- MACROECONOMIA -
La teoria della domanda e offerta globale
(lez. n° 14)

Introduzione storica alla teoria della domanda e dell'offerta globale

Dopo il fallimento della teoria keynesiana e gli approcci degli economisti neoclassici, ispirati dalle politiche economiche destabilizzanti del momento, un’altra teoria ha tentato di fornire la spiegazione scientifica delle forze e reazioni del sistema economico che ormai sono tipiche dell’era moderna, come la stagflazione e le spirali inflazionistiche: la teoria della domanda e offerta globale.

Gli economisti sostenitori di questa teoria affermano che nella costruzione keynesiana c’è una grossa dimenticanza, la quale nell’epoca in cui viveva Keynes poteva anche essere trascurata, ma che attualmente non può assolutamente essere tralasciata. Questa omissione di Keynes riguarda la curva d’offerta di beni e servizi.

Secondo i seguaci della teoria della domanda e offerta globale, la teoria di Keynes è sostanzialmente una teoria della domanda di beni e servizi (domanda aggregata), quello che manca è la considerazione dell’offerta degli stessi beni da parte del sistema produttivo e commerciale.

Introducendo nel discorso la curva d’offerta, molti dei bugs e dei problemi irrisolti che la teoria Keynesiana presenta sono destinati ad essere eliminati. Anzi, la considerazione della curva d’offerta di beni, oltre che di quella di domanda, permette di spiegare proprio le mancanze keynesiane ed i motivi del fallimento della PE da parte dei poteri centrali, in presenza di forti spinte inflazionistiche.

Con questa nuova teoria è inoltre possibile, oltre che spiegare e giustificare le forze dell’economia moderna, sviluppare un innovativo sistema di strumenti di PE, in grado di indirizzare l’economia verso gli obiettivi prefissati, senza avere contraccolpi indesiderati di altre variabili economiche.

La teoria della domanda e offerta globale non è altro che la trasposizione a livello di intero sistema economico della teoria microeconomica dei prezzi. Le curve di domanda e offerta nel singolo mercato, viste nella parte di microeconomia per spiegare come si forma il P e la Q di equilibrio su di un mercato qualsiasi a parità di tutte le altre condizioni, vengono adesso utilizzate per spiegare l’equilibrio, del PIL e del livello generale dei prezzi, dell’intero sistema economico. La domanda e l’offerta non sono più rappresentative di un singolo mercato, ma dell’intera collettività e di tutti i mercati, e per questo vengono definite “globali”.

Teoria della domanda e offerta globale

Vediamo subito la rappresentazione grafica.

La rappresentazione dell'intero sistema economico

Il mercato raffigurato è l’intero sistema economico ed il punto di equilibrio E, in cui sono determinati la produzione (PIL) nazionale ed il livello generale dei prezzi del sistema, realizza simultaneamente l’equilibrio sul mercato dei beni, della moneta e sul mercato del lavoro.

L’equilibrio si determina in corrispondenza dell’intersezione delle curve di domanda ed offerta (E), dove sono fissati i valori corrispondenti della produzione Q* e dei prezzi P*, perché per valori diversi, per es. P0, ci sarebbe un eccesso d’offerta o di domanda, che, oltre a rendere il sistema instabile, instaurerebbe la tendenza delle forze a riportare il sistema economico verso l’unico punto d’equilibrio (E) in cui si verifica l’uguaglianza fra quantità domandata e offerta.

Nel grafico la domanda globale non è altro che la domanda aggregata di Keynes, e quindi gli spostamenti di questa curva sono dovuti a variazioni delle componenti di essa, cioè C, I e G.

Qualche precisazione la dobbiamo fare, invece, per quanto riguarda la costruzione della curva d’offerta globale. In particolare, considerando la pratica di qualsiasi commerciante di calcolare il ricarico sui prodotti, cioè il margine di guadagno sui prod., come una percentuale sul costo degli stessi e chiamando mark up questa % di ricarico, il prezzo di qualsiasi bene può essere scritto così:

Prezzo dei beni = (costo del lavoro per unità di prod.) + (margine lordo per unità di prod.)

Dove il primo addendo è dato da:

Costo del lavoro per unità di prod. = W x fabbisogno di lavoro per unità di prod.

Ed il secondo addendo è dato da:

Margine lordo per unità di prod. = mark up x costo del lavoro per unità di prod.

Se andiamo a sostituire queste 2 ultime espressioni agli addendi della formula iniziale avremo:

Prezzo dei beni = W x fabbisogno di lavoro per unità di prod.(1 + mark up)

Che altro non è che l’espressione matematica della curva d’offerta globale.

In conseguenza della sua costruzione, la curva d’offerta globale si sposterà in funzione della variazione di 3 fattori principali:

A questo punto è possibile comprendere il motivo per cui le politiche economiche espansive degli anni ’70 sono risultate inefficaci, anzi hanno destabilizzato il sistema economico.

Prendiamo il grafico seguente ed immaginiamo che il sistema si trovi in equilibrio in A, che non necessariamente è un equilibrio di pieno impiego, perché la piena occupazione potrebbe realizzarsi per una produzione anche molto maggiore di Q*.

Il sistema che ristagna

Se per qualsiasi ragione il sistema improvvisamente ristagna, la curva d’offerta si sposta verso l’alto, determinando, nel nuovo punto d’equilibrio B, una minore occupazione Q’ ed una maggiore inflazione.

Secondo i canoni post-keynesiani, occorrerebbe attuare una politica fiscale o monetaria espansiva, per ripristinare la quantità produttiva Q* (che, ripeto, potrebbe anche non essere la produzione di pieno impiego). La PE adottata sposterebbe la curva di domanda verso l’alto ed il nuovo equilibrio
sarebbe in C.

La produzione iniziale Q* verrebbe raggiunta di nuovo, ma la situazione inflazionistica peggiorerebbe ulteriormente. Se a questo si aggiunge che, in conseguenza del nuovo livello dei prezzi, l’offerta potrebbe ridursi di nuovo e, quindi, la curva d’offerta spostarsi ancora di più verso l’alto, si capisce quanto una PE sbagliata possa essere devastante.

Questo è proprio quello che è successo negli anni ’70 e ’80, quando i governi, cercando di ridurre la recessione, provocavano grosse spinte sui prezzi, le quali a loro volta riducevano i consumi e la produzione, innescando nuove politiche economiche espansive, e così via, in un turbinio di spirali inflazionistiche e recessioni ineliminabili.

Conseguenze della nuova teoria sulla PE

Ma allora quali sono gli strumenti di PE da utilizzare, secondo questa teoria, per curare un’economia malata?

Il fatto che adesso c’è anche una curva d’offerta (che con Keynes non c’era), non è senza conseguenze per la PE. I sostenitori della teoria della domanda e offerta globale affermano che la PE deve agire, non sulla domanda, bensì sull’offerta, per poter indirizzare l’economia verso gli obiettivi desiderati.

Il modo con il quale è possibile spostare politicamente la curva d’offerta è rappresentato dalla c.d. politica fiscale dell’offerta, che i suoi sostenitori chiamano Supply-Side Economics.

Questa politica economica concentra l’attenzione sugli incentivi o disincentivi al lavoro che esercitano le aliquote fiscali. Elevate aliquote fiscali sugli stipendi riducono l’offerta di lavoro, per cui, a parità di altre condizioni, una riduzione delle imposte sui salari agisce come incentivo al lavoro, perché dal punto di vista del lavoratore equivale all’aumento del salario monetario.

Anche i contributi sociali, alle imprese ed ai lavoratori, creano un divario fra la retribuzione lorda pagata dalle imprese e quella netta percepita dai lavoratori.

Tutte queste manovre, che fanno parte di una politica dei redditi, spostano la curva dell’offerta in una direzione o nell’altra e possono essere utilizzate anche settorialmente, per es. in una determinata area geografica (mezzogiorno) o in un particolare settore lavorativo (i nuovi assunti, c.d. “gabbie salariali”).

Il vantaggio di attuare una PE dell’offerta, anziché della domanda, sta nel fatto che, in alcune situazioni, è possibile influire sul sistema economico senza avere grosse ripercussioni sui prezzi e sull’inflazione. Ma la verità è che queste politiche economiche dell’offerta, pur essendo teoricamente attuabili, sono in realtà di difficile gestione e danno risultati spesso imprevedibili. Inoltre, le manovre che portano alla modificazione dell’offerta (contributi e aliquote fiscali sul lavoro) sono quantitativamente limitate e di portata contenuta, per quanto riguarda la loro efficacia.

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La quattordicesima lezione di Economia Politica inserita da SteveRound il: 15/10/2003

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