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LA TUTELA DEL NOSTRO DIRITTO: LA MEDIAZIONE COME MEZZO ALTERNATIVO ALLA VIA GIUDIZIALE

          Il processo civile è diventato un mezzo per la perpetuazione dell’ingiustizia: questa frase, che all’apparenza sembra tratta da uno slogan propagandistico di matrice anarchica, in realtà proviene dalla relazione della Commissione giustizia del Senato circa il disegno di legge delega per un nuovo codice di procedura civile.

         Essa non pare essere null’altro, dunque, che una amara constatazione scaturita da una prestigiosa tribuna istituzionale, la quale, peraltro, bene riproduce quantomeno l’insoddisfazione che prova il privato cittadino che tenti di ottenere riparazione per i torti subiti percorrendo le ordinarie vie giudiziali; in una tal situazione, quindi, la parte che ha torto ben potrà speculare sulle paradossali lungaggini del processo che la vede coinvolta, mentre quella che ha ragione potrà solo sperare di avere una soddisfazione poco più che soddisfacente rivolgendosi alla Corte Europea dei Diritti dell’uomo per ottenere la condanna del Governo italiano per non essere stato in grado di garantire una durata ragionevole dei processi, secondo quanto stabilito dall’art. 6 della Convenzione.

         In realtà, quanto si sta verificando in Italia  non pare essere altro che il caso estremo di una situazione di disagio diffusa in tutti i Paesi avanzati, all’interno dei quali, così come avviene in Italia, l’ordinaria giustizia togata rischia di rimanere schiacciata sotto il peso di una domanda di giustizia in costante progressione e ciò soprattutto in un periodo di diffusa e grave crisi fiscale, la quale, principalmente, impedisce proprio l’adeguamento delle risorse, in uomini e strutture, alle esigenze dei cittadini.

         Se è vero quanto ora osservato, appare allora evidente come risulti ormai improrogabile individuare strade più veloci, economiche ed immediate di soddisfazione del proprio interesse: l’esercizio del nostro diritto non implica necessariamente, infatti, l’impiego della tutela offerta dagli organi giurisdizionali dello Stato.

Ne sono ben consapevoli gli Americani, i quali da alcuni anni sono impegnati proprio nell’utilizzo degli strumenti offerti da quella che viene definita, con un acronimo, ADR (Alternative Dispute Resolution).

Sotto questo nome collettivo sono raggruppati strumenti eterogenei di risoluzione delle controversie, i quali, tuttavia paiono accomunati dall’importante assenza di qualunque intervento e, dunque, lungaggine dell’attività giurisdizionale dello Stato.

Ebbene, se, da un lato, l’utilità di queste nuove procedure ha ottenuto ampio riconoscimento proprio oltreoceano, dall’altro, i successi che caratterizzano l’impiego di tali mezzi alternativi non hanno tardato a presentarsi anche nel nostro Paese.

Anche in Italia, infatti, si sta facendo strada la convinzione secondo la quale la tutela di un diritto non richiede necessariamente l’intervento di un giudice togato.

Tra gli strumenti risolutivi maggiormente utilizzati vi è la mediazione: giacché, infatti, fine ultimo di quest’ultima non è tanto la mera risoluzione della lite, quanto la totale estinzione di essa, la mediazione è uno strumento di composizione diretta della controversia ad opera delle stesse parti litiganti, le quali, meglio di qualunque altro soggetto, conoscono gli esatti termini della questione oltre che le vicende che fecero sorgere la lite stessa.

Ciò che, tuttavia, costituisce elemento peculiare di questa nuova procedura è la presenza (laddove le parti in contrasto, anche attraverso i rispettivi legali, non riescano a raggiungere una soluzione di equilibrio), di un terzo soggetto, un professionista del diritto, il quale, come soggetto imparziale, in assenza, cioè, di qualunque interesse rispetto ad entrabe le parti in causa,  ha il principale compito, oltre che di assistere le parti litiganti e di fornire loro le proprie specifiche competenze in materia giuridica, anche di favorire l’intesa di esse e la serena e rapida conciliazione delle contrapposte pretese.

Requisiti irrinunciabili di tale professionista, dunque, appaiono essere tanto l’autorevolezza quanto l’imparzialità, mentre l’attività che egli è chiamato a compiere è, previo approfondito esame preventivo degli atti fondamentali sui quali la controversia si poggia, presentare alle parti un consilium, un parere, cioè, circa la soluzione mediata che consenta di porre termine alla lite, pur nel pieno rispetto dell’essenza degli interessi contrapposti.

Si auspica che anche nel nostro Paese tale efficace, ed economico, mezzo di risoluzione delle controversie, prenda velocemente piede, anche, e soprattutto, nell'ambito di contenziosi a contenuto economico "ordinario".

Dott. Lorenza Maraschi

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data ultima modifica 25/01/01