PRINCIPALI QUESTIONI LEGALI CONDOMINIALI

RIEPILOGO

  1. Necessità del preventivo annuale delle spese

  2. Come si elabora il preventivo e si vincola l’attività per l'amministratore 

  3. Stato di ripartizione   

  4. Riscossione dei contributi: premessa

  5. Aumenti imprevisti di spesa 

  6. Rateazione della riscossione dei contributi

  7. Richieste di pagamento

  8. Modalità di riscossione dei contributi condominiali

  9. Esazione dei contributi tramite il portiere

  10. Condomini ritardatari nel versamento del contributi

  11. Sospensione dei servizi ai condomini morosi

  12. Interessi di mora

  13. Ripartizione dei debiti consolidati dei condomini morosi

  14. Fallimento e insolvibilità del condomino

  15. Riscossione dei contributi: inquilini o comodatari dei condomini

  16. Riscossione del contributi usufrutto e nuda proprietà spettanti a soggetti diversi

  17. Riscossione del contributi: morte del condomino proprietario

  18. Conguagli fra venditore ed acquirente

  19. Riscossione dei contributi: centrale termIca di un "supercondominio

  20. Erogazione delle spese, cioè utilizzazione dei tributi riscossi.

  21. Eccedenza delle spese rispetto al preventivo approvato dall'assemblea e spese per lavori straordinari con carattere di urgenza.

  22. Disavanzo dì cassa e somme anticipate dall'ammInIstratore.

  23. Mance e regalie

  24. Rendiconto della gestione

  25. I fondi di riserva e di ammortamento 

  26. Ripartizione delle spese di amministrazione

  27. Conti e interessi bancari a favore della cassa condominiale; casistica degli obblighi dell'amministratore

  28. Bibliografia

 

1) Necessità del preventivo annuale delle spese                                                        Torna Sopra

Principio fondamentale della contabilità di un condominio è che ad ogni spesa effettuata dall'amministratore deve corrispondere una uguale somma di versamenti effettuati dai condomini all'amministratore. Per la sua natura di ente di sola gestione, il condominio non può avere né utili né perdite, ma semmai solo avanzi o disavanzi di cassa, eventualmente integrata quest'ultima da un fondo di rotazione o di riserva, se previsto dal regolamento condominiale. Dal n. 2 dell'art. 1135 del codice civile si rileva che tra le attribuzioni dell'assemblea vi è anche quella di approvare il "preventivo delle spese occorrenti durante l'anno e la relativa ripartizione fra i condomini".
L'ultimo comma dello stesso articolo circoscrive l'autonomia dell’amministratore in materia di spese ai soli lavori di manutenzione straordinaria che abbiano carattere di urgenza.
Da queste e dal tenore delle altre norme sul condominio, la dottrina e la giurisprudenza hanno dedotto la indispensabilità dell'approvazione del preventivo annuale delle spese, sia ai fini della regolarità della gestione amministrativa, sia ai fini di costituire un titolo di credito dell'amministrazione condominiale nei confronti dei singoli condomini Si ritiene comunemente, quindi, che il preventivo approvato dall'assemblea determina i limiti massimi di spesa entro i quali l'amministratore si dovrà contenere, nella sua gestione.

2) Come si elabora il preventivo e si vincola l’attività per l'amministratore                  Torna Sopra

Abbiamo, nella pratica, tre distinte ipotesi:   
-  che l'amministratore sia confermato in carica e quindi conosca molto bene il consuntivo della gestione precedente: si tratta di riprodurne le singole voci "ordinarie" (escludendo quindi le spese straordinarie e le innovazioni), arrotondando con un certo eccesso le cifre attribuite a ciascuna di quelle voci ed introducendo, per prudenza, una voce "varie ed incerti o imprevisti" cui corrisponderà la somma di riserva ritenuta idonea ad affrontare eventuali aumenti nei costi e piccole spese non preventivate; 
-  che l'amministratore sia nominato per la prima volta in sostituzione di altro amministratore: se la sostituzione avviene prima del termine della gestione annuale,dovrebbe esistere il preventivo già approvato e valido sino alla fine di tale gestione; se la sostituzione avviene al termine della gestione annuale del precedente amministratore e questi consegnerà la contabilità in ordine, il  preventivo della successiva gestione sarà elaborato come nell’ipotesi a); se il nuovo amministratore si troverà, invece, di fronte al disordine, dovrà cercare di ricostruire i costi di gestione, provvedendo di conseguenza; 
-  che si tratti di un nuovo condominio non esistano elementi contabili su cui basare il preventivo: in questo caso dovrà farsi un elenco di tutte le voci di spesa prevedibili per quell’edificio (portierato; ascensore, illuminazione, energia, riscaldamento, fuochista; manutenzione ordinaria, trasporto immondizie ecc.),. e, quindi stabilire quale: sia la somma imputabile a ciascuna voce (sempre arrotondando per eccesso), mediante le indagini del caso, cioè per analogia se già l’amministratore amministra altri edifici dello stesso genere e nella stessa località, oppure per analisi se mancano, elementi comparativi (determinazione. di tutte le componenti del costo di portierato, presumibile spesa di esercizio di ascensore in relazione al numero di abitanti e al tipo di impianto, di acqua di luce in relazione al totale dei punti illuminanti e loro potenza, di riscaldamento, possibilmente in base a preventivo di un appaltatore ecc.): trattasi di un compito delicato (per il quale ci si può giovare anche dell'esperienza dei fornitori abituali del condominio o di chi installò gli impianti e servizi).   
In ogni caso, e per i motivi già illustrati, sarà necessario indicare, nel preventivo delle spese, anche la retribuzione dell'amministratore.   
Taluni autori ritengono che l'amministratore non possa disporre liberamente delle somme stanziate col preventivo annuale, ma debba impiegarle in rigida conformità secondo le singole voci del preventivo; altri autori sostengono al contrario che l'amministratore è perfettamente libero di disporre delle somme stanziate, destinandole a questa o a quell'altra voce a seconda del suo apprezzamento e delle necessità contingenti.   
A noi pare che né l'una né l'altra tesi siano da condividere, se non nel punto in cui tutti sono d'accordo, e cioè che, di regola, l'amministratore non debba superare, con le spese, la somma complessivamente stanziata dall'assemblea.   
Le contrastanti tesi non tengono conto che un bilancio preventivo non può mai essere assolutamente esatto e che la maggior o minor libertà di movimento nell'erogazione delle spese deriva all'amministratore non già dai suoi criteri e dalle sue decisioni, bensì dal modo con cui è stato formulato il preventivo annuale approvato dall'assemblea. 
Si ponga, ad esempio, un condominio che approvi un preventivo non dettagliato e totale di L.50.000.000 di spese per il prossimo esercizio, elencando le voci di spesa, ma non dettagliando i singoli importi: è di palmare evidenza che in questo caso l'amministratore sarà completamente libero di destinare le somme a questa o a quella voce di spesa, secondo il suo giudizio, sottostando alla sola condizione di non superare l'importo totale alla fine dell'esercizio. Si ponga al contrario, l'esempio di un preventivo dettagliatissimo, in cui si prevede una spesa di £ 14.000.000 per il salario del portiere, £ 100.000 per le lampadine, £ 30.000.000 per £ 3.000.000 per la forza motrice, £ 990000 per l'acqua, £ 200.000 per gli attrezzi pulizia, £ 60.000 per zerbini ecc. In questo caso l'amministratore perderebbe molta della sua autonomia nella erogazione delle spese e, almeno teoricamente, dovrebbe attenersi per ciascuna voce ai limiti approvati dall'assemblea. 
In genere, nella pratica, i preventivi sono impostati con cifre ragionevolmente calcolate per eccesso, onde precostituire un certo avanzo di cassa, e ripartiti in gruppi di voci (portierato, riscaldamento, spese amministrative, spese di manutenzione, riparazione, energia, acqua, tasse) corrispondenti ai diversi criteri di ripartizione delle spese; in tal caso è ovvio che l'amministratore libero di erogare come meglio crede le spese nell'ambito della somma stanziata per ciascun gruppo di voci.
Non è obbligatorio, ma consigliabile, allegare il preventivo annuale all'avviso di convocazione, affinché i condomini possano intervenire in assemblea con maggior cognizione
Al limite sembra ammissibile (Cassazione, sentenza n° 3231 del 25.5.1984) che, per approvare il preventivo, si prenda a base il consuntivo dell’anno precedente, aumentato di una determinata percentuale che compensi gli aumenti di costi prevedibili o presunti. 
Secondo la Cassazione (sent. n. 4831/1994) non possono però essere concesse deleghe all’amministratore per aggiornare le spese ordinarie iscritte nel bilancio di previsione. Nel caso si verifichino aumenti tariffari è necessario convocare una assemblea che autorizzi le variazioni di spesa a carico dei singoli condomini, salvo l’esistenza di un fondo speciale che permetta l'utilizzo delle riserve in tali casi e la successiva ratifica in occasione del bilancio consuntivo. 
Sempre secondo la Cassazione (sent. n. 7706 del 21.8 1996) è nulla la delibera condominiale che, in mancanza di unanimità, vincoli il patrimonio dei singoli condomini ad una previsione pluriennale di spese , oltre quella annuale, ed alla quale si commisuri l'obbligo della contribuzione. . 
3) Stato di ripartizione                                                                                                           
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Come abbiamo visto nel precedente paragrafo, la legge, oltre che di approvazione del preventivo, parla anche di approvazione della ripartizione delle spese fra i condomini. Si deve quindi ritenere necessaria non solo una elencazione delle spese previste per la prossima. gestione, ma anche una indicazione delle quote di spesa facenti carico ad ogni singolo condomino.   
Tale prassi, normalmente, non è seguita da molti amministratori, sul presupposto che il regolamento di condominio già prevede i criteri di ripartizione della spesa; altri amministratori usano invece allegare, negli avvisi di convocazione, al preventivo generale anche l'elenco delle quote facenti carico ad ogni condomino.   
Il primo comportamento è suggerito dalla possibilità che l'assemblea, in sede di discussione, alteri una qualsiasi delle cifre proposte in preventivo, o aggiunga altre voci, col risultato di rendere inutile tutto o gran parte del lavoro speso dall'amministratore per preparare il progetto di ripartizione.

Ad evitare tale inconveniente sarà opportuno che il preventivo porti in calce la seguente avvertenza:
"La ripartizione delle spese avverrà secondo le norme del regolamento di condominio e, in difetto di esse, della legge". 

  Riscossione dei contributi ed erogazione delle spese

4) Riscossione dei contributi: premessa                                                                            Torna Sopra

Può dirsi, questa, l'attribuzione più spinosa dell'amministratore di condominio, da esercitare con tatto pari alla fermezza. 
L'art. 1135 n. 2 dispone che l'assemblea dei condomini approva il preventivo delle spese necessarie durante l'anno e la relativa ripartizione fra tutti i condomini .   
Abbiamo già avuto occasione di chiarire il significato di questa norma di legge nel capitolo precedente. 
È appunto in base al preventivo approvato che l'amministratore deve provvedere a riscuotere dai singoli condomini la quota di spese che è a carico di ciascuno di essi.   
Tutto ciò vale, ovviamente, tanto per le spese ordinarie che per quelle straordinarie.
La Cassazione, con sentenza 26.4.1956, ritenne che l'obbligo del condomino di pagare al condominio i contributi per spese ordinarie di manutenzione delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni deriva dalla gestione stessa dell'amministratore relativa all'uso delle cose comuni ed alla prestazione dei servizi, e quindi preesiste alla approvazione, da parte dell'assemblea, dello stato di ripartizione, il quale non ha valore costitutivo, bensì dichiarativo del relativo credito del condominio, in rapporto alla quota di contribuzione dovuta dal singolo condomino; la Cassazione con sent. n 11981 del 5.11.1992 ha precisato che l'obbligo del condomino di pagare le spese sorge dal momento di approvazione della delibera assembleare di ripartizione delle spese e la prescrizione del credito nei confronti di ciascun condomino inizia a decorrere soltanto dall'approvazione della ripartizione delle spese e non dall'esercizio di bilancio. Non solo: il pagamento delle spese condominiali non può essere ritardato o evitato dal singolo condomino se le spese sono state approvate col preventivo da parte dell'assemblea e se i servizi sono stati resi, è superflua ogni indagine sul momento di effettivo pagamento (Cass., sent. n.2045 del 7.3.1997). 
L'approvazione dello stato di ripartizione, a sua volta, diventa definitiva anche nei confronti dei dissenzienti, e si intende accettata all'unanimità, se nessuno dei condomini impugna la deliberazione entro i termini indicati dall'art. 1137 del codice civile (cfr. sentenza trib. Milano, 4.7.1960). 
È caso di ricordare che, approvata regolarmente la delibera del rendiconto delle spese e del relativo stato di ripartizione, da parte dell'assemblea, il singolo condomino non può contestare il credito del condominio, né ritardare il pagamento delle quote afferenti la sua proprietà esclusiva, neppure nel caso che abbia impugnato là delibera: così il Tribunale di Roma, con sent. n: 4413 dell'8.7.1957.   
Anche per le spese relative ad innovazioni, ricostruzioni, riparazioni di notevole entità, l'obbligo del condomino di pagare il corrispondente contributo alle spese sorge quando l'assemblea abbia adottato le relative delibere o abbia ratificato (per le riparazioni urgenti) l'operato dell'amministratore o di singoli condomini (trib. Roma, sentenza n. 4641 del 16.7.1957).   
Un cenno particolare merita il problema della partecipazione alle spese per le unità inutilizzate perché vuote, sfitte o invendute, e, in particolare, se sia o non sia ammissibile un esonero totale o parziale delle spese di condominio, per le unità sfitte o vuote o invendute o comunque inutilizzate per un rilevante periodo di tempo: l’amministratore ove un condomino chieda l'esonero dalle spese per la sua unità immobiliare inutilizzata, deve anzitutto verificare se il regolamento di condominio contiene norme su tale argomento; vi sono regolamenti di condominio che escludono  espressa- mente ogni possibilità di esonero da qualsiasi spesa condominiale per le unità inutilizzate: in questo caso è pacifico che l'amministratore darà risposta negativa al condomino, richiamando la norma del regolamento; vi sono, al contrario, altri regolamenti che prevedono la possibilità per un condomino ben individuato (in genere il costruttore venditore dell'edificio), oppure per tutti i condomini, di esonero totale o parziale dalle spese, in caso di inutilizzazione della proprietà esclusiva: in tale ipotesi l'amministratore accetterà la richiesta del condomino come un puro e semplice fatto amministrativo, adotterà gli eventuali provvedimenti (ad esempio sigillo dei radiatori per il riscaldamento), e applicherà il regolamento (le cui disposizioni possono essere le più diverse: da esonero parziale à esonero totale per una o più spese); vi sono infine regolamenti che non dispongono nulla, oppure che dispongono genericamente l'obbligo dei condomini di partecipare alle spese. In questo caso l'amministratore potrebbe o respingere la richiesta del condomino, o, in   caso di insistenza dell'interessato, porrà la richiesta all'ordine del giorno della prossima assemblea, che deciderà in proposito.
È il caso di osservare che le spese di condominio si possono dividere in due categorie: quelle di amministrazione, conservazione e manutenzione (che debbono essere sostenute anche se un'unità immobiliare è vuota e inutilizzata) e a cui nessuno può sottrarsi, salvo diverso disposto del regolamento, come indicato dall'art. 1118 del codice civile, e quelle dei consumi, direttamente imputabili alle singole unità immobiliari, una parte dei quali si possono presumere come non avvenuti se l'unità immobiliare (ad esempio, acqua potabile) è vuota, mentre per consumi (ad esempio, l'illuminazione delle parti comuni) è indifferente che l'unità immobiliare sia o non sia utilizzata. 
È quindi certo che il proprietario di una unità immobiliare inutilizzata non può essere esonerato dalle spese di amministrazione, di riparazione e manutenzione delle comuni, di portierato, pulizia, illuminazione parti comuni ecc., e rinviato il lettore al paragrafo 336 per il riscaldamento centrale, sembra avere qualche fondamento la tesi che se l'unità immobiliare non è utilizzata per un lungo periodo di tempo il proprietario non ha consumato acqua potabile, né usato l'ascensore, e dovrebbe aver diritto all'esonero totale dalle spese di esercizio e consumo, in relazione e proporzione al periodo di inutilizzo: tale tesi non è presa in considerazione né dalla dottrina né dalla giurisprudenza, tuttora ferma sul principio, enunciato dalla Cassazione con sentenza n. 555 del 9.3.1967, che dal complesso delle disposizioni che regolano il condominio degli edifici come ente di gestione deve trarsi il principio secondo cui l'obbligo di ciascun condomino di contribuire alle spese per la prestazione di servizi - di interesse - comune trova origine e fondamento bel suo - diritto dominicale (che equivale ad - "uso potenziale") e non - già nella concreta utilizzazione che egli faccia del servizio medesimo.   

5) Aumenti imprevisti di spesa -                                                                                           Torna Sopra

Specie in periodi di forte svalutazione monetaria si verifica che le spese da erogarsi siano superiori al preventivo, con conseguente deficienza delle disponibilità di cassa del condominio. In teoria, l'amministratore dovrebbe indire una apposita assemblea per far approvare la differenza di spésa in più ed avere titolo per chiedere dei versamenti supplementari. In pratica, gli amministratori sono soliti chiedere dei versamenti supplementari ai condomini: questa prassi, anche se non rigidamente corretta, sembra accettata dalla magistratura. il Tribunale di Milano, sezione XI, con sentenza n. 4520 del 1978 ha ritenuto che qualora si verifichino degli aumenti l'amministratore - è legittimato a chiedere ai condomini la differenza fra il preventivo approvato e la nuova realtà e la spesa supplementare che ne scaturisce, rientrando nelle spese ordinarie di gestione del servizio, deve essere versata dai condomini a richiesta dell'amministratore, anche se non previamente approvata dalla assemblea. 
Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 21558 del 15.12.1988,.ha precisato che non sussiste responsabilità dell'amministratore nel caso che il preventivo approvato per una riparazione straordinaria sia stato di gran lunga superato se l'assemblea approva il consuntivo finale. 
Con sentenza n. 4831 del 1994 la Cassazione ha però affermato che non possono essere lasciate deleghe in bianco all'amministratore del condominio per l'aggiornamento delle spese ordinarie iscritte nel bilancio di previsione. In caso di aumenti imprevisti delle spese occorre convocare una nuova assemblea che autorizzi la variazione delle quote dei condomini. Solo se è stato istituito un fondo speciale si può evitare l'assemblea straordinaria, utilizzando le riserve e ratificando poi la variazione in occasione della delibera sul bilancio consuntivo. 

6) Rateazione della riscossione dei contributi                                                                  Torna Sopra

Poiché non tutte le spese sono affrontate subito e contemporaneamente, le delibere di approvazione del preventivo prevedono anche una rateizzazione dei versamenti, (ad esempio un terzo subito, un terzo fra quattro mesi, un terzo fra otto mesi od altre soluzioni a seconda della delibera dei condomini o delle consuetudini). 
Talvolta - ma raramente – i criteri di rateizzazione sono stabiliti dal
regolamento di condominio.
Altre volte infine, né la delibera assembleare, né il regolamento offrono indicazioni al riguardo. 
In quest’ultimo caso, l’amministratore si troverà a decidere se chiedere un unico pagamento di tutta la quota preventivata per l'anno, oppure scaglionarla secondo le necessità di cassa.
In. linea di principio, il diritto - dovere dell'amministratore di chiedere a ciascun condomino il versamento dei contributi concerne l'intero della quota, per cui l’amministratore non è obbligato. a rateizzarla e l'eventuale rateazione dipende, quindi, unicamente dal suo giudizio discrezionale. 
Nella pratica va tenuto conto di alcuni fattori psicologici: la richiesta di una somma relativamente, elevata in un unica soluzione può indisporre il condomino, il quale sa benissimo, ad esempio, che i denari per il gasolio serviranno solo tra molti mesi. D'altra parte, un eccessivo numero di rate, con richieste quindi molto frequenti, dà ai condomini l'impressione di una persecuzione continua,
ancorché le cifre richieste siano modeste. 
Vi è poi da distinguere tra i condominii che dispongono di costosi servizi comuni (tra cui riscaldamento e portierato) e condominii che, non disponendo di tali servizi o impianti, hanno un costo di esercizio relativamente modesto. 
Ciò significa quote unitarie piuttosto sensibili per i primi e quote modeste per i secondi. 
È in base a tale secondo aspetto che si consigliano i seguenti indirizzi: 
a)  condomini a basso costo di esercizio, senza servizi centralizzati: dividere la quota annuale in
     due rate uguali, la prima da pagarsi subito dopo l'approvazione del preventivo da parte
     dell'assemblea e la seconda alla scadenza ritenuta più opportuna; 
b) condominii ad alto costo di esercizio: separare le spese di riscaldamento dalle altre, ripartendo  
     le spese comuni extra riscaldamento in 4 rate trimestrali uguali e quelle di riscaldamento in due
     rate proporzionali all'impegno e alla scadenza della spesa; ovviamente, per praticità 
     amministrativa, si faranno coincidere le due rate del riscaldamento con altrettante rate di spese    
     generali ordinarie. 
Il Tribunale di Milano, con sentenza 5.11.1962, ha ritenuto che la consuetudine della rateazione rende inammissibile la richiesta dell'intero importo delle spese anche per le rate non scadute, da parte dell'amministratore, ad un singolo condomino, ove l’amministratore non provi che il condomino versa in situazione economica tale da rendere verosimile e prevedibile la sua incapacità a far fronte agli impegni. 

7) Richieste di pagamento                                                                                                    Torna Sopra

È notevole il disordine e la scarsa attenzione di molti condomini: non può quindi pretendersi da parte di essi una diligenza tale da rendere inutili le richieste di fondi da parte dell'amministratore in previsione delle scadenze di pagamento. 
Pertanto è uso comune quello di spedire a ciascun condomino una richiesta di pagamento della rispettiva quota, una quindicina di giorni prima della scadenza di ogni rata. 
La richiesta viene, in genere, fatta per corrispondenza, mediante invio di una lettera con avviso di ricezione 
La richiesta non dovrebbe, comunque, essere dettagliata, dato che, dalle delibere assembleari, ciascun condomino già conosce quali siano le spese approvate. 
Non occorre che la richiesta venga inviata per lettera raccomandata, onde precostituirsi una prova dell'avvenuto invio. Alle lettere raccomandate si ricorre poi, in caso di ritardo del condomino nei versamenti, per metterlo in mora. 

8) Modalità di riscossione dei contributi condominiali                                                    Torna Sopra

Il condominio, che non è una persona giuridica, ma un ente di gestione, non ha una sede in senso tecnico, ove non esista nell'ambito dell'edificio un luogo espressamente destinato e di fatto utilizzato per l'organizzazione e lo svolgimento della gestione condominiale; pertanto, ha il domicilio coincidente con quello privato dell'amministratore che lo rappresenta (Cass., sent. n. 12208 dell'll.l2.1993). 
Poiché il creditore dei singoli condomini è il condominio. e poiché l’amministratore del condominio – se non si trova nell'edificio - deve ritenersi domiciliata presso l'ufficio dell'amministratore, i condomini sono tenuti a versare i contributi condominiali al domicilio dell'amministratore; senna poter pretendere che egli questui di porta in porta il pagamento, come un esattore, o che venga a ritirare il denaro in portineria. 
Molti amministratori costituiscono per ciascun edificio uno speciale conto bancario e poi avvertono i condomini (avvertimento che viene ripetuto in ogni richiesta di contributi) di versare il denaro su quel conto ed allo sportello bancario corrispondente, allegando alla richiesta di contributo un apposito modello di versamento fornito dalla banca e già compilato. Tale sistema molto analogo a quello della riscossione degli affitti tramite banca e può riuscire gradito a parte dei condomini, se lo sportello bancario è nelle vicinanze dell'edificio.
Se l'amministratore può pretendere, come pensiamo, di ricevere i contributi al suo domicilio, senza sobbarcarsi ad alcuna particolare attività, non crediamo però possa pretendere da tutti il versamento alla banca, se di tale prassi non vi è traccia nel regolamento di condominio o in apposita deliberà assembleare.. 
Quando si assume una nuova amministrazione, in cui siano invalse abitudini (comode per i condomini) al riguardo, sarà bene adattarvisi. 
Un caso particolare, certamente anomalo, è' quello dell’amministratore che accetta da un condomino delle cambiali relative ai contributi condominiali e che, prima del relativo pagamento, venga revocato dall'assemblea, con divieto da questa posto al nuovo amministratore di accettare le cambiali che, essendo rilasciate a favore del condominio, non possono più essere incassate dall'amministratore cessato dalla carica. È il caso di rilevare l'erroneità di un simile comportamento: le quote condominiali, com'è ovvio, vanno pagate per contanti, quando, a norma di legge o di delibera assembleare o di regolamento, sorge il credito, del condominio.
D'altra parte, il fatto stesso che un condomino offra di rilasciare delle cambiali per il pagamento delle spese di condominio dovrebbe quanto meno insospettire e rendere prudente l'amministratore, respingendo l'offerta' nell'interesse del condominio. 

9) Esazione dei contributi tramite il portiere                                                                    Torna Sopra

In alcuni condominii, il portiere provvede a riscuotere per conto dell’amministratore i contributi condominiali. Si domanda se, per tale mansione, il portiere ha diritto ad una indennità specifica in aggiunta al salario. La risposta è positiva, dal momento che il contratto collettivo dei portieri non prevede, fra le mansioni del portiere, anche quella di riscuotere contributi condominiali dai condomini. In taluni contratti di lavoro dei portieri è stabilita una percentuale a favore del portiere che provvede a riscuotere canoni di locazione dai conduttori: per analogia, patti del genere confermano il contenuto di questa risposta. In mancanza di espresse indicazioni nel contratto collettivo o integrativo, il quantum dell'indennità spettante al portiere per la mansione in esame deve essere stabilito a trattativa  al momento dell'assunzione o dell'affidamento dell'incarico. 
La soluzione si riferisce all'ipotesi di incasso materiale dai condomini del denaro richiesto dall'amministratore e non può riferirsi alla ipotesi in cui i condomini consegnano denari o assegni in busta chiusa al portiere perché questi consegni la busta all’amministratore. In tal caso non si potrà parlare di mansione eccedente il contratto collettivo essendo compito specifico ed intuitivo del portiere quello di fungere anche da tramite tra condomini ed amministratore (o tra inquilini e proprietario di casa). La risposta positiva va dunque limitata alla sola ipotesi di portiere abituale ed effettivo esattore dei contributi condominiali 

10) Condomini ritardatari nel versamento del contributi                                                Torna Sopra

Una delle tante piaghe del condominio è costituita dai condomini ritardatari nel pagamento dei contributi. 
La questione presenta molti aspetti, che l’amministratore farà bene a valutare nel suo stesso interesse, prima ancora che nell'interesse del condominio. 
Dispone l'art 63, primo comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile che "per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione
approvato dall'assemblea, l'amministratore può ottenere decreto d'ingiunzione esecutivo, nonostante opposizione". Tale norma, che è stata dichiarata legittima dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 40 del 13.1.1988, offre un mezzo rapido ed efficace all'amministratore per agire contro i condomini e pone la sola condizione che il preventivo sia regolarmente approvato dall’assemblea. 
In altri termini l'amministratore curerà che il prospetto preventivo da lui predisposto ed approvato venga, dal presidente dell'assemblea, allegato al verbale e controfirmato dal presidente stesso: in tal modo esisterà la idonea prova scritta per la richiesta del decreto ingiuntivo. 
La sentenza di Cassazione n. 1789 del 12.2.1993 ha precisato che il decreto ingiuntivo può essere chiesto non solo sulla base del preventivo, durante la gestione annuale, ma anche sulla base del consuntivo approvato, quando la gestione annuale è terminata; inoltre, il decreto ingiuntivo può essere chiesto anche in base ai prospetti delle spese condominiali non contestati, ma in questo  caso non può ottenere la clausola di immediata esecuzione nonostante opposizione(Cass., sent. n. 3296 del 10/4/19969. 
Secondo la sentenza di Cassazione n. 1588 del 23.5.1972, l'art. 63 DD.AA. delcodice civile non opera un'identificazione tra stato di ripartizione e preventivo delle Spese ordinarie di gestione, nel senso che solo per la riscossione delle spese attinenti a quest’ultimo l'amministratore sia abilitato, nel corso della gestione, all'azione giudiziaria nelle forme del procedimento monitorio; la norma, invece, non operando distinzione, consente all'amministratore di ottenere il decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo anche per la riscossione dei contributi relativi a spese straordinarie (in tal senso anche la sentenza di Cassazione n. 184 del 18.1.1973) una volta approvato dall'assemblea lo stato di ripartizione dei contributi di spesa, nonché per spese aventi riferimento ad esercizio pregresso, le quali possono legittimamente essere portate all'esame ed al voto dell'assemblea condominiale, le deliberazioni della quale investono singolarmente i condomini interessati. 
Rientra tra le attribuzioni dell'amministratore del condominio di edifici la riscossione dei contributi dovuti dai condomini in base allo stato di ripartizione, valendosi - quando il preventivo sia stato approvato dall'assemblea - anche del procedimento giudiziario, compreso quello ingiuntivo, altresì nei confronti di chi, subentrato ad altro condomino, è tenuto al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e all'anno precedente. 
Inoltre, sulla questione delle azioni immediatamente esecutive per ottenere il pagamento dei contributi condominiali dai condomini morosi, la Cassazione con la citata sentenza n. 1588 del 23.5.1972 ha ritenuto: "L'art. 63 delle DD.AA. del codice civile conferisce al verbale di assemblea attinente allo stato di ripartizione dei contributi non già la forza di titolo esecutivo, bensì valore probatorio privilegiato (corrispondente a quello dei documenti esemplificativamente elencati nell'art. 642 del codice di procedura civile), ilquale vincola, su domanda, il giudice dell'ingiunzione alla concessione della
clausola di immediata esecutività". 
Infatti l’approvazione con le prescritte maggioranze, da parte dell'assemblea del condominio dell'edificio, del bilancio consuntivo, legittima l'amministratore ad agire per ottenere il pagamento delle somme risultanti dal bilancio stesso, senza essere ulteriormente tenuto a sottoporre all’esa- me dei singoli condomini morosi i documenti giustificativi delle spese adottate,
espletando cosi il relativo controllo in sede di approvazione del bilancio stesso (Cass.; sent. n. 4751 del 23.7.1988). 
Ogni richiesta di anticipazioni delle spese deve rispettare i criteri previsti per la definitiva ripartizione delle spese stesse (Cassazione, sentenza n. 2164 del 241.1973) 
Sorge a questo punto la questione: in :qual momento il condomino ritardatario deve ritenersi moroso; e quando è opportuno agire; anche legalmente per ottenere il pagamento ? 
Deve essere tenuto presente: 
a) in molti regolamenti di condominio è indicato entro quanti giorni dalla richiesta dell’amministratore     debbono essere effettuati i pagamenti e talvolta anche la penalità a carico dei ritardatari; 
b) qualora nulla disponga al proposito il regolamento, sarà opportuno far
regolamentare          
    dall’assemblea tale questione facendole, appunto, stabilire entro
quanti giorni debba essere          
    effettuato il versamento, quali siano le penalità per i ritardi e quando l'amministratore sia tenuto 
    ad agire giudizialmente per ottenere il pagamento; 
c) i crediti del condominio verso i singoli condomini (a differenza dei crediti del locatore verso l'inquilino) non sono assistiti da alcun privilegio legale: è evidente quindi che, in caso di fallimento del condomino moroso, il condominio avrà ben poche probabilità di recuperare alcunché dal fallimento; è ovvio che la perdita sarà tanto maggiore quanto maggiore sarà stata la tolleranza dell'amministratore nell’attendere il versamento delle quote. In questi casi - specie quando il termine di pagamento delle quote fosse fissato dal regolamento o dall'assemblea l’amministratore potrebbe trovarsi a .rispondere per la perdita subita dal condominio se non dimostrasse di aver agito a tempo debito giudizialmente, tanto più che, in virtù del decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, si può ottenere regolare. iscrizione ipotecaria sull'immobile del condomino moroso; infatti a norma dell'art. 655 del Codice di procedura civile i decreti ingiuntivi immediatamente esecutivi sono titoli per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale. 

Spesso l'amministratore ha la tendenza alla tolleranza, si accontenta di spedire platonici solleciti che spesso lasciano il tempo che trovano e i condomini ritardatari saranno eternamente in ritardo nei pagamenti, con conseguente scarsa puntualità del condominio nel pagamento dei fornitori. In molti casi abbiamo riscontrato dei rendiconti in cui risultano condomini debitori addirittura da oltre un anno: veramente fuori misura, specie se si tiene presente quanto illustrato sopra, al punto c).

Pertanto il potere-dovere di riscuotere i contributi tempestivamente va fermamente esercitato dall'amministratore, il quale si appellerà sempre, nei solleciti e negli eventuali atti giudiziali, a norme di regolamento (da applicarsi sempre rigidamente) o alla norma che avrà avuto la preveggenza di far approvare, alla prima occasione, dall'assemblea, e da riprodurre nella corrispondenza di sollecito, la quale si concluderà con la formula "spiacente di doverLa importunare con la presente e con le eventuali successive azioni derivate dal ritardato pagamento, a cui il sottoscritto è tassativamente obbligato, sotto personale responsabilità, dalle norme di legge e condominiali". 

In questo quadro vale l'avvertenza essenziale che il pagamento delle spese non può essere chiesto con azione giudiziaria al condomino apparente (cioè a colui che si è sempre comportato come condomino senza esserlo), ma solo al condomino effettivo (Cass., sent. n. 6187 del 27.6.1994). 

Del tutto sconsigliabile, infine, nel caso di carenze di cassa, che l'amministratore anticipi del denaro di tasca propria, se non dispone di un conto bancario intestato al condominio per il quale sia possibile andare in rosso: occorrerà convocare l’assemblea per ottenere il reintegro dei fondi,
essendo imprudente l'alternativa di pagamenti ai fornitori che comporta il rischio di azioni legali con le spese connesse. 

Agendo in giudizio per il recupero del dovuto, occorre far bene attenzione che l'azione sia diretta contro l'effettivo condomino e non contro il cosiddetto "condomino apparente", qual è ad esempio il marito che si sia sempre comportato da condomino dell'appartamento di proprietà esclusiva della moglie (Cass.; sent. n. 6187 del 27/6/1994) 

11) Sospensione dei servizi ai condomini morosi                                                              Torna Sopra

L’ultimo comma dell'art. 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile dispone altresì, che: "in caso di mora nel pagamento dei contributi, che si sia protratta per un semestre, l'amministratore, se il regolamento di condominio ne contiene l'autorizzazione, può, sospendere al condomino moroso l'utilizzazione dei servizi comuni che sono suscettibili di godimento separato". Tale norma è sovente priva di validità pratica. Innanzitutto è posta la condizione che il regolamento di condominio autorizzi tale comportamento punitivo dell'amministratore nei confronti del condomino moroso. In secondo luogo, difficilmente l’amministratore che "manu militari" sigilli gli allacciamenti del riscaldamento, dell’acqua ecc. al condomino moroso e che questi vi consenta pacificamente, senza necessità di ricorso alla magistratura, la quale potrebbe anche respingere la domanda del condominio. In terzo luogo la norma potrebbe applicarsi solo dopo oltre un semestre di morosità, e non è certo un buon amministratore quello che tolleri un semestre di morosità. Inoltre, se è vero, come taluni autori rilevano, che le misure dispensano il condomino dal pagamento dei debiti maturati nei confronti del condominio, è altrettanto vero che potrebbe sorgere la questione se il condomino sia tenuto egualmente a partecipare alle spese inerenti il periodo in cui i servizi gli siano stati sospesi. 
Norma, dunque, poco utilizzabile, ben potendo l'amministratore, assai più efficacemente, ricorrere al mezzo offerto dal primo comma dello stesso art. 63 delle DD.AA. del codice civile, cioè ottenendo un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo.   
Qualora l'opponente al decreto ingiuntivo emesso ai sensi dell'art. 63 delle DD.AA. cod. civ. per il pagamento di contributi condominiali contesti la sussistenza del debito e la documentazione posta a fondamento dell'ingiunzione (verbale della delibera assembleare), incombe all'amministratore del condominio, in quanto attore, l'onere di dimostrare i fatti costitutivi del credito con la produzione di tutti gli Opportuni documenti (Cass., sent. n. 7569 del 29.8.1994), cioè delibere assembleari, regolamento di condominio, fatture fornitori e libro paga dipendenti ecc.

  12) Interessi di mora                                                                                                        Torna Sopra

In alcuni regolamenti di condominio è prevista l’applicazione di penalità a  carico dei condomini che ritardano i pagamenti delle quote condominiali; tali penalità sono, normalmente, espresse con un tasso di mora percentuale da applicarsi sulla somma di cui è ritardato il pagamento. Si ritiene che l'amministratore di condominio debba effettuare, previa messa in mora con raccomandata A.R., l'addebito di. cui trattasi, almeno nei casi più rilevanti e sistematici di ritardo nei pagamenti il calcolo dell'interesse di mora va fatto a partire dalla data di scadenza {o termine) per il pagamento della quota condominiale; data o termine che può indifferentemente risultare nel regolamento di condominio, oppure nella delibera assembleare di approvazione del preventivo della gestione (in questo caso il termine 'è implicitamente o esplicitamente accettato da tutti i condomini per il solo fatto di non aver fatto ricorso contro la delibera di approvazione del preventivo annuale con contestuale determinazione delle rate di pagamento dei contributi), oppure dalla data della messa; in mora. 
Se nessuna disposizione risulta dal regolamento di condominio, l'interesse di mora per ritardato pagamento delle quote condominiali è quello previsto dalla legge e cioè il due e cinque percento in ragione di un anno. 
Tale interesse può spettare al condominio, quando il denaro in cassa era egualmente sufficiente per affrontare gli impegni, ma dovrebbe spettare all'amministratore, se questi è stato costretto ad anticipare denari suoi per affrontare impegni dell'amministrazione.   
Se il regolamento contiene l’indicazione del tasso di mora (e di eventuali penalità) a carico dei ritardatari, esso andrà applicato nei modi indicati dal regolamento stesso.
L'assemblea può deliberare, con la maggioranza del 2° comma art. 1136 del codice civile; un'integrazione del regolamento che nulla disponeva, purché il tasso di mora a carico dei ritardatari non sia superiore all'interesse legale: per penalità più pesanti occorre l’unanimità e la forma scritta con la firma di tutti i condomini.   
La disposizione del regolamento condominiale che prevede una indennità di mora in caso di ritardato pagamento dei contributi da parte dei condomini non ha natura di clausola penale e non può essere ridotta dal giudice (Cass., sent; n. 5977, del 19.5.1992). 

  13) Ripartizione dei debiti consolidati dei condomini morosi                                        Torna Sopra

La ripartizione dei debiti consolidati e inesigibili dei condomini morosi (ad esempio per prescrizione) va fatta in base alle quote millesimali di tutti i condomini, compresi coloro che sono subentrati nella proprietà dell'insolvente. 
Ciò può avvenire solo quando l'inesigibilità sia definitiva e solo per la parte non recuperabile dal subentrante nella proprietà, che risponde per le quote dell'anno in corso e di quello precedente. 

  14) Fallimento e insolvibilità del condomino                                                                    Torna Sopra

I due concorrenti principi della non tollerabilità del ritardo nel pagamento delle quote condominiali da parte dei singoli obbligati e della responsabilità, per manifesta negligenza, dell'amministratore che abbia tollerato tali ritardi si prestano alle osservazioni che seguono.   
Nel caso di fallimento del condomino, il condominio non è creditore privilegiato, salvo che non si sia effettuato il sequestro dell'immobile a tutela del credito, ma ad esso si offre però la valvola di sicurezza dell'art. 63, secondo comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile per il quale "chi subentra nei diritti del condomino (nella specie: l'acquirente dell'immobile che subentra al condomino fallito) è obbligato, solidalmente, al pagamento dei contributi condominiali relativi all'anno in corso e a quello precedente".   
Che la norma sia applicabile anche nel caso di fallimento del condomino e gravi nel subentrante non è' però, del tutto pacifico, mentre l'estensione della norma nel tempo è in realtà assai modesta, se l'amministratore non intervenne tempestivamente per ottenere il pagamento delle spese quando si manifestarono i primi sintomi di insolvenza del fallito. Infatti, dall'epoca di tali primi sintomi a quella del subentro di chi acquista dal fallimento, trascorre un periodo di tempo certamente molto lungo (e la somma del dovuto si ingrosserà continuamente). Riesce quindi evidente, anche sotto questo profilo, la necessità di azioni tempestive per ottenere i pagamenti.Non è infatti difficile ga immaginare quale sia lo stato d'animo degli altri condomini nei confronti dell’amministratore quando si trovassero a dover pagare anche le quote non pagate dall'obbligato fallito (che, a prescindere dalla responsabilità dell’amministratore, andranno ripartite fra tutti secondo le quote millesimali).
L'art. 47 della legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942) prevede che se al fallito vengono a mancare i mezzi di sussistenza, il giudice delegato, sentito il comitato dei creditori (se c'è) ed il curatore, può concedere un sussidio a titolo di alimenti per lui e la famiglia. Aggiunge ancora tale norma che la casa di proprietà del fallito, nei limiti in cui è necessaria per l'abitazione di lui e della sua famiglia, non può essere distratta da tale uso fino alla liquidazione delle attività: ciò comporta che il pagamento delle spese condominiali spetta al fallito occupante, alla sua famiglia o alla curatela
fallimentare (ma, in quest'ultimo caso, solo per le spese ordinarie). Se si tratta di immobile locato, il fallimento provvede pagamento delle spese deducendole dal reddito della locazione.   
Forse addirittura peggiore, per il condominio, è l'ipotesi di esecuzione forzata sulla proprietà di un condomino: durante la lunghissima procedura esecutiva, sino alla vendita all'asta, debitore delle spese resta il condomino moroso, che ovviamente continuerà a non pagare. 
In tutti i casi in esame è necessario che l'amministratore si faccia assistere da un legale esperto in materia, 

15) Riscossione dei contributi: inquilini o comodatari dei condomini.                              Torna Sopra

      Debitori dei contributi è il condomino, non l'inquilino, nel caso di proprietà locate (Cass., sent. n. 10719 del 28.-lo. 1993). Pertanto al condomino, e non all'inquilino, vanno inviate le richieste di. pagamento, anche per il riscaldamento ed anche se è l'inquilino e non il condomino ad avere, per esso, diritto di voto nelle assemblee, salvo che l'inquilino abbia stipulato accordi diretti con l'appaltatore del riscaldamento (Cass., sent. n. 384 del 13 gennaio 1995).  
Nella pratica, accade, sovente, che l'amministratore esiga il pagamento di cui trattasi direttamente dagli inquilini: ciò non muta i termini della questione (incarico particolare ed estraneo al condominio, inerente alla sola riscossione, conferito dal condomino locatore all'amministratore); quella parte della giurisprudenza, a livello inferiore, che aveva ritenuto che l'amministratore potesse agire anche in giudizio, direttamente contro l'inquilino, per la riscossione delle spese (Pret. Grosseto, sentenza 10.1.1986; Trib. Milano, sent. 11.2.1980, Pret. Santhià 21.1.1984 e, limitatamente al riscaldamento, Pret. Verona 20.6.1983) è stata smentita come infondata dalla Cassazione con sent. n. 246 del 12.1.1994. 
Gli stessi argomenti valgono nel caso di comodatari, cioè di chi utilizza unità immobiliari per concessione gratuita del condomino proprietario. 

16) Riscossione del contributi usufrutto e nuda proprietà spettanti a soggetti diversi. Torna Sopra

Mentre al paragrafo precedente è di intuitiva evidenza, più complesso e invece lo stabilire chi debba rispondere delle spese condominiali, nel caso che l’usufrutto di un appartamento sia separato dalla nuda proprietà ed i corrispondenti diritti spettino a persone diverse, talora nemmeno coabitanti nell'immobile.
Se si considera che, a norma dell'art. 67 delle DD.AA. del codice civile, l'usufruttuario ha diritto di voto nell'assemblea per l'ordinaria amministrazione (cfr. paragrafo 116/3) e ciò in armonia con gli art. 1004 e 1005 del codice civile che stabiliscono quali spese inerenti la cosa oggetto di usufrutto siano a carico dell'usufruttuario e quali a carico del nudo; proprietario, sembrerebbe di dover concludere che l'amministratore debba indirizzare la sua richiesta all'usufruttuario. Tale tesi è condivisa. da parte della dottrina e risponde anche all’utilità pratica (in quanto, spesso, l’usufruttuario è anche l'abitante dell'appartamento). Ma non può non tenersi conto di altre circostanze: che le spese straordinarie di cui all'art. 1105 del codice civile sono a carico del nudo proprietario, che la ripartizione delle spese tra usufruttuario e nudo proprietario è una questione, che non riguarda il condominio, e che, infine, non sarà sempre chiaro per l'amministratore quali spese competono all'una o all altra parte, né ha egli alcun interesse a vedersi coinvolto in discussioni fra nudo proprietario e usufruttuario. 
La giurisprudenza (Cassazione, sentenza n. 148 dell'1.3 1944) sembra orientata nel ritenere che anche quando un condomino sia solo nudo proprietario a lui spetti - e non al titolare dell'usufrutto - di pagare i contributi condominiali Cfr. anche Pretura Matera, - sentenza 13/3/1958, per la quale il nudo proprietario e non l'usufruttuario dell'appartamento con annesso lastrico solare di un edificio in condominio è legittimato passivamente nel giudizio per le spese di .rinnovazione totale del lastrico solare stesso). Nel senso contrario di solidarietà di nudo proprietario ed usufruttuario è, però, Trib. Genova, sent. 15.1.1987. 
Tale tesi presenta il fianco a critiche (il nudo proprietario si troverebbe obbligato di fronte al condominio a pagare delle spese per le quali. il potere .di disporre in assemblea spetta invece all'usufruttuario), che vengono eluse affermando l'indubbio diritto del nudo proprietario di rivalersi sull'usufruttuario. 
Di tale indirizzo giurisprudenziale deve tenersi conto, perché l’amministratore sappia contro chi deve agire nel caso di mancato pagamento delle quote. 
Per quanto riguarda la riscossione dei contributi, quindi, indirizzerà le richieste all'usufruttuario, specie se questi abita nell'edificio amministrato, sinché tutto va bene e se in questo senso sono d'accordo anche gli interessati, mentre, in caso di ritardo nei pagamenti, si rivolgerà al nudo proprietario ed agirà contro di lui in caso di morosità. 
In caso di interventi di recupero edilizio sull'edificio condominiale, qualora il programma delle opere sia approvato ed ammesso ai contributi di legge, alla relativa spesa sono tenuti, ai sensi dell'art. 15, comma 4, legge 17 febbraio 1992, n. 179, anche i nudi proprietari e i titolari di diritto di usufrutto, uso ed abitazione nella misura della rispettiva quota che va determinata ai sensi degli art. 46 e 48 del T.U. imposta di registro 26 aprile 1986, n. 131 e dell'allegato prospetto dei coefficienti per la determinazione dei valori attuali dei diritti di usufrutto a vita e delle rendite o pensioni vitalizie calcolati al saggio di interesse legale vigente. 
In caso di rifiuto di pagamento da parte di tali soggetti l'amministratore può far valere come titolo esecutivo per ottenere tale pagamento la delibera di riparto della delibera adottata dall'assemblea condominiale, così come previsto dall'art. 15, comma 3, legge n. 17911991 è pubblicato nel capitolo (il testo della legge 179/1991 è pubblicato nel capitolo "Perimento totale o parziale e ricostruzione dell'edificio", par. 310/2). 

17) Riscossione del contributi: morte del condomino proprietario                                Torna Sopra

In caso di morte di un condomino, a quali soggetti si deve rivolgere l'amministratore per ottenere il pagamento delle spese condominiali, se non gli è pervenuta alcuna dichiarazione in ordine alla successione o atto di divisione dei beni del defunto? 
In questo caso, il debito relativo alle spese condominiali assume la qualità di debito ereditario soggiacendo così al disposto dell'art 752 del codice civile per il quale " i coeredi contribuiscono tra loro al pagamento dei debiti e pesi ereditari in proporzione delle loro quote ereditarie, salvo che il testatore abbia altrimenti disposto". 
L’applicabilità di questa norma non esclude, peraltro, la possibilità del recupero delle somme in base a quanto disposto dall’art 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile per il quale "chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente". Questa norma dà la possibilità all'amministratore di condominio di rivolgersi all’autorità giudiziaria competente, per ottenere, nei confronti degli condomino defunto, un decreto ingiuntivo a pagare le spese in questione allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, qualora detti eredi non autonomamente.

  Riscossione dei contributi:

18) Conguagli fra venditore ed acquirente                                                                       Torna Sopra

L’art. 63, 2° comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile dispone che "chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questo, pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente". 
Si tratta di una disposizione quanto mal saggia e opportuna, perché chi acquista un appartamento in condominio deve avere la diligenza di accertare la posizione debitoria del proprio venditore nei confronti dell'amministrazione di condominio, rivolgendosi all'amministratore: se non lo fa, peggio per lui. 
Questa norma, che opera in ogni caso, anche nei confronti di chi ha acquistato l'immobile a un'asta pubblica (Trib. Milano, sentenza 8.7.1971) ha il pregio di evitare all'amministratore di essere coinvolto nelle non infrequenti contestazioni fra i contraenti della compravendita, in ordine alla decorrenza e attribuzione di certe spese a carico dell'uno o dell'altro: richiesto dalle parti di provvedere al conguaglio, l'amministratore, appellandosi alla riportata norma, potrebbe dichiarare di non esservi tenuto perché i conguagli delle spese debbono essere regolati direttamente dalle parti, mentre prenderà nota dell'avvenuto trasferimento di proprietà unicamente al fine delle convocazioni assembleari e delle future richieste di versamento dei contributi, senza che questo significhi rinuncia a far valere il 2° comma dell'art. 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile. 
Qualora, a fronte della richiesta di un versamento, fatta al nuovo proprietario, o alla richiesta del saldo di pendenze sospese, l'amministratore si sentisse eccepire che tali contributi dovevano essere pagati dalla parte venditrice, l'amministratore formulerà nuovamente la richiesta di quanto dovuto, in duplice copia, inviandone una al venditore e. l'altra al compratore ed avvertendo che, a norma dei ripetuto 2° comma art. 63 delle DD.AA. del codice civile, in caso di mancato pagamento della somma entro 15 giorni (o entro il termine fissato dal regolamento o da delibera dell'assemblea) sarà costretto a chiamare in giudizio e in solido entrambe le parti. 
In ogni caso l'omessa comunicazione all'amministratore di condominio dell'avvenuto subentro nella proprietà di un'unità immobiliare non esoneri il nuovo condomino dagli obblighi in materia di spese condominiali: in tal senso la Cassazione, sentenza n..1946 de1 26.4.1978. 
L'amministratore di condominio, ove ne sia richiesto dalle parti interessate, deve provvedere al conguaglio delle spese fra venditore ed acquirente di un'unità immobiliare; il conguaglio esatto può essere effettuato solo al termine della gestione, quando sarà noto l'effettivo ammontare delle spese sostenute per la gestione in corso al momento del trasferimento di proprietà dell'unità immobiliare; ove non esistano richieste o contestazioni delle parti, nessun rilievo particolare sarà dato per eventuali spese straordinarie. 
Le corrette regole del conguaglio delle spese condominiali fra venditore ed acquirente sono le seguenti: 
     l'amministratore deve prendere in considerazione il preventivo della gestione annuale relativamente all'unità immobiliare compravenduta (secondo la sent. di   Cassazione n. 4393/1997 le spese straordinarie per opere iniziate dopo la data della compravendita sono a carico dell'acquirente anche se deliberate in precedenza dall'assemblea);
    detrarre dalla quota l'importo di eventuali spese straordinarie già effettuate alla data in cui è avvenuta la compravendita; 
   dividere l'importo per 365 (giorni dell'anno) e quindi moltiplicare il risultato per i rispettivi giorni dell'anno di proprietà del venditore e dell'acquirente, comunicando alle parti il conguaglio e precisando che esso è provvisorio e verrà precisato al momento dell'approvazione del rendiconto annuale finale; 
   rifare gli stessi conteggi di cui alla lettera precedente considerando il consuntivo di cui al rendiconto annuale, comunicando alle parti il conguaglio definitivo. 
Ove esista un fondo di riserva, ved. il paragrafo 102. 

19) Riscossione dei contributi: centrale termIca di un "supercondominio"             Torna Sopra

Nell’ipotesi di una centrale termica che sia al servizio di più edifici condominiali (cosiddetto supercondominio), i partecipanti alla comunione debbono nominare un amministratore che ne assicuri la gestione, nell'interesse comune. 
Pertanto, gli amministratore dei singoli condomini, potendo esercitare i poteri previsti dagli artt.1130 e 1131 cod. civ., soltanto con riferimento all'edificio cui sono preposti, non sono legittimati a pretendere dai singoli condomini i contributi relativi all'esercizio della centrale termica, salvo che tale potere sia stato loro attribuito con deliberazione dell’assemblea dei comproprietari della centrale (Cass.;.sent. n. 5160 del 4.5.1993). 

20) Erogazione delle spese, cioè utilizzazione dei contributi riscossi                        Torna Sopra

I Contributi riscossi dall'amministratore vanno utilizzati per pagare le spese relative alla manutenzione delle parti comuni dell'edificio e per il funzionamento dei servizi comuni (e per le voci elencate in modo più o meno dettagliato, nel preventivo annuale, approvato dall'assemblea). I pagamenti ai fornitori ed al portiere vanno effettuati secondo le consuetudini della piazza o nei modi convenuti. A noi pare che l'amministratore, per esser certo di soddisfare puntualmente i creditori del condominio, possa convenire con essi pagamenti differiti o rateali, onde cautelarsi rispetto a ritardi nei versamenti delle quote di alcuni condomini. 
Male, invece, agirebbe quell'amministratore che, dopo aver concordato con il fornitore il pagamento per contanti, ritardasse poi tale pagamento adducendo che non tutti i condomini hanno versato la loro quota. 
Va osservato inoltre che, secondo una consolidata giurisprudenza, i fornitori debbono far valere i loro crediti verso il condominio e non personalmente nei confronti dell'amministratore: perciò se capitasse, nell'assumere una nuova amministrazione precedentemente tenuta da altri, di rilevare scoperta una fattura non pagata dal precedente amministratore, ma coperta dai versamenti dei condomini non dovrà respingere i solleciti del fornitore, dicendogli di rivolgersi al vecchio amministratore, ma dovrà pagare, se il conguaglio di cassa col precedente amministratore è stato fatto, oppure chiedere istruzioni all'assemblea se non è. possibile farsi consegnare dal precedente amministratore la cassa del condominio, tanto per l'azione da instaurare contro l'ex amministratore, quanto per il necessario pagamento della fattura al fornitore. 
Sul termine di "erogare", in relazione alle spese condominiali, usato dal
legislatore nell'elencazione dei doveri dell'amministratore al n. 3° dell'art. 1130 del codice civile, esiste qualche disputa in dottrina: vi abbiamo accennato nel paragrafo 49, con particolare riguardo ai criteri di formazione del preventivo annuale. 
Le regalie d'uso (mance e simili) effettuate dall'amministratore, anche se autorizzate verbalmente dai condomini, devono essere deliberate o successivamente ratificate dall'assemblea (Trib. Roma, sent. n. 2240 del 21.2.1987).

21) Eccedenza delle spese rispetto al preventivo approvato dall'assemblea e spese  
      per lavori straordinari con carattere di urgenza.                                                                     Torna Sopra

Da quanto esposto nei precedenti paragrafi risulta, in sostanza. che l'amministratore non ha un sicuro titolo per pretendere dai condomini il versamento di contributi eccedenti quelli stabiliti nel preventivo approvato dall'assemblea, ma ciò non significa. che non abbia alcun diritto di credito verso il condominio per queste eccedenze. 
Il recupero del credito avverrà in base all'approvazione del rendiconto annuale, approvazione che l'assemblea non potrà negare se le maggiori spese sono derivate da fattori imprevedibili e inevitabili come, ad esempio, l'aumento dei salari del portiere o delle tariffe dell' acqua, della luce, del trasporto immondizie ecc., o di altre spese che rientrino nell'ambito della ordinaria manutenzione e riparazione prevista dal n. 3° dell'art. 1130 del codice civile Inoltre la legge ammette che l'amministratore "può" ordinare lavori di manutenzione straordinaria se rivestono carattere di urgenza (tale da non poter attendere, senza danno o pericolo, il periodo di tempo necessario per la convocazione dell'assemblea e la relativa deliberazione), con l'obbligo di riferire alla prima assemblea (ultimo comma art.1135 del codice civile), mentre  nega esplicitamente all'amministratore il potere di ordinare opere di manutenzione straordinaria non urgenti, perché ogni decisione in materia spetta ll'assemblea a norma del n. 4° art.1135 del codice civile (e se le opere sono di notevole entità occorrerà – per la delibera - anche la speciale maggioranza del 2° comma art 1136 del codice civile). 
I concetti esposti meritano di essere parafrasati come segue. 
L'amministratore riscuote i contributi e deve destinarli per le opere ed i servizi indicati nel preventivo annuale della gestione, rispettando, per quanto possibile, i limiti di spesa ivi stabiliti. Riscuote inoltre e spende il denaro elativo a riparazioni straordinarie, innovazioni e simili, regolarmente deliberate dall'assemblea, cui la legge riserva ogni decisione nelle materie eccedenti l'ordinaria amministrazione. 
Può provvedere poi alle riparazioni straordinarie non preventivate né approvate, solo se urgenti, utilizzando i fondi disponibili, anche se diversamente destinati, e riferendo quindi alla prima assemblea, per avere titolo di chiedere il reintegro della cassa: ciò a norma dell'ultimo comma art. 1135 del codice civile. 
E’ importante quindi stabilire la distinzione tra manutenzione riparazione ordinaria e straordinaria e, nel secondo caso stabilire quando sussista il requisito dell’urgenza. 
Il confine che separa i lavori di manutenzione ordinaria da quelli di manutenzione straordinaria è un po' incerto: approssimativamente può dirsi che sono lavori di manutenzione ordinaria quelli che si ripetono normalmente, anche se a distanza di tempo (su tale presupposto la Cassazione, con sentenza n. 2864 del 22.10.1960, ha ritenuto che anche le spese per il cambio funi e serrature dell'ascensore sono di manutenzione ordinaria e il Trib. Milano, con sent. 5.3.1962, le spese di manutenzione e riparazione di un gabinetto comune, ammontanti, all'epoca, a circa 100.000 lire). Lavori di manutenzione straordinaria sono quelli aventi carattere di eccezionalità, sia per la loro infrequenza nel tempo, sia per la loro rilevanza economica. Manutenzione straordinaria sarà quindi l'aerosabbiatura della facciata, il cambio motore
dell'ascensore, il consolidamento delle fondazioni, la rimozione di cornicioni pericolanti, la sostituzione caldaia riscaldamento, la sostituzione di tubi pluviali e di fognatura, il prosciugamento delle cantine, il rifacimento di un'impermeabilizzazione, di parte rilevante del tetto delle scale ecc. 
La nozione di manutenzione straordinaria è ricavabile anche all'art. 1005, 2° comma, del codice civile: "opere necessarie alla stabilità dei muri maestri e delle volte comuni, sostituzione delle travi comuni, rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta". 
Per quanto riguarda i lavori di manutenzione straordinaria, aventi carattere di "urgenza", vale, come traccia. la sentenza di Cassazione n. 4498 del l6.l2~1954: 
"L'art. 1135 del codice civile abilita espressamente l'amministratore ad ordinare di manutenzione straordinaria che rivestano caratteri di urgenza, imponendogli l'obbligo di riferirne alla prima assemblea dei condomini. Pertanto il compimento dei lavori suddetti non costituisce eccesso di mandato, né l'obbligo di riferirne alla prima, assemblea può confondersi con la necessità di ratifica di un atto esorbitante dal mandato, rientrando, sia pure con carattere particolare, nell'obbligo generale che incombe all'amministratore di rendere conto della sua gestione ai condomini i quali hanno ampio potere di controllo su tutto il suo operato".
A parte le enunciazioni di diritto, la materia dei lavori straordinari urgenti è una delle più tormentate, mancando la preventiva approvazione della spesa ed essendo ignota l’accoglienza che i condomini riserveranno all'iniziativa. 
Talvolta capiterà all’amministratore di sentirsi contestare il diritto ad ordinare i lavori, per mancanza del requisito dell'urgenza. 
A volte l'assemblea, pur non contestando il requisito dell'urgenza, contesterà l’entità della spesa e il modo con cui si è provveduto: la caldaia poteva essere riparata ma venne radicalmente sostituita. Gli scalini rotti potevano essere cambiati singolarmente, non rifacendo l'intera rampa di scale. Si dovevano sostituire le tegole danneggiate o mancanti, non rifare il tetto con materiali diversi. E così via di questo passo. 
Quali le conseguenze? Evidentemente, negli esempi suddetti, si è in presenza di
una contravvenzione alle norme di legge o, quanto meno, di un eccesso nello svolgimento del mandato, dovuto ad erronea valutazione delle circostanze di fatto e dei provvedimenti da adottare. 
Ciò non dovrebbe significare, però che l’amministratore debba tenersi a suo carico la spesa o l’eccedenza della spesa (come avviene invece, per espressa disposizione dell’art. 1134, per il condomino che effettui spese per le cose comuni senza autorizzazione e senza che le spese siano urgenti), perché la legge non prevede una simile sanzione. 
Si applicheranno gli artt. 2031 e 204l del codice civile, in base ai quali (gestione di affari, arricchimento senza causa) l'amministratore avrebbe diritto egualmente al rimborso della spesa sostenuta (restando libera l'assemblea di adottare diversi provvedimenti, quali ad esempio la revoca dell'amministratore); alla stessa conclusione si giunge considerando le regole sul mandato (artt. 1708 e 1711 del codice civile) 
La Cassazione, con sentenza n. 10144 del 19.11.1996, precisa che l'inosservanza dell'altro obbligo (quello di riferire alla prima assemblea sulle opere straordinarie urgenti effettuate) non preclude il diritto dell'amministratore al rimborso delle spese, riconosciute urgenti, nei limiti in cui il giudice le ritenga giustificate. 
Si può, quindi, concludere che l'amministratore può e deve provvedere ai lavori di riparazione e manutenzione straordinaria aventi il requisito dell'urgenza ed economicamente poco onerosi.
Ma quando la spesa è rilevante in senso assoluto (esborso totale) e relativo (quote a carico dei singoli condomini) pensiamo di dover condividere l'opinione espressa dal Branca ("Commentario del codice civile") il quale afferma che l'amministratore ha il "potere" di intervenire nel caso di urgenza, ma non l'obbligo e perciò non è tenuto a rispondere delle conseguenze se non provvede. L' amministratore è però tenuto ad avvisare subito del pericolo i condomini (convocando l'assemblea), in quanto egli deve badare alla conservazione delle cose comuni: se gli è noto il pericolo e non avvisa, evidentemente ha male amministrato ed è colpevole. 
Come bene osserva a sua volta il Raschi, è opportuno che qualora l'amministratore, per prudenza, preferisca interpellare l'assemblea, avverta immediatamente, mediante lo stesso avviso di convocazione, del pericolo o dell'urgenza dei lavori, invitando i condomini. ad adoperarsi per prevenirlo o non aumentare comunque i danni già verificatisi. 
Infine, la Cassazione, con sentenza n. 3226 'del 27.12.1963, ha ritenuto che l'assemblea può approvare a posteriori un'opera e la relativa spesa non preventivamente deliberata. 
Ammettiamo che, eccedendo dai limiti del mandato, l'amministratore ordini dei lavori non urgenti ed effettui, le relative spese (il che accade, spesse volte sul piano pratico, per decisione o pressione del consiglio di condominio). In questi casi è pacifico che l'assemblea può, in sede di discussione del consuntivo, rifiutare l'approvazione della spesa non preventivata, accollandola quindi all'amministratore. 
Al contrario può succedere che l’assemblea approvi il consuntivo (e quindi anche la spesa non preventivata in esso inclusa): in questo caso l'opera dall'amministratore è ratificato, a posteriori e sorge l'obbligo dei condomini di contribuire pro quota alla spesa non preventivata, ma approvata a posteriori. 
Può' darsi, infine, che la maggioranza dei condomini approvi, a posteriori, la spesa non preventivata, e la minoranza dissenta, pretendendo di essere esonerata dal pagamento. Di questo caso il codice civile non offre la soluzione, mentre secondo le regole del mandato sembrerebbe che l’approvazione a posteriori da parte de1la maggioranza dei condomini vincoli al pagamento la minoranza dissenziente. 
Tale soluzione (conforme, come vedremo più avanti alla giurisprudenza di Cassazione) lascia tuttavia alquanto perplessi . Infine la legge sul condominio è nel senso che la volontà dei condomini in materia di spese deve formarsi in sede assembleare e in sede preventiva, con un divieto implicito per l'amministratore ordinare opere ed effettuare spese non urgenti non preventivate. Si è anche detto spesso, fondatamente, che la regola della nullità delle assemblee quando sia stato omesso l’invito anche a un solo condomino (ancorché non determinante ai fini della formazione della maggioranza ) deriva dalla necessità di mettere tutti i condomini nella condizione di estrinsecare la loro volontà e di portare il migliore contributo all'amministrazione della cosa comune. Orbene, ammettere che l'assemblea possa, a maggioranza, approvare a posteriori una spesa non urgente non preventiva vincolando la minoranza, nonostante il dissenso della minoranza stessa, significa anche ammettere che la violazione di una. regola ben precisa imposta dalla legge (u.c. art. 1135 del codice civile), da parte dell'amministratore, non ha alcuna conseguenza pratica ove sia intervenuto, fuori dell' assemblea, un accordo fra l'amministratore e la maggioranza dei condomini od i consiglieri di condominio, tale da mettere la minoranza di fronte al fatto compiuto ed al riparo di ogni sua possibilità di controllo o di impugnazione della delibera. Al limite sarebbe addirittura possibile, in questo modo, effettuare una spesa che fa comodo alla' maggioranza, moltiplicandone i costi apparenti e far pagare l'intero costo effettivo alla minoranza dissenziente. 
Comunque, come già abbiamo accennato, la giurisprudenza è nel senso della sanabilità a posteriori, con l'approvazione in sede di consuntivo, delle spese non preventivate, da parte della maggioranza (maggioranza che dovrà essere qualificata nei casi previsti dall'art. 1136 del codice civile, 4°e 5°comma): l'unico precedente noto è quello della sentenza di Cassazione civ., n. 3226 del 14.10.1963, che dà una misura delle complicazioni che possono sorgere nell'argomento in esame. (Nella specie, la sanabilità a posteriori e a maggioranza di una spesa non preventivata è un principio affermato dalla Corte di Cassazione "ad abbondanza", dato che il caso concreto riguardava, invece, l'esecuzione di una delibera assembleare con modalità spesa ed affidamento diversi da quelli approvati dall'assemblea e la ratifica a dell'attività dell'amministratore). 

22) Disavanzo dì cassa e somme anticipate dall'ammInIstratore                                     Torna Sopra

Uno dei più diffusi motivi di malessere della vita condominiale è costituito dalla morosità dei condomini ritardatari nei pagamenti. A sua volta, il fenomeno dell'inflazione e dei continui aumenti di costo dei servizi, utenze e personale rende spesso insufficiente la provvista di cassa del condominio, costituita sulla base preventivi ottimistici. 
Il fenomeno della morosità dei condomini - specie sotto forma di ritardo nei versamenti all'amministrazione condominiale - va estendendosi a macchia d'olio, mentre quello inflazionistico è, a sua volta, sempre grave. 
Dall'uno e dall'altro fenomeno (che sono interdipendenti anche perché l'inflazione provoca alti tassi di interesse bancario che favoriscono i ritardi dei pagamenti) derivano le difficoltà di cassa dei condomini, che si traducono in ritardi di pagamenti verso i fornitori (quando ciò è possibile), o in anticipazioni di denaro dell’amministratore a favore del condominio, oltre che nel ben noto contenzioso per ottenere il pagamento dei contributi condominiali e delle penalità eventualmente previste dal rego1amento di condominio a carico dei ritardatari. 
Nel quadro di questo pasticcio tipico dell'epoca in cui viviamo, anziché farsi strada la necessità di chiarezza contabile anche per le anticipazioni dei condomini, emergono alcune questioni come le seguenti: 
    se, in quale misura e a carico di chi spettino interessi all' amministratore che abbai dovuto 
    anticipare del denaro a favore del condominio; a chi debba rivolgersi l’amministratore cessato       
    dalla carica per avere la restituzione del denaro anticipato a favore del condominio, ed altre     
   
questioni minori. 
Sul primo tema, G. Annesanti, in "Nuovo Diritto", 1977, pag. 432) richiama l’art 1720 del codice civile, per il quale "il mandante (cioè il condominio) deve rimborsare al mandatario (cioè all'amministratore) le anticipazioni con gli interessi dal giorno in cui sono state fatte...". Rileva l' Annesanti. che tale interesse è di gran lunga inferiore a quello bancario, per cui il problema è risolvibile o con continue e defatiganti assemblee che aggiornino i preventivi e turino le falle dei morosi, oppure con la costituzione di un fondo di riserva a cui possa attingere l'amministratore. Secondo la Cassazione, sent. n. 8530 del 27.9.1996 l'amministratore del condominio ha diritto di richiedere ai singoli condomini il rimborso delle somme da lui anticipate per la gestione condominiale solo nei limiti delle rispettive quote dovendosi ritenere applicabile anche nei rapporti esterni la disposizione dell'art. 1123 cod. civ., a norma della quale le spese necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell'edificio, per le prestazioni dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno.
In merito al secondo tema, va ricordata la contrastante giurisprudenza, sull'alternativa se l'amministratore cessato dalla carica debba rivolgersi al nuovo amministratore o ai condomini morosi per ottenere il soddisfacimento dei suoi crediti. Se a ciò si aggiunge la defatigante lentezza della giustizia, sarà facile pervenire alla conclusione che l'amministratore NON DEVE, in alcun caso e nel preciso proprio interesse, anticipare alcunché per turare le falle della cassa condominiale, anche a costo di qualunque conseguenza, come la sospensione di servizi di primaria necessità, sempreche l'assemblea sia stata informata tempestivamente sulla situazione di cassa. 
Per quanto attiene ai rimedi, diremmo: 
a) tenuto conto dell'inflazione, tutti i preventivi annuali, calcolati ai costi correnti del momento della loro elaborazione, debbono essere integrati, dopo la somma, con una voce "previsione di aumenti di costi durante il prossimo esercizio" nell'ordine di una percentuale pari al tasso di inflazione dell'anno precedente: è questa una pratica molto più aderente alla realtà attuale rispetto all'antico istituto del fondo di riserva (che era inteso come accantonamento a risparmio in vista di spese eccezionali e straordinarie);
b) non è facile, per l'amministratore, dimostrare quale sia lo stato di cassa del condominio, né, soprattutto, dimostrare di avere correttamente amministrato, se il denaro ricevuto dai condomini anziché essere depositato su un conto bancario speciale riguardante unicamente il, condominio (e i cui saldi sono producibili in qualunque momento agli interessati), va a finire in conti personali dell'amministratore. È proprio in questo modo (comportandosi come terzo) che l’amministratore finisce per essere trattato come un padrone di casa o come un fornitore dai condomini (e verso i padroni di casa la morosità è ammessa per legge, mentre il ritardo nei pagamenti ai fornitori è la regola e non l'eccezione nel mercato italiano). Il punto fermo, come presupposto di chiarezza, è quindi l'esistenza di un conto particolare del condominio a cui debbono affluire tutti i denari anticipati dai condomini di quel condominio. Se questo esiste, potrà essere anche possibile, ad esempio, la domanda ai ritardatari degli interessi passivi che l'amministratore abbia dovuto pagare alla banca per procurarsi i fondi; 
c) insieme ai rimedi ordinari contro i condomini morosi che si dimostrano talvolta scarsamente efficaci, sia per incertezze giurisprudenziali sulle formalità e condizioni per ottenere il decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo sia per tolleranza degli amministratori, la legge prevede (art. 63 ultimo comma delle DD.AA. del codice civile) un rimedio spesso trascurato: "In caso di mora nel pagamento dei contributi, che si sia protratta per un semestre, l'amministratore, se il regolamento di condominio ne contiene l'autorizzazione, può sospendere al condomino moroso l'utilizzazione dei servizi comuni che sono suscettibili di godimento separato".
Per attuare quest'ultimo rimedio occorre chiedere un provvedimento di urgenza al giudice, in modo da poter sospendere tutti i servizi nelle singole unità dei condomini morosi. Spesso i regolamenti di condominio NON recepiscono la normacitata, e sarà quindi necessario in questi casi far approvare dall'assemblea un'apposita integrazione del regolamento. 
Concludendo: l'ipotesi di anticipazione di somme al condominio da parte dell'amministratore è aberrante a prima vista (basta confrontare il compenso dell'amministratore con l'entità delle cifre talvolta anticipate a favore degli amministrati) ed è una ipotesi che, in rapporti chiari e corretti, non ha nemmeno ragione di esistere.

23) Mance e regalie                                                                                                                 Torna Sopra

Le regalie d'uso effettuate dall'amministratore, anche se autorizzate verbalmente dai condomini, devono essere deliberate o, quanto meno, successivamente ratificate dall’assemblea (in tal senso, Trib. Roma, sent. n. 2240 del 21.2.1987). 

  Il rendiconto della gestione

24) Rendiconto della gestione                                                                                             Torna Sopra

Alla fine della gestione annuale, l'amministratore è tenuto a sottoporre all'assemblea - per l'approvazione - il rendiconto, per il quale la legge non prescrive formalità particolari. 
A norma del 3° comma art. 1129 del codice civile l'amministratore può essere revocato dall'autorità giudiziaria, anche su ricorso di un solo condomino, se per due anni non ha reso il conto della sua gestione. 
"L'amministratore non è tenuto a rendere i conti della sua gestione ad ogni richiesta di uno qualsiasi dei condomini. Egli deve rendere i conti in occasione dell'assemblea annuale ma può comunque, per giustificati motivi, ritardare di qualche mese nella resa dei conti stessa, senza incorrere nel rischio di essi revocato. Solo nel caso che egli, per due anni, non abbia reso i conti, i condomini possono chiedere la sua revoca, salvo che vi siano altri motivi o fondati sospetti di irregolarità: sulla revoca dell'amministratore si deve provvedere con decreto in camera di consiglio ai sensi dell'art. 1129 del codice civile e 64 DD.AA." (App di Roma, sentenza n. 510 del 27.3.1957). 
L'obbligo del rendiconto sussisterebbe anche in assenza di apposite norme sul condominio, essendo sancito in modo generale per il mandatario (tale è l’amministratore di condominio) dall'art. 1713 del codice civile. 
La sede naturale per esaminare il rendiconto è l'assemblea e, al riguardo, esiste qualche precedente giurisprudenziale, secondo cui è in quella sede che l'amministratore deve dare il conto della sua gestione, senza obbligo di  inviarne copia preventiva ai condomini, allegata all'avviso di convocazione dell'assemblea che lo dovrà approvi 
"La legge, nello stabilire all'art. 1130 del codice civile che l'amministratore alla fine di ciascun anno deve rendere conto della sua gestione, non menziona quali adempimenti debba attenersi prima di presentare il conto all'assemblea. L'amministratore, quindi, non è tenuto - ove il regolamento di condominio non lo disponga espressamente - a inviare, prima della convocazione dell'assemblea, le copie contabilità pertinente la sua gestione annuale. Non è ammissibile l'estensione analogica al condominio dei principi che regolano il deposito dei bilanci delle società " (App. di Roma, sentenza n. 1859 del 21.12.1955). 
Tale giurisprudenza sembra da non condividere: a norma del 3° comma dell'art. 1105 del codice civile, applicabile al condominio per il rinvio contenuto nell' art. 1139 del codice civile, per la validità delle deliberazioni della maggioranza si richiede che tutti i partecipanti siano stati preventivamente informati dell'oggetto della deliberazione. 
Questa norma piuttosto generica non significa soltanto, a nostro parere, che a ciascun condomino debba essere comunicato l'ordine del giorno, secondo la prassi consueta, dell'assemblea, ma significa anche che i condomini debbano essere messi in grado di prepararsi alla discussione, preparazione che, in materia di rendiconto, sarebbe impossibile se il rendiconto stesso fosse ignoto sino dell'assemblea. Si potrebbe obiettare che i condomini hanno ben diritto di esaminare la contabilità condominiale presso l'amministratore, ma tale diritto, in pratica non viene quasi mai esercitato, o potrebbe, addirittura essere impedito (illegittimamente) dall'amministratore il quale pretenda, ad esempio, che le pezze giustificative siano a disposizione dei condomini soltanto per un limitato periodo di tempo precedente l'assemblea. 
Comunque in questa materia può valere anche la regola del "caso per caso": vi sono condomini modesti la cui amministrazione comprende poche e semplici voci, ed altri il cui rendiconto comprende pagine e pagine irte di cifre, a causa del numero e complessità dei servizi. Nel primo caso l'assemblea potrebbe esaminare anche senza preparazione il semplice rendiconto, nel secondo caso il mancato invio del rendiconto darebbe luogo ad assemblee interminabili perché, almeno in teoria, mancando ogni preventivo esame, ciascuna voce potrebbe venire in discussione, e può trattarsi di decine se non centinaia di voci. 
E’ evidente che, anche se non obbligatorio sotto il profilo legale, l'invio in allegato alla convocazione all'assemblea, della copia di rendiconto è opportuno, quando si tratta di condominii con un'amministrazione complessa. 
Accolto il principio dell'invio preventivo di copia del rendiconto a ciascun secondo la consuetudine dei migliori amministratori, occorre il problema risolvere, che taluni si pongono, se il rendiconto debba essere particolare, cioè redatto solo per definire la posizione del singolo condomino a cui il rendiconto viene inviato (esempio: elencazione delle spese sostenute, della quota a carico del singolo e della differenza riportata a nuovo, a credito o a debito, fra la quota dovuta e quanto anticipato coi contributi dal condomino stesso), oppure debba essere generale, cioè costituire un vero e proprio bilancio della gestione, da cui risulti la posizione debitoria e creditoria di tutti i condomini. 
Il criterio da adottarsi è il secondo: ogni condomino, in quanto partecipante al condominio e comproprietario delle parti comuni, ha un interesse diretto a conoscere non solo la sua posizione, ma anche la situazione generale dell'amministratore, deve sapere se vi sono dei condomini morosi, se il rendiconto è o meno accettabile globalmente, se la ripartizione della spesa corrisponde alle istruzioni dell’assemblea o alle norme del regolamento di condominio o di legge. 
Ben poco vale l'obiezione che, facendo conoscere agli altri condomini la posizione debitoria di taluni di essi, l'amministratore commetterebbe un'indelicatezza: tale opinione è da respingere, sia per i motivi sopra esposti, sia perché la certe posizioni debitorie torna invece utile come pungolo al pagamento per il ritardatario e come assunzione di responsabilità da parte dell'assemblea, se questa si sostituisce all' amministratore nel tollerare ritardi nei pagamenti. 
Il conto consuntivo della gestione condominiale deve essere strutturato in base al principio di cassa e non a quello della competenza, quindi le spese vanno annotate in base alla data dell'effettivo pagamento (Trib. Milano, sent. n 5036/1991).
Nel rendiconto, ovviamente, oltre all'elenco delle attività e passività, deve risultare anche la ripartizione definitiva delle spese, perché solo in base ad essa è possibile stabilire quali siano i debiti e crediti del condominio rispetto ai singoli condomini. 
L'obbligo del rendiconto è così puntualizzato nella sentenza di Cassazione n. 864 del 20.3.1969: "Poiché tutta l'attività dell'amministratore di un condominio è soggetta al controllo assembleare, in sede di rendiconto della gestione annuale, previsto dall' art. 1130 del codice civile, egli è tenuto ad informare l'assemblea sia di quanto abbia compiuto in esecuzione del preventivo già da
essa approvato, sia delle ulteriori determinazioni da lui assunte ed attuate nel corso della gestione stessa, specie se esse comportino oneri non contemplati nel preventivo". 
"L'obbligo dell'amministratore di rendere annualmente il conto della sua gestione sussiste nei confronti dell'assemblea e non del singolo condomino, il quale può solo chiedere, in caso di inosservanza dell'obbligo, la revoca giudiziale dell'amministratore ex art. 1129, 3° comma del codice civile" (Tribunale di Roma, sentenza 19.7.1961 e App. Catanzaro, sentenza 8.7.1966).
Con sentenza n. 3747 del 20.4.1994, la Cassazione ha affermato che l'obbligo del rendiconto non è soggetto a speciali formalità, se risultano gli elementi necessari all'intellegibilità dei modi di impiego dei fondi e della ripartizione spese. Un rendiconto non sufficientemente documentato è, però, impugnabile dai condomini dissenzienti (Tribunale di Genova, sentenza 21.5.1984). E viziata per eccesso di potere la delibera dell'assemblea condominiale che approva un rendiconto non veritiero, in relazione ai debiti del condominio (Cassazione, sent. n. 731 27.1.1988). Secondo la Corte di App. di Milano (20.5.1992) un rendiconto non veritiero è affetto da nullità assoluta, mentre un rendiconto mal redatto, cioè redatto con imprecisioni anche di natura formale, qualora approvato dall'assemblea annullabile solo se impugnato a norma dell'art. 1137, 3°comma, cod. civ. Una volta approvato il rendiconto, i condomini possono ottenere l'esibizione di contabili solo se ne dimostrano l'interesse o la necessità. Prima dell'assemblea, o durante lo svolgimento della stessa l'amministratore deve consentire l'esame giustificativi di spesa da parte di qualunque condomino, anche se la richiesta è immotivata: esattamente il Trib. Milano, con sent. n. 15631 del 15.6.1989 ha ritenuto impugnabile ed annullabile una delibera assembleare di approvazione rendiconto avvenuta senza presentazione dei documenti giustificativi da parte dell'amministratore. 
L'approvazione del rendiconto può sanare le spese per opere straordinarie non deliberate in sede di preventivo (Cass., sent. n. 2133 del 24.2.1995). 

25) I fondi di riserva e di ammortamento                                                                               Torna Sopra

Alcuni regolamenti di condominio (o, talvolta, specifiche delibere dell'assemblea) prevedono la costituzione di fondi di riserva, a volte generici (da utilizzarsi per eccezionali necessità o per affrontare gli squilibri tra il bilancio di previsione e le spese effettive) e altre volte specifici (ad esempio per l'indennità licenziamento portiere, o per le spese straordinarie o ammortamento di determinati impianti, la caldaia del riscaldamento e l'ascensore). Secondo una isolata sent. del Trib.di Napoli del 26.1.1994 è nulla la delibera assembleare con la quale un condominio costituisca un fondo da investire in titoli pubblici per future spese straordinarie non determinate né determinabili. 
L' amministratore deve rispettare scrupolosamente la destinazione dei fondi e deve annualmente darne conto nonché inserire nel preventivo annuale le quote di accantonamento dovute per il nuovo esercizio. I fondi di riserva (e particolarmente quello per l'indennità di licenziamento del portiere) anche se purtroppo destinati ad essere corrosi dalla svalutazione della moneta, sono molto utili per l'amministrazione condominiale: essi rendono più agevoli le decisioni dell'assemblea in ordine alle spese gravose, non trovandosi i condomini a versare quote di notevole entità, quando possa attingersi ad una riserva.
Talvolta, però, la maggioranza assembleare preferisce (a torto, secondo il nostro parere) non attingere ai fondi di riserva, anche se si tratta di quelle spese per le quali tale fondo e stato espressamente costituito. Una delibera in tal senso è stata ritenuta legittima dal Tribunale di Milano, con sentenza 27.5.1962. 
L’esistenza del fondo di riserva deve risultare nel rendiconto annuale, così come in esso deve risultare l'uso che eventualmente ne sia stato fatto durante la gestione. 
In caso di compravendita di un'unità del condominio, la quota di spettanza relativa al fondo di riserva va addebitata all'acquirente e rimborsata al venditore, a meno che il fondo sia stato costituito per spese di opere già in corso. 
Non va confuso con i fondi di riserva l'ammortamento di impianti mobili ed attrezzature comuni: questa pratica, che consiste nell'accantonare ogni anno la perdita di valore di ciò che è oggetto dell' ammortamento, dovrebbe consentire la disponibilità dei fondi per le sostituzioni o ammodernamenti che via si rendano necessari, ma è vanificata dall'inflazione monetaria e, quindi,raramente utilizzata nelle contabilità condominiali. 

 26) Ripartizione delle spese di amministrazione                                                             Torna Sopra

Le spese di amministrazione (onorario dell' amministratore, posta, cancelleria, telefono, affitto locali assemblea ecc.) gravano su tutti indistintamente i condomini e vanno ripartite in base alle quote millesimali di comproprietà, se il regolamento non dispone diversamente.
In particolare, il Tribunale di Milano, con sentenza 18.6.1965, ha ritenuto infondata la pretesa di un condomino di essere esonerato, sia pure parzialmente, dal concorso nelle spese di amministrazione del condominio, solo perché, avendo propri ingressi separati ed impianti e servizi autonomi, non ritrarrebbe alcun vantaggio dall'amministrazione dell'edificio, diretta a regolare i servizi comuni.
Infatti, l'opera dell'amministratore non può certamente paragonarsi a un servizio del quale si possa o meno usufruire, svolgendo esso una serie di compiti di cui beneficiano tutti indistintamente i condomini, in quanto tali. 
Qualora per un negozio si contrattualmente previsto l'esonero da talune spese di condominio, l'esonero stessi non può essere esteso anche alle spese di amministrazione, delle quali anche quei condomini che non usufruiscono dei servizi comuni.

27) Conti e interessi bancari a favore della cassa condominiale; casistica degli obblighi  dell'amministratore.                                                                                               Torna Sopra

Da quando l'inflazione ha spinto verso l'alto gli interessi pagati dalle banche ai depositanti, ha acquistato maggior rilievo pratico la pretesa di taluni condomini di vedere acquisiti alla cassa condominiale gli interessi bancari sulle somme anticipate dai condomini all'amministratore per l'erogazione dei pagamenti e salari a fornitori e dipendenti del condominio.
Si tratta di materia quanto mai complicata: che un fondo cassa attivo, e quindi fruttifero di interessi, esista, come fatto normale, in ogni condominio, è un fatto pacifico. Ma la sua entità, in senso assoluto (cioè ammontare della giacenza "media" di cassa) e relativo (cioè rapporto percentuale tra giacenza media di cassa e totale annuale delle spese condominiali) è molto variabile, caso per caso. Infatti, l'ammontare della cassa in senso assoluto dipende dall'entità delle spese del condominio che sono assai diverse a seconda della dotazione di impianti e servizi e della dimensione degli edifici: così esistono edifici per i quali una giacenza media di cassa di un milione a disposizione dell'amministratore è più che sufficiente; mentre ve ne sono altri per i quali una giacenza media di cassa ammontante a molti milioni costituisce un minimo indispensabile per la normale gestione. Per quanto attiene alla diversità degli ammontare di cassa, in senso relativo, essa può dipendere da due fattori principali: il primo è direttamente proporzionale alla maggiore o minore
puntualità dei condomini nell'effettuare i versamenti; il secondo dipende dal numero di rate previste per i pagamenti (se il bilancio annuale è 100 milioni, con previsione di due versamenti semestrali, la giacenza media teorica sarà di 5 milioni; ma se i versamenti dei condomini sono frazionati in quattro rate trimestrali, la giacenza media teorica scende a 12,5 milioni). 
A quanto sopra, sulla variabilità dell'importanza della giacenza media di cassa condominiale, va aggiunta l'ipotesi, rara ma possibile, di situazioni di cassa negative, cioè di anticipazioni fatte dall' amministratore, di tasca sua, per colmare i vuoti della cassa condominiale derivanti da spese urgenti e impreviste, o da aumenti enormi dei costi, o dalla morosità di condomini. 
I due primi temi sull'argomento sono, quindi, se l'amministratore debba o meno accreditare alla cassa del condominio gli interessi ricevuti dalla banca presso la quale sono depositati i fondi, e se l'amministratore, in caso abbia dovuto anticipare delle somme, abbia diritto di percepire gli interessi sulle somme anticipate e in quale misura. 
Le norme di legge sul condominio non consentono di risolvere il problema, per cui, considerando che l'amministratore è un mandatario dei condomini, occorre alle norme che regolano il mandato e, in particolare, agli art. 1713 e 1720 del codice civile. 
L’art. 1713 del codice civile dispone che il mandatario deve rendere al mandante il conto del suo operato e rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato. L’art. 1720 dispone che il mandante (nella specie i condomini) deve rimborsare al mandatario le anticipazioni, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, e deve pagargli il compenso che gli spetta. Il mandante deve inoltre risarcire i danni che il mandatario ha subiti a causa dell'incarico. 
Per quanto riguarda gli interessi attivi della cassa condominiale, in base all' art. 1713, si può ritenere che l'amministratore abbia l'obbligo di accreditare alla cassa condominiale gli interessi ricevuti (tali interessi possono rientrare, infatti, nella nozione di rimettere al mandante tutto ciò che si è ricevuto a causa del mandato, in quanto lo stesso comprende l'esazione "anticipata" di contributi dei condomini), mentre per quanto riguarda le somme eventualmente anticipate alla cassa condominiale dall'amministratore, questi ha diritto a norma dell'art. 1720 al rimborso e agli interessi legali", oltre all'eventuale risarcimento del danno (che potrebbe consistere nel maggior interesse dovuto pagare alla banca per farsi prestare i soldi necessari alla cassa del condominio).
Mentre per il secondo aspetto non può sorgere alcun problema su piano pratico, per il primo aspetto - sempre scendendo al pratico - possono sorgere questioni all’infinito, prive di soluzione, se manca il presupposto di una esplicita delibera assemblea che, come vedremo meglio alla fine di queste note, dovrà essere necessariamente nel senso di aprire un conto singolo e specifico in una banca determinata, intestato al condominio. 
In mancanza di una esplicita delibera nel senso sopra descritto, è persino troppo ovvio che l'esistenza di interessi bancari a favore della cassa condominiale non è ne dimostrabile né quantificabile. Dalle regole sul condominio e sul mandato non si evince che il mandatario (nella specie, l'amministratore) sia tenuto a mettere a frutto nel migliore dei modi le giacenze di denaro affidategli, per cui l'amministratore ben può sostenere di non aver percepito alcun interesse dalle somme anticipate dai condomini, perché ha tenuto il denaro in contante o l’ha depositato su un conto corrente postale che dà interessi irrisori. Può anche sostenere di non aver mai percepito interessi, perché i condomini sono ritardatari nelle rimesse ed ha impiegato immediatamente le rimesse ricevute per pagare volta per volta i fornitori ecc. . 

In genere, poi, chi amministra più di un condominio intrattiene con la banca un unico conto per tutti i condominii amministrati, per cui sarà praticamente impossibile stabilire di chi siano i fondi costituenti la giacenza media (se personali amministratore o appartenenti ai condominii amministrati), quale condominio abbia avuto una giacenza media attiva e quale passiva ecc. Tra l'altro, una sentenza del Trib. di Milano (n. 6566 dell'8.9.1991) ha ritenuto che l'amministratore che si avvale di un proprio conto corrente bancario unico per in tutti i condominii amministrati si comporta in modo illegittimo e tale comportamento può giustificare la revoca dell' amministratore trattandosi di grave irregolarità di gestione. Analoghe le sentenze del Trib. Genova del 16.9.1993 e del Trib. Milano del 29.9.1993 e 15.12.1995). 
Pertanto si consiglia, a secondo della volontà espressa dai condomini oppure dalla prassi dell'amministratore di condominio, ricorrere ad un rapporto bancario: 
  apertura di un conto corrente bancario separato per ciascun condominio   intestato all'amministratore: tale soluzione consente una gestione precisa dei conti di cassa di ciascun condominio nel senso che vengono ben evidenziati sia gli interessi attivi che quelli passivi, col rischio però che, nel caso di passività la banca si rivalga sugli altri conti tenuti dall'amministratore;nel caso di sostituzione dell'amministratore occorre provvedere alla chiusura  del conto ed alla riapertura di un nuovo conto da parte del nuovo amministratore; 
apertura di un conto corrente bancario intestato al condominio nella persona pro tempore dell'amministratore: questa è ora la soluzione più in uso presso   le banche che si interessano a questa categoria di clientela, come B.P. Milano (Conto linea condominio), C.R. Bologna (House service), B.P. Bergamo (Conto condominio), Cariplo (Millesimo) ecc., perché permette la gestione della condominiale in forma singola, permette alla banca di applicare sullo stesso conto gli interessi passivi in caso di scoperto di cassa e permette infine al condominio di non chiudere il conto in caso di sostituzione dell'amministratore (è sufficiente, infatti, presentare la delibera assembleare con la quale è eletto il nuovo amministratore per sostituire il nome dell' amministratore firmatario che gestisce il conto). Talune grandi banche offrono condizioni particolari per i conti condominiali con prodotti specifici.
Ammesso che esista il conto condominiale, voluto dall'assemblea, e che gli interessi attivi (se superiori alle pesanti spese addebitate dalle banche) siano quindi acquisiti dalla cassa condominiale, sorgerà un altro problema che dimostra l'osticità di questo argomento. Mentre per le altre eventuali sopravvenienze attive del condominio (ad esempio, il canone di locazione percepito affittando i locali di portineria) è ovvia la ripartizione fra i condomini in ragione delle quote millesimali, per le sopravvenienze attive da interessi bancari non è affatto ovvia (anche se consigliabile sul piano pratico) la ripartizione fra condomini in base alle quote millesimali, per due distinti motivi: il primo che i condomini versano le loro quote con maggior o minor sollecitudine e quindi con decorrenze diverse a cui corrispondono diverse decorrenze di frazioni dell'interesse bancario, il secondo che i versamenti non sono, almeno nella maggioranza dei casi, proporzionali alla quota millesimale per via delle spese che si ripartiscono in modo diverso da quella quota: non è esatto, quindi, che gli interessi attivi siano percepiti anche dai ritardatari cronici, né che siano percepiti in misura diversa dall'entità della partecipazione alle spese non coincidente con la quota millesimale.
Conti esatti per poter ripartire gli interessi fra i condomini in ragione della loro maggiore o minore puntualità nei versamenti e della loro effettiva partecipazione alle spese (da identificarsi con le somme versate) sono possibili, ma qui si entra certamente nel campo della fantacontabilità, sia pure dopo la diffusione dei computers anche negli studi degli amministratori di condominio. 


Bibliografia                                                                                                                            Torna Sopra

    Manuali di consulenza Immobiliare ed. Il sole 24 ore /Pirola Francesco Tamburrino XXIII edizione  
    ampliata ed aggiornata con le nuove norme fiscali 
 
    A carico dei condominii (legge finanziaria 1998) 
    Rassegna a cura del rag. Gennaro Prota 
    Responsabile nazionale del servizio fiscale A.N.AMM.I., S.I.F.A.