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Alberto Rinaldi , Alcune considerazioni sulla storia del paesaggio agrario emiliano


4. La diffusione nel Modenese della sistemazione «a cavalletto», pur soltanto ipotizzata per quanto attiene alla forma «a padiglione» dei campi, se trova la sua ragion d'essere nella natura dei terreni e nelle difficoltà di deflusso delle acque, ebbe come presupposto necessario il livello raggiunto dai contrasti di classe, che si concretizzò sia negli obblighi previsti dai rapporti di produzione prevalenti sia, da un altro punto di vista, nella maggiore o minore destrezza dei contadini nel sottrarsi a tali obblighie 45 nella capacità dei proprietari di venire a capo di queste forme di insubordinazione non solo sfruttando le sanzioni previste dalle scritte coloniche, ma anche e soprattutto in virtú della loro preminenza economica e sociale. Cosí, la possibilità di introdurre su vasta scala questo tipo di sistemazioni implicava la capacità, da parte dei proprietari, di indurre i contadini ad effettuare i lavori necessari, come cavare i fossi, sbancare le cavedagne, trasportare la terra dei primi e delle seconde verso le bassure dei campi, arare e vangare «a colmare» per dare ai campi la forma voluta46. Sull'esecuzione, in particolare, delle opere permanenti, si sviluppò un contrasto secolare, che vide i mezzadri opporsi a che fosse loro esteso l'obbligo di effettuare lavori dai quali essi, a causa della durata annuale del contratto, non avrebbero tratto benefici pari a quelli dei concedenti. Il criterio di attribuire al mezzadro i lavori che avrebbero migliorato il terreno per un periodo pari alla durata del contratto, spettando al proprietario quelli pluriennali, fu presente nelle scritte coloniche emiliane sino al XV secolo47. In seguito, la crescita demografica del secolo XVI e la crisi economica del XVII indussero i concedenti ad aumentare i carichi di lavoro contadino al fine di conservare e, dove possibile, accrescere la propria rendita48. Questa tendenza proseguí nei due secoli successivi, anche se progressivamente mutò il fine principale perseguito dai proprietari. Adesso erano l'aumento dei prezzie 49 l'incidenza crescente della produzione per il mercato a spingerli ad accaparrarsi la quantità piú elevata possibile di prodotti commerciabili, da ottenersi non solo attraverso un accresciuto apporto lavorativo dei coloni, ma anche con una modifica dei riparti, come nel caso dell'uva50, oppure utilizzando alcuni prodotti, come il grano, quale mezzo di pagamento per fitti, appendici e debiti51. Cambiò anche la forma mediante la quale si aggravarono gli obblighi dei produttori: il maggiore contributo contadino fu ottenuto utilizzando in misura superiore rispetto al passato il lavoro erogato a risarcimento dei debiti contratti verso i concedenti ed attribuendo una maggiore frequenza ed intensità ad operazioni tradizionali, come le vangature e le sarchiature52. In questo ambito, in molte aree mezzadrili emiliane i contratti colonici giunsero a prevedere l'esecuzione, a carico dei contadini, sia dei lavori ordinari (annuali) che di quelli straordinari (pluriennali) volti a garantire lo scolo dei terreni. Cosí, sin dalla seconda metà del XVIII secolo, nel Bolognese, ai mezzadri spettò tanto l'espurgo dei fossi esistenti quanto lo scavo di quelli nuovi, il loro riassetto sia nei terreni da seminare nell'anno corrente che in quelli lasciati a maggese53. Durante lo stesso periodo, nel Reggiano, a patti analoghi se ne affiancarono altri che costringevano ogni anno i coloni a sbancare le cavedagne, trasportando la terra dove era necessario colmare gli avvallamenti dei campi54. Obblighi simili erano previsti, sin dal Cinquecento, dai patti colonici parmensi e ravennati55. Nel Modenese, gli statuti del XVI secolo e i patti del secolo successivo attribuirono ai mezzadri la realizzazione e la manutenzione dei fossi56. Nel Settecento non vi furono — tranne che in alcuni casi, ancora abbastanza circoscritti — sostanziali aggravamenti dei carichi di lavoro imposti ai contadini, tanto che, ancora all'inizio del XIX secolo, le principali opere di sistemazione fondiaria, come la formazione di nuove cavedagne e il trasporto della terra nei campi, erano a carico dei concedenti57. Soltanto nel XIX secolo tali lavori divennero via via di pertinenza dei coloni, dapprima rendendo vaghi e indeterminati gli obblighi dei proprietari58, ed in seguito attribuendo tout court ai mezzadri l'onere di gran parte dei lavori di sistemazione, secondo quanto documenta un modello di scritta colonica elaborato da alcuni soci del comizio agrario, in cui si prevedeva che, dopo l'aratura, il mezzadro dovesse «nettare le carreggiate dalla terra trasportatavi dall'aratro, conducendola colla carretta nelle parti piú depresse del campo arato, onde [...] render facile lo scolo dell'acque». 59Ogni anno egli era, inoltre, obbligato a «mettere in perfetto scolo una quantità di terreno corrispondente a metri N. ... di testata [e a] scavare [...] ai debiti tempi i fossi e scoli si interni che esterni».60 L'inosservanza di questi obblighi era punita con l'escomio e con l'onere di rifondere i danni al concedente. Al progressivo peggioramento della posizione contrattuale dei contadini, dovuto ai minori riparti e ai maggiori obblighi di lavoro, nonché alla scomparsa di importanti fonti integrative di reddito, come i diritti comuni, corrispose una sempre minore capacità di contribuire ai capitali poderali. Di qui il crescente ricorso alle anticipazioni padronali, da restituire spesso a tassi di interesse usurai61. Dove i proprietari lo ritenevano vantaggioso, si sostituivano ai coloni nell'apporto dei capitali poderali. Questo processo fu accelerato dall'introduzione di attrezzi piú moderni, come i nuovi aratri in ferro e le trebbiatrici meccaniche, diffusi nel Modenese già nel primo decennio postunitario. Per compensare l'apporto da parte del concedente di tali attrezzature, i mezzadri erano costretti a pagare una somma a titolo di noleggio, oltre al personale di macchina e al combustibile; analogamente, la solforatura delle viti, resasi necessaria quale rimedio contro la crittogama62, oltre a comportare l'introduzione di una nuova mansione a carico dei coloni, era causa di spese per l'acquisto dello zolfo e delle pompe irroratrici63. 5. Dove, infine, le terre erano piú fertili e le produzioni piú remunerative e a minore intensità di lavoro prevalevano sulla coltura promiscua di cereali ed uve, i concedenti sostituivano il rapporto mezzadrile con la boaria64. Nel Modenese, secondo questo contratto il conduttore, quando non era un affittuario, era proprietario della terra, del bestiame e degli attrezzi, e si impossessava dell'intera produzione del fondo «toltone le parti aliquote di diversi generi d'entrata che accordava per mercede, oltre il salario, al bovaro e alla sua famiglia». 65Le parti aliquote spettanti al boaro variavano a seconda dei generi: 1/8 per il frumento, 2/7 per il granoturco, 1/4 per la fava ed i fagioli, 1/6 o 1/7 per l'uva e 1/2 per la canapa66. La boaria penetrò soprattutto nella bassa pianura dove, dalla prima metà del Settecento, in seguito alla crisi degli anni 1690-1715, molti possidenti di terreni agricoli furono indotti ad adottare forme di conduzione maggiormente correlate col mercato. Il fallimento dei raccolti, le requisizioni e le morie di animali da lavoro, nonché l'inasprimento del prelievo fiscale, avevano posto gravi problemi di liquidità ai concedenti, fronteggiati il piú delle volte con il ricorso alla stipula di censi. L'accesso a prestiti in denaro e l'esigenza di disporre di risorse liquide a scadenze prefissate per far fronte al loro pagamento, imposero ai proprietari debitori l'adozione di comportamenti diversi dal passato nella gestione dei fondi rustici, e di adottare sistemi che, in luogo di entrate reali, assicurassero incassi in denaro. In questo quadro, la boaria prese gradualmente piede, scalzando la mezzadria. L'aumento costante dell'offerta di lavoro, dovuto alla crescita demografica, favorí questo processo, in quanto mantenne basse le remunerazioni dei lavoratori agricoli e dei coloni67. A partire dalla metà del XVIII e per tutto il XIX secolo la diffusione della boaria fu favorita anche dalle opere di sistemazione idraulica permanente del suolo che si vennero via via attuando nella pianura modenese. Si è visto come, ancora all'inizio dell'Ottocento, le sistemazioni piú importanti fossero, nella mezzadria, a carico dei concedenti. _ evidente, pertanto, che nei casi in cui i proprietari non riuscivano ad assicurarsi, a questo scopo, l'impiego di lavoro colonico a titolo di «opre» a conto della rifusione dei debiti, conveniva loro rimpiazzare la mezzadria con la boaria, dal momento che questo rapporto consentiva loro di trasferire ai contadini una quota inferiore del frutto delle migliorie apportate al fondo. Nella seconda metà dell'Ottocento l'adozione di nuove e piú laboriose sistemazioni contribuí — come si ricorderà — a far sí che sui mezzadri gravasse, anche formalmente, l'onere dei lavori principali. In un simile contesto, lo stimolo a sostituire la mezzadria con la boaria poteva sorgere in presenza di situazioni di scolo particolarmente compromesse, quali spesso erano quelle della bassa pianura, che comportavano una mole di lavoro in opere di difesa idraulica non ottenibile da una sola famiglia colonica, rendendo necessaria l'assunzione di manodopera salariata, con una spesa aggiuntiva in denaro che il mezzadro non era in grado di affrontare68. Alla vigilia della crisi agraria degli anni Ottanta del XIX secolo, la boaria era ormai divenuta il rapporto prevalente nella bassa pianura, dove vi era «un numero straordinario di braccianti ed anche dei boari, essendo assai pochi i mezzadri e non moltissimi i fittavoli», 69mentre nella pianura alta e media continuava a prevalere la mezzadria70. 6. In conclusione, l'evoluzione del paesaggio agrario modenese nell'Ottocento rifletté, oltre ai condizionamenti posti dalla configurazione geografica e fisica del territorio e dall'accresciuta incidenza della produzione per il mercato, la caratteristica peculiare dell'agricoltura locale, costituita dalla maggiore importanza dell'allevamento bovino rispetto ad altre aree della Padana asciutta, come il vicino Bolognese e l'alta pianura lombarda. L'attuazione su vasta scala di opere di sistemazione idraulica permanente del suolo, se consentiva di accrescere la produzione ricavabile dai fondi di una misura compresa fra un sesto ed un terzo71, ebbe delle ripercussioni pure sui contratti agrari adottati nella zona. Si è visto, infatti, come i concedenti dei poderi condotti a mezzadria esercitarono una pressione crescente per imporre ai coloni l'obbligo della esecuzione a loro carico dei lavori necessari. Quando la mole delle opere richieste era particolarmente elevata, ed eccedeva la capacità lavorativa di una famiglia colonica, rendendo pertanto necessaria l'assunzione di manodopera salariata, si rivelava conveniente per i concedenti sostituire la mezzadria con la boaria.


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45 Sulle « malitie» cui i contadini ricorrevano per eludere gli obblighi imposti dai contratti colonici, si veda C. Poni, Un paesaggio, cit., pp. 52-57.

46 Essenziale per tutti questi lavori, ma anche per altri, come la preparazione del terreno per le colture da rinnovo, era la vangatura, cui i contadini modenesi erano ostili ancor piú dei mezzadri bolognesi (C. Poni, Aspetti,cit., pp. 203-204). La vangatura, per la sua importanza, e per l'intensificazione dello sforzo contadino che implicava, fu uno dei mezzi con i quali i proprietari riuscirono ad ottenere un aumento della produzione grazie al solo lavoro colonico, senza alcun apporto di capitali da parte loro (G. Giorgetti, Contadini e proprietari nell'Italia moderna. Rapporti di produzione e contratti agrari dal secolo XVI a oggi, Torino, 1974, pp. 288-290).

47 C. Poni, Un paesaggio, cit., pp. 78-86.

48 G. Giorgetti, op. cit., pp. 282-292.

49 Sull'aumento del prezzo dei prodotti agricoli, ed in particolare dei cereali, a partire dalla metà del XVIII secolo, si vedano B. H. Slicher van Bath, Storia agraria dell'Europa occidentale (500-1850), Torino, 1972, pp. 308-326, e W. Abel, Congiuntura agraria e crisi agrarie. Storia dell'agricoltura e della produzione alimentare nell'Europa centrale dal XIII secolo all'età industriale, Torino, 1976, pp. 293-326.

50 Nel Modenese si passò dalla divisione del prodotto a metà, vigente ancora intorno alla metà dell'Ottocento (C. Roncaglia, op. cit., vol. II, p. 118), alla prelazione del proprietario su « qualche misura di uva che [...] preleva a sua scelta dall'intero podere» prima del riparto a metà (« Bullettino del Comizio agrario di Modena» VII, 1872, n. 1/4, p. 14) e, prima della crisi agraria, ad attribuire un terzo dell'uva al colono e due terzi al concedente; dove i fondi non avevano viti alberate, lo stesso criterio di riparto fu applicato a tutti i prodotti delle terre migliori, mentre solo in quelle mediocri si conservò la divisione a metà (« Bollettino del Comizio agrario, della Stazione agraria sperimentale e della Consociazione italiana pel miglioramento d'animali da cortile, frutta e ortaggi» , XI, 1881, n. 11, allegato statistico).

51 Questa tendenza fu favorita dal fatto che il mais era ormai divenuto la base dell'alimentazione contadina (G. Giorgetti, op. cit., p. 295, ed E. Sereni, Agricoltura e mondo rurale, in R. Romano e C. Vivanti, a cura di, op. cit., vol. I, pp. 234-236).

52 G. Giorgetti, op. cit., pp. 295-299.

53 C. Poni, Un paesaggio, cit., pp. 77-78.

54 Ivi, p. 80.

55 Ivi, pp. 81-83.

5 6 Ibidem.

57 L. Savani, Esposizione ed analisi de' contratti e patti, co' quali vengono comunemente stipulate le Colonie parziarie, e le locazioni delle terre nel dipartimento del Panaro. Difetti che in esse s'incontrano, e mezzi per renderle piú utili a vantaggio del possidente e dello stato, in « Annali dell'agricoltura del Regno d'Italia» , 1814, t. XXII, p. 19.

58 Gli articoli del codice civile del 1851 riguardanti la colonia stabilivano che il mezzadro dovesse prestare la propria opera nella realizzazione dei lavori destinati alla « perpetua e diuturna utilità» del fondo, dietro pagamento, da parte del proprietario, di una generica « adeguata ricompensa» ( Codice Civile per gli Stati Estensi, Modena, 1851, art. 1781). Tali lavori si aggiungevano a quelli necessari per la formazione di nuovi fossi, di esclusiva pertinenza colonica (ivi, art. 1783).

59 « Bullettino del Comizio agrario di Modena» , VI, 1871, n. 1/5, p. 40.

60 Ivi, p, 45.

61 G. Giorgetti, op. cit., pp. 305-309.

62 A. Saltini, Storia delle scienze agrarie, vol. III, L'età della macchina a vapore e dei concimi industriale, Bologna, 1989, p. 289.

63 G. Giorgetti, op. cit., pp. 305-309. Anche il marchese Tanari si avvide del progressivo accrescimento dell'apporto di capitali da parte dei concedenti, e del corrispettivo restringimento della quota dei capitali colonici, e definí la mezzadria modenese di tipo « imperfetto» , un rapporto, cioè, nel quale la divisione a metà dei guadagni e delle spese, caratteristica della « mezzadria perfetta» , era ormai saltata, per il continuo indebitamento dei mezzadri, provocato, a suo giudizio, dalle annate cattive, dall'aggravamento dei patti colonici e dalla volontà dei proprietari di coltivare i poderi in maniera piú intensiva ( Atti della Giunta per la Inchiesta agraria, cit., pp. 222-223).

64 G. Giorgetti, op. cit., pp. 322-324.

65 L. Savani, Esposizione, cit., p. 14.

66 Ivi, pp. 16-18. Le compartecipazioni boarili consentivano al conduttore di utilizzare una riserva di forza lavoro senza anticipazioni di salario (G. Giorgetti, op. cit., p. 323). Allo stesso tempo, però, la loro presenza poneva un freno allo sviluppo delle colture piú remunerative e impediva un completo affrancamento dell'ordinamento colturale dei poderi dalle necessità alimentari dei produttori (C. Poni, Aspetti, cit., pp. 220-222).

67 M. Cattini, I contadini di San Felice. Metamorfosi di un mondo rurale nell'Emilia dell'età moderna, Torino, 1984, pp. 343-344.

68 Cosí, ad esempio, nel Mirandolese, dove i « fondi alberati arativi richiedono [...] per la maggior parte, una grandissima importazione di lavoratori avventizi per ridurli ed accomodarli, praticare livellazioni, escavi, condotti colatizi ecc.» (C. Sacerdoti, Abbozzi di risposte al questionario della Giunta per l'Inchiesta agraria, Modena, 1880, p. 32), « il sistema di conduzione a boaria è quasi il solo praticato» (ivi, p. 45). Sul rapporto tra lo sviluppo delle opere di sistemazione idraulica e l'affermarsi del contratto di boaria, si veda T. Isenburg, op. cit., p. 35.

6 9 Atti della Giunta per la Inchiesta agraria, cit., p. 400.

70 Ivi, p. 391.

71 Archivio dell'Accademia di scienze, lettere ed arti di Modena, Società agraria, b. H, Lettera del socio Prospero Grimelli, 4 maggio 1806, Id., Lettera del socio corrispondente da Soliera, s.d. (la firma è illeggibile).