplicitamente indirizzata ad un'ottica di mercato.

La domanda che si pone riguarda dunque la coerenza fra la logica di mercato, che prevede la necessità di avere delle competenze da spendere, e la logica della formazione universitaria, che invece sembra non preoccuparsi delle ricadute pratiche/professionali della riorganizzazione dei titoli di studio.

La necessità di definire competenze precise per gli attuali diplomati ed i prossimi laureati (3 anni) deve essere chiara nella volontà del legislatore in quanto dalla laurea di primo livello devono uscire professionisti automaticamente inseribili nel mercato, come oggi i DU, e se per la maggior parte delle professioni la Direttiva 89/48/CEE ed il successivo D Lgs 115/92 indicano come sufficiente un periodo di studi di tre anni, nello specifico caso dell'Architettura, il vincolo è maggiore e sicuramente i laureati di primo livello non potranno avere le stesse competenze degli attuali Architetti, con la conseguente incertezza di riconoscimento professionale in ambito europeo.

Allo stato attuale i DU in Edilizia attivati in Italia sono 11 nella varie sedi di Architettura ed Ingegneria, con un potenziale di diplomati di circa 500 all'anno ed una stima di circa 80 già diplomati.

Con l'inserimento della riforma universitaria il numero di "laureati-diplomati" aumenterà in maniera esponenziale poichè tutte le facoltà sforneranno laureati di primo livello. Considerando i tempi tecnici necessari all'attivazione della riforma si può ragionevolmente ipotizzare che nel 2003 (anno in cui usciranno i laureati di primo livello della riforma) ci saranno già circa 2500 diplomati, solo per il DU in Edilizia, a cui si sommeranno tutti i diplomi dell'area dell'Ingegneria.

Gli esempi passati di vacatio legis sono assolutamente sconfortanti e quello più eclatante è rappresentato dai Laureati in Urbanistica che hanno impiegato più di dieci anni per veder riconosciuta la loro specifica professionalità.

Più da vicino ci ha toccato la negativa esperienza della Scuola diretta ai fini speciali per il rilevamento e la rappresentazione dei beni architettonici, istituita presso l'Università di Roma "La Sapienza", nell'anno accademico 1992-93 e sopravvissuta soli cinque anni: la mancata promessa di trasformazione della scuola in D.U. si è risolta semplicemente in una perdita di tempo, aspettative e denaro da parte degli studenti e delle loro famiglie.

La delicatezza della questione delle competenze è rimarcata dalla saturazione del mercato che già oggi coglie le classiche figure che svolgono legittimamente attività nel campo dell'edilizia.

L'affollamento di professionisti comporta una concorrenza spietata ed è innegabile la difficoltà che, in questo campo, si incontra nell'accesso al mondo del lavoro.

Sia attualmente che in futuro i liberi professionisti facilmente riconoscibili sono e saranno gli Architetti, gli Ingegneri, i Geometri ed i Periti: la singolarità della situazione che oggi si viene a creare deriva dal testo della L. 4/99 nel quale si specifica che l'introduzione dei regolamenti di attuazione avverrà "sentiti gli organi direttivi degli ordini professionali".

Saranno cioè proprio i diretti antagonisti dei Diplomati in Edilizia a scegliere per loro le competenze che (forse ?) potranno spendere in ambito lavorativo; che tipo di riconoscimento si potrà dunque aspettare il Diplomato se gli organi preposti alla sua valorizzazione sono anche i rappresentanti dei suoi più diretti concorrenti?

Qual è l'opinione delle suddette categorie nei confronti dei DU? ed in generale sull'imminente riordino delle figure professionali?

Nella realtà, per capire quale sia il concetto di ingresso agli albi anche per i Diplomati U. basta fare riferimento al recente articolo "Diplomati e sdoganati" (La riforma delle professioni) COSTRUIRE 191.

Il panorama che ne esce è a dir poco sconcertante: pochi sono quelli che sembrano voler affrontare il problema in maniera propositiva, i più dimostrano un interesse specifico nel difendere le proprie posizioni se non, quando possibile, nell'acquisire nuove competenze e nuovi mercati.

In un tale scenario i primi rappresentanti dei Diplomati e degli studenti dei DU in Edilizia si sono spontaneamente riuniti.

Hanno confrontato le diverse esperienze per cercare di diventare insieme finalmente un soggetto attivo e partecipe di quel dibattito che, fino ad oggi, riguarda solo ed esclusivamente il mondo dell'Università, gli organi legislativi e gli ordini professionali.

Dal confronto diretto tra le varie realtà dei DU di tutta Italia è inoltre emerso il positivo riconoscimento che il mercato offre al Diplomato in Edilizia.

Anche se i valori assoluti per ora non sono di rilievo nazionale, l'apprezzamento nei confronti di questa nuova figura viene segnalato da più parti.

Il settore dimostra di recepirla: la brevità degli studi, la formazione, la predisposizione ad affrontare problemi pratici ed essenziali, l'assenza del fenomeno dei fuori corso e le esperienze dei tirocini (200 ore obbligatorie) si dimostrano tutti elementi determinanti per la valorizzazione e l'affermazione del diplomato nel mondo del lavoro.

Il Dipl. U. quindi si trova ad essere potenzialmente valido per inserirsi nel contesto del settore edile, ma tutte le sue potenzialità sono frustrate dal fatto che questo tipo di inserimento è nei fatti subordinato all'autorità di qualcun altro (impresa di costruzioni, professionista, …) e non veramente autonomo.

Non siamo in grado di essere parte integrante del mercato perché le Leggi Nazionali permettono di operare solo a professionalità già consolidate, protette da vincoli legislativi.

Le iniziative che si sono ipotizzate nell'incontro riguardano dunque il comune impegno a:

·         formare una serie di associazioni istituite dai singoli corsi confederate a livello nazionale, al fine di avere dei referenti univoci della nostra categoria che ci possano rappresentare in tutte quelle occasioni che ci riguardano;

·         favorire il dialogo, indispensabile per poter conoscere le varie realtà esistenti in Italia;

·         verificare la coerente applicazione delle direttive comunitarie ed il recepimento delle stesse a livello legislativo Italiano;

·         organizzare a breve scadenza un "forum" nazionale che porti ad uno stesso tavolo tutti i soggetti interessati direttamente e indirettamente al problema dell'attribuzione delle competenze ai titolari di diploma universitario.



 

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