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LA SUCCESSIONE DI LEGGI NEL TEMPO IN RAPPORTO ALL'ILLECITO AMMINISTRATIVO c.d. DEPENALIZZATO

IL CASO DI C.G.

        In data 12/6/97 venne contestato alla sig.ra C.G., in veste di legale rappresentante pro tempore della lavanderia omonima, la violazione dell'art 11 3° comma del D.L: 5/2/97 n. 22, sanzionato, a sua volta, dall'art 52 1° comma, per aver effettuato in ritardo di due giorni la denuncia relativa ai rifiuti prodotti e smaltiti nel corso dell'anno 1994 e per la quale ipotesi le venne irrogata la sanzione amministrativa di lire 5.000.000=.

         In data 8/11/97 intervenne una modifica normativa al citato decreto: con il successivo D. Leg.vo n. 389/97, infatti, all'art. 52 1° comma si stabilì che per comunicazioni effettuate entro i sessanta giorni dalla scadenza del termine stabilito si sarebbe dovuta applicare una più mite sanzione da individuarsi tra lire 50.000= e lire 300.000=.

         Ebbene, in proposito secondo giurisprudenza dominante, la Sig.ra C.G. va sanzionata secondo la originaria disciplina, di gran lunga più severa, quand'anche abrogata.

        Il che appare iniquo, oltre che foriero di conseguenze abnormi.         

        Il legislatore dell'81, nel procedere alla depenalizzazione di tutti i reati puniti con la sola pena della multa o dell'ammenda, ha certamente inteso introdurre un insieme di nuovi principi destinati a regolare organicamente e in via generale, sia sotto l'aspetto sostanziale che quello processuale, la materia dell'illecito c.d. depenalizzato.

         In proposito la dottrina è concorde nel ritenere che da ciò ne sia derivata la nascita di un nuovo sistema di illecito (FIANDACA-MUSCO). Taluni, infatti, collocano quest'ultimo in posizione intermedia tra il sistema penale e il sistema degli illeciti amministrativi, individuando tra le sue caratteristiche peculiari la condivisione con il diritto penale di un meccanismo punitivo il quale, nonostante l'appartenenza di esso ad altro ramo dell'ordinamento giuridico, tuttavia lo apparenta al diritto penale così da potersi parlare di una sorta di doppio binario di sanzioni punitive: penali da un lato ed amministrative dall'altro (FIORE).

         Altri, invece, secondo una visione più estrema della natura dell'illecito amministrativo depenalizzato individuano la presenza di un autonomo sottosistema penale, ritenendo che esso sia orientato verso una prevenzione sia generale che speciale, cioè verso i medesimi scopi cui tende la sanzione criminale.

         A prescindere dall'individuazione della collocazione sistematica più pertinente, è, tuttavia, indubbio che gran parte della recente disciplina sostanziale dell'illecito depenalizzato si ispiri ai principi ed ai criteri di imputazione tipici del diritto penale.

         A conferma di quanto detto, basti ricordare che ciò risulta particolarmente evidente, tra gli altri, dall'enunciato relativo alla riserva di legge (art. 1), alla capacità di intendere e volere (art. 2), all'elemento soggettivo (art. 3), al concorso di persone (art. 5), al concorso formale di più violazioni (art. 8).

         Inoltre, basti considerare anche che la citata legge ben avrebbe potuto essere intitolata "Modifiche al sistema sanzionatorio", piuttosto che "Modifiche al sistema penale", giacché la ratio  della depenalizzazione viene ricollegata non alla parte precettiva della fattispecie ma alla parte sanzionatoria: si potrebbe perciò sostenere che ad essere depenalizzate non sono tanto le fattispecie penali quanto, piuttosto, la pena pecuniaria della multa o dell'ammenda.

         Ciò, in particolare, è testimoniato dal fatto che la ragione pratica della depenalizzazione trova il proprio fondamento nell'interscambiabilità e fungibilità della pena pecuniaria con il generico pagamento di una somma di denaro: l'arrestarsi del meccanismo di depenalizzazione nei confronti di fattispecie in cui è prevista anche solo in via alternativa, la pena detentiva non ne è che la conferma (LARIZZA).

         Conseguenza di ciò è che la sanzione di pagamento di una somma di denaro prevista dalla legge di depenalizzazione, malgrado la terminologia, non è una vera e propria sanzione amministrativa: le rimangono non poche caratteristiche della sanzione penale, poiché l'interesse tutelato è riferibile all'ordinamento generale dello stato e non all'ordinamento particolare dell'amministrazione che procede.

         Appare di tutta chiarezza, a questo punto, che la L. 689/81 elabora, per comune convinzione dottrinale, un micro-sistema penalistico che ritrae dalla Costituzione e dal codice penale i propri tratti salienti.

         In particolare, tuttavia, bisogna anche considerare che la natura peculiarmente ablativa dell'intervento depenalizzatore, se ha conservato intatte nei contenuti le singole fattispecie di illecito trasferite, le ha però private della loro chiave di lettura universale, rappresentata dalla parte generale del codice penale.

         E' palese che senza parte generale l'interprete resta privo della chiave indispensabile per leggere ogni singola fattispecie.

         Il vuoto di principi e di disciplina così creatosi sotto il profilo sostanziale, richiede agli operatori giuridici un'elaborazione concettuale di tipo analogico, ragion per cui gli interpreti ritengono pacificamente applicabile all'illecito depenalizzato l'intera parte generale del codice penale in quanto non incompatibile, laddove sono considerati tali i soli istituti della recidiva, delle circostanze, della continuazione, dell'amnistia, della sospensione condizionale e del perdono giudiziale.

         Di notevole portata è, dunque, la conseguenza di tutte le considerazioni ora condotte: la citata L. 689/81, infatti, all'art. 1 riporta lo stesso principio di legalità previsto tanto dalla Carta Costituzionale quanto dal codice penale, ma questa ripetizione non deve essere intesa quale enunciazione di un principio che altrimenti non avrebbe trovato applicazione nelle fattispecie da essa regolamentate, ma come generico richiamo ad un principio che è regola di validità generale per un ordinamento democratico-parlamentare quale il nostro.

         Piuttosto, esso è ulteriore conferma che trovano applicazione anche in ambito di illecito amministrativo depenalizzato non soltanto le garanzie relative al principio di riserva di legge esplicitamente previsto tanto nel codice penale del '30 quanto nell'art. 25 Cost., essere data applicazione ma anche quanto previsto dall'art 2 c.p. 2° e 3° comma relativo alla retroattività della legge successiva più favorevole, in quanto tale principio non appare essere null'altro che il diretto corollario di quello.

         Come non rilevare, infatti, la ingiusta disparità di trattamento che si verificherebbe allorché situazioni di identico contenuto oggettivo ricevano trattamenti differenti: ciò è, concretamente, proprio quanto è avvenuto in relazione alla vicenda che ha visto come protagonista la sig.ra C. e quanto è stato, nelle opportune sedi giudiziare, contestato.  

Dott. Lorenza Maraschi

 

 

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data ultima modifica 22/05/00