Studio Consulenza Aziendale  -  dott. Lino Minnetti

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    Caso pubblicato in "Pratica Professionale - I Casi"    

Rivista n. 7/8 di Luglio-Agosto 1997 - Pag. 328 - IPSOA Editore srl

 

Quesito n. 279 - Le indennità di fine rapporto e suppletive di clientela.

Per quanto disposto dall'art. 25 del D.P.R. n. 600/1973, le indennità di fine rapporto e suppletive di clientela, erogate da una società in accomandita semplice (mandante) ad una società in nome collettivo (agente plurimandatario) sono soggette alla ritenuta Irpef del 20 per cento?

Queste indennità, se percepite nell'ambito d'impresa, possono essere considerate di natura risarcitoria e, di conseguenza, dichiarate come reddito d'impresa?

L'indennità suppletiva di clientela può essere interamente dedotta nell'esercizio di pagamento per la società erogante?

(Lino Minnetti - Ponzano di Fermo - AP)

 

Art. 25 del D.P.R. n. 600/1973

Sia l'indennità di fine rapporto di agenzia, che l'indennità suppletiva di clientela, qualora conseguite da una società in nome collettivo, costituiscono redditi d'impresa.

Infatti, ai sensi dell'art. 6, ultimo comma del Testo Unico delle imposte sui redditi, i redditi prodotti dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice, "da qualsiasi fonte provengano e quale che sia l'oggetto sociale, sono considerati reddito d'impresa e sono determinati unitariamente secondo le norme relative a tali redditi".

Nel caso in esame, conseguentemente, poiché dette indennità perdono la qualifica di redditi di lavoro autonomo, di cui all'art. 49 del Testo Unico delle imposte sui redditi, non risultano nemmeno soggette a ritenuta d'acconto, stante l'esplicita esclusione disposta dal primo comma dell'art. 25 del D.P.R. n. 600/1973 ("la ritenuta non deve essere operata per le prestazioni effettuate nell'esercizio di imprese").

In senso conforme si è più volte espresso anche il Ministero delle finanze, ad esempio con R.M. n. 9/1185 del 23 ottobre 1980.

Le indennità in questione costituiscono comunque dei componenti positivi del reddito d'imprese, quindi, sono da assoggettare a tassazione.

Infatti, dette indennità, peraltro spettanti agli agenti in attuazione di precisi accordi economici collettivi, rappresentano:

- nel caso dell'indennità di fine rapporto di agenzia, una sorta di retribuzione differita dell'agente (quindi, senza alcun carattere risarcitorio);

- con riferimento all'indennità suppletiva di clientela, dei proventi sostitutivi delle mancate provvigioni non più lucrabili dall'agente a causa della anticipata risoluzione contrattuale; pertanto, risulta applicabile il principio generale disposto dall'art. 6, secondo comma del Testo Unico delle imposte sui redditi, secondo cui "i proventi conseguiti in sostituzione di redditi, ... e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento danni consistenti nella perdita di redditi ... costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti", quindi, componenti del reddito d'impresa.

Per quanto riguarda la deducibilità fiscale delle somme corrisposte dalla società mandante a titolo di indennità suppletiva di clientela, occorre osservare quanto segue:

- questa indennità non rappresenta, per l'azienda preponente, un onere certo nell'esistenza fino a quando non si verifica la risoluzione del contratto con l'agente; infatti, tali somme non sono dovute in tutte le ipotesi di risoluzione anticipata del contratto (essendo, ad esempio, escluse qualora la risoluzione sia imputabile all'agente);

- sulla base di questa considerazione, il Ministero delle finanze ha, in più occasioni (per tutte, cfr. R.M. del 21 luglio 1980, n. 9/120) contestato la deducibilità degli accantonamenti annualmente effettuati dalle aziende preponenti, in accordo con il principio civilistico della competenza economica, per far fronte a tale onere all'atto della risoluzione; non ricorrerebbero negli esercizi precedenti la effettiva risoluzione del rapporto contrattuale, secondo il pensiero ministeriale, quei requisiti di certezza nell'esistenza che ne legittimano la deducibilità, ai sensi dell'art. 75, comma 1 del Testo Unico delle imposte sui redditi;

- la citata risoluzione, non considerando deducibile un accantonamento per la corresponsione di una siffatta indennità, sull'assunto che essa competerebbe solo "... in limitate circostanze connesse al verificarsi di particolari situazioni", ha di fatto sancito il principio della deducibilità della predetta "indennità suppletiva di clientela" solo nell'esercizio in cui essa viene effettivamente corrisposta.

Si conclude, pertanto, per la piena deducibilità dell'indennità suppletiva di clientela nell'esercizio in cui, a seguito della effettiva risoluzione del contratto, essa diventa certa nell'esistenza, concretizzandosi, così, in un onere effettivo (non solo potenziale) a carico della società mandante.

  (Stefano Sarubbi - Associazione Dottori Commercialisti di Milano)

 

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