Come si elabora il preventivo e si vincola l’attività per l'amministratore
Riscossione dei contributi: inquilini o comodatari dei condomini
Riscossione del contributi usufrutto e nuda proprietà spettanti a soggetti diversi
Riscossione del contributi: morte del condomino proprietario
Riscossione dei contributi: centrale termIca di un "supercondominio
Erogazione delle spese, cioè utilizzazione dei tributi riscossi.
Eccedenza delle spese rispetto al preventivo approvato dall'assemblea e spese per lavori straordinari con carattere di urgenza.
1) Necessità del preventivo annuale delle spese
Principio
fondamentale della contabilità di un condominio è che ad ogni spesa
effettuata dall'amministratore deve corrispondere una uguale somma di versamenti
effettuati dai condomini all'amministratore. Per la sua natura di ente di sola
gestione, il condominio non può avere né utili né perdite, ma semmai solo
avanzi o disavanzi di cassa, eventualmente integrata quest'ultima da un fondo di
rotazione o di riserva, se previsto dal regolamento condominiale.
Dal n. 2 dell'art. 1135 del codice civile si rileva che tra le attribuzioni
dell'assemblea vi è anche quella di approvare il "preventivo delle spese
occorrenti durante l'anno e la relativa ripartizione fra i condomini".
L'ultimo comma dello stesso articolo circoscrive l'autonomia
dell’amministratore
in materia di spese ai soli lavori di manutenzione straordinaria che abbiano
carattere di urgenza.
Da queste e dal tenore delle altre norme sul condominio, la dottrina e la
giurisprudenza hanno dedotto la indispensabilità dell'approvazione del
preventivo annuale delle spese, sia ai fini della regolarità della gestione
amministrativa, sia ai fini di costituire un titolo di credito dell'amministrazione condominiale nei confronti dei singoli condomini Si ritiene
comunemente, quindi, che il preventivo approvato dall'assemblea determina i
limiti massimi di spesa entro i quali l'amministratore si dovrà contenere,
nella sua gestione.
2) Come si elabora il preventivo e si vincola l’attività per l'amministratore
Abbiamo, nella
pratica, tre distinte ipotesi:
- che l'amministratore sia confermato in carica e quindi conosca molto bene
il consuntivo della gestione precedente: si tratta di riprodurne le singole
voci "ordinarie" (escludendo quindi le spese straordinarie e le
innovazioni), arrotondando con un certo eccesso le cifre attribuite a ciascuna di
quelle voci ed introducendo, per prudenza, una voce "varie ed incerti o
imprevisti" cui corrisponderà la somma di riserva ritenuta idonea ad affrontare
eventuali aumenti nei costi e piccole spese non preventivate;
- che l'amministratore sia nominato per la prima volta in sostituzione di
altro amministratore: se la sostituzione avviene prima del termine della gestione
annuale,dovrebbe esistere il preventivo già approvato e valido sino
alla fine di tale gestione; se la sostituzione avviene al termine della gestione
annuale del precedente amministratore e questi consegnerà la contabilità in
ordine, il preventivo della successiva gestione sarà elaborato come nell’ipotesi
a); se il nuovo amministratore si troverà, invece, di fronte al disordine, dovrà
cercare di ricostruire i costi di gestione, provvedendo di conseguenza;
- che si tratti di un nuovo condominio non esistano elementi contabili su
cui basare il preventivo: in questo caso dovrà farsi un elenco di tutte le
voci di spesa prevedibili per quell’edificio (portierato; ascensore,
illuminazione, energia, riscaldamento, fuochista; manutenzione ordinaria, trasporto
immondizie ecc.),. e, quindi stabilire quale: sia la somma imputabile a ciascuna voce (sempre arrotondando per eccesso), mediante le indagini del
caso, cioè per analogia se già l’amministratore amministra altri
edifici dello stesso genere e nella stessa località, oppure per analisi se mancano,
elementi comparativi (determinazione. di tutte le componenti del costo di
portierato, presumibile spesa di esercizio di ascensore in relazione al numero di
abitanti e al tipo di impianto, di acqua di luce in relazione al totale dei punti
illuminanti e loro potenza, di riscaldamento, possibilmente in base a preventivo di un appaltatore ecc.): trattasi di un compito delicato (per
il quale ci si può giovare anche dell'esperienza dei fornitori abituali del condominio o di chi installò gli impianti e servizi).
In ogni caso, e
per i motivi già illustrati, sarà necessario indicare, nel preventivo
delle spese, anche la retribuzione dell'amministratore.
Taluni autori
ritengono che l'amministratore non possa disporre liberamente delle somme
stanziate col preventivo annuale, ma debba impiegarle in rigida conformità
secondo le singole voci del preventivo; altri autori sostengono al contrario che
l'amministratore è perfettamente libero di disporre delle somme stanziate,
destinandole a questa o a quell'altra voce a seconda del suo apprezzamento e
delle necessità contingenti.
A noi pare che
né l'una né l'altra tesi siano da condividere, se non nel punto in cui tutti
sono d'accordo, e cioè che, di regola, l'amministratore non debba superare, con
le spese, la somma complessivamente stanziata dall'assemblea.
Le contrastanti
tesi non tengono conto che un bilancio preventivo non può mai essere assolutamente esatto e che la maggior o minor libertà di movimento
nell'erogazione
delle spese deriva all'amministratore non già dai suoi criteri e dalle sue
decisioni, bensì dal modo con cui è stato formulato il preventivo annuale
approvato dall'assemblea.
Si ponga, ad
esempio, un condominio che approvi un preventivo non dettagliato e totale di
L.50.000.000 di spese per il prossimo esercizio, elencando le voci di spesa, ma non
dettagliando i singoli importi: è di palmare evidenza che in questo caso
l'amministratore sarà completamente libero di destinare le somme a questa o a
quella voce di spesa, secondo il suo giudizio, sottostando alla sola condizione di
non superare l'importo totale alla fine dell'esercizio. Si ponga al contrario,
l'esempio di un preventivo dettagliatissimo, in cui si prevede una spesa di £
14.000.000 per il salario del portiere, £ 100.000 per le lampadine, £ 30.000.000 per
£ 3.000.000 per la forza motrice, £ 990000 per l'acqua, £ 200.000 per gli
attrezzi pulizia, £ 60.000 per zerbini ecc. In questo caso
l'amministratore perderebbe molta della sua autonomia nella erogazione
delle spese e, almeno teoricamente, dovrebbe attenersi per ciascuna voce ai limiti
approvati dall'assemblea.
In genere,
nella pratica, i preventivi sono impostati con cifre ragionevolmente calcolate per
eccesso, onde precostituire un certo avanzo di cassa, e ripartiti in gruppi di
voci (portierato, riscaldamento, spese amministrative, spese di manutenzione,
riparazione, energia, acqua, tasse) corrispondenti ai diversi criteri di
ripartizione delle spese; in tal caso è ovvio che l'amministratore
libero di
erogare come meglio crede le spese nell'ambito della somma stanziata per ciascun
gruppo di voci.
Non è
obbligatorio, ma consigliabile, allegare il preventivo annuale all'avviso di
convocazione, affinché i condomini possano intervenire in assemblea con maggior
cognizione
Al limite
sembra ammissibile (Cassazione, sentenza n° 3231 del 25.5.1984) che, per approvare
il preventivo, si prenda a base il consuntivo dell’anno precedente,
aumentato di una determinata percentuale che compensi gli aumenti di costi
prevedibili o presunti.
Secondo la
Cassazione (sent. n. 4831/1994) non possono però essere concesse deleghe
all’amministratore per aggiornare le spese ordinarie iscritte nel bilancio di
previsione. Nel caso si verifichino aumenti tariffari è necessario convocare una
assemblea che autorizzi le variazioni di spesa a carico dei singoli
condomini, salvo l’esistenza di un fondo speciale che permetta l'utilizzo
delle riserve in tali casi e la successiva ratifica in occasione del bilancio
consuntivo.
Sempre secondo
la Cassazione (sent. n. 7706 del 21.8 1996) è nulla la delibera condominiale
che, in mancanza di unanimità, vincoli il patrimonio dei singoli condomini ad
una previsione pluriennale di spese , oltre quella annuale, ed alla quale si
commisuri l'obbligo della contribuzione. .
3) Stato di ripartizione
Come abbiamo
visto nel precedente paragrafo, la legge, oltre che di approvazione del preventivo,
parla anche di approvazione della ripartizione delle spese fra i condomini. Si
deve quindi ritenere necessaria non solo una elencazione delle spese previste
per la prossima. gestione, ma anche una indicazione delle quote di spesa
facenti carico ad ogni singolo condomino.
Tale prassi,
normalmente, non è seguita da molti amministratori, sul presupposto che il
regolamento di condominio già prevede i criteri di ripartizione della spesa; altri
amministratori usano invece allegare, negli avvisi di convocazione, al preventivo
generale anche l'elenco delle quote facenti carico ad ogni condomino.
Il primo
comportamento è suggerito dalla possibilità che l'assemblea, in sede di discussione,
alteri una qualsiasi delle cifre proposte in preventivo, o aggiunga altre voci, col
risultato di rendere inutile tutto o gran parte del lavoro speso dall'amministratore
per preparare il progetto di ripartizione.
Ad evitare tale
inconveniente sarà opportuno che il preventivo porti in calce la seguente
avvertenza:
"La
ripartizione delle spese avverrà secondo le norme del regolamento di condominio e,
in difetto di esse, della legge".
Riscossione dei contributi ed erogazione delle spese
4) Riscossione dei contributi: premessa
Può dirsi,
questa, l'attribuzione più spinosa dell'amministratore di condominio, da esercitare
con tatto pari alla fermezza.
L'art. 1135 n.
2 dispone che l'assemblea dei condomini approva il preventivo delle spese
necessarie durante l'anno e la relativa ripartizione fra tutti i condomini .
Abbiamo già
avuto occasione di chiarire il significato di questa norma di legge nel capitolo
precedente.
È appunto in
base al preventivo approvato che l'amministratore deve provvedere a riscuotere dai
singoli condomini la quota di spese che è a carico di ciascuno di essi.
Tutto ciò
vale, ovviamente, tanto per le spese ordinarie che per quelle straordinarie.
La Cassazione,
con sentenza 26.4.1956, ritenne che l'obbligo del condomino di pagare al
condominio i contributi per spese ordinarie di manutenzione delle parti comuni
dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni deriva dalla gestione stessa
dell'amministratore relativa all'uso delle cose comuni ed alla prestazione dei
servizi, e quindi preesiste alla approvazione, da parte dell'assemblea,
dello stato di ripartizione, il quale non ha valore costitutivo, bensì
dichiarativo del relativo credito del condominio, in rapporto alla quota di
contribuzione dovuta dal singolo condomino; la Cassazione con sent. n 11981 del 5.11.1992
ha precisato che l'obbligo del condomino di pagare le spese sorge dal momento di
approvazione della delibera assembleare di ripartizione delle spese e la
prescrizione del credito nei confronti di ciascun condomino inizia a
decorrere
soltanto dall'approvazione della ripartizione delle spese e non dall'esercizio
di bilancio. Non solo: il pagamento delle spese condominiali non può essere
ritardato o evitato dal singolo condomino se le spese sono state approvate col
preventivo da parte dell'assemblea e se i servizi sono stati resi, è superflua
ogni indagine sul momento di effettivo pagamento (Cass., sent. n.2045 del
7.3.1997).
L'approvazione
dello stato di ripartizione, a sua volta, diventa definitiva anche nei
confronti dei dissenzienti, e si intende accettata all'unanimità, se nessuno dei
condomini impugna la deliberazione entro i termini indicati dall'art. 1137
del codice civile (cfr. sentenza trib. Milano, 4.7.1960).
È caso di
ricordare che, approvata regolarmente la delibera del rendiconto delle spese e del
relativo stato di ripartizione, da parte dell'assemblea, il singolo condomino non
può contestare il credito del condominio, né ritardare il pagamento delle
quote afferenti la sua proprietà esclusiva, neppure nel caso che abbia impugnato
là delibera: così il Tribunale di Roma, con sent. n: 4413 dell'8.7.1957.
Anche per le
spese relative ad innovazioni, ricostruzioni, riparazioni di notevole entità,
l'obbligo del condomino di pagare il corrispondente contributo alle spese
sorge quando l'assemblea abbia adottato le relative delibere o abbia ratificato (per
le riparazioni urgenti) l'operato dell'amministratore o di singoli
condomini (trib. Roma, sentenza n. 4641 del 16.7.1957).
Un cenno
particolare merita il problema della partecipazione alle spese per le unità
inutilizzate perché vuote, sfitte o invendute, e, in particolare, se sia o non sia
ammissibile un esonero totale o parziale delle spese di condominio, per le unità
sfitte o vuote o invendute o comunque inutilizzate per un rilevante periodo di
tempo: l’amministratore ove un condomino chieda l'esonero dalle spese per la
sua unità immobiliare inutilizzata, deve anzitutto verificare se il
regolamento di condominio contiene norme su tale argomento; vi sono regolamenti di condominio che escludono
espressa- mente ogni
possibilità di esonero da qualsiasi spesa condominiale per le unità inutilizzate: in
questo caso è pacifico che l'amministratore darà risposta negativa al
condomino, richiamando la norma del regolamento; vi sono, al contrario, altri regolamenti che prevedono la possibilità
per un condomino ben individuato (in genere il costruttore venditore
dell'edificio), oppure per tutti i condomini, di esonero totale o parziale dalle spese,
in caso di inutilizzazione della proprietà esclusiva: in tale ipotesi l'amministratore accetterà la richiesta del condomino come un puro e
semplice fatto amministrativo, adotterà gli eventuali provvedimenti (ad esempio
sigillo dei radiatori per il riscaldamento), e applicherà il regolamento (le cui
disposizioni possono essere le più diverse: da esonero parziale à
esonero totale per una o più spese); vi sono infine regolamenti che non dispongono nulla, oppure che
dispongono genericamente l'obbligo dei condomini di partecipare alle spese. In
questo caso l'amministratore potrebbe o respingere la richiesta del condomino,
o, in
caso di insistenza dell'interessato, porrà la richiesta all'ordine del
giorno della prossima assemblea, che deciderà in proposito.
È il caso di
osservare che le spese di condominio si possono dividere in due categorie:
quelle di amministrazione, conservazione e manutenzione (che debbono essere
sostenute anche se un'unità immobiliare è vuota e inutilizzata) e a cui nessuno può
sottrarsi, salvo diverso disposto del regolamento, come indicato dall'art. 1118
del codice civile, e quelle dei consumi, direttamente imputabili alle singole
unità immobiliari, una parte dei quali si possono presumere come non avvenuti se
l'unità immobiliare (ad esempio, acqua potabile) è vuota, mentre per consumi (ad
esempio, l'illuminazione delle parti comuni) è indifferente che l'unità
immobiliare sia o non sia utilizzata.
È quindi certo
che il proprietario di una unità immobiliare inutilizzata non può essere
esonerato dalle spese di amministrazione, di riparazione e manutenzione delle comuni,
di portierato, pulizia, illuminazione parti comuni ecc., e rinviato il
lettore al paragrafo 336 per il riscaldamento centrale, sembra avere qualche
fondamento la tesi che se l'unità immobiliare non è utilizzata per un lungo periodo
di tempo il proprietario non ha consumato acqua potabile, né usato l'ascensore, e
dovrebbe aver diritto all'esonero totale dalle spese di esercizio e consumo, in
relazione e proporzione al periodo di inutilizzo: tale tesi non è presa in
considerazione né dalla dottrina né dalla giurisprudenza, tuttora ferma sul principio,
enunciato dalla Cassazione con sentenza n. 555 del 9.3.1967, che dal complesso
delle disposizioni che regolano il condominio degli edifici come ente di
gestione deve trarsi il principio secondo cui l'obbligo di ciascun condomino di
contribuire alle spese per la prestazione di servizi - di interesse - comune trova
origine e fondamento bel suo - diritto dominicale (che equivale ad - "uso
potenziale") e non - già nella concreta utilizzazione che egli faccia del servizio
medesimo.
5) Aumenti imprevisti di spesa -
Specie in
periodi di forte svalutazione monetaria si verifica che le spese da erogarsi siano
superiori al preventivo, con conseguente deficienza delle disponibilità
di cassa del condominio. In teoria, l'amministratore dovrebbe indire una
apposita assemblea per far approvare la differenza di spésa in più ed avere
titolo
per chiedere dei versamenti supplementari. In pratica, gli
amministratori sono soliti chiedere dei versamenti supplementari ai condomini:
questa prassi, anche se non rigidamente corretta, sembra accettata dalla
magistratura. il Tribunale di Milano, sezione XI, con sentenza n. 4520 del 1978 ha
ritenuto che qualora si verifichino degli aumenti l'amministratore - è legittimato a
chiedere ai condomini la differenza fra il preventivo approvato e la nuova realtà
e la spesa supplementare che ne scaturisce, rientrando nelle spese ordinarie
di gestione del servizio, deve essere versata dai condomini a richiesta
dell'amministratore, anche se non previamente approvata dalla assemblea.
Il Tribunale di
Milano, con sentenza n. 21558 del 15.12.1988,.ha precisato che non sussiste
responsabilità dell'amministratore nel caso che il preventivo approvato per
una riparazione straordinaria sia stato di gran lunga superato se l'assemblea
approva il consuntivo finale.
Con sentenza n.
4831 del 1994 la Cassazione ha però affermato che non possono essere lasciate
deleghe in bianco all'amministratore del condominio per l'aggiornamento
delle spese ordinarie iscritte nel bilancio di previsione. In caso di aumenti
imprevisti delle spese occorre convocare una nuova assemblea che autorizzi la
variazione delle quote dei condomini. Solo se è stato istituito un
fondo speciale
si può evitare l'assemblea straordinaria, utilizzando le riserve e ratificando
poi la variazione in occasione della delibera sul bilancio consuntivo.
6) Rateazione della riscossione dei contributi
Poiché non
tutte le spese sono affrontate subito e contemporaneamente, le delibere di approvazione
del preventivo prevedono anche una rateizzazione dei versamenti, (ad esempio un
terzo subito, un terzo fra quattro mesi, un terzo fra otto mesi od altre
soluzioni a seconda della delibera dei condomini o delle consuetudini).
Talvolta - ma
raramente – i criteri di rateizzazione sono stabiliti dal
regolamento di
condominio.
Altre volte
infine, né la delibera assembleare, né il regolamento offrono indicazioni al
riguardo.
In
quest’ultimo caso, l’amministratore si troverà a decidere se chiedere un unico pagamento
di tutta la quota preventivata per l'anno, oppure scaglionarla secondo le
necessità di cassa.
In. linea di
principio, il diritto - dovere dell'amministratore di chiedere a ciascun
condomino il versamento dei contributi concerne l'intero della quota, per cui
l’amministratore non è obbligato. a rateizzarla e l'eventuale rateazione
dipende, quindi, unicamente dal suo giudizio discrezionale.
Nella pratica
va tenuto conto di alcuni fattori psicologici: la richiesta di una somma
relativamente, elevata in un unica soluzione può indisporre il condomino, il quale sa
benissimo, ad esempio, che i denari per il gasolio serviranno solo tra molti mesi.
D'altra parte, un eccessivo numero di rate, con richieste quindi molto
frequenti, dà ai condomini l'impressione di una persecuzione continua,
ancorché le
cifre richieste siano modeste.
Vi è poi da
distinguere tra i condominii che dispongono di costosi servizi comuni (tra cui
riscaldamento e portierato) e condominii che, non disponendo di tali servizi o
impianti, hanno un costo di esercizio relativamente modesto.
Ciò significa
quote unitarie piuttosto sensibili per i primi e quote modeste per i secondi.
È in base a
tale secondo aspetto che si consigliano i seguenti indirizzi:
a) condomini a
basso costo di esercizio, senza servizi centralizzati: dividere la quota
annuale in
due rate uguali, la prima da pagarsi subito dopo
l'approvazione
del preventivo da parte
dell'assemblea e la seconda alla scadenza
ritenuta più
opportuna;
b) condominii
ad alto costo di esercizio: separare le spese di riscaldamento dalle altre,
ripartendo
le spese comuni extra riscaldamento in 4 rate
trimestrali
uguali e quelle di riscaldamento in due
rate proporzionali all'impegno e
alla scadenza della spesa; ovviamente, per praticità
amministrativa,
si faranno coincidere le due rate del riscaldamento con
altrettante
rate di spese
generali ordinarie.
Il Tribunale di
Milano, con sentenza 5.11.1962, ha ritenuto che la consuetudine della
rateazione rende inammissibile la richiesta dell'intero importo delle spese anche per
le rate non scadute, da parte dell'amministratore, ad un singolo condomino, ove
l’amministratore non provi che il condomino versa in situazione economica tale
da rendere verosimile e prevedibile la sua incapacità a far fronte agli
impegni.
È notevole il
disordine e la scarsa attenzione di molti condomini: non può quindi
pretendersi da parte di essi una diligenza tale da rendere inutili le richieste di
fondi da parte dell'amministratore in previsione delle scadenze di pagamento.
Pertanto è uso
comune quello di spedire a ciascun condomino una richiesta di pagamento della
rispettiva quota, una quindicina di giorni prima della scadenza di ogni rata.
La richiesta
viene, in genere, fatta per corrispondenza, mediante invio di una lettera con
avviso di ricezione
La richiesta
non dovrebbe, comunque, essere dettagliata, dato che, dalle delibere
assembleari, ciascun condomino già conosce quali siano le spese approvate.
Non occorre che
la richiesta venga inviata per lettera raccomandata, onde precostituirsi
una prova dell'avvenuto invio. Alle lettere raccomandate si ricorre poi, in
caso di ritardo del condomino nei versamenti, per metterlo in mora.
8) Modalità di riscossione dei contributi condominiali
Il condominio,
che non è una persona giuridica, ma un ente di gestione, non ha una sede in
senso tecnico, ove non esista nell'ambito dell'edificio un luogo espressamente
destinato e di fatto utilizzato per l'organizzazione e lo svolgimento
della gestione condominiale; pertanto, ha il domicilio coincidente con quello
privato dell'amministratore che lo rappresenta (Cass., sent. n. 12208
dell'll.l2.1993).
Poiché il
creditore dei singoli condomini è il condominio. e poiché l’amministratore
del condominio – se non si trova nell'edificio - deve ritenersi domiciliata
presso l'ufficio dell'amministratore, i condomini sono tenuti a versare i
contributi condominiali al domicilio dell'amministratore; senna poter pretendere che
egli questui di porta in porta il pagamento, come un esattore, o che venga a
ritirare il denaro in portineria.
Molti
amministratori costituiscono per ciascun edificio uno speciale conto bancario e poi
avvertono i condomini (avvertimento che viene ripetuto in ogni richiesta di
contributi) di versare il denaro su quel conto ed allo sportello bancario
corrispondente, allegando alla richiesta di contributo un apposito modello di
versamento fornito dalla banca e già compilato. Tale sistema molto analogo a
quello della riscossione degli affitti tramite banca e può riuscire gradito a parte
dei condomini, se lo sportello bancario è nelle vicinanze dell'edificio.
Se
l'amministratore può pretendere, come pensiamo, di ricevere i contributi al suo domicilio,
senza sobbarcarsi ad alcuna particolare attività, non crediamo però possa
pretendere da tutti il versamento alla banca, se di tale prassi non vi è traccia
nel regolamento di condominio o in apposita deliberà assembleare..
Quando si
assume una nuova amministrazione, in cui siano invalse abitudini (comode per i condomini) al riguardo, sarà bene adattarvisi.
Un caso
particolare, certamente anomalo, è' quello dell’amministratore che accetta da un
condomino delle cambiali relative ai contributi condominiali e che, prima del
relativo pagamento, venga revocato dall'assemblea, con divieto da questa posto al
nuovo amministratore di accettare le cambiali che, essendo rilasciate a
favore del condominio, non possono più essere incassate dall'amministratore
cessato dalla carica. È il caso di rilevare l'erroneità di un simile
comportamento: le quote condominiali, com'è ovvio, vanno pagate per contanti,
quando, a norma di legge o di delibera assembleare o di regolamento, sorge il
credito, del condominio.
D'altra parte,
il fatto stesso che un condomino offra di rilasciare delle cambiali per il
pagamento delle spese di condominio dovrebbe quanto meno insospettire e
rendere prudente l'amministratore, respingendo l'offerta' nell'interesse
del condominio.
9) Esazione dei contributi tramite il portiere
In alcuni
condominii, il portiere provvede a riscuotere per conto dell’amministratore
i contributi condominiali. Si domanda se, per tale mansione, il portiere ha
diritto ad una indennità specifica in aggiunta al salario. La risposta è
positiva, dal momento che il contratto collettivo dei portieri non prevede, fra le
mansioni del portiere, anche quella di riscuotere contributi condominiali
dai condomini. In taluni contratti di lavoro dei portieri è stabilita una
percentuale a favore del portiere che provvede a riscuotere canoni di locazione
dai conduttori: per analogia, patti del genere confermano il contenuto di
questa risposta. In mancanza di espresse indicazioni nel contratto collettivo o
integrativo, il quantum dell'indennità spettante al portiere per la mansione in
esame deve essere stabilito a trattativa al momento dell'assunzione
o dell'affidamento dell'incarico.
La soluzione si
riferisce all'ipotesi di incasso materiale dai condomini del denaro
richiesto dall'amministratore e non può riferirsi alla ipotesi in cui i condomini
consegnano denari o assegni in busta chiusa al portiere perché questi consegni la
busta all’amministratore. In tal caso non si potrà parlare di mansione
eccedente il contratto collettivo essendo compito specifico ed intuitivo del
portiere quello di fungere anche da tramite tra condomini ed amministratore
(o tra inquilini e proprietario di casa). La risposta positiva va dunque limitata
alla sola ipotesi di portiere abituale ed effettivo esattore dei contributi
condominiali
10) Condomini ritardatari nel versamento del contributi
Una delle tante
piaghe del condominio è costituita dai condomini ritardatari nel
pagamento
dei contributi.
La questione
presenta molti aspetti, che l’amministratore farà bene a valutare nel suo stesso
interesse, prima ancora che nell'interesse del condominio.
Dispone l'art
63, primo comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile che
"per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione
approvato
dall'assemblea,
l'amministratore può ottenere decreto d'ingiunzione esecutivo, nonostante
opposizione". Tale norma, che è stata dichiarata legittima dalla Corte
Costituzionale con sentenza n. 40 del 13.1.1988, offre un mezzo rapido ed efficace
all'amministratore per agire contro i condomini e pone la sola condizione che
il preventivo sia regolarmente approvato dall’assemblea.
In altri termini
l'amministratore curerà che il prospetto preventivo da lui predisposto ed approvato
venga, dal presidente dell'assemblea, allegato al verbale e controfirmato
dal presidente stesso: in tal modo esisterà la idonea prova scritta per la
richiesta del decreto ingiuntivo.
La sentenza di
Cassazione n. 1789 del 12.2.1993 ha precisato che il decreto ingiuntivo può
essere chiesto non solo sulla base del preventivo, durante la gestione
annuale, ma anche sulla base del consuntivo approvato, quando la gestione
annuale è terminata; inoltre, il decreto ingiuntivo può essere chiesto anche in base
ai prospetti delle spese condominiali non contestati, ma in questo caso non può
ottenere la clausola di immediata esecuzione nonostante opposizione(Cass., sent.
n. 3296 del 10/4/19969.
Secondo la
sentenza di Cassazione n. 1588 del 23.5.1972, l'art. 63 DD.AA. delcodice civile
non opera un'identificazione tra stato di ripartizione e preventivo
delle Spese ordinarie
di gestione, nel senso che solo per la riscossione delle spese attinenti a
quest’ultimo l'amministratore sia abilitato, nel corso della gestione,
all'azione giudiziaria nelle forme del procedimento monitorio; la norma, invece,
non operando distinzione, consente all'amministratore di ottenere il decreto
ingiuntivo immediatamente esecutivo anche per la riscossione dei contributi
relativi a spese straordinarie (in tal senso anche la sentenza di Cassazione n.
184 del 18.1.1973) una volta approvato dall'assemblea lo stato di ripartizione
dei contributi di spesa, nonché per spese aventi riferimento ad esercizio
pregresso, le quali possono legittimamente essere portate all'esame ed al voto
dell'assemblea condominiale, le deliberazioni della quale investono singolarmente i
condomini interessati.
Rientra tra le
attribuzioni dell'amministratore del condominio di edifici la riscossione dei
contributi dovuti dai condomini in base allo stato di ripartizione,
valendosi - quando il preventivo sia stato approvato dall'assemblea
- anche del procedimento giudiziario, compreso quello ingiuntivo, altresì nei
confronti di chi, subentrato ad altro condomino, è tenuto al pagamento dei
contributi relativi all'anno in corso e all'anno precedente.
Inoltre, sulla
questione delle azioni immediatamente esecutive per ottenere il pagamento dei
contributi condominiali dai condomini morosi, la Cassazione con la citata sentenza
n. 1588 del 23.5.1972 ha ritenuto: "L'art. 63 delle DD.AA. del codice civile
conferisce al verbale di assemblea attinente allo stato di ripartizione
dei contributi non già la forza di titolo esecutivo, bensì valore probatorio
privilegiato (corrispondente a quello dei documenti esemplificativamente
elencati nell'art. 642 del codice di procedura civile), ilquale vincola,
su domanda, il giudice dell'ingiunzione alla concessione della
clausola di
immediata esecutività".
Infatti
l’approvazione con le prescritte maggioranze, da parte dell'assemblea del condominio
dell'edificio, del bilancio consuntivo, legittima l'amministratore
ad agire per ottenere il pagamento delle somme risultanti dal bilancio
stesso, senza essere ulteriormente tenuto a sottoporre all’esa- me dei singoli
condomini morosi i documenti giustificativi delle spese adottate, espletando cosi
il relativo controllo in sede di approvazione del bilancio stesso (Cass.;
sent. n. 4751 del 23.7.1988).
Ogni richiesta
di anticipazioni delle spese deve rispettare i criteri previsti per la
definitiva ripartizione delle spese stesse (Cassazione, sentenza n. 2164 del 241.1973)
Sorge a questo
punto la questione: in :qual momento il condomino ritardatario deve ritenersi
moroso; e quando è opportuno agire; anche legalmente per ottenere il pagamento ?
Deve essere
tenuto presente:
a) in molti
regolamenti di condominio è indicato entro quanti giorni dalla richiesta
dell’amministratore debbono essere effettuati i pagamenti e talvolta
anche la
penalità a carico dei ritardatari;
b) qualora
nulla disponga al proposito il regolamento, sarà opportuno far
regolamentare
dall’assemblea tale questione facendole, appunto, stabilire entro
quanti giorni
debba essere
effettuato il versamento, quali siano le penalità per i ritardi e
quando l'amministratore sia tenuto
ad agire giudizialmente per ottenere il
pagamento;
c) i crediti
del condominio verso i singoli condomini (a differenza dei crediti del locatore
verso l'inquilino) non sono assistiti da alcun privilegio legale: è evidente quindi
che, in caso di fallimento del condomino moroso, il condominio avrà ben poche
probabilità di recuperare alcunché dal fallimento; è ovvio che la perdita sarà
tanto maggiore quanto maggiore sarà stata la tolleranza dell'amministratore
nell’attendere il versamento delle quote. In questi casi - specie quando
il termine di pagamento delle quote fosse fissato dal regolamento o
dall'assemblea l’amministratore potrebbe trovarsi a .rispondere per la perdita
subita dal
condominio se non dimostrasse di aver agito a tempo debito giudizialmente,
tanto più che, in virtù del decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, si
può ottenere regolare. iscrizione ipotecaria sull'immobile del condomino
moroso; infatti a norma dell'art. 655 del Codice di procedura civile i decreti
ingiuntivi immediatamente esecutivi sono titoli per l'iscrizione dell'ipoteca
giudiziale.
Spesso l'amministratore ha la tendenza alla tolleranza, si accontenta di spedire platonici solleciti che spesso lasciano il tempo che trovano e i condomini ritardatari saranno eternamente in ritardo nei pagamenti, con conseguente scarsa puntualità del condominio nel pagamento dei fornitori. In molti casi abbiamo riscontrato dei rendiconti in cui risultano condomini debitori addirittura da oltre un anno: veramente fuori misura, specie se si tiene presente quanto illustrato sopra, al punto c).
Pertanto il potere-dovere di riscuotere i contributi tempestivamente va fermamente esercitato dall'amministratore, il quale si appellerà sempre, nei solleciti e negli eventuali atti giudiziali, a norme di regolamento (da applicarsi sempre rigidamente) o alla norma che avrà avuto la preveggenza di far approvare, alla prima occasione, dall'assemblea, e da riprodurre nella corrispondenza di sollecito, la quale si concluderà con la formula "spiacente di doverLa importunare con la presente e con le eventuali successive azioni derivate dal ritardato pagamento, a cui il sottoscritto è tassativamente obbligato, sotto personale responsabilità, dalle norme di legge e condominiali".
In questo
quadro vale l'avvertenza essenziale che il pagamento delle spese non può essere
chiesto con azione giudiziaria al condomino apparente (cioè a colui che si è
sempre comportato come condomino senza esserlo), ma solo al condomino effettivo
(Cass., sent. n. 6187 del 27.6.1994).
Del tutto
sconsigliabile, infine, nel caso di carenze di cassa, che l'amministratore
anticipi del denaro di tasca propria, se non dispone di un conto bancario
intestato al condominio per il quale sia possibile andare in rosso: occorrerà
convocare l’assemblea per ottenere il reintegro dei fondi, essendo
imprudente l'alternativa di pagamenti ai fornitori che comporta il rischio di
azioni legali con le spese connesse.
Agendo in giudizio per il recupero del dovuto, occorre far bene attenzione che l'azione sia diretta contro l'effettivo condomino e non contro il cosiddetto "condomino apparente", qual è ad esempio il marito che si sia sempre comportato da condomino dell'appartamento di proprietà esclusiva della moglie (Cass.; sent. n. 6187 del 27/6/1994)
11) Sospensione dei servizi ai condomini morosi
L’ultimo
comma dell'art. 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile dispone altresì,
che: "in caso di mora nel pagamento dei contributi, che si sia protratta per
un semestre, l'amministratore, se il regolamento di condominio ne contiene
l'autorizzazione, può, sospendere al condomino moroso l'utilizzazione dei servizi
comuni che sono suscettibili di godimento separato". Tale norma è sovente priva
di validità pratica. Innanzitutto è posta la condizione che il regolamento di
condominio autorizzi tale comportamento punitivo dell'amministratore
nei confronti del condomino moroso. In secondo luogo, difficilmente
l’amministratore che "manu militari" sigilli gli allacciamenti del riscaldamento,
dell’acqua ecc. al condomino moroso e che questi vi consenta pacificamente,
senza necessità di ricorso alla magistratura, la quale potrebbe anche
respingere la domanda del condominio. In terzo luogo
la norma potrebbe applicarsi solo dopo oltre un semestre di morosità, e
non è certo un buon amministratore quello che tolleri un semestre di morosità.
Inoltre, se è vero, come taluni autori rilevano, che le misure dispensano il
condomino dal pagamento dei debiti maturati nei confronti del condominio, è
altrettanto vero che potrebbe sorgere la questione se il condomino sia tenuto
egualmente a partecipare alle spese inerenti il periodo in cui i servizi gli
siano stati sospesi.
Norma, dunque,
poco utilizzabile, ben potendo l'amministratore, assai più efficacemente,
ricorrere al mezzo offerto dal primo comma dello stesso art. 63 delle DD.AA.
del codice civile, cioè ottenendo un decreto ingiuntivo immediatamente
esecutivo.
Qualora
l'opponente al decreto ingiuntivo emesso ai sensi dell'art. 63 delle DD.AA. cod.
civ. per il pagamento di contributi condominiali contesti la sussistenza del
debito e la documentazione posta a fondamento dell'ingiunzione (verbale della
delibera assembleare), incombe all'amministratore del condominio, in quanto
attore, l'onere di dimostrare i fatti costitutivi del credito con la produzione di
tutti gli Opportuni documenti (Cass., sent. n. 7569 del 29.8.1994), cioè
delibere assembleari, regolamento di condominio, fatture fornitori e
libro paga dipendenti ecc.
In alcuni
regolamenti di condominio è prevista l’applicazione di penalità a carico dei
condomini che ritardano i pagamenti delle quote condominiali; tali penalità sono,
normalmente, espresse con un tasso di mora percentuale da applicarsi
sulla somma di cui è ritardato il pagamento. Si ritiene che l'amministratore
di condominio debba effettuare, previa messa in mora con raccomandata
A.R., l'addebito di. cui trattasi, almeno nei casi più rilevanti e sistematici di
ritardo nei pagamenti il calcolo dell'interesse di mora va fatto a partire dalla
data di scadenza {o termine) per il pagamento della quota condominiale;
data o termine che può indifferentemente risultare nel regolamento di
condominio,
oppure nella delibera assembleare di approvazione del preventivo della gestione
(in questo caso il termine 'è implicitamente o esplicitamente accettato da
tutti i condomini per il solo fatto di non aver fatto ricorso contro la
delibera di approvazione del preventivo annuale con contestuale determinazione
delle rate di pagamento dei contributi), oppure dalla data della messa; in mora.
Se nessuna
disposizione risulta dal regolamento di condominio, l'interesse di mora per
ritardato pagamento delle quote condominiali è quello previsto dalla legge e cioè
il due e cinque percento in ragione di un anno.
Tale interesse
può spettare al condominio, quando il denaro in cassa era egualmente
sufficiente per affrontare gli impegni, ma dovrebbe spettare all'amministratore,
se questi è stato costretto ad anticipare denari suoi per affrontare
impegni dell'amministrazione.
Se il
regolamento contiene l’indicazione del tasso di mora (e di eventuali penalità) a
carico dei ritardatari, esso andrà applicato nei modi indicati dal regolamento
stesso.
L'assemblea può
deliberare, con la maggioranza del 2° comma art. 1136 del codice civile;
un'integrazione del regolamento che nulla disponeva, purché il tasso di mora a carico dei
ritardatari non sia superiore all'interesse legale: per penalità più
pesanti occorre l’unanimità e la forma scritta con la firma di tutti i
condomini.
La disposizione
del regolamento condominiale che prevede una indennità di mora in caso di
ritardato pagamento dei contributi da parte dei condomini non ha natura di
clausola penale e non può essere ridotta dal giudice (Cass., sent; n. 5977, del
19.5.1992).
13) Ripartizione dei debiti consolidati dei condomini morosi
La ripartizione
dei debiti consolidati e inesigibili dei condomini morosi (ad esempio per
prescrizione) va fatta in base alle quote millesimali di tutti i condomini,
compresi coloro che sono subentrati nella proprietà dell'insolvente.
Ciò può
avvenire solo quando l'inesigibilità sia definitiva e solo per la parte non
recuperabile dal subentrante nella proprietà, che risponde per le quote dell'anno in
corso e di quello precedente.
14) Fallimento e insolvibilità del condomino
I due
concorrenti principi della non tollerabilità del ritardo nel pagamento delle quote
condominiali da parte dei singoli obbligati e della responsabilità, per manifesta
negligenza, dell'amministratore che abbia tollerato tali ritardi si prestano
alle osservazioni che seguono.
Nel caso di
fallimento del condomino, il condominio non è creditore privilegiato,
salvo che non si sia effettuato il sequestro dell'immobile a tutela del
credito, ma ad esso si offre però la valvola di sicurezza dell'art. 63, secondo
comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile per il quale "chi
subentra nei diritti del condomino (nella specie: l'acquirente dell'immobile
che subentra al condomino fallito) è obbligato, solidalmente, al pagamento dei
contributi condominiali relativi all'anno in corso e a quello precedente".
Che la norma
sia applicabile anche nel caso di fallimento del condomino e gravi nel subentrante
non è' però, del tutto pacifico, mentre l'estensione della norma nel tempo è in
realtà assai modesta, se l'amministratore non intervenne tempestivamente
per ottenere il pagamento delle spese quando si manifestarono i primi sintomi
di insolvenza del fallito. Infatti, dall'epoca di tali primi sintomi a
quella del subentro di chi acquista dal fallimento, trascorre un periodo di
tempo certamente molto lungo (e la somma del dovuto si ingrosserà continuamente).
Riesce quindi evidente, anche sotto questo profilo, la necessità di azioni
tempestive per ottenere i pagamenti.Non è infatti difficile ga immaginare quale sia lo
stato d'animo degli altri condomini nei confronti dell’amministratore
quando si trovassero a dover pagare anche le quote non pagate
dall'obbligato fallito (che, a prescindere dalla responsabilità dell’amministratore,
andranno ripartite fra tutti secondo le quote millesimali).
L'art. 47 della
legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942) prevede che se al fallito vengono
a mancare i mezzi di sussistenza, il giudice delegato, sentito il comitato dei
creditori (se c'è) ed il curatore, può concedere un sussidio a titolo di
alimenti per lui e la famiglia. Aggiunge ancora tale norma che la casa di proprietà
del fallito, nei limiti in cui è necessaria per l'abitazione di lui e della sua
famiglia, non può essere distratta da tale uso fino alla liquidazione
delle attività: ciò comporta che il pagamento delle spese condominiali
spetta al fallito occupante, alla sua famiglia o alla curatela fallimentare
(ma, in quest'ultimo caso, solo per le spese ordinarie). Se si tratta di
immobile locato, il fallimento provvede pagamento delle spese deducendole dal
reddito della locazione.
Forse
addirittura peggiore, per il condominio, è l'ipotesi di esecuzione forzata sulla proprietà
di un condomino: durante la lunghissima procedura esecutiva, sino alla
vendita all'asta, debitore delle spese resta il condomino moroso, che ovviamente
continuerà a non pagare.
In tutti i casi
in esame è necessario che l'amministratore si faccia assistere da un legale
esperto in materia,
15) Riscossione dei contributi: inquilini o comodatari dei condomini.
Debitori dei
contributi è il condomino, non l'inquilino, nel caso di proprietà locate (Cass.,
sent. n. 10719 del 28.-lo. 1993). Pertanto al condomino, e non all'inquilino,
vanno inviate le richieste di. pagamento, anche per il riscaldamento
ed anche se è l'inquilino e non il condomino ad avere, per esso, diritto di voto
nelle assemblee, salvo che l'inquilino abbia stipulato accordi diretti con
l'appaltatore del riscaldamento (Cass., sent. n. 384 del 13 gennaio 1995).
Nella pratica,
accade, sovente, che l'amministratore esiga il pagamento di cui trattasi
direttamente dagli inquilini: ciò non muta i termini della questione (incarico
particolare ed estraneo al condominio, inerente alla sola riscossione, conferito dal
condomino locatore all'amministratore); quella parte della giurisprudenza,
a livello inferiore, che aveva ritenuto che l'amministratore potesse agire
anche in giudizio, direttamente contro l'inquilino, per la riscossione
delle spese (Pret. Grosseto, sentenza 10.1.1986; Trib. Milano, sent. 11.2.1980,
Pret.
Santhià 21.1.1984 e, limitatamente al riscaldamento, Pret. Verona
20.6.1983) è stata smentita come infondata dalla Cassazione con sent. n. 246 del
12.1.1994.
Gli stessi
argomenti valgono nel caso di comodatari, cioè di chi utilizza unità immobiliari per
concessione gratuita del condomino proprietario.
16) Riscossione del contributi usufrutto e nuda proprietà spettanti a soggetti diversi.
Mentre al
paragrafo precedente è di intuitiva evidenza, più complesso e invece lo stabilire
chi debba rispondere delle spese condominiali, nel caso che l’usufrutto
di un appartamento sia separato dalla nuda proprietà ed i corrispondenti
diritti spettino a persone diverse, talora nemmeno coabitanti nell'immobile.
Se si considera
che, a norma dell'art. 67 delle DD.AA. del codice civile, l'usufruttuario
ha diritto di voto nell'assemblea per l'ordinaria amministrazione (cfr. paragrafo 116/3) e ciò in armonia con gli
art. 1004 e 1005 del codice
civile che stabiliscono quali spese inerenti la cosa oggetto di usufrutto siano
a carico dell'usufruttuario e quali a carico del nudo; proprietario,
sembrerebbe di dover concludere che l'amministratore debba indirizzare la
sua richiesta all'usufruttuario. Tale tesi è condivisa. da parte della dottrina
e risponde anche all’utilità pratica (in quanto, spesso, l’usufruttuario
è anche l'abitante dell'appartamento). Ma non può non tenersi conto di altre
circostanze: che le spese straordinarie di cui all'art. 1105 del codice civile
sono a carico del nudo proprietario, che la ripartizione delle spese tra
usufruttuario e nudo proprietario è una questione, che non riguarda il condominio, e
che, infine, non sarà sempre chiaro per l'amministratore quali spese competono
all'una o all altra parte, né ha egli alcun interesse a vedersi coinvolto in
discussioni fra nudo proprietario e usufruttuario.
La
giurisprudenza (Cassazione, sentenza n. 148 dell'1.3 1944) sembra orientata nel ritenere
che anche quando un condomino sia solo nudo proprietario a lui spetti - e non
al titolare dell'usufrutto - di pagare i contributi condominiali Cfr. anche
Pretura Matera, - sentenza 13/3/1958, per la quale il nudo proprietario e
non l'usufruttuario dell'appartamento con annesso lastrico solare di un edificio
in condominio è legittimato passivamente nel giudizio per le spese di
.rinnovazione totale del lastrico solare stesso). Nel senso contrario di solidarietà
di nudo proprietario ed usufruttuario è, però, Trib. Genova, sent.
15.1.1987.
Tale tesi
presenta il fianco a critiche (il nudo proprietario si troverebbe obbligato di
fronte al condominio a pagare delle spese per le quali. il potere .di disporre in
assemblea spetta invece all'usufruttuario), che vengono eluse affermando
l'indubbio diritto del nudo proprietario di rivalersi sull'usufruttuario.
Di tale
indirizzo giurisprudenziale deve tenersi conto, perché l’amministratore sappia contro
chi deve agire nel caso di mancato pagamento delle quote.
Per quanto
riguarda la riscossione dei contributi, quindi, indirizzerà le richieste
all'usufruttuario, specie se questi abita nell'edificio amministrato, sinché tutto
va bene e se in questo senso sono d'accordo anche gli interessati, mentre, in caso
di ritardo nei pagamenti, si rivolgerà al nudo proprietario ed agirà contro
di lui in caso di morosità.
In caso di
interventi di recupero edilizio sull'edificio condominiale, qualora il programma
delle opere sia approvato ed ammesso ai contributi di legge, alla relativa spesa
sono tenuti, ai sensi dell'art. 15, comma 4, legge 17 febbraio 1992, n. 179,
anche i nudi proprietari e i titolari di diritto di usufrutto, uso ed abitazione
nella misura della rispettiva quota che va determinata ai sensi degli art. 46
e 48 del T.U. imposta di registro 26 aprile 1986, n. 131 e dell'allegato
prospetto dei coefficienti per la determinazione dei valori attuali dei
diritti di usufrutto a vita e delle rendite o pensioni vitalizie calcolati al
saggio di interesse legale vigente.
In caso di
rifiuto di pagamento da parte di tali soggetti l'amministratore può far valere come
titolo esecutivo per ottenere tale pagamento la delibera di riparto della
delibera adottata dall'assemblea condominiale, così come previsto dall'art. 15,
comma 3, legge n. 17911991 è pubblicato nel capitolo (il testo della legge
179/1991 è pubblicato nel capitolo "Perimento totale o parziale e ricostruzione
dell'edificio", par. 310/2).
17) Riscossione del contributi: morte del condomino proprietario
In caso di
morte di un condomino, a quali soggetti si deve rivolgere l'amministratore
per ottenere il pagamento delle spese condominiali, se non gli è pervenuta
alcuna dichiarazione in ordine alla successione o atto di divisione dei beni del
defunto?
In questo caso,
il debito relativo alle spese condominiali assume la qualità di debito
ereditario soggiacendo così al disposto dell'art 752 del codice civile per il quale
" i coeredi contribuiscono tra loro al pagamento dei debiti e pesi ereditari in
proporzione delle loro quote ereditarie, salvo che il testatore abbia
altrimenti disposto".
L’applicabilità
di questa norma non esclude, peraltro, la possibilità del recupero delle
somme in base a quanto disposto dall’art 63 delle disposizioni di attuazione del
codice civile per il quale "chi subentra nei diritti di un condomino è
obbligato, solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi
all'anno in corso e a quello precedente". Questa norma dà la possibilità
all'amministratore di condominio di rivolgersi all’autorità giudiziaria
competente, per ottenere, nei confronti degli condomino defunto, un decreto
ingiuntivo a pagare le spese in questione allo stato di ripartizione approvato
dall'assemblea, qualora detti eredi non autonomamente.
Riscossione dei contributi:
18) Conguagli fra venditore ed acquirente
L’art. 63, 2°
comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile dispone che "chi
subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questo,
pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente".
Si tratta di
una disposizione quanto mal saggia e opportuna, perché chi acquista un appartamento
in condominio deve avere la diligenza di accertare la posizione debitoria del
proprio venditore nei confronti dell'amministrazione di condominio,
rivolgendosi all'amministratore: se non lo fa, peggio per lui.
Questa norma,
che opera in ogni caso, anche nei confronti di chi ha acquistato l'immobile a
un'asta pubblica (Trib. Milano, sentenza 8.7.1971) ha il pregio di evitare
all'amministratore di essere coinvolto nelle non infrequenti contestazioni
fra i contraenti della compravendita, in ordine alla decorrenza e attribuzione di
certe spese a carico dell'uno o dell'altro: richiesto dalle parti di
provvedere al conguaglio, l'amministratore, appellandosi alla riportata norma, potrebbe
dichiarare di non esservi tenuto perché i conguagli delle spese debbono essere
regolati direttamente dalle parti, mentre prenderà nota dell'avvenuto
trasferimento di proprietà unicamente al fine delle convocazioni assembleari e
delle future richieste di versamento dei contributi, senza che questo
significhi rinuncia a far valere il 2° comma dell'art. 63 delle disposizioni di
attuazione del codice civile.
Qualora, a
fronte della richiesta di un versamento, fatta al nuovo proprietario, o alla
richiesta del saldo di pendenze sospese, l'amministratore si sentisse eccepire che
tali contributi dovevano essere pagati dalla parte venditrice, l'amministratore
formulerà nuovamente la richiesta di quanto dovuto, in duplice copia,
inviandone una al venditore e. l'altra al compratore ed avvertendo che, a norma dei
ripetuto 2° comma art. 63 delle DD.AA. del codice civile, in caso di mancato pagamento della somma entro 15 giorni (o entro il termine fissato dal
regolamento o
da delibera dell'assemblea) sarà costretto a chiamare in giudizio e in solido
entrambe le parti.
In ogni caso
l'omessa comunicazione all'amministratore di condominio dell'avvenuto
subentro nella proprietà di un'unità immobiliare non esoneri il nuovo condomino
dagli obblighi in materia di spese condominiali: in tal senso la Cassazione,
sentenza n..1946 de1 26.4.1978.
L'amministratore
di condominio, ove ne sia richiesto dalle parti interessate, deve provvedere
al conguaglio delle spese fra venditore ed acquirente di un'unità
immobiliare; il conguaglio esatto può essere effettuato solo al termine della gestione,
quando sarà noto l'effettivo ammontare delle spese sostenute per la gestione in
corso al momento del trasferimento di proprietà dell'unità immobiliare;
ove non esistano richieste o contestazioni delle parti, nessun rilievo
particolare sarà dato per eventuali spese straordinarie.
Le corrette
regole del conguaglio delle spese condominiali fra venditore ed acquirente sono
le seguenti:
l'amministratore deve prendere in considerazione il preventivo della
gestione annuale relativamente all'unità immobiliare compravenduta (secondo la
sent. di Cassazione n. 4393/1997 le spese straordinarie per opere iniziate dopo la
data della compravendita sono a carico dell'acquirente anche se deliberate in precedenza dall'assemblea);
detrarre dalla quota l'importo di eventuali spese straordinarie già
effettuate alla data in cui è avvenuta la compravendita;
dividere l'importo per 365 (giorni dell'anno) e quindi moltiplicare il risultato per i rispettivi giorni dell'anno di proprietà del venditore e
dell'acquirente, comunicando alle parti il conguaglio e precisando che
esso è provvisorio e verrà precisato al momento dell'approvazione del rendiconto
annuale finale;
rifare gli stessi conteggi di cui alla lettera precedente considerando il
consuntivo di cui al rendiconto annuale, comunicando alle parti il
conguaglio definitivo.
Ove esista un
fondo di riserva, ved. il paragrafo 102.
19) Riscossione dei contributi: centrale termIca di un "supercondominio"
Nell’ipotesi
di una centrale termica che sia al servizio di più edifici condominiali
(cosiddetto supercondominio), i partecipanti alla comunione debbono nominare un
amministratore che ne assicuri la gestione, nell'interesse comune.
Pertanto, gli
amministratore dei singoli condomini, potendo esercitare i poteri previsti dagli
artt.1130 e 1131 cod. civ., soltanto con riferimento all'edificio cui sono
preposti, non sono legittimati a pretendere dai singoli condomini i contributi
relativi all'esercizio della centrale termica, salvo che tale potere sia stato loro
attribuito con deliberazione dell’assemblea dei comproprietari della centrale
(Cass.;.sent. n. 5160 del 4.5.1993).
20) Erogazione delle spese, cioè utilizzazione dei contributi riscossi
I Contributi
riscossi dall'amministratore vanno utilizzati per pagare le spese relative alla
manutenzione delle parti comuni dell'edificio e per il funzionamento
dei servizi comuni (e per le voci elencate in modo più o meno dettagliato,
nel preventivo annuale, approvato dall'assemblea). I pagamenti ai
fornitori ed al portiere vanno effettuati secondo le consuetudini della piazza o
nei modi convenuti. A noi pare che l'amministratore, per esser certo di
soddisfare puntualmente i creditori del condominio, possa convenire con essi pagamenti
differiti o rateali, onde cautelarsi rispetto a ritardi nei versamenti
delle quote di alcuni condomini.
Male, invece,
agirebbe quell'amministratore che, dopo aver concordato con il fornitore il
pagamento per contanti, ritardasse poi tale pagamento adducendo che non tutti i
condomini hanno versato la loro quota.
Va osservato
inoltre che, secondo una consolidata giurisprudenza, i fornitori debbono far
valere i loro crediti verso il condominio e non personalmente nei confronti
dell'amministratore: perciò se capitasse, nell'assumere una nuova amministrazione
precedentemente tenuta da altri, di rilevare scoperta una fattura non
pagata dal precedente amministratore, ma coperta dai versamenti dei condomini non
dovrà respingere i solleciti del fornitore, dicendogli di rivolgersi al
vecchio amministratore, ma dovrà pagare, se il conguaglio di cassa col precedente
amministratore è stato fatto, oppure chiedere istruzioni all'assemblea
se non è. possibile farsi consegnare dal precedente amministratore la cassa del
condominio, tanto per l'azione da instaurare contro l'ex amministratore,
quanto per il necessario pagamento della fattura al fornitore.
Sul termine di
"erogare", in relazione alle spese condominiali, usato dal
legislatore
nell'elencazione dei doveri dell'amministratore al n. 3° dell'art. 1130 del codice
civile, esiste qualche disputa in dottrina: vi abbiamo accennato nel paragrafo
49, con particolare riguardo ai criteri di formazione del preventivo
annuale.
Le regalie
d'uso (mance e simili) effettuate dall'amministratore, anche se autorizzate
verbalmente dai condomini, devono essere deliberate o successivamente
ratificate dall'assemblea (Trib. Roma, sent. n. 2240 del 21.2.1987).
21)
Eccedenza delle
spese rispetto al preventivo approvato dall'assemblea e spese
per lavori
straordinari con carattere di urgenza.
Da quanto
esposto nei precedenti paragrafi risulta, in sostanza. che l'amministratore
non ha un sicuro titolo per pretendere dai condomini il versamento di
contributi eccedenti quelli stabiliti nel preventivo approvato dall'assemblea,
ma ciò non significa. che non abbia alcun diritto di credito verso il
condominio per queste eccedenze.
Il recupero del
credito avverrà in base all'approvazione del rendiconto annuale, approvazione
che l'assemblea non potrà negare se le maggiori spese sono derivate da fattori
imprevedibili e inevitabili come, ad esempio, l'aumento dei salari del portiere o
delle tariffe dell' acqua, della luce, del trasporto immondizie ecc., o di
altre spese che rientrino nell'ambito della ordinaria manutenzione e riparazione
prevista dal n. 3° dell'art. 1130 del codice civile Inoltre la
legge ammette che l'amministratore "può" ordinare lavori di manutenzione
straordinaria se rivestono carattere di urgenza (tale da non poter attendere,
senza danno o pericolo, il periodo di tempo necessario per la convocazione
dell'assemblea e la relativa deliberazione), con l'obbligo di riferire alla
prima assemblea (ultimo comma art.1135 del codice civile), mentre nega
esplicitamente all'amministratore il potere di ordinare opere di manutenzione
straordinaria non urgenti, perché ogni decisione in materia spetta ll'assemblea a
norma del n. 4° art.1135 del codice civile (e se le opere sono di notevole
entità occorrerà – per la delibera - anche la speciale maggioranza del 2° comma
art 1136 del codice civile).
I concetti
esposti meritano di essere parafrasati come segue.
L'amministratore
riscuote i contributi e deve destinarli per le opere ed i servizi
indicati nel preventivo annuale della gestione, rispettando, per quanto possibile, i
limiti di spesa ivi stabiliti. Riscuote inoltre e spende il denaro elativo a
riparazioni straordinarie, innovazioni e simili, regolarmente deliberate
dall'assemblea, cui la legge riserva ogni decisione nelle materie eccedenti
l'ordinaria amministrazione.
Può provvedere
poi alle riparazioni straordinarie non preventivate né approvate, solo se
urgenti, utilizzando i fondi disponibili, anche se diversamente destinati, e
riferendo quindi alla prima assemblea, per avere titolo di chiedere il reintegro
della cassa: ciò a norma dell'ultimo comma art. 1135 del codice civile.
E’ importante
quindi stabilire la distinzione tra manutenzione riparazione ordinaria e
straordinaria e, nel secondo caso stabilire quando sussista il requisito
dell’urgenza.
Il confine che
separa i lavori di manutenzione ordinaria da quelli di manutenzione
straordinaria è un po' incerto: approssimativamente può dirsi che sono lavori di
manutenzione ordinaria quelli che si ripetono normalmente, anche se a distanza
di tempo (su tale presupposto la Cassazione, con sentenza n. 2864 del 22.10.1960,
ha ritenuto che anche le spese per il cambio funi e serrature dell'ascensore
sono di manutenzione ordinaria e il Trib. Milano, con sent. 5.3.1962, le
spese di manutenzione e riparazione di un gabinetto comune, ammontanti,
all'epoca, a circa 100.000 lire). Lavori di manutenzione straordinaria
sono quelli aventi carattere di eccezionalità, sia per la loro infrequenza nel
tempo, sia per la loro rilevanza economica. Manutenzione straordinaria
sarà quindi l'aerosabbiatura della facciata, il cambio motore dell'ascensore, il
consolidamento delle fondazioni, la rimozione di cornicioni pericolanti, la
sostituzione caldaia riscaldamento, la sostituzione di tubi pluviali e di
fognatura, il prosciugamento delle cantine, il rifacimento di un'impermeabilizzazione,
di parte rilevante del tetto delle scale ecc.
La nozione di
manutenzione straordinaria è ricavabile anche all'art. 1005, 2° comma, del
codice civile: "opere necessarie alla stabilità dei muri maestri e delle volte
comuni, sostituzione delle travi comuni, rinnovamento, per intero o per una parte
notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di
cinta".
Per quanto
riguarda i lavori di manutenzione straordinaria, aventi carattere di "urgenza",
vale, come traccia. la sentenza di Cassazione n. 4498 del l6.l2~1954:
"L'art.
1135 del codice civile abilita espressamente l'amministratore ad ordinare di
manutenzione straordinaria che rivestano caratteri di urgenza, imponendogli
l'obbligo di riferirne alla prima assemblea dei condomini. Pertanto il compimento
dei lavori suddetti non costituisce eccesso di mandato, né l'obbligo di
riferirne alla prima, assemblea può confondersi con la necessità di ratifica di un
atto esorbitante dal mandato, rientrando, sia pure con carattere particolare,
nell'obbligo generale che incombe all'amministratore di rendere conto della sua
gestione ai condomini i quali hanno ampio potere di controllo su tutto il suo
operato".
A parte le
enunciazioni di diritto, la materia dei lavori straordinari urgenti è una delle più
tormentate, mancando la preventiva approvazione della spesa ed essendo ignota
l’accoglienza che i condomini riserveranno all'iniziativa.
Talvolta
capiterà all’amministratore di sentirsi contestare il diritto ad ordinare i
lavori, per mancanza del requisito dell'urgenza.
A volte
l'assemblea, pur non contestando il requisito dell'urgenza, contesterà l’entità
della spesa e il modo con cui si è provveduto: la caldaia poteva essere riparata ma
venne radicalmente sostituita. Gli scalini rotti potevano essere cambiati
singolarmente, non rifacendo l'intera rampa di scale. Si dovevano sostituire le
tegole danneggiate o mancanti, non rifare il tetto con materiali diversi. E così
via di questo passo.
Quali le
conseguenze? Evidentemente, negli esempi suddetti, si è in presenza di
una
contravvenzione alle norme di legge o, quanto meno, di un eccesso nello svolgimento del
mandato, dovuto ad erronea valutazione delle circostanze di fatto e dei
provvedimenti da adottare.
Ciò non
dovrebbe significare, però che l’amministratore debba tenersi a suo carico la spesa
o l’eccedenza della spesa (come avviene invece, per espressa disposizione
dell’art. 1134, per il condomino che effettui spese per le cose comuni senza
autorizzazione e senza che le spese siano urgenti), perché la legge non prevede una
simile sanzione.
Si
applicheranno gli artt. 2031 e 204l del codice civile, in base ai quali (gestione di
affari, arricchimento senza causa) l'amministratore avrebbe diritto egualmente al
rimborso della spesa sostenuta (restando libera l'assemblea di adottare
diversi provvedimenti, quali ad esempio la revoca dell'amministratore); alla stessa
conclusione si giunge considerando le regole sul mandato (artt. 1708 e 1711 del
codice civile)
La Cassazione,
con sentenza n. 10144 del 19.11.1996, precisa che l'inosservanza dell'altro
obbligo (quello di riferire alla prima assemblea sulle opere straordinarie
urgenti effettuate) non preclude il diritto dell'amministratore al rimborso delle
spese, riconosciute urgenti, nei limiti in cui il giudice le ritenga
giustificate.
Si può,
quindi, concludere che l'amministratore può e deve provvedere ai lavori di riparazione
e manutenzione straordinaria aventi il requisito dell'urgenza ed economicamente
poco onerosi.
Ma quando la
spesa è rilevante in senso assoluto (esborso totale) e relativo (quote a carico
dei singoli condomini) pensiamo di dover condividere l'opinione espressa dal
Branca ("Commentario del codice civile") il quale afferma che l'amministratore
ha il "potere" di intervenire nel caso di urgenza, ma non l'obbligo e
perciò non è tenuto a rispondere delle conseguenze se non provvede. L'
amministratore è però tenuto ad avvisare subito del pericolo i condomini (convocando
l'assemblea), in quanto egli deve badare alla conservazione delle cose comuni: se
gli è noto il pericolo e non avvisa, evidentemente ha male amministrato ed
è colpevole.
Come bene
osserva a sua volta il Raschi, è opportuno che qualora l'amministratore,
per prudenza, preferisca interpellare l'assemblea, avverta immediatamente,
mediante lo stesso avviso di convocazione, del pericolo o dell'urgenza
dei lavori, invitando i condomini. ad adoperarsi per prevenirlo o non aumentare
comunque i danni già verificatisi.
Infine, la
Cassazione, con sentenza n. 3226 'del 27.12.1963, ha ritenuto che l'assemblea può
approvare a posteriori un'opera e la relativa spesa non preventivamente
deliberata.
Ammettiamo che,
eccedendo dai limiti del mandato, l'amministratore ordini dei lavori non
urgenti ed effettui, le relative spese (il che accade, spesse volte sul piano
pratico, per decisione o pressione del consiglio di condominio). In questi casi è
pacifico che l'assemblea può, in sede di discussione del consuntivo,
rifiutare l'approvazione della spesa non preventivata, accollandola quindi
all'amministratore.
Al contrario può
succedere che l’assemblea approvi il consuntivo (e quindi anche la spesa non
preventivata in esso inclusa): in questo caso l'opera dall'amministratore
è ratificato, a posteriori e sorge l'obbligo dei condomini di contribuire
pro quota alla spesa non preventivata, ma approvata a posteriori.
Può' darsi,
infine, che la maggioranza dei condomini approvi, a posteriori, la spesa non
preventivata, e la minoranza dissenta, pretendendo di essere esonerata dal pagamento.
Di questo caso il codice civile non offre la soluzione, mentre secondo le
regole del mandato sembrerebbe che l’approvazione a posteriori da parte de1la
maggioranza dei condomini vincoli al pagamento la minoranza dissenziente.
Tale soluzione
(conforme, come vedremo più avanti alla giurisprudenza di Cassazione)
lascia tuttavia alquanto perplessi . Infine la legge sul condominio è nel senso
che la volontà dei condomini in materia di spese deve formarsi in sede
assembleare e in sede preventiva, con un divieto implicito per l'amministratore
ordinare opere ed effettuare spese non urgenti non preventivate.
Si è anche detto spesso, fondatamente, che la regola della nullità delle assemblee
quando sia stato omesso l’invito anche a un solo condomino (ancorché non
determinante ai fini della formazione della maggioranza ) deriva dalla necessità
di mettere tutti i condomini nella condizione di estrinsecare la loro volontà e
di portare il migliore contributo all'amministrazione della cosa comune. Orbene,
ammettere che l'assemblea possa, a maggioranza, approvare a posteriori una
spesa non urgente non preventiva vincolando la minoranza, nonostante il
dissenso della minoranza stessa, significa anche ammettere che la violazione di
una. regola ben precisa imposta dalla legge (u.c. art. 1135 del codice civile),
da parte dell'amministratore, non ha alcuna conseguenza pratica ove sia
intervenuto, fuori dell' assemblea, un accordo fra l'amministratore e la maggioranza dei
condomini od i consiglieri di condominio, tale da mettere la minoranza di
fronte al fatto compiuto ed al riparo di ogni sua possibilità di controllo o di
impugnazione della delibera. Al limite sarebbe addirittura possibile, in
questo modo, effettuare una spesa che fa comodo alla' maggioranza, moltiplicandone
i costi apparenti e far pagare l'intero costo effettivo alla minoranza
dissenziente.
Comunque, come
già abbiamo accennato, la giurisprudenza è nel senso della sanabilità a
posteriori, con l'approvazione in sede di consuntivo, delle spese non
preventivate, da parte della maggioranza (maggioranza che dovrà essere qualificata nei
casi previsti dall'art. 1136 del codice civile, 4°e 5°comma): l'unico
precedente noto è quello della sentenza di Cassazione civ., n. 3226 del 14.10.1963, che
dà una misura delle complicazioni che possono sorgere nell'argomento
in esame. (Nella specie, la sanabilità a posteriori e a maggioranza di
una spesa non preventivata è un principio affermato dalla Corte di Cassazione
"ad abbondanza", dato che il caso concreto riguardava, invece, l'esecuzione di
una delibera assembleare con modalità spesa ed affidamento diversi da
quelli approvati dall'assemblea e la ratifica a dell'attività dell'amministratore).
22) Disavanzo dì cassa e somme anticipate dall'ammInIstratore
Uno dei più
diffusi motivi di malessere della vita condominiale è costituito dalla morosità
dei condomini ritardatari nei pagamenti. A sua volta, il fenomeno dell'inflazione
e dei continui aumenti di costo dei servizi, utenze e personale rende spesso
insufficiente la provvista di cassa del condominio, costituita sulla base
preventivi ottimistici.
Il fenomeno
della morosità dei condomini - specie sotto forma di ritardo nei versamenti
all'amministrazione condominiale - va estendendosi a macchia d'olio, mentre quello
inflazionistico è, a sua volta, sempre grave.
Dall'uno e
dall'altro fenomeno (che sono interdipendenti anche perché l'inflazione
provoca alti tassi di interesse bancario che favoriscono i ritardi dei pagamenti)
derivano le difficoltà di cassa dei condomini, che si traducono in ritardi di
pagamenti verso i fornitori (quando ciò è possibile), o in anticipazioni
di denaro dell’amministratore a favore del condominio, oltre che nel ben noto
contenzioso per ottenere il pagamento dei contributi condominiali e delle penalità
eventualmente previste dal rego1amento di condominio a carico dei ritardatari.
Nel quadro di
questo pasticcio tipico dell'epoca in cui viviamo, anziché farsi strada la
necessità di chiarezza contabile anche per le anticipazioni dei condomini,
emergono alcune questioni come le seguenti:
se, in quale misura e a carico di chi spettino interessi all'
amministratore che abbai dovuto
anticipare del denaro a favore del condominio;
a chi debba rivolgersi l’amministratore cessato
dalla carica per avere
la restituzione del denaro anticipato a favore del condominio, ed altre
questioni minori.
Sul primo tema,
G. Annesanti, in "Nuovo Diritto", 1977, pag. 432) richiama l’art 1720 del codice
civile, per il quale "il mandante (cioè il condominio) deve rimborsare al
mandatario (cioè all'amministratore) le anticipazioni con gli interessi dal
giorno in cui sono state fatte...". Rileva l' Annesanti. che tale interesse è di
gran lunga inferiore a quello bancario, per cui il problema è risolvibile o
con continue e defatiganti assemblee che aggiornino i preventivi e turino le falle
dei morosi, oppure con la costituzione di un fondo di riserva a cui possa
attingere l'amministratore. Secondo la Cassazione, sent. n. 8530 del 27.9.1996
l'amministratore del condominio ha diritto di richiedere ai singoli condomini il
rimborso delle somme da lui anticipate per la gestione condominiale solo nei limiti
delle rispettive quote dovendosi ritenere applicabile anche nei rapporti
esterni la disposizione dell'art. 1123 cod. civ., a norma della quale le spese
necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell'edificio,
per le prestazioni dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni
deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale
al valore della proprietà di ciascuno.
In merito al
secondo tema, va ricordata la contrastante giurisprudenza, sull'alternativa
se l'amministratore cessato dalla carica debba rivolgersi al nuovo
amministratore o ai condomini morosi per ottenere il soddisfacimento dei suoi crediti.
Se a ciò si aggiunge la defatigante lentezza della giustizia, sarà facile
pervenire alla conclusione che l'amministratore NON DEVE, in alcun caso e nel preciso
proprio interesse, anticipare alcunché per turare le falle della cassa
condominiale, anche a costo di qualunque conseguenza, come la sospensione di servizi di
primaria necessità, sempreche l'assemblea sia stata informata tempestivamente
sulla situazione di cassa.
Per quanto
attiene ai rimedi, diremmo:
a) tenuto conto
dell'inflazione, tutti i preventivi annuali, calcolati ai costi correnti del
momento della loro elaborazione, debbono essere integrati, dopo la somma, con una
voce "previsione di aumenti di costi durante il prossimo esercizio"
nell'ordine di una percentuale pari al tasso di inflazione dell'anno precedente: è
questa una pratica molto più aderente alla realtà attuale rispetto all'antico
istituto del fondo di riserva (che era inteso come accantonamento a risparmio in
vista di spese eccezionali e straordinarie);
b) non è
facile, per l'amministratore, dimostrare quale sia lo stato di cassa del condominio,
né, soprattutto, dimostrare di avere correttamente amministrato, se il denaro
ricevuto dai condomini anziché essere depositato su un conto bancario
speciale riguardante unicamente il, condominio (e i cui saldi sono producibili in
qualunque momento agli interessati), va a finire in conti personali
dell'amministratore. È proprio in questo modo (comportandosi come terzo) che
l’amministratore finisce per essere trattato come un padrone di casa o come un
fornitore dai condomini (e verso i padroni di casa la morosità è ammessa per
legge, mentre il ritardo nei pagamenti ai fornitori è la regola e non l'eccezione
nel mercato italiano). Il punto fermo, come presupposto di chiarezza, è
quindi l'esistenza di un conto particolare del condominio a cui debbono
affluire tutti i denari anticipati dai condomini di quel condominio. Se questo esiste,
potrà essere anche possibile, ad esempio, la domanda ai ritardatari
degli interessi passivi che l'amministratore abbia dovuto pagare alla banca per
procurarsi i fondi;
c) insieme ai
rimedi ordinari contro i condomini morosi che si dimostrano talvolta
scarsamente efficaci, sia per incertezze giurisprudenziali sulle formalità e
condizioni per ottenere il decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo sia
per tolleranza degli amministratori, la legge prevede (art. 63 ultimo comma
delle DD.AA. del codice civile) un rimedio spesso trascurato: "In caso di mora
nel pagamento dei contributi, che si sia protratta per un semestre, l'amministratore,
se il regolamento di condominio ne contiene l'autorizzazione, può sospendere
al condomino moroso l'utilizzazione dei servizi comuni che sono suscettibili di
godimento separato".
Per attuare
quest'ultimo rimedio occorre chiedere un provvedimento di urgenza al giudice, in
modo da poter sospendere tutti i servizi nelle singole unità dei condomini
morosi. Spesso i regolamenti di condominio NON recepiscono la normacitata, e sarà
quindi necessario in questi casi far approvare dall'assemblea un'apposita
integrazione del regolamento.
Concludendo:
l'ipotesi di anticipazione di somme al condominio da parte dell'amministratore
è aberrante a prima vista (basta confrontare il compenso dell'amministratore
con l'entità delle cifre talvolta anticipate a favore degli amministrati)
ed è una ipotesi che, in rapporti chiari e corretti, non ha nemmeno ragione
di esistere.
23) Mance e regalie
Le regalie d'uso effettuate dall'amministratore, anche se autorizzate verbalmente dai condomini, devono essere deliberate o, quanto meno, successivamente ratificate dall’assemblea (in tal senso, Trib. Roma, sent. n. 2240 del 21.2.1987).
Il rendiconto della gestione
Alla fine della
gestione annuale, l'amministratore è tenuto a sottoporre all'assemblea -
per l'approvazione - il rendiconto, per il quale la legge non prescrive
formalità particolari.
A norma del 3°
comma art. 1129 del codice civile l'amministratore può essere revocato
dall'autorità giudiziaria, anche su ricorso di un solo condomino, se per due anni
non ha reso il conto della sua gestione.
"L'amministratore
non è tenuto a rendere i conti della sua gestione ad ogni richiesta di
uno qualsiasi dei condomini. Egli deve rendere i conti in occasione dell'assemblea
annuale ma può comunque, per giustificati motivi, ritardare di qualche mese
nella resa dei conti stessa, senza incorrere nel rischio di essi revocato. Solo
nel caso che egli, per due anni, non abbia reso i conti, i condomini
possono chiedere la sua revoca, salvo che vi siano altri motivi o fondati
sospetti di irregolarità: sulla revoca dell'amministratore si deve provvedere con
decreto in camera di consiglio ai sensi dell'art. 1129 del codice civile e 64
DD.AA." (App di Roma, sentenza n. 510 del 27.3.1957).
L'obbligo del
rendiconto sussisterebbe anche in assenza di apposite norme sul condominio,
essendo sancito in modo generale per il mandatario (tale è l’amministratore
di condominio) dall'art. 1713 del codice civile.
La sede
naturale per esaminare il rendiconto è l'assemblea e, al riguardo, esiste qualche
precedente giurisprudenziale, secondo cui è in quella sede che l'amministratore
deve dare il conto della sua gestione, senza obbligo di inviarne copia
preventiva ai condomini, allegata all'avviso di convocazione dell'assemblea
che lo dovrà approvi
"La legge,
nello stabilire all'art. 1130 del codice civile che l'amministratore alla fine di
ciascun anno deve rendere conto della sua gestione, non menziona quali
adempimenti debba attenersi prima di presentare il conto all'assemblea. L'amministratore,
quindi, non è tenuto - ove il regolamento di condominio non lo disponga
espressamente - a inviare, prima della convocazione dell'assemblea, le copie
contabilità pertinente la sua gestione annuale. Non è ammissibile l'estensione
analogica al condominio dei principi che regolano il deposito dei bilanci delle
società " (App. di Roma, sentenza n. 1859 del 21.12.1955).
Tale
giurisprudenza sembra da non condividere: a norma del 3° comma dell'art. 1105 del codice
civile, applicabile al condominio per il rinvio contenuto nell' art. 1139 del
codice civile, per la validità delle deliberazioni della maggioranza si
richiede che tutti i partecipanti siano stati preventivamente informati
dell'oggetto della deliberazione.
Questa norma
piuttosto generica non significa soltanto, a nostro parere, che a ciascun
condomino debba essere comunicato l'ordine del giorno, secondo la prassi consueta,
dell'assemblea, ma significa anche che i condomini debbano essere messi in grado
di prepararsi alla discussione, preparazione che, in materia di rendiconto,
sarebbe impossibile se il rendiconto stesso fosse ignoto sino dell'assemblea.
Si potrebbe obiettare che i condomini hanno ben diritto di esaminare la
contabilità condominiale presso l'amministratore, ma tale diritto, in pratica non
viene quasi mai esercitato, o potrebbe, addirittura essere impedito
(illegittimamente) dall'amministratore il quale pretenda, ad esempio, che le pezze
giustificative siano a disposizione dei condomini soltanto per un limitato
periodo di tempo precedente l'assemblea.
Comunque in
questa materia può valere anche la regola del "caso per caso": vi sono condomini
modesti la cui amministrazione comprende poche e semplici voci, ed altri il cui
rendiconto comprende pagine e pagine irte di cifre, a causa del numero e
complessità dei servizi. Nel primo caso l'assemblea potrebbe esaminare anche senza
preparazione il semplice rendiconto, nel secondo caso il mancato invio del
rendiconto darebbe luogo ad assemblee interminabili perché, almeno in teoria,
mancando ogni preventivo esame, ciascuna voce potrebbe venire in discussione, e
può trattarsi di decine se non centinaia di voci.
E’ evidente
che, anche se non obbligatorio sotto il profilo legale, l'invio in allegato alla
convocazione all'assemblea, della copia di rendiconto è opportuno, quando si
tratta di condominii con un'amministrazione complessa.
Accolto il
principio dell'invio preventivo di copia del rendiconto a ciascun secondo la
consuetudine dei migliori amministratori, occorre il problema risolvere, che
taluni si pongono, se il rendiconto debba essere particolare, cioè redatto
solo per definire la posizione del singolo condomino a cui il rendiconto
viene inviato (esempio: elencazione delle spese sostenute, della quota a carico
del singolo e della differenza riportata a nuovo, a credito o a debito, fra la
quota dovuta e quanto anticipato coi contributi dal condomino stesso), oppure
debba essere generale, cioè costituire un vero e proprio bilancio della
gestione, da cui risulti la posizione debitoria e creditoria di tutti i
condomini.
Il criterio da
adottarsi è il secondo: ogni condomino, in quanto partecipante al condominio e comproprietario delle parti comuni, ha un interesse diretto a
conoscere non
solo la sua posizione, ma anche la situazione generale dell'amministratore,
deve sapere se vi sono dei condomini morosi, se il rendiconto è o
meno accettabile globalmente, se la ripartizione della spesa corrisponde
alle istruzioni dell’assemblea o alle norme del regolamento di condominio o di
legge.
Ben poco vale
l'obiezione che, facendo conoscere agli altri condomini la posizione
debitoria di taluni di essi, l'amministratore commetterebbe un'indelicatezza:
tale opinione è da respingere, sia per i motivi sopra esposti, sia perché la
certe posizioni debitorie torna invece utile come pungolo al pagamento per
il ritardatario e come assunzione di responsabilità da parte dell'assemblea,
se questa si sostituisce all' amministratore nel tollerare ritardi nei
pagamenti.
Il conto
consuntivo della gestione condominiale deve essere strutturato in base al principio di
cassa e non a quello della competenza, quindi le spese vanno annotate in
base alla data dell'effettivo pagamento (Trib. Milano, sent. n 5036/1991).
Nel rendiconto,
ovviamente, oltre all'elenco delle attività e passività, deve risultare anche
la ripartizione definitiva delle spese, perché solo in base ad essa è
possibile stabilire quali siano i debiti e crediti del condominio rispetto ai
singoli condomini.
L'obbligo del
rendiconto è così puntualizzato nella sentenza di Cassazione n. 864 del
20.3.1969: "Poiché tutta l'attività dell'amministratore di un condominio è soggetta al
controllo assembleare, in sede di rendiconto della gestione annuale,
previsto dall' art. 1130 del codice civile, egli è tenuto ad informare l'assemblea
sia di quanto abbia compiuto in esecuzione del preventivo già da essa approvato,
sia delle ulteriori determinazioni da lui assunte ed attuate nel corso della
gestione stessa, specie se esse comportino oneri non contemplati nel preventivo".
"L'obbligo
dell'amministratore di rendere annualmente il conto della sua gestione
sussiste nei confronti dell'assemblea e non del singolo condomino, il quale può solo
chiedere, in caso di inosservanza dell'obbligo, la revoca giudiziale
dell'amministratore ex art. 1129, 3° comma del codice civile" (Tribunale di
Roma, sentenza 19.7.1961 e App. Catanzaro, sentenza 8.7.1966).
Con sentenza n.
3747 del 20.4.1994, la Cassazione ha affermato che l'obbligo del rendiconto non
è soggetto a speciali formalità, se risultano gli elementi necessari all'intellegibilità
dei modi di impiego dei fondi e della ripartizione spese. Un
rendiconto non sufficientemente documentato è, però, impugnabile dai condomini
dissenzienti (Tribunale di Genova, sentenza 21.5.1984). E viziata per eccesso di
potere la delibera dell'assemblea condominiale che approva un rendiconto non
veritiero, in relazione ai debiti del condominio (Cassazione, sent. n. 731
27.1.1988). Secondo la Corte di App. di Milano (20.5.1992) un rendiconto non
veritiero è affetto da nullità assoluta, mentre un rendiconto mal redatto, cioè
redatto con imprecisioni anche di natura formale, qualora approvato dall'assemblea annullabile solo se impugnato a norma dell'art. 1137,
3°comma, cod.
civ. Una volta approvato il rendiconto, i condomini possono ottenere
l'esibizione di contabili solo se ne dimostrano l'interesse o la necessità.
Prima dell'assemblea, o durante lo svolgimento della stessa l'amministratore
deve consentire l'esame giustificativi di spesa da parte di qualunque
condomino, anche se la richiesta è immotivata: esattamente il Trib. Milano, con
sent. n. 15631 del 15.6.1989 ha ritenuto impugnabile ed annullabile una delibera
assembleare di approvazione rendiconto avvenuta senza presentazione dei documenti
giustificativi da parte dell'amministratore.
L'approvazione
del rendiconto può sanare le spese per opere straordinarie non deliberate in
sede di preventivo (Cass., sent. n. 2133 del 24.2.1995).
25) I fondi di riserva e di ammortamento
Alcuni
regolamenti di condominio (o, talvolta, specifiche delibere dell'assemblea)
prevedono la costituzione di fondi di riserva, a volte generici (da utilizzarsi
per eccezionali necessità o per affrontare gli squilibri tra il bilancio di
previsione e le spese effettive) e altre volte specifici (ad esempio per l'indennità
licenziamento portiere, o per le spese straordinarie o ammortamento di
determinati impianti, la caldaia del riscaldamento e l'ascensore).
Secondo una isolata sent. del Trib.di Napoli del 26.1.1994 è nulla la delibera
assembleare con la quale un condominio costituisca un fondo da investire in
titoli pubblici per future spese straordinarie non determinate né determinabili.
L'
amministratore deve rispettare scrupolosamente la destinazione dei fondi e deve
annualmente darne conto nonché inserire nel preventivo annuale le quote di accantonamento
dovute per il nuovo esercizio. I fondi di
riserva (e particolarmente quello per l'indennità di licenziamento del portiere)
anche se purtroppo destinati ad essere corrosi dalla svalutazione della moneta,
sono molto utili per l'amministrazione condominiale: essi rendono più agevoli le
decisioni dell'assemblea in ordine alle spese gravose, non trovandosi i
condomini a versare quote di notevole entità, quando possa attingersi ad
una riserva.
Talvolta, però,
la maggioranza assembleare preferisce (a torto, secondo il nostro parere)
non attingere ai fondi di riserva, anche se si tratta di quelle spese per le
quali tale fondo e stato espressamente costituito. Una delibera in tal senso è
stata ritenuta legittima dal Tribunale di Milano, con sentenza 27.5.1962.
L’esistenza
del fondo di riserva deve risultare nel rendiconto annuale, così come in esso
deve risultare l'uso che eventualmente ne sia stato fatto durante la gestione.
In caso di
compravendita di un'unità del condominio, la quota di spettanza relativa al
fondo di riserva va addebitata all'acquirente e rimborsata al venditore, a
meno che il fondo sia stato costituito per spese di opere già in corso.
Non va confuso
con i fondi di riserva l'ammortamento di impianti mobili ed attrezzature
comuni: questa pratica, che consiste nell'accantonare ogni anno la perdita di
valore di ciò che è oggetto dell' ammortamento, dovrebbe consentire la disponibilità
dei fondi per le sostituzioni o ammodernamenti che via si rendano
necessari, ma è vanificata dall'inflazione monetaria e, quindi,raramente
utilizzata nelle contabilità condominiali.
26) Ripartizione delle spese di amministrazione
Le spese di
amministrazione (onorario dell' amministratore, posta, cancelleria, telefono,
affitto locali assemblea ecc.) gravano su tutti indistintamente i condomini e
vanno ripartite in base alle quote millesimali di comproprietà, se il regolamento
non dispone diversamente.
In particolare,
il Tribunale di Milano, con sentenza 18.6.1965, ha ritenuto infondata la
pretesa di un condomino di essere esonerato, sia pure parzialmente, dal concorso
nelle spese di amministrazione del condominio, solo perché, avendo propri ingressi
separati ed impianti e servizi autonomi, non ritrarrebbe alcun vantaggio
dall'amministrazione dell'edificio, diretta a regolare i servizi comuni.
Infatti,
l'opera dell'amministratore non può certamente paragonarsi a un servizio del
quale si possa o meno usufruire, svolgendo esso una serie di compiti di cui
beneficiano tutti indistintamente i condomini, in quanto tali.
Qualora per un
negozio si contrattualmente previsto l'esonero da talune spese di condominio,
l'esonero stessi non può essere esteso anche alle spese di amministrazione,
delle quali anche quei condomini che non usufruiscono dei servizi comuni.
27) Conti e interessi bancari a favore della cassa condominiale; casistica degli obblighi dell'amministratore.
Da quando
l'inflazione ha spinto verso l'alto gli interessi pagati dalle banche ai depositanti,
ha acquistato maggior rilievo pratico la pretesa di taluni condomini di
vedere acquisiti alla cassa condominiale gli interessi bancari sulle somme
anticipate dai condomini all'amministratore per l'erogazione dei pagamenti e
salari a fornitori e dipendenti del condominio.
Si tratta di
materia quanto mai complicata: che un fondo cassa attivo, e quindi fruttifero di
interessi, esista, come fatto normale, in ogni condominio, è un fatto pacifico.
Ma la sua entità, in senso assoluto (cioè ammontare della giacenza
"media" di cassa) e relativo (cioè rapporto percentuale tra giacenza media di cassa
e totale annuale delle spese condominiali) è molto variabile, caso per caso.
Infatti, l'ammontare della cassa in senso assoluto dipende dall'entità
delle spese del condominio che sono assai diverse a seconda della dotazione di
impianti e servizi e della dimensione degli edifici: così esistono edifici per i
quali una giacenza media di cassa di un milione a disposizione dell'amministratore
è più che sufficiente; mentre ve ne sono altri per i quali una giacenza
media di cassa ammontante a molti milioni costituisce un minimo indispensabile
per la normale gestione. Per quanto attiene alla diversità degli ammontare di
cassa, in senso relativo, essa può dipendere da due fattori principali: il
primo è direttamente proporzionale alla maggiore o minore puntualità dei
condomini nell'effettuare i versamenti; il secondo dipende dal numero di rate
previste per i pagamenti (se il bilancio annuale è 100 milioni, con previsione
di due versamenti semestrali, la giacenza media teorica sarà di 5 milioni; ma
se i versamenti dei condomini sono frazionati in quattro rate trimestrali, la
giacenza media teorica scende a 12,5 milioni).
A quanto sopra,
sulla variabilità dell'importanza della giacenza media di cassa condominiale,
va aggiunta l'ipotesi, rara ma possibile, di situazioni di cassa negative, cioè
di anticipazioni fatte dall' amministratore, di tasca sua, per colmare i vuoti
della cassa condominiale derivanti da spese urgenti e impreviste, o
da aumenti enormi dei costi, o dalla morosità di condomini.
I due primi
temi sull'argomento sono, quindi, se l'amministratore debba o meno accreditare
alla cassa del condominio gli interessi ricevuti dalla banca presso la quale sono
depositati i fondi, e se l'amministratore, in caso abbia dovuto anticipare
delle somme, abbia diritto di percepire gli interessi sulle somme anticipate e in
quale misura.
Le norme di
legge sul condominio non consentono di risolvere il problema, per cui,
considerando che l'amministratore è un mandatario dei condomini, occorre alle norme che
regolano il mandato e, in particolare, agli art. 1713 e 1720 del codice civile.
L’art. 1713
del codice civile dispone che il mandatario deve rendere al mandante il conto del
suo operato e rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato. L’art. 1720
dispone che il mandante (nella specie i condomini) deve rimborsare al mandatario
le anticipazioni, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, e
deve pagargli il compenso che gli spetta. Il mandante deve inoltre
risarcire i danni che il mandatario ha subiti a causa dell'incarico.
Per quanto
riguarda gli interessi attivi della cassa condominiale, in base all' art. 1713, si
può ritenere che l'amministratore abbia l'obbligo di accreditare alla cassa
condominiale gli interessi ricevuti (tali interessi possono rientrare,
infatti, nella nozione di rimettere al mandante tutto ciò che si è ricevuto a
causa del mandato, in quanto lo stesso comprende l'esazione "anticipata"
di contributi dei condomini), mentre per quanto riguarda le somme eventualmente
anticipate alla cassa condominiale dall'amministratore, questi ha diritto a norma
dell'art. 1720 al rimborso e agli interessi legali", oltre all'eventuale
risarcimento del danno (che potrebbe consistere nel maggior interesse
dovuto pagare alla banca per farsi prestare i soldi necessari alla cassa del
condominio).
Mentre per il
secondo aspetto non può sorgere alcun problema su piano pratico, per il primo
aspetto - sempre scendendo al pratico - possono sorgere questioni all’infinito,
prive di soluzione, se manca il presupposto di una esplicita delibera
assemblea che, come vedremo meglio alla fine di queste note, dovrà essere
necessariamente nel senso di aprire un conto singolo e specifico in una banca
determinata, intestato al condominio.
In mancanza di
una esplicita delibera nel senso sopra descritto, è persino troppo ovvio
che l'esistenza di interessi bancari a favore della cassa condominiale
non è ne dimostrabile né quantificabile. Dalle regole sul condominio e
sul mandato non si evince che il mandatario (nella specie, l'amministratore)
sia tenuto a mettere a frutto nel migliore dei modi le giacenze di
denaro affidategli, per cui l'amministratore ben può sostenere di non aver
percepito alcun interesse dalle somme anticipate dai condomini, perché ha tenuto il
denaro in contante o l’ha depositato su un conto corrente postale che dà
interessi irrisori. Può anche sostenere di non aver mai percepito interessi,
perché i condomini sono ritardatari nelle rimesse ed ha impiegato immediatamente
le rimesse ricevute per pagare volta per volta i fornitori ecc. .
In genere, poi,
chi amministra più di un condominio intrattiene con la banca un unico conto per
tutti i condominii amministrati, per cui sarà praticamente impossibile
stabilire di chi siano i fondi costituenti la giacenza media (se personali
amministratore o appartenenti ai condominii amministrati), quale condominio
abbia avuto una giacenza media attiva e quale passiva ecc. Tra l'altro,
una sentenza del Trib. di Milano (n. 6566 dell'8.9.1991) ha ritenuto che
l'amministratore che si avvale di un proprio conto corrente bancario unico
per in tutti i condominii amministrati si comporta in modo illegittimo e
tale comportamento può giustificare la revoca dell' amministratore trattandosi di
grave irregolarità di gestione. Analoghe le sentenze del Trib. Genova del
16.9.1993 e del Trib. Milano del 29.9.1993 e 15.12.1995).
Pertanto si
consiglia, a secondo della volontà espressa dai condomini oppure dalla prassi
dell'amministratore di condominio, ricorrere ad un rapporto bancario:
apertura di un conto corrente bancario separato per ciascun condominio
intestato all'amministratore: tale soluzione consente una gestione
precisa dei conti di cassa di ciascun condominio nel senso che vengono ben
evidenziati sia gli interessi attivi che quelli passivi, col rischio però che, nel caso
di passività la banca si rivalga sugli altri conti tenuti
dall'amministratore;nel caso di sostituzione dell'amministratore occorre provvedere alla
chiusura del conto ed alla riapertura di un nuovo conto da parte del nuovo
amministratore;
apertura di un conto corrente bancario intestato al condominio nella
persona pro tempore dell'amministratore: questa è ora la soluzione più in uso
presso le banche che si interessano a questa categoria di clientela, come B.P.
Milano (Conto linea condominio), C.R. Bologna (House service), B.P. Bergamo
(Conto condominio), Cariplo (Millesimo) ecc., perché permette la gestione della
condominiale in forma singola, permette alla banca di applicare sullo
stesso conto gli interessi passivi in caso di scoperto di cassa e permette
infine al condominio di non chiudere il conto in caso di sostituzione dell'amministratore (è sufficiente, infatti, presentare la delibera
assembleare con la quale è eletto il nuovo amministratore per sostituire
il nome dell' amministratore firmatario che gestisce il conto). Talune
grandi banche offrono condizioni particolari per i conti condominiali con
prodotti specifici.
Ammesso che
esista il conto condominiale, voluto dall'assemblea, e che gli interessi
attivi (se superiori alle pesanti spese addebitate dalle banche) siano quindi
acquisiti dalla cassa condominiale, sorgerà un altro problema che dimostra l'osticità
di questo argomento. Mentre per le altre eventuali sopravvenienze
attive del condominio (ad esempio, il canone di locazione percepito
affittando i locali di portineria) è ovvia la ripartizione fra i condomini in
ragione delle quote millesimali, per le sopravvenienze attive da interessi
bancari non è affatto ovvia (anche se consigliabile sul piano pratico) la ripartizione
fra condomini in base alle quote millesimali, per due distinti motivi: il
primo che i condomini versano le loro quote con maggior o minor sollecitudine e
quindi con decorrenze diverse a cui corrispondono diverse decorrenze di
frazioni dell'interesse bancario, il secondo che i versamenti non sono, almeno
nella maggioranza dei casi, proporzionali alla quota millesimale per via delle
spese che si ripartiscono in modo diverso da quella quota: non è esatto, quindi,
che gli interessi attivi siano percepiti anche dai ritardatari cronici, né
che siano percepiti in misura diversa dall'entità della partecipazione
alle spese non coincidente con la quota millesimale.
Conti esatti
per poter ripartire gli interessi fra i condomini in ragione della loro maggiore o
minore puntualità nei versamenti e della loro effettiva partecipazione
alle spese (da identificarsi con le somme versate) sono possibili, ma
qui si entra certamente nel campo della fantacontabilità, sia pure dopo la
diffusione dei computers anche negli studi degli amministratori di condominio.
Manuali di consulenza Immobiliare ed. Il sole 24 ore /Pirola
Francesco
Tamburrino XXIII edizione
ampliata ed aggiornata con le nuove norme fiscali
A carico dei
condominii (legge finanziaria 1998)
Rassegna a cura
del rag. Gennaro Prota
Responsabile
nazionale del servizio fiscale A.N.AMM.I., S.I.F.A.