CIRCOLARE DEL MINISTERO DELL'AMBIENTE  7 ottobre 1996, n. GAB/96/15208


Procedure di valutazione di impatto ambientale
(G.U. n. 277 del 26 novembre 1996)

IL MINISTRO DELL'AMBIENTE


A tutte le amministrazioni dello Stato
Alle regioni
Alle province
Ai comuni
Ai commissari di Governo
e, per conoscenza:
Alla Commissione per le Comunità europee

La procedura di valutazione di impatto ambientale di cui all'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, persegue la finalità - di cui si fa, del resto, espressamente, carico l'art. 6, comma 1, lettera f), del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377, che disciplina l'istruttoria - di verificare l'impatto complessivo del progetto sull'ambiente anche in ordine ai livelli di qualità finale.
Presupposto, dunque, per il corretto svolgimento di tale procedura appare essere necessariamente la prospettazione del progetto dell'intera opera rientrante in una delle categorie di cui al primo comma dell'art. 1 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 377/1988 o di quello relativo alla globalità degli interventi su opere già esistenti, ove si versi nell'ipotesi prevista dal comma 2 del medesimo articolo.
Tale esigenza è particolarmente evidente per quelle opere che non possono essere concepite fin dall'inizio se non unitariamente, come è il caso, ad esempio, degli impianti industriali, ma deve ritenersi ugualmente presente anche per le opere suscettibili di realizzazioni frazionate nel tempo nonchè per gli interventi su opere esistenti che si atteggino come modifiche progressive delle stesse.
Non a caso, del resto, l'art. 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 377/1988, nell'individuare i progetti di massima da sottoporre alla procedura di V.I.A. avverte la necessità di precisare, proprio in relazione alle autostrade e alle vie di rapida comunicazione (comma 2, lettera e) - ovverosia alle opere che con maggior frequenza danno luogo a realizzazioni o interventi per fasi parziali - che i progetti da comunicare devono intendersi "riferiti all'intero tracciato" "ovvero a tronchi funzionali" da sottoporre alle procedure di riferimento purchè siano comunque definite le ipotesi di massima concernenti l'intero tracciato nello studio di impatto ambientale.
Il che risponde, poi, alla logica intrinseca della valutazione di impatto ambientale, atteso che questa deve prendere in considerazione, oltre ad elementi di incidenza propri di ogni singolo segmento dell'opera, anche le interazioni degli impatti indotte dall'opera complessiva sul sistema ambientale, che non potrebbero essere apprezzate nella loro completezza se non con riguardo anche agli interventi che, ancorchè al momento non ne sia prospettata la realizzazione, siano poi posti in essere (o sia inevitabile che vengano posti in essere) per garantire la piena funzionalità dell'opera stessa.
In questa prospettiva, particolare attenzione deve essere posta nella effettuazione della procedura di V.I.A., allorchè ci si trovi in presenza di iniziative che tendano a modificare sostanzialmente, ai sensi del comma secondo dell'art. 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 377/1988, le caratteristiche di opere già esistenti non sulla base di un progetto di unitaria attuazione, ma in via di progressivo adeguamento.
Tra tali iniziative non possono non rientrare anche le terze corsie autostradali aggiuntive.
Il citato comma 2 dell'art. 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 377/1988, infatti, menziona espressamente le opere suddette fra gli interventi comportanti una modifica sostanziale delle opere varie preesistenti.
Per esse sarebbe, dunque, richiesta la procedura di V.I.A., ove quest'ultima non fosse espressamente esclusa dalla norma, con previsione derogatoria, in relazione alle affermate esigenze di sicurezza del traffico e del mantenimento del livello di esercizio.
Poichè, però, su tale deroga si è espressa negativamente la Commissione CEE con il parere del 7 luglio 1993, è evidente che le opere in questione restano assoggettate, alla pari di tutti gli altri interventi previsti dal più volte menzionato art. 1, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 377/1988, alla procedura di V.I.A.
Nell'ipotesi anzidette, la eventuale pronuncia sulla compatibilità ambientale emessa su singoli progetti può rivelarsi non esaustiva di tutti gli elementi istruttori richiesti, venendosi, ad esempio, a modificare, per effetto della prospettazione di un intervento successivo, relativo ad altro tratto della stessa opera, la originaria previsione di impatto ambientale, a causa di una più diffusa utilizzazione dell'opera stessa, indotta dall'intervento originariamente non previsto.
Verificandosi una siffatta eventualità, occorre distinguere le ipotesi in cui il nuovo intervento produca effetti ambientali indotti su parti di opere esistenti non interessate da alcun ulteriore intervento, da quelle nelle quali tali effetti si producano a carico di opere distintamente progettate e sottoposte alla procedura di V.I.A., ma non ancora realizzate.
Nel primo caso, evidentemente, non essendovi spazio per una valutazione di impatto ambientale sull'esistente, l'apprezzamento degli effetti indotti costituirà uno degli aspetti della V.I.A. relativa al nuovo progetto.
Nel secondo caso, invece, le procedure di V.I.A. relative alle opere correlate, ancorchè già positivamente espletate, dovranno essere evidentemente rinnovate insieme con quella afferente la nuova  proposta, per tener conto degli eventuali ulteriori impatti derivanti da quest'ultima.
Nè può considerarsi preclusivo di tale doverosa rivalutazione l'art. 7, secondo comma, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988, ai sensi del quale "il giudizio di compatibilità .. è reso con atto definitivo," giacchè tale indicazione deve, in ossequio, al principio generale della presupposizione, vigente nel nostro ordinamento, necessariamente correlarsi alla completezza della progettazione portata alla valutazione.
Diversamente, verrebbe inammissibilmente a trasferirsi in capo ai soggetti redattori dei progetti il potere di determinare i limiti della procedura di V.I.A., attraverso la sottoposizione ad essa di porzioni di opera e l'acquisizione, su iniziative parziali e, perciò stesso, non suscettibili di apprezzamento circa i "livelli di qualità finale", di una pronuncia di compatibilità ambientale asseritamente non modificabile, con conseguente espropriazione delle competenze istituzionali di questo Ministero e sostanziale elusione delle finalità perseguite dalla legge.
Va aggiunto che la rivalutazione delle pronunce già emesse, al verificarsi dei presupposti sopraindicati, non incontra ostacolo neppure nell'avvenuta indizione delle gare di appalto sui relativi progetti, ridondando a carico del soggetto appaltante le eventuali conseguenze nei rapporti con i terzi, derivanti da una inadeguata o parziale progettazione, che non si sia data carico fin dall'inizio, della globalità dell'intervento.



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