Sogno


Un fulmine improvviso illuminò case, strade e campagna, in quella giornata di quasi estate stranamente uggiosa.

Era trascorsa un'immensità di tempo dall'ultima volta che s'erano sentiti. Persino il ricordo di quel nome, odiato e al tempo stesso amato, pareva ormai svanito. Tuttavia, quel giorno, per motivi apparentemente ignoti, quel nome era tornato.

Forse perché, quando il cielo s'oscura e le nubi da azzurro lo rendono prima bianco e poi grigio, il passato ritorna sotto forma di rimpianto, di dolce e triste melanconia; come quando una musica d'altri tempi ci rapisce per riportarci indietro a momenti di vita già vissuta, a istanti di felicità avuta, poi smarrita e adesso rimpianta.

Così era per lei, adesso. Le nuvole nel cielo s'erano trasformate nelle onde di una nostalgica marea, che sbattevano ripetitive sulla spiaggia della memoria e la voce, le parole, i discorsi che l'amore aveva reso poesia erano tornati in maniera quasi ossessiva. Un'angoscia insostenibile. Sottoposta a questo strano tormento ripetitivo, a lei pareva quasi d'impazzire.

Ora, quasi magicamente, il volto che fino a qualche istante prima sembrava essersi disciolto nella grigia patina del passato era riapparso ridisegnato da quella stessa coltre plumbea del cielo. Un fato maligno lo aveva fatto riemergere improvvisamente dai ricordi.

Era come se le fattezze di quella persona fossero affiorate da una nebbia, prima sotto forma di macchia indistinta e poi, gradualmente, con l'accurata definizione d'ogni suo lineamento, rendendo la figura da indistinta, familiare.

Qualcosa, forse l'istinto di conservazione, l'indusse a reagire, ma per quanto provasse a convincersi del contrario, lui le mancava. Le mancava ancora e terribilmente.

Le mancava il suo sorriso aperto, gli occhi intenti a guardarla con uno sguardo al tempo stesso allegro e innamorato. Così si trovò a provare nostalgia per quel corpo caldo, stretto a lei in un abbraccio.

Provava nostalgia anche la voce, caratterizzata sempre da un tono pacato, da un suono morbido e avvolgente.

Sarebbe bastata una telefonata per placare quella sete, ma in tutti quei giorni il telefono non aveva mai squillato. Avrebbe potuto chiamarlo lei, ma... mai! Mai mostrarsi fragile. Mai dimostrare così chiaramente l'amore che si provava. Mai e poi mai con un uomo.

Lei non poteva permettersi questo tipo di debolezze. Lei era una ragazza forte. No, una donna forte.

Dopo le prime, cocenti delusioni aveva deciso di smettere d'essere una ragazzina.

Forse era colpa di quella giornata che volgeva al cattivo tempo. Forse era colpa del suo momentaneo cattivo umore. Fatto sta, che in quel specifico momento si sentiva particolarmente priva delle parole che quella voce era in grado di donarle, sempre precise, sempre adatte al momento. Non banali parole bensì profondi ragionamenti che le avevano sempre portato conforto e benessere interiore.

Tutte quelle parole le parevano solo un'eco lontano che le rimbalzava nella memoria, come ora lo stava facendo il rombo lontano dei tuoni all'interno delle sue orecchie.

Confusa tra passato e presente, quelle note così basse le parevano riprodurre, in forma indistinta, parole già pronunciate sommessamente un nome conosciuto.

Dentro era indubbiamente agitata e confusa, per questo incominciò a passeggiare freneticamente avanti e indietro, misurando più volte – con i passi – le varie dimensioni della sua stanza e, mentre faceva ciò nel tentativo di calmarsi, sentiva invece una strana rabbia salirle dentro sotto forma d'angoscia.

In fin dei conti, quel vano agitarsi non pareva darle sollievo. Allora si distese sul letto, abbandonando il proprio corpo allo sconforto, quindi chiuse gli occhi alla ricerca di un pensiero lieto che fosse in grado di strapparla da quella stanza e da tutti quei ricordi che quelle quattro mura racchiudevano. Ricordi che si potevano sintetizzare con poche parole: benessere passato e malessere presente.

Disperata, cercò un pensiero felice che la portasse lontano sulle ali della fantasia, in un luogo che fosse differente da quella stanza e, soprattutto, in un tempo che non fosse il presente, ma nemmeno il passato.

Un dubbio improvviso la tormentò e, per l'ennesima volta, si sentì tradita nei suoi sentimenti più profondi e veri. Possibile che ancora una volta si fosse lasciata prendere in giro da un uomo? Perché mai lui non sarebbe dovuto essere differente da tutti gli altri? Se c'era un motivo per quel prolungato silenzio, per quella perdurante assenza, quale era?

Un solo termine nella sua mente assemblava in sillabe le risposte a tutte quelle domande ed era: inganno.

Era ormai chiaro: lei, per lui, era stata solo un passatempo.

Forse lui aveva un'altra. Probabilmente era sposato. Quasi certamente l'aveva già dimenticata o, più probabilmente, riposta nello scomparto delle facili conquiste.

« Uomini, tutti uguali! » Gridò ricolma di rabbia.

Probabilmente aveva scambiato per vero amore del semplice sesso. Come aveva potuto!

Ancora una volta un qualcosa di falso e ipocrita l'era stato spacciato per puro sentimento, eppure... no, per quanto tentasse di convincersi di tutto ciò, non riusciva a crederci. Non questa volta. Non lui. Perché lui sembrava... no, era diverso.

Possibile che anche lui non avesse saputo guardarle dentro? Possibile che si fosse limitato solo a cogliere la sua esteriorità, che avesse approfittato – come tutti gli altri prima di lui – delle sue fragilità.

Lui che l'era entrato dentro fino a toccarle il cuore come nessuno, prima di lui, c'era mai riuscito. Tutto questo solo per possederle l'anima e poi gettare l'involucro nell'immondizia? Prima usata e poi gettata via come un banale rasoio di plastica? Era questo tutto ciò che si poteva avere dall'egoismo degli uomini?

« Stupida! Ancora una volta ti sei illusa. » Esclamò, per dar sfogo alla sua indignazione.

Sapeva bene com'erano fatti gli uomini, sapeva bene quale disgrazia fosse per lei la bellezza e proprio per questo non le era mai accaduto di vivere per qualcun altro, di pensarlo quasi ad ogni respiro. Troppe cocenti delusioni le avevano insegnato a non rendere mai la speranza un'improbabile ossessione.

Ciononostante, qualcosa le era successo; anzi le stava ancora accadendo, proprio lì e in quel momento.

Sebbene ci fossero ancora delle cose che lei riusciva ad imporsi, era inutile illudersi.

Nonostante il buon senso le consigliasse di non darsi false speranze, era completamente pazza dell'idea stessa di quell'uomo e lottare contro quello stato di cose non era solo vano e inutile, ma persino controproducente, perché ne usciva sempre sconfitta, rattristata, immalinconita.

Riaprì gli occhi, rialzandosi stancamente dal letto e asciugò sul polso della propria camicetta le lacrime che le avevano rigato gli zigomi.

I lunghi e dritti capelli neri le contornavano il volto come una madonna addolorata, mentre quello stato d'agitazione interiore le aveva reso le gote particolarmente purpuree, facendo risaltare oltremodo il pallore del resto del volto.

Nonostante le pozzanghere avessero ormai ridotto le strade a specchi, il tempo fuori pareva volgere al bello e uno spiraglio di sole illuminò l'interno della stanza.

CONTINUA