INTERVISTA:
Domanda 1
Sir Karl Popper, Lei ha affermato che la televisione ha, specialmente
per i ragazzi, il valore di un'autorità morale e che svolge quindi un
ruolo educativo. Alcuni sostengono che questa tesi sia in contrasto
con l'idea liberale, secondo cui non bisogna educare le persone, ma
informarle. Lei pensa dunque che la televisione dovrebbe avere una funzione
educativa?
Risposta
Penso proprio di sì. Credo che distinguere in questo caso tra educare
e informare non è soltanto falso, ma decisamente disonesto. Mi dispiace
doverlo dire. Non ci può essere informazione che non esprima una certa
tendenza. E ciò si vede già nella scelta dei contenuti, quando si deve
scegliere su che cosa la gente dovrà essere informata. Per fare questo
bisogna aver già stabilito in anticipo che cosa si pensa dei fatti,
decidere circa il loro interesse e il loro significato. Questo basta
a dimostrare che non esiste informazione che non sia "di tendenza".
Bisogna scegliere, e il nostro intendimento determina la nostra scelta.
Così, per esempio, Lei può chiedere a qualsiasi professionista della
televisione di far parlare una persona frontalmente o di farla parlare
di profilo: c'è una bella differenza! Tutto è il risultato di una scelta.
Dire che esiste della pura informazione, come semplice trasmissione
di fatti, è falso. Voi tentate continuamente di imporre il vostro punto
di vista al telespettatore e non potete impedirvi di farlo. Perciò la
distinzione tra educare ed informare non regge. Ma questa distinzione
non è semplicemente falsa, essa risponde piuttosto ad un preciso obiettivo,
perché permette di dire: "Noi siamo obiettivi, vi comunichiamo soltanto
i fatti, i fatti come sono e non i fatti come vorremmo che voi li vedeste:
i fatti semplicemente come sono". Questo è falso! D'altronde si parla
dell'educazione come di una imposizione necessaria. L'insegnante impone
il suo punto di vista all'allievo, al ragazzo che deve essere educato.
L'educatore è gravato da una grande responsabilità, mentre colui che
informa, il "puro informatore", pare che non ne abbia alcuna. Ma questa
differenza non esiste. Se voi siete informatori responsabili, siete
anche educatori. Ma se siete educatori irresponsabili, voi state trasgredendo
le regole del gioco. Lei non può sottrarsi all'obbligo di educare. Lei
come educatore ha una grande responsabilità e così pure la televisione
ha una grande responsabilità. Io credo che la maggioranza dei professionisti
della televisione non si rendano conto appieno della loro responsabilità.
Credo che non siano capaci di valutare l'ampiezza del loro potere. La
televisione ha un immenso potere educativo e questo potere può far pendere
la bilancia dal lato della vita o da quello della morte, dal lato della
legge o da quello della violenza. E' evidente che si tratta di cose
terribili! Lei mi dice che io difendo, contro l'ideale liberale, il
fatto che le persone debbano essere educate e non informate. Questo
ideale sedicente liberale è stato inventato "ad hoc" per non dover rivedere
e trasformare il mondo dell'informazione. E' stato inventato proprio
e soltanto per questo. Non è stato mai veramente un ideale liberale.
Il liberalismo classico sotto tutte le sue forme ha sempre accordato
una grande importanza all'educazione e un'importanza ancora più grande
alla responsabilità. D'altronde tutte le correnti del liberalismo classico
hanno insistito sulla necessità di controllare il potere. Il miglior
mezzo è quello dell'autocontrollo. Un certo autocontrollo ci deve essere
in ogni caso. Ogni potere, e soprattutto un potere gigantesco come quello
della televisione, deve essere controllato. La televisione può distruggere
la civiltà. Che cos'è la civiltà? E' la lotta contro la violenza. C'è
progresso civile, se c'è lotta alla violenza in nome della pace tra
le nazioni, all'interno delle nazioni e, prima di tutto, all'interno
delle nostre case. La televisione costituisce una minaccia per tutto
questo. La minaccia, beninteso, sarebbe peggiore sotto una dittatura
poiché in questo caso ci sarebbe una vera manipolazione allo scopo di
far accettare ai cittadini la dittatura. E come ha mostrato Orwell ciò
può avvenire senza che la gente si renda conto di ciò che sta succedendo.
In ogni caso non ha senso discutere sui pericoli potenziali della televisione.
E' sul suo potere attuale che bisogna riflettere e chiedersi se non
sia male impiegato. Bisogna piuttosto domandarsi, in rapporto al potere
attuale della televisione, se non sia mal impiegato. Io credo che questo
avvenga spesso La mia esperienza dell'ambiente televisivo mi insegna
infatti che i suoi professionisti non sanno quello che fanno. Si pongono
scopi del tipo "essere realisti", "essere avvincenti", "interessare",
"eccitare". Questi sono gli obiettivi che si pongono esplicitamente.
Ciò che misura l'arte, la tecnica di un uomo di televisione è realizzare
tali obiettivi. Non ha coscienza della sua funzione educativa, non ha
coscienza del potere enorme che esercita. Lei mi aveva posto la domanda:
"Secondo la dottrina liberale l'individuo deve avere le sue responsabilità?",
le rispondo: tutto va bene finché si assume delle responsabilità e vi
conforma i suoi comportamenti. Ma se diventa violento e aggredisce i
suoi vicini deve essere punito. C'è una bella battuta sulla libertà,
nata in un tribunale americano. Un uomo dice: "Sono un uomo libero e
quindi posso dirigere il mio pugno in qualsiasi direzione". Al che il
giudice gli risponde: "E' vero che lei è un uomo libero, ma il limite
al movimento del suo pugno è il naso del suo vicino!" In due parole
se vogliamo una società da cui, nei limiti del possibile, la violenza
sia esclusa e punita solo in caso di necessità, il limite del vostro
movimento è il naso del vostro vicino. Questo è il fondamento di una
società civile. E' una cosa semplice da definire. Ci sono due tipi di
società: il primo è quello dove regna la legge, in cui la legge è introdotta
e perfezionata gradualmente in funzione dei seguenti scopi: limitare,
solo quando è necessario, la libertà individuale ed evitare per quanto
possibile la violenza. Ecco il principio razionale che deve ispirare
la legge. Il contenuto della legge deve essere semplicemente, come dicevo
prima, che il naso del mio vicino segni un limite al libero movimento
dei miei pugni, o meglio che quel limite sia stabilito a una distanza,
diciamo di 8 centimetri , dal naso del mio vicino. Questo deve dire
una buona legge. La seconda possibilità è il regno del terrore, il regno
della violenza e della paura. Ne abbiamo vista troppa, in particolare
sotto i regimi nazista e comunista. Milioni e milioni di persone hanno
sofferto nei modi più orribili sotto il regno della violenza. Noi dobbiamo
lavorare attivamente per contrastarlo. Perciò bisogna formare gli individui
alla civiltà, influendo sulle loro aspettative. Questo è il mio progetto
educativo.
Domanda 2
Sir Karl, che cosa pensa della violenza mostrata dalla informazione
televisiva in occasione della guerra in Jugoslavia?
Risposta
Certo, bisogna mostrarla, ma la si mostra un po' troppo! Non c'è solo
violenza nel mondo. La televisione ha fatto per anni dei bei programmi
e ancora ne fa di tanto in tanto. Ma il problema che si pone è quello
della selezione. C'è già abbastanza violenza nel mondo. Non c'è affatto
bisogno di aggiungere a quella violenza delle violenze inventate: in
tal modo la gente diviene gradatamente insensibile a qualsiasi tipo
di violenza che non sia quella fatta a loro stessi. Quando ero giovane
ho lavorato per parecchi anni come educatore di bambini difficili. I
più difficili erano quelli che avevano patito violenze nelle loro famiglie.
Ho una certa esperienza in merito. A volte portavo quei bambini al cinema
- a quel tempo la televisione non esisteva - e lì mi accorgevo che i
bambini hanno paura della violenza. Un bambino normale chiude gli occhi
per non vederla. Il fatto che la gente si abitui a vedere scene di violenza,
che questa diventi il suo pane quotidiano, ciò distrugge la civiltà.
Questa è la mia tesi. E' una tesi assai semplice. Coloro che lavorano
per la televisione non hanno sufficiente coscienza di ciò che fanno.
Vogliono mostrare cose che impressionino, vogliono "essere realisti"
e non si rendono conto dei guasti che provocano. La maggior parte di
loro non se ne rende conto.
Domanda 3
Lei pensa che i principi di cui abbiamo parlato dovrebbero valere non
solo per i lavoratori della televisione, ma anche per quelli del cinema
e della radio?
Risposta
No. Bisogna cominciare innanzi tutto dal gruppo più influente, e quello
che ha maggior potere è quello dei professionisti della televisione.
La mia proposta è questa: fondare una istituzione come quella che esiste
per i medici. I medici si controllano attraverso un Ordine. La cosa
non riesce sempre perfettamente. Ci sono medici che fanno gravi errori
e medici che commettono dei crimini. Ma ci sono pur sempre le regole
elaborate dall'Ordine. Beninteso, il Parlamento ha un potere legislativo
superiore a quello dell'Ordine dei medici. In Germania e in Inghilterra
questa istituzione si chiama "Camera dei medici". Sul loro modello si
potrebbe creare un "Istituto per la televisione". La mia proposta è
che tutti voi, tutti voi che siete qui, siate registrati provvisoriamente
come membri dell'"Istituto per la televisione". In seguito dovreste
partecipare a una serie di corsi per sensibilizzarvi ai pericoli a cui
la televisione espone i bambini, gli adulti e l'insieme della nostra
civiltà. Così molti di voi scoprirebbero degli aspetti ignorati della
professione e sarebbero indotti a considerare in modo nuovo la società
e il loro ruolo. Ritengo inoltre che in un secondo tempo dovreste sostenere
un esame per vedere se vi siete impadroniti dei principi fondamentali.
Superato l'esame dovreste prestare giuramento, come i medici: dovreste
promettere di tenere sempre presenti quei pericoli e di agire di conseguenza
in modo responsabile. E' soltanto allora che potreste entrare come membro
permanente nell'"Istituto per la televisione". Non mantenendo quella
promessa perdereste la vostra licenza. Per avere la licenza che permette
di lavorare in televisione, bisognerebbe aver superato con successo
l'esame e aver prestato giuramento, nello stesso modo in cui i medici
ottengono una licenza per lavorare in ospedale. Non rispettando il giuramento
potreste perdere la vostra licenza. Naturalmente vi dovrebbe essere
possibile fare appello a una istanza di giudizio superiore, ma se questa
confermasse che avete agito irresponsabilmente, perdereste il diritto
a lavorare in televisione. Beninteso, queste istituzioni dovrebbero
essere elette a maggioranza da voi stessi. E la misura disciplinare
che potrebbe togliervi la licenza dovrebbe provenire da una corte in
cui fossero dei professionisti come voi a detenere il più alto potere.
Bisogna stabilire delle regole. Quanto poi al modo in cui quelle regole
devono essere formulate e modificate, dovrebbe essere oggetto di discussione.
Domanda 4
Sir Karl, sono state mosse delle obiezioni contro le Sue proposte di
regolamentazione dell'informazione televisiva. Molti, per esempio, giudicano
paradossale che un liberale come Lei affermi la necessità di limitare
la libertà di espressione. Lei che cosa ne pensa?
Risposta
Devo confessare che faccio fatica a capire queste obiezioni. Potrei
aver voglia di esprimermi colpendovi con un pugno, ma è chiaro che non
posso, non devo farlo. E' forse antiliberale impedirmi di colpirvi?
Qui è in gioco lo stesso principio. Perché dovrebbe essere antiliberale
o paradossale per un liberale come me affermare la necessità di limitare
la libertà? Ogni libertà deve essere limitata. Non esiste libertà che
non abbia bisogno di essere limitata. Dovunque ci sia libertà, la miglior
forma di limitazione è quella che risulta dalla responsabilità dell'uomo
che agisce. Se egli è un irresponsabile subirà le sanzioni previste
dalla legge. La sua libertà sarà limitata, se necessario, anche per
tutta la durata della sua vita. Certo noi speriamo che una tale necessità
sparisca, un giorno. E' questo che definisce lo sviluppo della civiltà:
aumentare il grado di incivilimento e ridurre la necessità di imprigionare
delle persone per tutta la vita. In ciò si vede lo sviluppo di una civiltà.
Ma ciò non vuol dire affatto che sia paradossale per un liberale come
me affermare che bisogna limitare la libertà di espressione! Un uomo
può essere felice per la sua nuova automobile, e può avere il sentimento
che solo guidando molto veloce può esprimere la sua felicità e la passione
per la sua automobile; vorrebbe traversare Roma a 200 all'ora per esprimerle
a pieno. Qual è la differenza tra questo modo di esprimersi e quello
che rivendicano certi artisti o professionisti della televisione? C'è
una vera differenza? Bisogna vedere se col vostro modo di esprimervi
mettete o no gli altri in pericolo. In altri termini si tratta sempre
dello stesso principio. La vostra libertà, che sia quella di agitare
i pugni, quella di parlare o di diffondere l'informazione o qualsiasi
altra, è limitata dal naso del vostro vicino. E' sempre lo stesso principio,
è il principio più semplice che si possa immaginare. E tutti quelli
che invocano la libertà, l'indipendenza o il liberalismo per dire che
non si possono porre delle limitazioni ad un potere pericoloso come
quello della televisione, sono degli idioti. E se non sono degli idioti,
sono dei porci che vogliono arricchirsi con lo spettacolo della violenza,
educando alla violenza. Si tratta quindi di un principio assolutamente
semplice. Se a scuola un professore vi insegna quello che bisogna fare
per introdursi illecitamente in una banca o per avvelenare un genitore,
se vi dà tutte le informazioni utili per diventare un buon criminale,
voi direte che quel professore deve essere rimosso; questo non vuol
dire che debba essere messo in prigione, ma che comunque dovrebbe essere
rimosso. La stessa cosa dovrebbe valere per i professionisti della televisione.
Io posso qui soltanto presentare la cosa nella sua generalità. Mi è
impossibile dire quali regole precise dovrebbe avere l'"Istituto per
la televisione" dato che è quell'Istituto stesso che dovrebbe elaborarle.
Io ho certamente delle idee su che cosa dovrebbero essere, ma per entrare
nei particolari ci vorrebbe un regolamento di almeno una ventina di
pagine ed io non posso farlo qui, ora. L'essenziale è capire ciò che
deve stare alla base di questo regolamento, quale deve essere l'atteggiamento
da adottare rispetto alla situazione generale. La gente deve capire,
per ora, che la civiltà è messa in pericolo dalla televisione. Ammetto
che delle regole simili potrebbero diventare necessarie per i giornali
e per altri settori dell'informazione, ma non è questo il soggetto della
nostra conversazione. Nel caso della televisione è facile mettere in
opera una istituzione per prevenire il cattivo uso di un potere sociale
pressochè illimitato.
Domanda 5
Un'ultima domanda: non c'è il rischio che la regolamentazione possa
produrre involontariamente una televisione simile al "Grande Fratello"
di Orwell?
Risposta
Certo un rischio del genere bisogna metterlo in conto! Simili pericoli
esistono sempre. L'esistenza di una società civile comporta tali pericoli.
In Italia la mafia rappresenta un pericolo di questo genere. La corruzione
è sempre possibile. Bisogna continuamente lottare contro simili eventualità.
Ma per ora, allo stato delle cose, mi sembra che sia più vicina al "Grande
Fratello" di Orwell una televisione come la nostra, non regolamentata,
che non quella che noi vogliamo promuovere. Bisogna fare qualcosa per
promuovere la civiltà.
Domanda 6
Sir Karl, ma così, coloro a cui piace guardare la violenza alla televisione
ne sarebbero privati?
Risposta
Lei fa una giusta osservazione. Un argomento contro la mia posizione
è che io limito non solo i produttori di televisione, ma anche i consumatori.
Bisogna privare il consumatore del suo piacere? Si tratta dello stesso
principio: bisogna privare di una quota di piacere l'uomo che ha comprato
un'automobile che corre a 300 all'ora? Sì, se il suo piacere costituisce
un pericolo per gli altri. Lo stesso si può dire per la violenza in
televisione. Certi guidatori potrebbero non avere incidenti a 300 all'ora
anche attraversando una città. Si potrebbe dire che essi, a differenza
di altri, non costituiscono pericolo. Ma la legge deve avere una certa
universalità. Non si possono fare dei test alla gente e dire all'uno:
"La tua velocità massima deve essere di 70 Km all'ora" e all'altro "per
te invece è di 200 Km all'ora". E' impossibile. Certe persone con il
loro atteggiamento di rifiuto della violenza non diventerebbero pericolose
anche se vedessero le peggiori cose alla televisione, mentre altri possono
esserne influenzati. Non si può negare che in molte vicende criminali,
l'assassino è in grado di citare con precisione il film o il telefilm
che gli ha fornito l'idea del suo delitto. E' un fenomeno abbastanza
frequente, benché non succeda sempre. Ma è spesso possibile identificare
il momento in cui l'idea di un delitto o della violenza è stata suggerita
al suo autore.
Domanda 7
Sir Karl, il cinema non dovrebbe avere anch'esso una licenza, dal momento
che come Lei sa, la maggior parte dei film che si vedono in televisione
provengono dal cinema?
Risposta
E' proprio quello che io vorrei. Ma c'è una grande differenza. I bambini
passano una parte considerevole del loro tempo davanti al video. Per
loro la televisione è una parte importante della realtà. Non sono più
in grado di distinguere tra ciò che vedono e la realtà. Ma c'è di più!
Non ricordo più bene le statistiche relative, ma in America esse stabiliscono
che parecchi ragazzi passano in media più di sei ore al giorno davanti
al loro apparecchio televisivo. E, se si considera che probabilmente
restano in piedi per il doppio di questo tempo, se non si contano i
pasti eccetera, questo equivale più o meno alla metà della loro vita.
Io penso che il caso del cinema sia molto diverso, perché innanzi tutto
bisogna prendersi la briga di andarci, e comunque ci si resta solo due
ore o due ore e mezzo. Il problema della televisione è quindi più urgente.
Domanda 8
Perché lo ritiene più urgente?
Risposta
C'è una escalation nel modo di fare televisione. Le cose devono essere
rappresentate sempre più forti, sempre più realistiche e orribili. Questa
escalation è cominciata qualche anno fa. E dopo di allora le cose sono
peggiorate continuamente. E' dunque estremamente urgente intervenire.
E non vedo perché lo stesso argomento non dovrebbe valere per il cinema,
i libri e i giornali. Secondo me esiste un solo metodo valido: quello
della autoregolamentazione, dell'autocensura, non della censura. Gli
irresponsabili devono essere ricusati dai loro colleghi. E' un metodo
perfettamente liberale in una società retta dal diritto e non dal terrore.
Ed è una cosa semplice, non ci trovo niente di complicato.
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