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Essere o avere

di Andrea Saviano


Anna era molto di più di una donna in carriera, era una di quelle persone che alla domanda: « Essere o avere? » avrebbe sicuramente risposto: « Entrambi. »

Anche quando la sorte non le aveva dato tutto, lei aveva saputo prendersi il resto con la forza.

Insomma, Anna era una di quelle persone alle quali al casinò della vita non basta vincere, ma devono far saltare il banco. Dopo anni di arrampicata con le unghie e con i denti, tutto sembrava filare liscio: una vita glamour, un marito ricchissimo e affascinante, le copertine di tutti i periodici di gossip, inviti in tutti i salotti buoni e nelle principali trasmissioni televisive da quelle della fascia mattutina fino a giungere a quelle che andavano in onda a notte inoltrata.

Di recente aveva anche avuto l'opportunità di pubblicare un'autobiografia, non che l'avesse scritta lei di suo pugno e nemmeno che fosse effettivamente la sua vita, ma cosa importava! Quello che contava era il risultato. Non c'era libreria che non l'esponesse in vetrina e casalinga annoiata che non l'avesse acquistato.

I detrattori l'accusavano di vendere fumo, ma a lei la cosa non disturbava, perché – come si sa – i denigratori sono solo dei falliti affetti da invidia cronica.

Non le mancava nulla, salvo una vera famiglia, cioè dei figli. Negli anni, l'affetto dei fan le aveva fatto sentire come inutile il desiderio di maternità. Dopotutto non c'era mai stato il periodo in cui il lavoro le avesse concesso di portare a termine una gravidanza e anche ci fosse stato, non avrebbe mai trovato il tempo per allevare come si deve un bambino. Tutto era filato liscio, almeno fino a quando – durante la partecipazione ad una trasmissione domenicale – aveva avuto un mancamento, una cosa da nulla, un banale svenimento.

Tutti unanimemente avevano dato la colpa ai riflettori, ma le analisi successive avevano trovato un colpevole molto più nascosto e subdolo.

« Signora, la vede questa macchia? »

Così aveva esordito il medico, il resto era un susseguirsi di parole incomprensibili, non perché il dottore usasse un linguaggio tecnico, ma per il fatto che i pensieri di Anna s'erano incastrati in un vicolo cieco fatto dell'ossessivo ripetersi: « Non può essere, non a me. »

Quando il medico ebbe terminato la diagnosi, le prime parole che le vennero in mente furono frutto della negazione: « Ma ne è sicuro? »

« Signora, nessuno le vieta di richiedere l'opinione di un altro specialista, ma le immagini parlano chiaro: è un tumore. » La speranza che qualcuno smentisse l'evidenza portò Anna a girare l'intero pianeta in cerca di uno stimato specialista in grado di prometterle che con una qualche pillola “magica”, presa due o tre volte al giorno, quella macchia sarebbe sparita da sola, ma non fu così.

Tutti, terminata la diagnosi e proposta la terapia, avevano ribadito: « Operare. »

Non si trattava di una semplice appendicectomia da praticare per via endoscopica, cioè di un'operazione che non avrebbe lasciato altra traccia di sé salvo due puntini invisibili e una annotazione sulla sua cartella clinica. Si trattava di un intervento più vasto, di ciò che per la psiche di qualsiasi donna è un vero e proprio trauma: l'asportazione del seno. Frustrata dal parere di tanti esimi oncologi maschi che – a suo avviso avevano il limite di non “capire” – aveva fatto cercare con ostinazione un'autorevole specialista donna e, infine, gliel'aveva trovata.

Quando s'era recata per un consulto, era persino riuscita a rimanere concentrata su ogni singola parola che la dottoressa aveva pronunciato, affondando nella più nera depressione quando anche costei le aveva sentenziato: « Operare, asportare. »

« Perchè a me? »

Aveva chiesto, in realtà non era una domanda rivolta alla studiosa, si trattava di un semplice pensiero espresso ad alta voce, ma la dottoressa non capì e rispose irritata: « Perché no? Crede forse che le altre donne nella sua situazione se lo meritino? Lei, tutto sommato, è anche in una posizione preferenziale. Non ha figli, ha un marito che può andare avanti anche senza di lei, può permettersi il meglio disponibile sul mercato. Mi risponda, perché non dovrebbe capitare una cosa del genere anche a lei? »

CONTINUA