- MICROECONOMIA -
La domanda nel mercato dei beni di consumo: teoria del consumatore razionale
(lez. n° 3)

Il vincolo di bilancio

Abbiamo visto come si forma l’equilibrio nel mercato di un bene qualsiasi. Ora approfondiamo le teorie economiche che si nascondono dietro la costruzione di una curva ed in particolare dietro l’inclinazione della curva stessa.

Cominciamo dalla domanda nel mercato dei beni di consumo. Nelle successive lezioni di microeconomia esamineremo la curva d’offerta nello stesso mercato, per poi passare alla domanda e offerta nel mercato dei fattori produttivi (p. es. lavoro).

La teoria che spiega la domanda dei beni finali, ma soprattutto il suo andamento decrescente (all’aumentare del prezzo diminuisce la Q domandata e viceversa), prende il nome di teoria del consumatore razionale, cioè del consumatore che acquista nel mercato dei beni seguendo un comportamento logico.

La prima condizione che il consumatore deve tenere ben presente è la sua possibilità di spesa. Infatti, la quantità di beni che domanderà rivolgendosi al mercato non potrà mai superare, in termini di spesa, il suo reddito monetario disponibile. Possiamo cioè ipotizzare che per un consumatore medio valga sempre questa eguaglianza:

Spesa totale = Reddito monetario disponibile

Siccome la spesa totale è data dalla sommatoria per tutti i beni acquistati, del prezzo per la quantità (P x Q), possiamo scrivere la seguente espressione, nella quale, per semplicità di ragionamento, supponiamo che il paniere del ns. consumatore razionale si riduca a 2 soli beni (bene A e bene B):

Reddito monetario disponibile = PA.QA + PB.QB

Quest’eguaglianza rappresenta il vincolo di bilancio del consumatore.

il vincolo di bilancio

La retta esprime (in modo analogo alla frontiera di produzione di un paese, v. lezione 1) le possibilità di spesa del consumatore, dato un reddito monetario a disposizione per gli acquisti. Egli ha la possibilità di comprare nel mercato una combinazione delle quantità dei 2 beni disponibili (o uno solo di essi, se si pone sulle intercette, cioè 25 unità del bene A o 50 unità del bene B). Non potrà mai acquistare una combinazione delle quantità di A e B rappresentata da un punto superiore al vincolo di bilancio, per mancanza del denaro necessario. Così come una combinazione dei due beni espressa da un punto al di sotto del vincolo, pur essendo realizzabile, è sicuramente un’allocazione inefficiente delle sue risorse finanziarie, perché il consumatore avrebbe i mezzi monetari per assicurarsi una quantità maggiore di entrambi i beni.

La conclusione, analoga a quella vista per la frontiera di produzione di un sistema economico, è che l’ottimizzazione delle scelte di consumo di un acquirente medio sarà sempre rappresentata da un punto situato sul vincolo di bilancio. In questo punto egli acquisterà una combinazione delle quantità dei due beni A e B (tranne sempre il caso delle intercette, dove la scelta è per un unico bene), che è la migliore possibile, data una certa somma a disposizione.

Ma quale dei tanti punti che si trovano sul vincolo di bilancio è quello che il consumatore sceglierà? Per saperlo dobbiamo introdurre nel ns. grafico un’altra curva, espressione delle preferenze del compratore, che ci permetta di determinare l’equilibrio del portafoglio di spesa del compratore: la curva (o meglio le curve) d’indifferenza.

Prima però di passare allo studio di questa nuova funzione, due parole sull’espressione matematica che descrive il vincolo di bilancio.

Dato che le grandezze sugli assi sono le quantità dei 2 beni, la funzione che “sta sotto” il grafico è questa: QB = Pa/Pb x QA

Notiamo che l’inclinazione del vincolo (se parlassimo di curva di domanda diremmo la sua elasticità) è data dal rapporto Pa/Pb.

Questa conclusione è importante perché ci permette di comprendere le conseguenze che avrebbero le variazioni dei prezzi dei 2 beni.

variazioni dei prezzi

Infatti, se il prezzo del bene B (Pb) aumentasse, la retta di vincolo si sposterebbe ruotando in senso antiorario, nel senso che l’intercetta sull’asse delle ordinate non sarebbe più B segnato, ma un valore inferiore (B’). Questo perché a parità del prezzo di A (e quindi dell’intercetta sull’asse delle ascisse), la quantità di B che si potrebbe acquistare è minore. Viceversa nel caso di diminuzione del prezzo del bene B: il vincolo ruoterebbe in senso orario, sempre mantenendo ferma l’intercetta sull’asse delle ascisse (se il prezzo di A non varia).

Lo stesso spostamento si avrebbe, all’altro vertice della retta di bilancio, nel caso di variazione del prezzo di A.

Vedremo poi che queste simulazioni di cambiamenti di prezzo, ci serviranno per dimostrare l’inclinazione negativa della domanda di beni.

Utilità marginale e curve di indifferenza

NeIle sue scelte d’acquisto, il consumatore è guidato, oltre che dal vincolo di bilancio, anche dalle preferenze personali verso i prodotti presenti nel mercato. Egli indirizzerà i suoi acquisti verso quei beni ai quali attribuisce un valore di utilità maggiore, cioè quegli che sono in grado di meglio soddisfare i suoi bisogni.

Ipotizzando per semplicità che la scelta debba avvenire considerando due soli beni (A e B), l’utilità attribuita alle diverse quantità di questi 2 beni potrebbe essere la seguente:

Quantità del bene A
Quantità del bene B
Utilità totale del paniere
0
5
0
1
5
2.24
3
5
3.87
6
5
5.48
9
5
6.71
12
5
7.76

Da essa desumiamo una prima importante legge economica: l’utilità totale di un paniere di beni è sempre crescente al crescere della quantità, anche se cresce solo la quantità di un bene a parità dell’altro.

l'andamento dell'utilità totale crescente

Questo è facilmente comprensibile se si pensa che il maggior consumo di un bene (o di entrambi) fa comunque aumentare l’utilità totale che se ne trae.

Oltre all’utilità totale, c’è in economia un’altra grandezza, sempre legata alle preferenze dell’individuo, di cui bisogna tener conto: l’utilità marginale. Essa è definibile come l’utilità che un soggetto riceve dal consumo dell’ultima dose di un bene. In altre parole è l’aumento di utilità totale che si trae dal consumo di un’ulteriore unità quantitativa di quel certo bene.

Da un punto di vista matematico l’utilità marginale è il rapporto tra l’incremento dell’utilità totale e l’incremento della Q di un bene, ferma restando la Q degli altri beni (UM = delta UT/delta Q).

Riprendendo la tabella precedente si evidenziano le variazioni dei valori:

Variazioni del bene A
Variazioni del bene B
Variazione dell'utilità totale
1
0
2.24
2
0
1.63
3
0
1.61
3
0
1.23
3
0
1.05

Da cui si ricava la seguente tabella facendo la divisione degli incrementi, secondo la formula precedente:

Paniere di partenza
Utilità marginale del bene A
(0.5)
2.24
(1.5)
0.82
(3.5)
0.54
(6.5)
0.41
(9.5)
0.35

A questo punto possiamo enunciare una seconda importantissima legge economica: l’utilità marginale di un bene è sempre decrescente al crescere della sua quantità.

Andamento dell'utilità marginale in funzione della quantità

Tale legge, apparentemente contraddittoria con la prima, si spiega con il fatto che parliamo non di utilità totale (che è crescente), ma di util. Marginale, cioè di util. dell’ultima dose. Essa è alta all’inizio quando cominciamo a consumare il bene, poi, man mano che cresce la disponibilità di quel bene, è sempre più bassa, perché si riferisce a delle dosi che sono consumate dopo averne già consumate altre che ci hanno già parzialmente saziato. Di conseguenza attribuiamo molta importanza alle dosi iniziali di un bene, mentre ne diamo sempre di meno a quelle finali

Adesso la terza ed ultima legge riguardante l’utilità di un bene, sviluppata nell’ambito della teoria economica cosiddetta marginalistica. Un consumatore razionale, dovendo ripartire la sua spesa tra un paniere di beni, acquisterà le quantità di questi beni (Q1, Q2, Q3, ….. Qn beni) che gli assicurino l’uguaglianza tra le utilità marginali dei beni stessi (Um1=Um2=Um3= ….. =Um di n beni). Si dimostra, infatti, che così facendo l’utilità totale dei beni è massimizzata. Qualsiasi allontanamento dall’uguaglianza delle utilità marginali dei beni fa diminuire l’utilità totale e comporta una combinazione non ottimale (in termini di utilità) delle quantità di beni comprati.

Riprendendo il grafico visto nel paragrafo del vincolo di bilancio, in cui il paniere è costituito da due soli beni (A e B), introduciamo le curve di indifferenza per trovare l’equilibrio del consumatore, cioè le quantità dei 2 beni che realizzino la sua massimizzazione di utilità totale:

Utilità marginale del bene A = Utilità marginale del bene B

(UmA) = (UmB)

curva d'indifferenza

Per costruire questa curva d’indifferenza si è posta costante l’utilità totale, ricavando tutte le combinazioni di quantità dei 2 beni che realizzano quella determinata utilità totale.

Quantità del bene A
Quantità necessaria del bene B
Livello di utilità costante
1
14.98
3.87
3
4.99
3.87
6
2.50
3.87
9
1.66
3.87
12
1.25
3.87

I punti sulla curva rappresentano quindi tutte le combinazioni di Q di A e di Q di B che soddisfano con un grado di utilità pari a 3,87. E’ per questo che la curva si chiama d’indifferenza, perché qualsiasi punto su di essa è indifferente al consumatore, in quanto, pur avendo diverse quantità dei beni A e B, riceve da esse la stessa utilità (3,87).

Variando l’utilità totale (p. es. a 6,93) si ottiene un’altra curva d’indifferenza

curva di indifferenza per due panieri

Quindi più che di un’unica curva d’indifferenza, dobbiamo parlare d’infinite curve d’indifferenza, ciascuna delle quali con una sua utilità totale. Notiamo che la curva con l’utilità totale più grande si trova più alta dell’altra, questo perché le combinazioni di quantità dei beni A e B sono via via maggiori, quanto più le curve si alzano sul grafico.

Adesso abbiamo tutti gli strumenti per formulare l’equilibrio del consumatore, cioè il punto in cui egli posizionerà le sue scelte di consumo, in termini di quantità dei 2 beni A e B che formano il suo paniere.
E’ sufficiente mettere insieme nello stesso grafico sia il suo vincolo di bilancio, che le sue curve d’indifferenza.

retta di bilancio sovrapposta alle curve di indifferenza

Il punto d’equilibrio è il punto E, dove la curva d’indifferenza con utilità totale u2 è tangente al vincolo di bilancio. Perché è questo il punto di equilibrio e cosa rappresenta?

Perché il punto E si trova sul vincolo di bilancio e quindi, come abbiamo detto nel paragrafo precedente, esprime una scelta efficiente dal punto di vista delle disponibilità finanziarie del consumatore. Inoltre, questo punto è l’unico punto sul vincolo di bilancio che gli assicura l’utilità totale più alta (u2). Infatti, la curva d’indifferenza u3 ha sicuramente un’utilità maggiore, ma è impossibile da raggiungere con quel determinato reddito monetario disponibile (rappresentato dal vincolo di bilancio).

Tra tutte le combinazioni possibili di spesa, il ns. acquirente modello sceglierà la quantità QA* per il bene A e la quantità QB* per il bene B. Solamente questa combinazione di spesa fra i 2 beni disponibili gli garantirà la massimizzazione della sua utilità totale, con quel reddito monetario a disposizione. In termini matematici:

UmA = UmB ponderate però con i prezzi dei 2 beni, cioè UmA/Pa = UmB/Pb

Per concludere, vediamo come si esprime il punto di equilibrio nelle scelte del consumatore se consideriamo le funzioni matematiche che “stanno sotto” le curve della precedente figura.

Abbiamo detto che la funzione del vincolo di bilancio è: Pa/Pb.

Quella delle curve d’indifferenza è: (incremento QB)/(incremento QA), questo rapporto è detto saggio marginale di sostituzione (Sms, perché rappresenta il grado di sostituibilità del bene B con il bene A e viceversa). Di conseguenza il punto d’equilibrio è quel punto che verifica la seguente uguaglianza:

Sms = Pa/Pb

Effetto prezzo

Abbiamo elaborato la teoria del consumatore, che ci dice dove si forma l’equilibrio nella spesa di un compratore in un qualsiasi mercato, ma non abbiamo ancora messo in relazione quest’equilibrio con la curva di domanda di mercato vista nel capitolo precedente. Come si arriva dalla teoria del consumatore a costruire la funzione di domanda con andamento decrescente tra P e Q?

Per rispondere a questa domanda e dimostrare che la curva di domanda ha un’inclinazione negativa, cioè una relazione inversa tra P e Q, dobbiamo fare un esperimento. Quest’esperimento consiste nel variare il prezzo di un bene e verificare se il nuovo equilibrio, instauratosi a seguito della variazione, comporti una maggiore o minore spesa per il bene di cui è cambiato il prezzo. Se il consumo del bene di cui è aumentato il prezzo è minore (o, il che è lo stesso, se il consumo del bene di cui è diminuito il prezzo è maggiore), abbiamo dimostrato quello che volevamo dimostrare, cioè che l’andamento della domanda è decrescente e c’è quindi una relazione inversa fra la Q domandata di un bene ed il suo P.

Ipotizziamo un aumento del prezzo del bene B. Il vincolo di bilancio ruota e si posiziona nel modo seguente

Relazione tra aumento del prezzo e beni acquistabili

dove si può notare che la quantità massima acquistabile di B passa da B segnato a B’. Ciò perché l’aumento di prezzo, data una somma di denaro a disposizione, fa diminuire le quantità del bene B acquistabili sul mercato (per es. da 50 a 40 unità). Notiamo anche che l’aumento del prezzo di B lascia invariata la quantità massima acquistabile di A, perché nell’ipotesi il suo prezzo non è variato.

Dove si formerà il nuovo equilibrio? Si formerà sul nuovo vincolo di bilancio e su una nuova curva d’indifferenza (tangente al nuovo vincolo) più bassa di quella precedente. Questo perché con un prezzo di B più alto, l’utilità totale (rappresentata dalla nuova curva d’indifferenza) del consumatore sarà necessariamente più bassa, in quanto con la stessa disponibilità monetaria potrà comprare meno quantità di beni.

Si dimostra che a questo nuovo punto d’equilibrio corrisponde una combinazione di Q di A e di Q di B, in cui la quantità di B d’equilibrio è minore di quella precedente. Di conseguenza possiamo dire che un aumento del prezzo di un bene determina una ricomposizione della combinazione ottimale d’equilibrio delle quantità, in cui la spesa per il consumo di quel bene è minore. Ecco dunque verificata la relazione per la quale l’aumento di P causa la diminuzione della Q domandata sul mercato. Conclusione: la domanda deve essere costruita con un’inclinazione negativa, perché deve rappresentare la relazione inversa fra la quantità domandata di un bene (Q) ed il suo prezzo (P).

L’esperimento appena terminato evidenzia però anche altri aspetti.

Infatti, l’effetto prezzo sulla quantità domandata di un bene è scomponibile in 2 componenti: effetto sostituzione ed effetto reddito. In particolare la relazione che lega questi effetti è la seguente:

effetto prezzo = effetto sostituzione + effetto reddito

La diminuzione della Q domandata in seguito all’aumento del prezzo P è dovuta alla sommatoria di due comportamenti del consumatore.

Un primo comportamento (eff. Sostituzione) consiste nel fatto che il consumatore tenderà a sostituire, nel suo paniere, il bene di cui è aumentato il prezzo con il bene il cui prezzo è invece rimasto invariato, per ovvi motivi legati all’economia di spesa.

Un secondo comportamento (eff. Reddito) è quello che vuole il consumatore ridurre la spesa di entrambi i beni, perché l’aumento del prezzo di un bene, a parità di reddito disponibile per la spesa, lo fa sentire più povero (è infatti diminuito il potere d’acquisto del suo reddito).

La combinazione di questi 2 comportamenti, mentre da una parte fa sicuramente diminuire la quantità domandata del bene di cui è aumentato il prezzo, dall’altra produce effetti non univoci sulla quantità domandata del bene il cui prezzo è rimasto invariato. Nel nuovo equilibrio di spesa, la quantità domandata di quest’ultimo bene può essere maggiore o minore della quantità domandata prima che il prezzo dell’altro bene aumentasse.

In conclusione di questo discorso che ci ha permesso di giustificare economicamente l’andamento inverso delle funzione di domanda in un qualsiasi mercato, occorre fare una precisazione. Esiste un caso (molto ipotetico) in cui la quantità domandata di un bene potrebbe aumentare all’aumentare del suo prezzo sul mercato.

Abbiamo visto (lezione precedente) che esistono in economia i beni inferiori, che sono quelli la cui domanda aumenta al diminuire del reddito. Se facessimo l’esperimento precedente con riguardo a 2 beni, dei quali uno (quello di cui aumenta il prezzo) è un bene inferiore, il risultato a cui giungeremmo potrebbe essere (in teoria) esattamente l’opposto di quello che abbiamo appena visto, cioè la domanda del bene potrebbe aumentare in conseguenza dell’aumento del suo prezzo (quindi la curva avrebbe un’inclinazione positiva, come l’offerta!).

Questo perché la diminuzione del reddito in termini di potere d’acquisto (causata dall’aumento del prezzo) provocherebbe un effetto reddito sul bene inferiore di segno opposto all’effetto reddito visto in precedenza per un bene normale. In altre parole l’effetto reddito porterebbe ad un aumento del consumo del bene di cui è aumentato il prezzo. Se quest’aumento del consumo del bene inferiore, fosse così grande in valore assoluto da superare la diminuzione di consumo dovuta all’effetto sostituzione (che non subisce variazioni di segno per la presenza di un bene inferiore), il risultato finale sarebbe appunto la crescita della Q domandata del bene inferiore, pur essendo il suo prezzo aumentato sul mercato. I beni inferiori che hanno un effetto reddito maggiore, in valore assoluto, dell’effetto sostituzione (e quindi una domanda crescente rispetto al prezzo), sono detti beni di Giffen.

In realtà non si è mai riscontrato un bene nei mercati mondiali che avesse caratteristiche tali da potersi qualificare come bene di Giffen.

Surplus del consumatore

Per concludere questo capitolo forniamo un’ultima definizione, quella del concetto di surplus del consumatore.

La necessità di definire il surplus del consumatore nasce dalla constatazione che le variazioni dei prezzi determinano guadagni o perdite per venditori e compratori. Però, mentre per i venditori l’entità del guadagno o della perdita è facilmente misurabile in termini monetari (come vedremo nella prossima lezione), perché dà origine ad un profitto o ad una perdita d’impresa, per i compratori-consumatori la quantificazione del guadagno o della perdita (in conseguenza della variazione dei prezzi) non è altrettanto facilmente determinabile.

Ecco quindi che ci soccorre il concetto di surplus del consumatore, per stabilire se, in seguito alla ricomposizione del portafoglio di spesa di un consumatore, egli ci guadagni o ci perda.

Il surplus è rappresentato dalla differenza fra la somma massima che il compratore sarebbe disposto a pagare per la quantità del bene che egli richiede e la somma che effettivamente paga per ottenere quella quantità.

Utilizzando un grafico è un po’ più semplice.

rappresentazione grafica del surplus del consumatore

La somma massima è tutta l’area che sta sotto la curva di domanda D, mentre la somma che effettivamente paga è tutta l’area che sta sotto la retta del prezzo P (perché la somma pagata non è altro che il prezzo per la quantità, P x Q).

La differenza fra queste 2 aree è costituita dall’area tratteggiata APE, che quindi rappresenta il surplus del consumatore. Se in seguito alla variazione del prezzo l’area del surplus aumenta il compratore ci sta guadagnando, se diminuisce ci sta rimettendo.

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La terza lezione di Economia Politica inserita da SteveRound il: 22/07/2003

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