I sei errori più comuni in contabilità.

– Elenco beffardo ma veritiero degli sbagli più frequenti nella contabilità aziendale –

Indichiamo di seguito i 6 errori più comuni commessi nella redazione delle scritture contabili.

  1. Le spese di manutenzione e riparazione - Queste spese, quando non sono incrementative del valore del bene, sono considerate (erroneamente) immobilizzazioni immateriali oppure oneri pluriennali. Di conseguenza, il loro costo storico è iscritto in Bilancio ed annualmente ammortizzato mediante quote calcolate nel rispetto del criterio fiscale di deducibilità. In realtà esse devono considerarsi degli ordinari costi di gestione, da contabilizzare normalmente come tali, con l’unica accortezza di considerare, in sede di dichiarazione dei redditi (e solo in tale sede), i loro limiti di deducibilità fiscale, operando le relative riprese (per gli oneri degli anni precedenti) ed i relativi rinvii al futuro (per le spese dell’esercizio del quale si sta compilando la dichiarazione). Tutto ciò deve avvenire extra-contabilmente, costituendo un grave errore far apparire in Bilancio le spese di manutenzione e le loro quote d’ammortamento. A nostro avviso però è altrettanto grave l’errata contabilizzazione delle spese di manutenzione anche nei casi in cui non c’è l’obbligo di Bilancio (come nelle società di persone e ditte individuali), perché un comportamento del genere produce comunque degli inquinamenti, per es. sugli accertamenti induttivi (studi di settore), in quanto il valore delle immobilizzazioni e degli ammortamenti diviene inattendibile.
  2. L’Estratto Conto Bancario - La contabilizzazione delle operazioni bancarie avviene spesso in modo tale che il saldo del C/C coincide esattamente con il saldo del conto contabile intestato alla Banca presso cui l’azienda intrattiene il Conto corrente stesso. In realtà ciò è sbagliato, perché difficilmente i 2 saldi sono coincidenti. Infatti, i principi contabili esigono che un assegno dato in pagamento sia contabilizzato al momento dell’emissione e non al momento dell’addebito in C/C a seguito della sua negoziazione. Questi 2 momenti possono divergere anche di molte settimane e lo stesso vale per gli incassi di assegni e per altre operazioni bancarie.
  3. La Nota Integrativa - Essa dovrebbe costituire il documento di Bilancio da quale si desumono tutte le notizie e le informazioni che descrivano integralmente l’azienda. Invece, leggendo le note integrative depositate presso le Camere di Commercio risulta che vengono omesse le più importanti informazioni riguardanti l’impresa, senza le quali è impossibile avere un’idea precisa della situazione aziendale. Per esempio è addirittura spesso tralasciata l’indicazione dell’attività esercitata dall’azienda e senza questa rilevante notizia è sicuramente carente ed inattendibile l’intero Bilancio.
  4. Le quote d’ammortamento - C’è in generale la tendenza ad applicare, senza alcun altra considerazione, le aliquote fiscali anche laddove è evidente la completa mancanza di sincronia tra tempo residuo di vita del cespite e tempo residuo derivante dalle percentuali fiscali. Così facendo viene meno la legittimità civilistica del Bilancio (che invece dovrebbe essere l’unico insieme di regole di valutazione da rispettare), perché i beni materiali vanno sempre ammortizzati in considerazione del periodo di vita effettivo degli stessi. Nessun altra considerazione va fatta, soprattutto quando queste altre valutazioni tengano conto di periodi “convenzionali” di durata dell’ammortamento, come nel caso dei periodi conseguenti ai criteri fiscali.
  5. La svalutazione dei crediti - Difficilmente nei Bilanci di piccole e medie imprese è operata la svalutazione dei crediti commerciali. Inoltre, nei pochi casi in cui questa è stata effettuata, essa è valutata applicando, senz’altra considerazione, le regole fiscali di deducibilità. In realtà è difficile trovare, soprattutto in questo momento di congiuntura economica, un’azienda che possa vantare un portafoglio crediti totalmente riscuotibile. Ecco dunque il motivo per cui è importante calcolare sempre una certa percentuale di svalutazione dei crediti, la quale non dovrebbe mai essere coincidente con i limiti fiscali di deducibilità, perché tale quota di svalutazione deve essere il più possibile vicina alla realtà e non una quota prettamente “convenzionale”.
  6. Il Libro Mastro - Si riscontra frequentemente l’omessa tenuta del Libro Mastro, dovuta all’erronea convinzione che esso non rientri tra i libri contabili obbligatori, indicati nel Codice Civile. In realtà il Libro Mastro è obbligatorio perché, pur non essendo nominato testualmente dalla legge civilistica, è sicuramente compreso nelle scritture contabili ausiliarie, per le quali anche è prevista l’obbligatorietà. D’altronde, è impossibile tenere un’“ordinata contabilità” senza accompagnare il Libro Giornale con quello dei mastri.

In generale osserviamo che gli errori derivano spesso dalla confusione tra criteri civilistici e criteri fiscali di valutazione. Ricordiamo, invece, che l’unico criterio che va osservato in sede contabile è quello civilistico. La legislazione fiscale non deve mai inquinare la contabilità e va conseguentemente inosservata e disapplicata. Solo al momento della dichiarazione dei redditi entreranno in gioco le regole fiscali. Sarà in quella sede e solo allora che potrà rispettarsi l’obbligo fiscale, operando le dovute riprese fiscali, in aumento e in diminuzione del reddito civilistico, in modo d’ottenere il reddito imponibile voluto dal legislatore tributario.


RISERVATO AI CLIENTI DEI CONSULENTI - Se avete riscontrato che il vostro consulente commette uno o più degli errori sopra descritti, siete autorizzati a rimproverarlo.

Un articolo su " i sei errori più comuni in contabilità " inserito da SteveRound il : 27/11/2003

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