Studio Consulenza Aziendale  -  dott. Lino Minnetti

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    Caso pubblicato in "Pratica Professionale - I Casi"    

Rivista n. 5 di Maggio 2004 - Pag. 27 - IPSOA Editore srl

 

Quesito n. 116 - Reintroduzione in Italia di beni esportati con “lista valorizzata”. 

Un’impresa italiana, anteriormente al 1° maggio 2004, invia, con “lista valorizzata”, in uno dei dieci nuovi Paesi membri dell’UE, pellame e foderame per la tagliatura e l’orlatura di tomaie per calzature. Considerato che il termine medio per la restituzione della merce lavorata è di circa quindici giorni lavorativi e che, di conseguenza, tali beni rientreranno nel territorio italiano dopo il 1° maggio 2004, quindi dopo l’adesione all’UE dei nuovi Paesi membri, si chiede quali siano le conseguenze fiscali rilevanti ai fini IVA.

(Lino Minnetti - Ponzano di Fermo - AP)

 

Riferimenti normativi

D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 8.

D.L. 30 agosto 1993, n. 331, artt. 40, 46.

Esportazione definitiva senza passaggio della proprietà

Il carattere autonomo della definizione di esportazione ai fini IVA rispetto alla nozione di esportazione doganale, dovuta alla necessaria coesistenza dei presupposti di fatto costituiti dall’effetto traslativo della proprietà (o di altro diritto reale di godimento) e dal trasferimento fisico del bene al di fuori del territorio comunitario, comporta l’irrilevanza, ai sensi dell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972, delle esportazioni temporanee, identificate in base alla normativa doganale (c.d. perfezionamento passivo di cui agli artt. 145 ss. del Codice doganale comunitario), nonché delle esportazioni definitive di beni senza passaggio della proprietà con successiva reimportazione dei prodotti compensatori (beni risultanti dalle operazioni di lavorazione).

Al riguardo, il Dipartimento delle Dogane, con la nota 6 maggio 1997, n. 1248 e il Ministero delle Finanze, con la C.M. 15 luglio 1999, n. 156/E, hanno precisato che quest’ultima procedura, analogamente a quella del “perfezionamento passivo”, non comporta il trasferimento della proprietà dei beni oggetto delle operazioni di compensazione. Di conseguenza, la stessa non attribuisce all’operatore nazionale il beneficio della non imponibilità a IVA di cui all’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972 e, quindi, la relativa operazione è irrilevante ai fini della formazione del plafond IVA e della conseguente possibilità di acquistare i beni in sospensione d’imposta.

Il Ministero delle Finanze, con la citata C.M. n. 156/1999, ha inoltre escluso che la presunzione di cessione di cui all’art. 1 del D.P.R. n. 441/1997 possa essere superata emettendo fattura “pro forma” ed ha, a tal fine, chiarito che la presunzione può essere validamente superata utilizzando:

—   un’apposita “lista valorizzata”, redatta su carta intestata del soggetto esportatore, da registrare in un apposito registro tenuto e conservato ai sensi dell’art. 39 del D.P.R. n. 633/1972, ovvero

—   un documento di trasporto o di consegna, di cui all’art. 1, comma 3, del D.P.R. n. 472/1996, senza necessità di annotarlo nel registro di cui al citato art. 39, essendo a tal fine sufficiente la conservazione del documento stesso.

Poiché la descritta procedura di esportazione definitiva non comporta il passaggio della proprietà dei beni oggetto di lavorazione, tanto la “lista valorizzata” quanto il documento di trasporto devono essere invalidati dalla Dogana con la dicitura Non valida ai fini dell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972”.

La procedura in esame penalizza, ovviamente, il soggetto esportatore a credito nei confronti dell’Erario che, non qualificandosi quale esportatore abituale, non abbia un plafond IVA da utilizzare per l’acquisto dei beni e dei servizi in sospensione d’imposta.

Allargamento dell'UE

All’atto dell’importazione dei beni lavorati, la base imponibile sulla quale calcolare l’IVA da versare in dogana è pari al valore doganale dei prodotti compensatori, comprensivo quindi sia del valore della prestazione di lavorazione, sia del valore dei beni (materie prime e/o semilavorati) precedentemente esportati al di fuori del territorio doganale comunitario. Tuttavia, nel caso di specie, per effetto dell’allargamento dell’UE, i prodotti compensatori reintrodotti nel territorio italiano successivamente al 1° maggio 2004 non danno luogo al pagamento dell’IVA in dogana, in quanto la reintroduzione non configura un’importazione visto che il Paese dal quale i prodotti compensatori provengono è entrato a far parte dell’UE. Allo stesso tempo, la reintroduzione non configura, per l’operatore italiano, un acquisto intracomunitario, dato che la precedente esportazione definitiva delle materie prime e/o dei semilavorati è avvenuta senza trasferimento del diritto di proprietà in capo al soggetto destinatario.

Lavorazione intracomunitaria

Si fa presente che la fattura emessa dal soggetto divenuto comunitario, in relazione alla prestazione di lavorazione resa a favore del committente italiano, deve essere da quest’ultimo numerata e integrata secondo le disposizioni contenute nell’art. 46 del D.L. 30 agosto 1993, n. 331 (convertito dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427), in quanto si tratta di una prestazione intracomunitaria di servizi, territorialmente rilevante in Italia ex art. 40, comma 4-bis, del D.L. n. 331/1993.

Compilazione degli elenchi riepilogativi

La reintroduzione dei prodotti compensatori deve essere, inoltre, indicata negli elenchi riepilogativi degli acquisti intracomunitari di beni (modelli INTRA 2 e 2-bis) soltanto ai fini statistici.

Al riguardo, come si evince dall'art. 2 del D.M. 12 dicembre 2002, modificativo dell'art. 4, comma 5, del D.M. 27 ottobre 2000, l'obbligo di indicazione dei dati ai fini statistici (si tratta del valore delle operazioni effettuate nel periodo di riferimento, delle relative condizioni di consegna e delle relative modalità di trasporto) è obbligatorio per i soggetti che:

—   presentano i modelli in oggetto con cadenza mensile, anche per opzione (cfr. C.M. 12 marzo 1999, n. 60/D, in I Quattro Codici della Riforma Tributaria big, Cd-rom, IPSOA);

—   hanno effettuato nell'anno solare precedente un volume di “arrivi” o di “spedizioni” superiore alla “nuova” soglia fissata dal citato art. 2 del D.M. 12 dicembre 2002 (nel caso di specie, 4.300.000,00 euro).

Come chiarito dalla citata C.M. 12 marzo 1999, n. 60/D, nel calcolo delle “spedizioni” e degli “arrivi” concorrono tutti gli scambi intracomunitari di beni (e non soltanto le cessioni e gli acquisti) che rilevano ai fini dell’applicazione del Reg. CEE 7 novembre 1991, n. 3330, vale a dire anche quelli che non rilevano ai fini delle disposizioni in materia di IVA; in pratica occorre considerare “tutte le merci che circolano da uno Stato membro all'altro, indipendentemente dal fatto che siano o meno oggetto di transazione commerciale (ad esempio, le operazioni di perfezionamento)”.

In merito alla presentazione degli elenchi riepilogativi relativi agli acquisti (modelli INTRA 2 e 2-bis), l’art. 1 del D.M. 12 dicembre 2002, nel sostituire l’art. 3, comma 2, del D.M. 27 ottobre 2000, ha elevato le soglie in relazione alle quali sono stabiliti gli obblighi di periodicità “minima” di presentazione dei modelli Intrastat, vale a dire:

—   mensile, se nel corso dell’anno solare precedente sono stati effettuati acquisti intracomunitari per un ammontare superiore a 150.000,00 euro (prima 103.291,00 euro, corrispondenti a 200 milioni di lire);

—   annuale, se nel corso dell’anno solare precedente sono stati effettuati acquisti intracomunitari per un ammontare non superiore a 150.000,00 euro (prima 25.822,00 euro, corrispondenti a 50 milioni di lire).

Per effetto del D.M. 12 dicembre 2002, non è più previsto l’obbligo di presentazione dei modelli Intrastat relativi agli acquisti intracomunitari con periodicità trimestrale. In precedenza, invece, la presentazione con periodicità trimestrale era prevista in caso di acquisti intracomunitari superiori a 25.822,00 euro (corrispondenti a 50 milioni di lire) e fino a 103.291,00 euro (corrispondenti a 200 milioni di lire).

Resta inteso che, in caso di inizio dell’attività di scambi intracomunitari in corso d’anno, i suddetti limiti devono essere riferiti all’ammontare degli acquisti intracomunitari che si presume di realizzare nell’anno stesso.

(Marco Peirolo)

 

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