Massimario interno
MEZZI DI
RICERCA DELLA PROVA – verbale di perquisizione e sequestro ad opera
della P.G. senza l’indicazione, al di là del titolo di reato, delle
specifiche attività illecite contestate all’indagato– decreto di
convalida del PM in forma di timbro a “stampone” – nullità
dell’atto complesso – sussistenza -
MEZZI DI RICERCA DELLA PROVA
– sequestro probatorio – funzioni - strumento di ricerca della
“notitia criminis” – esclusione.
Cpp, artt. 324, 247,
250, 252, 253, 273).
L’omessa indicazione nel
provvedimento di convalida ex art. 253 CPP, delle specifiche attività
illecite contestate all’indagato, poiché l’atto del PM risulta avere
le fattezze di un timbro a “stampone” di 6,5 cm x 4 cm, senza per
altro richiamare anche solo “per relationem” il verbale di sequestro
operato dalla polizia giudiziaria che comunque si limita anch’esso alla
sola enunciazione dell’articolo di legge violato senza dare contezza dei
comportamenti concretamente riconducibili alla fattispecie contestata,
conduce alla conseguente dichiarazione di nullità di ciascun atto,
singolarmente inteso (perquisizione e sequestro, convalida) e
dell’intero atto complesso unitariamente considerato.
(La fattispecie si presta a ribadire
il sacrosanto principio giurisprudenziale secondo cui i mezzi di ricerca
della prova non devono trasformarsi – pena l’abdicazione dello Stato
di diritto in favore del c.d. Stato di “polizia” - in strumento di
ricerca della “notitia criminis” (Cass. Sez.I, 22/2/1994, Corona). Sub
specie, il tribunale ha escluso potersi ricavare sufficienti elementi
indiziari in relazione al contestato reato di ricettazione, dal solo
rinvenimento di un elevato numero di oggetti preziosi all’interno della
casa dell’indagato).
Trib. di Milano, sez. XI –
ordinanza 8/6/2000 – Pres. e Rel. Corbetta
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MISURE
CAUTELARI PERSONALI – IMPUGNAZIONI - APPELLO – Valutazione da parte
del giudice dell’appello cautelare di atti sopravvenuti rispetto a
quelli valutati dal giudice procedente – necessità – sussistenza -
applicabilità all'appello cautelare dei principi regolanti il
procedimento d'appello in genere in tema di “nuove prove”–
sussistenza – indicazione- .
Cpp,
artt. 310, 603
Poichè
all'impugnazione prevista dall'art. 310 cpp. si applicano i principi che
regolano in generale il processo d'Appello, e in particolare le regole di
cui al secondo e terzo comma dell'art. 603 cpp., è possibile che anche in
quella sede la decisione trovi fondamento in nuova documentazione, la cui
acquisizione non è affatto inibita al giudice del gravame, purché entro
i limiti del "devolutum"
(nella
fattispecie, la S.C ha ritenuto che erroneamente il Tribunale avesse
di poter prendere in considerazione, in quanto emergenze nuove
rispetto al materiale valutato dal primo giudice, il contenuto di un
interrogatorio reso da un coindagato nonché gli esiti di una consulenza
tossicologica disposta ex rt. 359 dal PM sulla sostanza stupefacente in
sequestro).
Cass.
Pen., Sez III, 17.03.00, n.1366, Pres. Caso G., Rel. Cortese A., PM
(difforme) Matera
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Misure
cautelari personali – riconoscimento dell’agente di polizia TRAMITE
SISTEMA DI VIDEOREGISTRAZIONE A CIRCUITO CHIUSO NON ACCOMPAGNATO DALL'
allegazione dei fotogrammi RITRAENTI LA PERSONA ASSERITAMENTE RICONOSCIUTA
NELL'ATTO DI COMMETTERE UN DELITTO CONTRO IL PATRIMONIO – gravi indizi
di colpevolezza - SUSSISTENZA - ESCLUSIONE - FATTISPECIE.
cpp,
art. 273
La
sola dichiarazione di riconoscimento, benché con elevato grado di
certezza, riferita da un agente di polizia a proposito di una persona
fermata in aerostazione, rispetto ai fotogrammi che ritraggono un
individuo nella commissione del reato di furto, commesso alcune settimane
prima, e dallo stesso agente visionati, costituisce una percezione
(deduzione), senza riferimenti ad elementi concreti di riscontro e,
soprattutto, senza l’allegazione dei fotogrammi, non è sufficiente a
raggiungere il grado di gravità indiziaria richiesto per l'emissione di
misura cautelare, non essendo permesso al giudice di effettuare la dovuta
comparazione, il dovuto controllo su quanto affermato dall'agente di P.G.
così da poter legittimare e fondare in via autonoma un proprio giudizio
cautelare sulla persona fermata.
Trib. di Milano, sez. XI – ordinanza
del 13/6/2000 – Pres. Carfagna, Rel. Rizzardi
di prossima pubblicazione ordinanza integrale |
MISURE DI PREVENZIONE PERSONALI E
PATRIMONIALI -
Autonomia
del giudizio del giudice della prevenzione - ambito – limiti - Profili
di interdipendenza fra giudizio di prevenzione e procedimenti penali
paralleli – possibilità – conseguenze.
Richiesta
di applicazione di misura di prevenzione a carico di soggetto sospettato
di partecipazione ad associazione criminale “qualificata”, basata
esclusivamente su gli indizi del parallelo processo penale -
assoluzione con formula piena nel procedimento ordinario -
conseguenze –
l.
565/65, artt. 1 e 2
Di seguito, in
sintesi, gli argomenti diffusamente trattati nella ordinanza
(recte
decreto), pubblicata sul sito
La
possibilità, accordata al giudice della prevenzione, di attingere dagli
elementi indiziari del procedimento penale ordinario determina, di fatto,
un rapporto di interconnessione tra i due procedimenti, pur nel rispetto
dell’autonomia di giudizio del giudice della prevenzione.
Tale
rapporto non significa che per l’applicazione di una misura di
prevenzione sia necessario attendere il giudicato del provvedimento che ha
definito il giudizio parallelo.
D’altra
parte, se il giudice decide di ancorare l’applicazione di una misura di
prevenzione, personale o patrimoniale, unicamente, alle risultanze
indiziare poste, in un primo momento, a fondamento dell’assunto
accusatorio in un determinato procedimento di cognizione ordinario, egli
non può apoditticamente discostarsi dagli esiti di tale procedimento.
Se,
nelle more del procedimento di prevenzione, il quadro indiziario su cui si
fonda l’applicazione della misura non ha retto al vaglio dibattimentale,
il giudice, pur nel rispetto dell’autonomia del giudizio di prevenzione,
non può ignorare tali risultati.
Tale
incidenza non è, però, automatica. E’ necessario, innanzitutto, che il
giudice abbia la possibilità di conoscere la qualità del giudizio
assolutorio di merito attraverso il vaglio dei suoi contenuti, soprattutto
nel caso in cui l’esito del procedimento parallelo non è ancora
definitivo.
In
ogni caso, è necessario distinguere tra assoluzione con formula "dubitativa"
(recte ex art. 530 co 2 cpp) ed assoluzione con formula piena, in
relazione ai delitti di partecipazione ad associazioni criminali
qualificate.
Nel
primo caso ben può giustificarsi la sopravvivenza degli elementi
indiziari di cui il giudice può servirsi per valutare la sussistenza
della pericolosità sociale, residuando un margine di manipolazione ai
fini del giudizio di prevenzione.
Nell’ipotesi
in cui è stato riconosciuto che il fatto non sussiste o che l’imputato
non lo abbia commesso, gli indizi che avevano legittimato l’instaurarsi
di un processo penale hanno perso significato giuridico perché non sono
sfociati in prova. Per l’effetto, tenuto conto della finalità di tutela
sociale delle misure di prevenzione, o il giudizio di pericolosità si
fonda - almeno in parte - su elementi indiziari diversi da quelli del
procedimento parallelo, oppure se gli originari indizi costituenti il
disintegrato assunto accusatorio di appartenenza ad un sodalizio criminale
qualificato sono comuni ai due procedimenti, il giudice non può ignorare
gli esiti del processo di cognizione ordinario, con la conseguenza che gli
vengono a mancare gli indizi di pericolosità sociale che sono presupposto
imprescindibile ai fini dell'applicazione delle misure di prevenzione.
Corte
d’Appello di Milano, sez. V penale, Presidente Riccardi, est. Franciosi,
ord. 4.10.98, ricorrente Castelluccia A. + altri
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MISURE CAUTELARI
PERSONALI - TERMINI DI DURATA - SOSPENSIONE PER PARTICOLARE COMPLESSITA'
DEL DIBATTIMENTO - REQUISITI - INDICAZIONE.
cpp, artt. 303, 304/2
Cost. art. 111
Ai fini dell'emissione dell'ordinanza ex art. 304 commi 2 e 3 cpp,
occorre da un lato indicare fatti concreti e specifici relativi alla
situazione processuale - con esclusione di ogni circostanza estranea al
giudizio - tali da consentire una adeguata valutazione e pervenire ad un
accertamento di impossibilità di conclusione del processo nel termine di
cui all'art. 303 cpp; dall'altro non possono farsi ricadere sui
giudicabili le carenze ed i problemi riguardanti più in generale
l'amministrazione della giustizia, quali, ad esempio, carenze di organico
del personale, pendenza di altri processi, anche se comportanti, per la
loro particolare complessità, un eccessivo carico di lavoro dell'ufficio
giudiziario.
Ciò anche alla luce della recente modifica dell'art. 111 della
Costituzione che, nella parte in cui prescrive che la celebrazione del
processo debba svolgersi in tempi 'ragionevoli', indica un principio
generale provvisto di particolare significazione laddove, come nel caso di
imputati detenuti, ai tempi del dibattimento sia correlata la durata della
privazione inflitta in via cautelare agli imputati.
Tribunale di Varese, pres. Polidori, ord. 21.1.2000
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COMPETENZA - conflitto - decisione da parte del giudice di
merito di inammissibilità della denuncia di conflitto di competenza
avanzata dalla parte - provvedimento abnorme - sussistenza
COMPETENZA - conflitto negativo tra tribunale quale giudice procedente
e tribunale in funzione di giudice del riesame in materia di liquidazione
compensi a favore del difensore di imputato ammesso al gratuito patrocinio
- sussiste.
C.p.p. artt. 30-31-32 - L. 217/90; art. 12 co. 4
Va ravvisata una ipotesi di conflitto negativo di competenza (anche
considerato il diverso ambito di competenza territoriale e funzionale dei
giudici interessati) laddove sia il tribunale quale giudice procedente,
sia il tribunale in funzione di giudice del riesame, disattendano,
declinando ciascuno la propria competenza in favore dell'altro, richiesta
di liquidazione compensi ex art. 12 l. 217/90 avanzata dal difensore di
imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato per l'attività
defensionale svolta nell'ambito di incidenti de libertate ex artt.
309-310-311 cpp.
E' abnorme, come tale immediatamente ricorribile, il provvedimento
con il quale il giudice di merito si pronuncia su di un conflitto di
competenza, esistente o inesistente che esso sia, in quanto ogni decisione
spetta esclusivamente al giudice di legittimità. Pertanto, il giudice di
merito non può rifiutare di investire della questione concernente il
conflitto la Corte Suprema, alla quale deve trasmettere la denuncia di
conflitto e copia degli atti necessari per la decisione
Cass. sez. V, c.c. 3.12.98, sent. n. 6619, Behare in confl. comp.
Tribunale di Milano sez. IV penale, Tribunale di Milano in funzione di
giudice del riesame.
Nella specie, la S.C. ha trattenuto gli atti per la decisione in ordine
alla denunciata situazione di conflitto ed ha statuito che in materia di
liquidazione compensi ex art. 12 co 4 l. 217/90 competente a decidere è
non già il tribunale c.d. del riesame, bensì il giudice procedente nel
merito (la massima relativa verrà pubblicata a breve).
Avv. Ivan Behare
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MISURE CAUTELARI PERSONALI - inefficacia parziale della
misura custodiale per scadenza dei termini massimi di custodia cautelare
in relazione al reato di cui all'art. 416 bis c.p., sopravvivenza della
presunzione di adeguatezza della sola misura della custodia cautelare in
carcere anche in relazione alla residua imputazione per cui sopravvive la
custodia - sussiste.
C.p.p. art. 275 co 3
la scarcerazione - formale - per decorrenza dei termini massimi di
fase in relazione al contestato reato ex art. 416 bis cp, siccome
ancorata al mero decorso del tempo, e non ad altri più
significativi e pregnanti elementi, non comporta il venire meno della
presunzione di pericolosità ex art. 275 co 3 cpp, la quale -
seppure la custodia sopravvive per altro titolo - può essere vinta
esclusivamente dalla dimostrazione dell'avvenuta verificazione di fatti
quali l'abbandono dell'associazione da parte dell'imputato o,
meglio, ancora, la fine dell'associazione
Cass. sez. V, sent. 12.11.98, n. 6019.
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STUPEFACENTI - In genere - coltivazione di pianta di
marijuana per uso domestico - reato - configurazione - esclusione.
D.p.r. 309/90 artt. 73-75
L'art. 73 d.p.r. 309/90 esclude la illiceità penale anche della
condotta di coltivazione quando sia realizzata nell'ambito delle ipotesi
contemplate dall'art. 75 (detenzione per uso personale). In sostanza
l'art. 73 prevede la condotta di coltivazione per uso personale di piante
produttive di sostanza stupefacente, escludendone la punibilità.
Tribunale di Milano, sez. III, sent. 20.10.99, est. Mambriani
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