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la decisione della Consulta...

La Consulta si è finalmente pronunciata, con sentenza depositata ieri 17 ottobre (n. 425/2000), e nel senso auspicato dalla generalità dei cittadini-correntisti.

Dei numerosi profili di illegittimità costituzionale dell’articolo 25, comma 3, del decreto legislativo 342/99, sollevati da molti giudici chiamati a decidere controversie fra banche e clienti in tema di anatocismo,  la Corte costituzionale ha preso in considerazione solo quelli riguardanti un contrasto tra quella disposizione e l’articolo 76 della Costituzione (che vincola il Governo a rispettare i "criteri direttivi" fissati dal Parlamento), giungendo quindi a censurare la norma quale frutto di un eccesso di delega da parte del Governo.

I passaggi logici attraverso i quali la Corte è giunta a dichiarare l’illegittimità della disposizione sono lineari, quanto perfettamente prevedibili, posto che il vizio di eccesso (anzi, secondo chi scrive, vera e propria carenza) di delega che inficia l'art. 25/3 del D.Lgs in argomento, era ed è di una tale evidenza (come già ebbi modo di rilevare alcuni mesi or sono), da poter essere assunto a caso "di scuola" da consegnare alle "matricole" di giurisprudenza che si accingono ad affrontare lo studio del diritto costituzionale.

I punti salienti della sentenza della consulta possono essere così indicati: 

a) la legge delega (articolo 1, comma 5, legge 128/1998) autorizzava il Governo a introdurre «disposizioni integrative e correttive» del Testo unico bancario (Tub), nel rispetto dei principi, criteri e procedure di un’altra precedente legge di delega (la 142/1992), in attuazione della quale era stato emanato lo stesso Tub; 

b) la norma censurata non si è limitata a risolvere d’autorità le incertezze relative all’applicazione di una norma di legge (non aveva dunque natura interpretativa), bensì, tutto al contrario, aveva efficacia innovativa e (in parte anche) retroattiva, mirando a rendere valide ed efficaci tutte le clausole contrattuali in tema di anatocismo stipulate tra banche e clienti sia nel periodo anteriore alla legge censurata (e perciò con effetto retroattivo), sia nel successivo periodo intercorso tra la legge censurata e l’emanazione del provvedimento di attuazione da parte del Cicr; 

c) ma questa «disciplina di sanatoria (per il passato) e di validazione anticipata» (fino al provvedimento del Cicr) non presenta alcuna «rispondenza ai principi e criteri informatori del Testo unico bancario», ai quali invece, secondo la legge di delega, il Governo avrebbe dovuto ispirarsi.

Anzi, come già più volte affermato, nel nostro caso non v'era alcun principio direttivo in tema di anatocismo che il parlamento avesse "consegnato" al legislatore delegato (il Governo), il quale, pertanto, non aveva titolo alcuno per legiferare nella materia.

Già in sede di primi commenti " a caldo" (cfr. Sole 24 ore di oggi 18.10.2000), si è sottolineato che tali argomentazioni della Corte, potrebbero prestarsi, con pari efficacia, a dimostrare l’illegittimità anche di altra norma del medesimo decreto delegato, e cioè di quella che ha devoluto al Cicr la definizione di «modalità e criteri» per una valida pattuizione in tema di anatocismo: sebbene infatti quest’ultima disposizione non sia affatto retroattiva, anch’essa si espone alle censure — di indeterminatezza ed estraneità rispetto ai principi e criteri informativi del Tub ai quali il Governo avrebbe dovuto ispirarsi — che la Corte ha ritenuto decisive nella sentenza.

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data ultima modifica 18/10/00