Studio Consulenza Aziendale - dott. Lino Minnetti
NOTA INFORMATIVA 6 / 2006
*** Manovra - Bis ***
Con il Decreto Legge n. 223/2006, cosiddetto decreto
“Bersani – Visco”, convertito nella Legge 4 agosto 2006, n. 248,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 11 agosto 2006, n. 186, Supplemento
Ordinario n. 183, sono state introdotte notevoli novità fiscali ed
amministrative.
Di seguito si segnalano le principali:
1)
Obblighi contabili degli esercenti arti e professioni (Art. 35, comma 12 e
12-Bis).
L’articolo
35, comma 12, del decreto introduce modifiche all’articolo 19 del
decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973, n. 600,
riguardante le scritture contabili degli esercenti arti e professioni. Più
precisamente, come chiarito anche dalla relazione di accompagnamento al citato decreto,
le nuove regole impongono i seguenti obblighi contabili:
•
i contribuenti esercenti arti e professioni devono tenere uno o più
conti correnti bancari o postali utilizzati per la gestione dell’attività
professionale. Tali conti devono essere utilizzati per compiere prelevamenti per
il pagamento delle spese sostenute e per far affluire obbligatoriamente i
compensi riscossi nell’esercizio della funzione professionale (nuovo comma 3
dell’articolo 19 del DPR n. 600 del 1973);
•
i compensi devono essere riscossi solo mediante strumenti finanziari
tracciabili e non in contanti, fatta eccezione per somme unitarie inferiori a
100 euro (nuovo comma 4 dell’articolo 19 del DPR n. 600. del 1973). In merito
al limite dei 100 euro, si segnala che, il comma 12-bis, dell’articolo
35 in commento, inserito dal Senato in sede di conversione del provvedimento,
prevede che detto limite si applichi solo a partire dal 1° luglio 2008.
Dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto e sino al
30 giugno 2007 il limite al di sotto del quale i compensi possono essere
incassati in contanti è fissato in 1000 euro. Per il periodo compreso tra il 1°
luglio 2007 e il 30 giugno 2008, infine, il limite è stabilito in 500 euro.
Alla luce delle modifiche apportate dalla legge di conversione del decreto,
è da ritenere che l’obbligo di riscuotere i compensi in argomento mediante
strumenti finanziari “tracciabili”, nei limiti appena richiamati, decorre
dalla data di entrata in vigore della predetta legge di conversione.
Per
quanto riguarda l’ambito oggettivo di applicazione della disposizione in
commento, si fa presente che gli strumenti finanziari utilizzabili per la
riscossione dei compensi conseguiti nell’esercizio dell’attività
professionale sono quelli appositamente individuati dall’articolo 35, comma
12, ovvero:
·
gli assegni non trasferibili;
·
i bonifici;
·
le altre modalità di pagamento
bancario o postale;
·
i sistemi di pagamento
elettronico.
Per
quanto attiene, invece, all’ambito soggettivo di applicazione della norma, si
fa presente che i soggetti obbligati a tenere uno o più conti bancari o postali
sono quelli di cui al primo comma dell’articolo 19 del DPR n. 600 del 1973,
ovvero “Le persone fisiche che esercitano arti e professioni e le società
o associazioni fra artisti e professionisti, di cui alle lettere e) ed f)
dell’art. 13…” . L’articolo 13 del DPR n. 600 del 1973 fa
riferimento alle persone fisiche che esercitano arti e professioni, ai sensi
dell’articolo 53, commi primo e secondo del TUIR, e alle società o
associazioni fra artisti e professionisti di cui all’articolo 5, lettera c),
del TUIR.
I
conti correnti bancari o postali, da tenere obbligatoriamente sia per il
prelievo di somme finalizzate al pagamento delle spese sostenute sia per il
versamento dei compensi riscossi, non necessariamente devono essere
“dedicati” esclusivamente all’attività professionale, ma possono
eventualmente essere utilizzati anche per operazioni non afferenti l’esercizio
della professione.
2)
Agevolazioni nelle ristrutturazioni edilizie (Art. 35, commi 19, 20, 35-Ter e
35-Quater).
L’articolo
35, commi 19, 20, 35-ter e 35-quater, del decreto ha
modificato la disciplina delle agevolazioni in materia di ristrutturazioni
edilizie. In particolare:
• il
comma 19 ha inserito nell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, il
comma 121-bis, il quale stabilisce che: “Le agevolazioni di cui al
comma 121 spettano a condizione che il costo della relativa mano d’opera
sia evidenziato in fattura”;
• il
comma 20 prevede che: “Le disposizioni del comma 19 si applicano in
relazione alle spese sostenute a decorrere dalla data di entrata in vigore del
presente decreto”;
• il
comma 35- ter prevede che: “È
prorogata per l’anno 2006, nella misura e alle condizioni ivi previste,
l’agevolazione tributaria in materia di recupero del patrimonio edilizio
relativa alle prestazioni di cui all’articolo 7, comma 1, lettera b), della
legge 23 dicembre 1999, n. 488, fatturate dal da 1º ottobre 2006”;
• il
comma 35- quater inserisce nell’articolo 1 della legge 23 dicembre
2005, n. 266, dopo il comma 121-bis, il comma 121-ter, il quale
stabilisce che: “A decorrere dal 1º ottobre 2006 la quota di cui al comma
precedente è pari al 36 per cento nei limiti di quarantottomila euro per
abitazione.”
Per
quanto riguarda la prima delle modifiche introdotte (comma 19), viene disposta
una nuova ipotesi di decadenza dalle agevolazioni fiscali per gli interventi di
ristrutturazione edilizia, disciplinati dagli articoli 2, comma 5, della legge
27 dicembre 2002, n. 289, e 9, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448.
Tali
agevolazioni consistono:
• nella
detrazione dall’imposta lorda ai fini dell’IRPEF per un importo percentuale
delle spese sostenute fino ad un massimo di spese di 48.000,00 euro, per
interventi di recupero di immobili abitativi da parte delle persone fisiche;
• nell’analoga
detrazione prevista per i soggetti che acquistano unità abitative comprese in
fabbricati, sui quali le imprese di costruzione o di ristrutturazione
immobiliare o le cooperative edilizie hanno eseguito interventi di recupero
edilizio. In questo caso, i lavori di ristrutturazione devono essere eseguiti
entro il 31 dicembre 2006 e la alienazione o assegnazione dell'immobile deve
avvenire entro il 30 giugno 2007.
La
disposizione introdotta con il comma 19 integra quella contenuta nel comma 121
dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, che ha prorogato, per
l’anno 2006, le detrazioni dall’imposta lorda previste in materia di
recupero del patrimonio edilizio, elevando la quota detraibile al 41 per cento
degli importi effettivamente rimasti a carico del contribuente.
Per
effetto dell’entrata in vigore della norma recata dal decreto, ai casi
di diniego dell’agevolazione elencati, tassativamente, nell’articolo 4 del
decreto interministeriale 18 febbraio 1998, n. 41 – quali, ad esempio,
l’esecuzione delle opere edilizie difformi da quelle oggetto di comunicazione
o l’esecuzione dei pagamenti secondo modalità diverse da quelle previste, ne
viene aggiunto un altro consistente nell’inosservanza dell’obbligo, a carico
dell’impresa che esegue i lavori, di evidenziare in fattura, in maniera
distinta, il costo della manodopera utilizzata. Si tratta di una disposizione
che, ai sensi del successivo comma 20, si rende applicabile in relazione alla
spese sostenute dal 4 luglio 2006, data di entrata in vigore del decreto.
Con la modifica apportata dal comma 35-ter viene ripristinata, per le
prestazioni fatturate dal 1° ottobre 2006, l'applicazione dell'aliquota IVA
agevolata in riferimento agli interventi di recupero del patrimonio edilizio di
cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), della legge n. 23 dicembre 1999, n.
488.
Si
ricorda che l’aliquota IVA agevolata al 10 per cento (in luogo del 20 per
cento) per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio abitativo è stata
introdotta dal predetto articolo 7, comma 1, lettera b), della legge n. 488 del
1999, il quale, in attuazione della direttiva comunitaria n. 1999/85 del 22
ottobre 1999, consente agli stati membri di prevedere, per un periodo massimo di
tre anni, aliquote IVA ridotte per settori ad alta intensità di manodopera. Con
In
assenza di autorizzazione comunitaria, dal 1° gennaio 2006 l’aliquota IVA è
stata ricondotta alla misura ordinaria del 20 per cento. Sempre a partire dalla
stessa data, la percentuale di detrazione dell’IRPEF è stata innalzata dal 36
al 41 per cento, al fine di compensare il venir meno dell’applicazione
dell’aliquota IVA agevolata. Il ripristino dell’aliquota IVA al 10 per cento
è stato reso possibile per effetto della emanazione della Direttiva europea
approvata il 14 febbraio 2006, che ha prorogato fino al 2010 il regime
dell’IVA agevolata sui servizi ad alta intensità di manodopera. Coerentemente
con l’intervento recato dal comma 35-quater, sempre a decorrere dal 1°
ottobre (e fino al 31 dicembre 2006, come già ricordato), la quota di
detrazione dall’IRPEF viene ridotta dal 41 al 36 per cento.
Si
ritiene che le disposizioni (riguardanti, rispettivamente, la riduzione della
misura dell’aliquota IVA al 10 per cento e l’abbattimento della misura della
detrazione dall’IRPEF al 36 per cento) siano strettamente correlate, di tal
che è necessario che, in relazione alla stessa spesa, le percentuali
dell’aliquota IVA e della detrazione IRPEF siano applicate, rispettivamente,
nella misura predetta per ciascuna. In sostanza, la detrazione dall’IRPEF
nella misura del 41 per cento può essere fruita solo ed esclusivamente in
corrispondenza di lavori fatturati con l’aliquota del 20 per cento.
Coerentemente, per i lavori fatturati con l’aliquota del 10 per cento dovrà
essere applicata la detrazione dall’IRPEF nella misura del 36 per cento.
Sempre
con il comma 35-quater il limite di spesa viene fissato in 48.000 euro
per ogni singola abitazione, a decorrere dal 1° ottobre 2006.
L’articolo
1 della legge n. 449 del 1997, che ha introdotto l’agevolazione in questione,
stabilisce che: “Ai fini dell'imposta sul reddito delle persone
fisiche, si detrae dall'imposta lorda, fino alla concorrenza del suo ammontare,
una quota delle spese sostenute sino ad un importo massimo delle stesse
di lire 150 milioni ed effettivamente rimaste a carico, per la realizzazione
degli interventi di cui alle lettere a), b), c) e d) dell'articolo 31 della
legge 5 agosto 1978, n. 457, sulle parti comuni di edificio residenziale
di cui all'articolo 1117, n. 1), del codice civile, nonché per la
realizzazione degli interventi di cui alle lettere b), c) e d)
dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, effettuati sulle
singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche
rurali, possedute o detenute e sulle loro pertinenze.”
La
circolare n. 57/E del 24 febbraio 1998 ha al riguardo chiarito che il limite di
spesa su cui applicare la percentuale di detrazione (che nel corso degli anni ha
subito variazioni, fino all’importo di 48.000 euro fissato dalla legge 27
dicembre 2002, n. 289), va riferito alla persona fisica e alla singola unità
immobiliare sulla quale sono stati effettuati gli interventi di recupero. In
caso di comproprietà o contitolarità del diritto reale o di coesistenza di più
diritti reali, ciascun comproprietario o contitolare, indipendentemente dalla
percentuale di possesso, poteva calcolare la detrazione sempre, nei limiti sopra
indicati, in relazione alle spese sostenute ed effettivamente rimaste a carico.
Con
la modifica introdotta dal comma 35-quater, il limite sul quale calcolare
la detrazione IRPEF è ora fissato espressamente nella sua misura massima e
complessiva in relazione all'immobile e va suddiviso tra i soggetti che hanno
diritto alla detrazione.
Per
quanto riguarda la decorrenza della nuova disposizione, per espressa previsione
normativa la stessa trova applicazione a decorrere dal 1° ottobre 2006.
Al
riguardo deve farsi riferimento alla spese sostenute a decorrere da tale data.
3)
Detrazione per oneri di intermediazione immobiliare (Art. 35, comma 22-Bis).
L’articolo
35, comma 22-bis, apporta modifiche al TUIR, aggiungendo all’art. 15,
comma 1, la lettera b-bis). In particolare, la norma stabilisce che, a
partire dal 1° gennaio 2007, è possibile detrarre dall’imposta lorda il 19
per cento degli oneri sostenuti per i compensi corrisposti ai soggetti di
intermediazione immobiliare per l’acquisto dell’unità immobiliare da
adibire ad abitazione principale, per un importo, comunque, non superiore a
mille euro per ciascuna annualità. Si tratta, in tutta evidenza, di una
modifica normativa collegata a quella del precedente comma 22, il quale ha
previsto l’obbligo di indicare negli atti di cessione degli immobili
l’eventuale importo relativo alle spese di intermediazione. Anche alla luce
della relazione tecnica di accompagnamento relativa agli effetti sulla finanza
pubblica, si ritiene che l’importo di 1000 euro costituisca il limite massimo
cui commisurare la detrazione in relazione all’intera spesa sostenuta per il
compenso versato agli intermediatori immobiliari per l’acquisto dell’unità
immobiliare da adibire ad abitazione principale e che la possibilità di portare
in detrazione quest’onere si esaurisca in un unico anno di imposta. Inoltre,
se l’acquisto è effettuato da più proprietari, la detrazione, nel limite
complessivo di 1000 euro, dovrà essere ripartita tra i comproprietari in
ragione della percentuale di proprietà.
4)
Ritenuta a titolo di acconto per i redditi derivanti dall’assunzione di
obblighi di fare, di non fare o permettere (Art. 36, comma 24).
L’articolo
36, comma 24, del decreto modifica l’articolo 25, primo comma, primo
periodo, del DPR n. 600/1973 inserendo dopo le parole “o nell’interesse
di terzi” le seguenti “o per l’assunzione di obblighi di fare, di
non fare o permettere”. Per effetto di detta modifica, l’obbligo
per i sostituti d’imposta di effettuare la ritenuta a titolo di acconto
dell’IRPEF sui compensi per prestazioni di lavoro autonomo, anche non
abituali, è esteso ai casi in cui vengano erogati compensi derivanti
dall’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere, che ai sensi
dell’articolo 67, comma 1, lettera l), del TUIR, rientrano nella categoria dei
redditi diversi.
La
ritenuta va effettuata, all’atto del pagamento, con obbligo di rivalsa e a
titolo di acconto dell’IRPEF nella misura del 20 per cento del compenso.
Si
sottolinea che il comma 24 in esame completa, anche sotto il profilo
dell’applicazione delle ritenute, l’equiparazione tra redditi derivanti da
attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente e redditi derivanti
dall’assunzione di obblighi di fare, di non fare o di permettere, già
esistente sotto il profilo della determinazione delle modalità di concorso al
reddito nella categoria dei redditi diversi (articolo 71, comma 2, del TUIR).
L’obbligo
di operare la ritenuta sorge per i compensi corrisposti a partire dal 4 luglio
2006, data di entrata in vigore del decreto, ai sensi dell’art. 41 del decreto
stesso.
Le
ritenute operate dovranno essere versate nei tempi e nei modi ordinari.
5)
Reddito di lavoro autonomo – Plusvalenze e Minusvalenze – Cessione clientela
– Spese sostenute dal committente (Art. 36, comma 29).
Il
comma 29 dell’art. 36 del decreto ha modificato in modo incisivo le
regole di determinazione del reddito di lavoro autonomo. I nuovi commi 1-bis e
1-ter inseriti nell’art. 54 del TUIR, innovando la disciplina,
prevedono la rilevanza reddituale delle plusvalenze e delle minusvalenze
realizzate attraverso l’estromissione dei beni strumentali dall’ambito
dell’attività di lavoro autonomo. Sono escluse le cessioni di beni il cui
costo di acquisto non è ammortizzabile, come ad esempio gli immobili e gli
oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione. Le plusvalenze e le
minusvalenze concorrono alla formazione del reddito quando sono realizzate
mediante cessione a titolo oneroso, mediante il risarcimento, anche in forma
assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni o quando i beni
vengono destinati al consumo personale o familiare dell’esercente l’arte o
la professione o a finalità estranee all’arte o professione. Ai sensi del
nuovo comma 1-ter, le plusvalenze e le minusvalenze sono date dalla
differenza, positiva o negativa, tra il corrispettivo o l’indennità percepiti
ed il costo non ammortizzato ovvero, in assenza di corrispettivo, dalla
differenza tra il valore normale del bene ed il costo non ammortizzato.
Nell’ipotesi di beni il cui costo non sia integralmente deducibile, le
plusvalenze e le minusvalenze patrimoniali rilevano nella stessa proporzione
esistente tra l’ammontare dell’ammortamento fiscalmente dedotto e quello
complessivamente effettuato.
Si
ritiene, inoltre, che, in applicazione del criterio di imputazione temporale dei
redditi di lavoro autonomo fondato sul principio di cassa ed in mancanza di un
espresso riferimento normativo, non vi sia la possibilità per il professionista
di rateizzare in più esercizi la plusvalenza realizzata, come previsto, invece,
dall’art. 86, comma 4, del TUIR. Il comma 29 in esame, inoltre, ha aggiunto il
comma 1-quater all’art. 54 del TUIR. In base a tale norma, concorrono a
formare il reddito del professionista anche i corrispettivi percepiti a seguito
di cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili
all’attività artistica o professionale. Nel caso in cui il compenso derivante
dalla cessione della clientela o di elementi immateriali, sia riscosso in
un’unica soluzione, la nuova lettera g-ter, del comma 1 dell’art. 17
del TUIR, inserita dal citato comma 29, prevede la possibilità per il
contribuente di assoggettare tali importi a tassazione separata. Infine, il
comma 29 ha regolato espressamente la fattispecie relativa alla deducibilità
delle spese per prestazioni alberghiere e somministrazioni di alimenti e bevande
in pubblici esercizi sostenute dal committente per conto del professionista e da
questi addebitate nella fattura. Fermo restando la natura di compenso dei
rimborsi spese, in base alla nuova formulazione del comma 5 dell’art. 54 del
TUIR, le spese di vitto e alloggio sostenute dal committente per conto del
professionista e da questi addebitate in fattura per l’importo effettivamente
pagato dal committente, sono integralmente deducibili dal reddito di lavoro
autonomo e, quindi, non soggiacciono al limite del 2% previsto dalla prima parte
del comma 5. Dal punto di vista degli adempimenti, il committente riceverà da
colui che presta il servizio alberghiero o di ristorazione, il documento fiscale
a lui intestato con l’esplicito riferimento al professionista che ha usufruito
del servizio. Il committente comunicherà al professionista l’ammontare della
spesa effettivamente sostenuta e invierà allo stesso copia della relativa
documentazione fiscale. In questo momento il costo non è deducibile per
l’impresa committente. Il professionista emetterà la parcella comprensiva dei
compensi e delle spese pagate al committente e considererà il costo
integralmente deducibile, qualora siano state rispettate le predette condizioni.
L’impresa committente, ricevuta la parcella, imputa a costo la prestazione,
comprensiva dei rimborsi spese.
6)
Accertamento sulla base degli studi di settore (Art. 37, commi 2 e 3).
L’articolo
37, commi 2 e 3, del decreto dispone l’abrogazione dei commi 2 e 3
dell’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, che reca disposizioni in
materia di accertamento sulla base degli studi di settore. Detta abrogazione
opera a partire dal periodo di imposta per il quale il termine di presentazione
della dichiarazione scade successivamente alla data di entrata in vigore del decreto;
quindi per i contribuenti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare
anche con riferimento al periodo di imposta 2005.
Attraverso
tale modifica, il legislatore dispone l’applicazione generalizzata
dell’accertamento sulla base degli studi di settore nei confronti dei
contribuenti titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo, prescindendo
dal regime di contabilità adottato.
In
precedenza, ai sensi delle norme abrogate, l’Amministrazione finanziaria
poteva procedere all’accertamento sulla base degli studi di settore nei
confronti degli esercenti attività d'impresa in regime di contabilità
ordinaria (anche per opzione), e degli esercenti arti e professioni, se:
• in
almeno due periodi d’imposta su tre consecutivi considerati, compreso quello
da accertare, l’ammontare dei compensi o dei ricavi determinabili sulla base
degli studi di settore risultava superiore all’ammontare dei compensi o ricavi
dichiarati con riferimento agli stessi periodi d’imposta”;
• nel
caso di rilevanti situazioni di incoerenza rispetto ad indici di natura
economica, finanziaria o patrimoniale (limitatamente ai soggetti esercenti
attività di impresa);
• in
caso di inattendibilità della contabilità ordinaria, in base ai criteri
stabiliti con il regolamento approvato con DPR 16 settembre 1996, n. 570.
In
altri termini, con l’abrogazione delle norme citate, per sottoporre ad
accertamento i contribuenti interessati, è sufficiente che gli stessi non
risultino congrui anche per una sola annualità rispetto agli studi di settore.
Il comma 3 dell’articolo 37 del decreto dispone che, con riferimento al
primo periodo di imposta per il quale il termine di presentazione della
dichiarazione scade successivamente alla data di entrata in vigore del decreto
medesimo, l’adeguamento alle risultanze degli studi di settore può essere
effettuato entro il termine di presentazione della dichiarazione, con le modalità
previste dall’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica del 31
maggio 1999, n. 195.
Ciò
comporta, ad esempio, che per i contribuenti con periodo d’imposta coincidente
con l’anno solare, il predetto adeguamento potrà essere eseguito già con
riferimento all’anno 2005.
Si
ritiene, infine, che il richiamo espresso, operato dalla norma all’articolo 2
del decreto del Presidente della Repubblica del 31 maggio 1999, n. 195, comporta
che in sede di adeguamento la maggiorazione del 3 per cento commisurata ai
ricavi e compensi non annotati si applica qualora la differenza tra ricavi e
compensi annotati nelle scritture contabili e quelli risultanti dagli studi di
settore sia superiore al 10 per cento dei ricavi e compensi annotati.
7)
Elenco dei clienti e dei fornitori (Art. 37, commi 8 e 9).
L’articolo
37, comma 8, del decreto introduce nell’articolo 8-bis del DPR
22 luglio 1998, n. 322, riguardante la comunicazione dati IVA, il nuovo comma 4-bis,
che dispone nei confronti dei contribuenti IVA l’obbligo di presentare
all’Amministrazione finanziaria, esclusivamente per via telematica, l’elenco
dei soggetti nei confronti dei quali sono state emesse fatture (clienti) e
l’elenco dei soggetti dai quali sono stati effettuati acquisti (fornitori).
Il
nuovo adempimento, che ha cadenza annuale, deve essere assolto entro sessanta
giorni dal termine previsto per la presentazione della comunicazione annuale
dati IVA e, quindi, entro il 29 aprile di ciascun anno con riferimento alle
operazioni relative all’anno d’imposta precedente.
Per
quanto riguarda i soggetti da includere negli elenchi, il citato comma 4-bis ricomprende
tra i clienti tutti coloro nei cui confronti è stata emessa fattura.
Tuttavia
in sede di prima applicazione, al fine di rendere meno oneroso il nuovo
adempimento, il comma 9 dell’articolo 37 del decreto prevede per
l’anno d’imposta 2006 l’indicazione dei soli clienti titolari di partita
IVA. Nell’elenco dei fornitori occorre indicare esclusivamente i soggetti
titolari di partita IVA da cui sono stati effettuati acquisti rilevanti ai fini
dell’imposta sul valore aggiunto. Pertanto, non rilevano gli acquisiti di beni
e servizi esclusi dal campo di applicazione dell’IVA. I dati che devono essere
riportati negli elenchi per ciascun soggetto riguardano l’indicazione del
codice fiscale, l’importo complessivo delle operazioni effettuate, tenendo
conto delle variazioni di cui all’articolo 26 del DPR n. 633 del 1972, con
evidenziazione dell’imponibile, dell’imposta, nonché delle operazioni non
imponibili e di quelle esenti.
Ai
fini sanzionatori, l’omessa presentazione degli elenchi, nonché l’invio
degli stessi con dati falsi o incompleti, comporta l’applicazione della
sanzione amministrativa in misura fissa (da un minimo di 258 ad un massimo di
2.065 euro) prevista dall’articolo 11 del D.Lgs. n. 471 del 1997. Al riguardo,
si precisa che si rende applicabile l’istituto del ravvedimento operoso di cui
all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
8)
Comunicazione telematica dei corrispettivi (Art. 37, commi da 33 a 37).
Le
disposizioni in esame introducono, per i soggetti di cui all’art. 22 del DPR
n. 633 del 1972, l’obbligo di trasmettere telematicamente all’Agenzia delle
Entrate l’ammontare complessivo dei corrispettivi giornalieri delle cessioni
di beni e delle prestazioni di servizi effettuate.
La
procedura in argomento costituisce una ulteriore semplificazione degli
adempimenti contabili per i soggetti che svolgono attività di commercio al
minuto e assimilate in locali aperti al pubblico, già esonerati dall’obbligo
di emissione della fattura se non richiesta dal cliente e tenuti alla
certificazione fiscale dei corrispettivi mediante il rilascio della ricevuta o
dello scontrino fiscale. Il beneficio della sostituzione dell'obbligo di
certificazione fiscale dei corrispettivi incontra, comunque, un limite nella
facoltà del cliente di richiedere il rilascio della fattura; l’ultimo periodo
del comma 34 dell’articolo 37 del decreto dispone, infatti,
espressamente che è fatto salvo l'obbligo di emissione della fattura su
richiesta del cliente "non oltre il momento di effettuazione dell'operazione
..." (cfr. articolo 22 del DPR n. 633 del 1972).
La
trasmissione dei dati, che dovrà avvenire distintamente per ciascun punto
vendita, sostituisce l’obbligo di registrazione dei corrispettivi previsto
dall’articolo 24 del citato DPR n. 633 del 1972. Il comma 35 dell’articolo
37 del decreto, introduce un credito di imposta pari a 100 euro,
utilizzabile esclusivamente in compensazione mediante modello F24, a favore dei
contribuenti che scelgono di adattare tecnicamente gli apparecchi misuratori in
uso in funzione della trasmissione telematica dei dati registrati giornalmente.
Il credito compete una sola volta indipendentemente dal numero dei misuratori
adattati alle nuove funzionalità e, comunque, solo a seguito dell’avvenuta
prestazione dell’intervento tecnico e del relativo pagamento.
Le
disposizioni in esame entrano in vigore il 1° gennaio 2007, con l’obbligo di
effettuare la prima trasmissione telematica entro il mese di luglio dello stesso
anno, anche con riferimento ai dati relativi ai mesi precedenti.
In
caso di omissione degli adempimenti previsti dai commi in precedenza esaminati
è prevista la sanzione amministrativa da 1000 a 4000 euro, ferma restando
l’applicabilità delle sanzioni per le violazioni degli obblighi di
registrazione e di quelli relativi alla contabilità.
9)
Versamenti dovuti dai titolari di partita IVA (Art. 37, comma 49).
L’articolo
37, comma 49, del decreto stabilisce che i soggetti titolari di partita
IVA dal 1° ottobre 2006 sono obbligati ad effettuare i versamenti fiscali e
previdenziali dovuti ai sensi degli articoli 17, comma 2, e 28, comma 1, del
decreto legislativo 9 luglio 1997 n. 241, esclusivamente mediante modalità
telematiche, anche servendosi di intermediari.
Restano,
quindi, esclusi dall’obbligo del versamento delle imposte e dei contributi con
modalità telematiche i contribuenti non titolari di partita IVA, che potranno
effettuare i versamenti con modello F24 presso gli sportelli dell’ufficio
postale, della banca o del concessionario della riscossione, ovvero con modalità
telematiche.
Con
il Comunicato Stampa del 5 settembre 2006, l’Agenzia delle Entrate precisa che
tutti i titolari di partita IVA sono tenuti al versamento unitario delle imposte
e dei contributi in via telematica utilizzando uno dei tre canali sotto
indicati:
Le
problematiche applicative ed interpretative relative a specifiche disposizioni
saranno oggetto di successivo approfondimento.
Lo Studio è a Vostra completa disposizione per ulteriori chiarimenti in merito.
Ponzano di Fermo li, 6 settembre 2006.
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