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INTERVISTA BRON Y AUR:

Iniziamo con una breve presentazione del gruppo. (nome, strumentazione, genere, discografia)

BRON Y AUR è un quartetto più o meno rock nato a Milano nell'estate del '95 con Luca e Fausto alle chitarre, Fiè al basso e Marco alla batteria. La formazione è sempre rimasta questa e ha prodotto, dopo i soliti demo, due CD: "Bron Y Aur" (autoprodotto, distr. Beware!, gennaio 2000) e "Between 13 and 16" (Wallace/Burp/Beware!, distr. Audioglobe, ottobre 2001).


Come mai questo nome?

Il nome è stato scelto quando ancora facevamo cover dei Led Zeppelin dal vivo, sei anni fa. Bron-Y-Aur è il cottage gallese nel quale è stato registrato "Led Zeppelin III". In seguito abbiamo più volte cambiato direzione musicale, ma il nome è rimasto.


Come vi siete conosciuti? Come avete deciso di iniziare a suonare. come è nato il gruppo?

Ci siamo conosciuti in modi e tempi diversi. Diciamo che ad un dato momento, dopo anni di cover con vari gruppi, abbiamo sentito il bisogno di metterci sul serio a scrivere pezzi originali. Quando ciò è accaduto eravamo già abbastanza in sintonia fra di noi (personalmente e musicalmente) da pensare di poter fare insieme qualcosa che ci piacesse.


All'inizio a chi vi siete ispirati? Quali sono i vostri riferimenti musicali?

Diversi riferimenti ed ispirazioni si sono succeduti in questi sei anni. Non solo per quel che riguarda gli ascolti ma anche per quel che riguarda l'approccio alla musica: se inizialmente "componevamo" i pezzi più o meno a tavolino, con parti cantate, testi, e molta ispirazione hard rock/progressive/psichedelica, in sei anni si è arrivati a puntare quasi esclusivamente all'improvvisazione strumentale (senza cantato) d'ispirazione free, minimalista e spesso spigolosa. Il tutto passando per fasi intermedie più o meno documentate nei vari demo e CD. 



Nei vostri pezzi il testo come viene composto? Di cosa parlate?
Che tipo di rapporto ci deve essere, secondo voi, tra il testo e la parte strumentale?

Da almeno quattro anni a questa parte, tutti i nostri pezzi sono strumentali. In realtà non è una scelta radicale, bensì un'attitudine: semplicemente troviamo che la nostra musica sia "completa" senza bisogno di un cantato, che consideriamo semplicemente un altro strumento musicale alla stregua, ad esempio, di un ottone o di un sax (di cui abbiamo infatti fatto uso nel nostro ultimo disco). Quanto all'idea di scrivere un testo, e quindi implicitamente di portare un "messaggio", si concilia poco con l'attitudine all'improvvisazione che ci caratterizza. Essendo la nostra musica ispirata principalmente all'"umore" del momento in cui viene suonata, il messaggio è già insito nelle sensazioni che la musica stessa può produrre in chi ascolta. Inoltre il cantato ha per sua natura (o meglio per motivi culturali) il difetto di concentrare su di sè l'attenzione dell'ascoltatore, distraendolo dall'ascolto dell'insieme sonoro che invece è fondamentale nel nostro modo di fare musica. 


Tra gli altri gruppi che vedete in giro, c'è un gruppo che per le cose che dice e per l'immagine complessiva vi va bene?

Non badiamo molto all'"immagine del gruppo". E ci capita spesso di non fare troppo caso neppure a ciò che dicono, ma semmai a "come" lo dicono: ciò che più ci interessa è l'approccio che i gruppi hanno nei confronti della musica, capire quali sono le loro intenzioni anche al di là del "prodotto finale" inciso su disco. La sperimentazione di sonorità che cerchino di andare oltre certi stereotipi acquisiti è il nostro maggior stimolo per continuare a suonare, ed è ad esempio la caratteristica che più ci affascina di certe scene musicali della fine degli anni '60 come il free-jazz o il kraut-rock tedesco. Per avvicinarci a noi e per restare in Italia, gruppi come gli A Short Apnea o i Jealousy Party fanno di questo approccio la base per la loro musica, con ottimi risultati. 


Cosa c’e’ che non funziona nella scena italiana, se secondo voi c'e' qualcosa che non funziona?

L'Italia non è un paradiso per chi vuole fare un certo tipo di musica, anche se non è in una situazione peggiore rispetto ad altri paesi a noi vicini, come la Francia o la Germania. C'è molto provincialismo e poca fiducia, specialmente quando si tratta di suonare dal vivo: un qualunque gruppo straniero attira comunque più di un qualunque gruppo italiano, probabilmente perchè esiste la convinzione che i gruppi italiani attingano a mani basse da quei gruppi stranieri, perciò tanto vale dedicarsi agli "originali". Questa convinzione è giustificata solo in parte, e lo dimostra lo sforzo di etichette come la Wallace o la Burp che tendono invece a mettere in mostra un modo di intendere la musica molto slegato dai soliti canoni anglosassoni, e con radici ben piantate sul sacro suolo italico, senza per questo rischiare di inciampare nei soliti stereotipi popolari, dal mandolino a pavarotti, che per la massa rappresentano la "musica italiana". La sensazione è che le cose stiano leggermente migliorando, ma perchè venga riconosciuta una "dignità" alla scena italiana occorrerà molto tempo.


Come pensate al concerto? Improvvisate "selvaggiamente" anche dal vivo? Proponete anche pezzi del vostro passato piu seventies?

L'improvvisazione è attualmente la nostra dimensione ideale, ma perchè questa abbia un senso sono necessarie delle condizioni che non sempre dal vivo si possono ricreare: le variabili da considerare sono molte, ad esempio la bontà del suono sul palco, l'affiatamento del momento, quindi una buona preparazione precedente (cosa che per motivi logistici non è sempre possibile). Perciò lo spazio dedicato alla "pura" improvvisazione dal vivo varia a seconda delle condizioni e dell'ispirazione. Ultimamente suoniamo dal vivo insieme ai Jealousy Party di Firenze (che hanno avuto un importante ruolo nel nostro ultimo disco) e finiamo i concerti con una jam improvvisata in cui membri di entrambi i gruppi, secondo l'ispirazione del momento, si alternano.
Oltre alle improvvisazioni e a riproposizioni di pezzi dell'ultimo disco, suoniamo pezzi inediti e qualcosa dal nostro primo album, in modo da rendere più dinamico e vario il concerto. Difficilmente ci capiterà di suonare pezzi precedenti a quelli dell'album rosso.


La musica cosa deve dire, che deve rappresentare?

La musica è un'arte, e come tale deve suscitare delle emozioni in chi la ascolta, ma prima ancora in chi la fa. Come qualunque arte, ha molti modi e mezzi per arrivare a muovere qualcosa nell'ascoltatore, e ogni ascoltatore ha diverse sensibilità a diversi canoni musicali. In tutto questo, la possibilità che la musica "dica" o "rappresenti" qualcosa è secondaria, non è che un mezzo per trasmettere emozioni in modo più o meno diretto. Noi suoniamo in modo del tutto istintivo, senza la pretesa di portare alcun messaggio, e altrettanto istintivamente l'ascoltatore dovrebbe essere più o meno coinvolto dalla nostra musica. Chiedersi "cosa vuol dire" la nostra musica significa già aver equivocato sul suo obiettivo.


Come vi regolate per affrontare i problemi organizzativi?

La nostra situazione è particolare, perchè da un po' di tempo in qua siamo piuttosto sparpagliati... questo ci obbliga a pianificare bene il poco tempo di cui disponiamo per provare, fare concerti e anche registrare.


Come sta andando il vostro ultimo lavoro?

Il disco ha avuto ottime recensioni, alcune al di sopra delle nostre aspettative, e già questa è stata una notevole soddisfazione. Da quel che sappiamo viene anche venduto, ma al nostro livello il modo migliore per farsi conoscere e vendere è ancora suonare dal vivo. Ne sapremo di più a metà gennaio, dopo i tre concerti che abbiamo in programma... 


Ci potete raccontare il processo di registrazione in studio? qualche aneddoto...

La registrazione si è risolta in quattro soli giorni, in cui eravamo particolarmente ispirati. L'idea originale era registrare alcuni pezzi già pronti e poi improvvisare nel tempo residuo. Alla fine dei quattro giorni abbiamo deciso di eliminare i pezzi già pronti e tenere solo alcune delle improvvisazioni, che ci risultavano più fresche e soprattutto più in sintonia con il nostro modo di percepire la musica. Il mixaggio è stato più laborioso e lungo, soprattutto per i problemi logistici di cui sopra, ma questo ci ha dato modo di poter digerire meglio il materiale e trovare i suoni e le soluzioni migliori per il disco. Fabio Magistrali ha avuto un ruolo fondamentale nell'introdurci alle infinite possibilità che uno studio di registrazione può offrire, al punto che lo studio stesso può essere considerato un vero e proprio strumento musicale aggiuntivo. 


Cosa ne pensate dei fatti dell’11 settembre e di tutte le sue conseguenze? Come vi ponete rispetto alla guerra in Afghanistan?

Ci sono molte contraddizioni dietro a tutta la situazione: Bin Laden o chi per lui ha ottenuto il suo obiettivo, che era evidentemente quello di scatenare una guerra; il governo americano ha ottenuto i suoi obiettivi, cioè rafforzare in modo forse indissolubile la sua influenza a livello internazionale e avere nuovamente un "nemico" ben identificabile sul quale riversare l'attenzione dell'opinione pubblica distogliendola (proprio come il cantato nella musica) da altre questioni meno dirompenti ma più subdole e influenti sulle nostre vite (vedi globalizzazione, disarmo, ambiente, democrazia...). Nel nostro piccolo, il governo di simpaticoni che ci ritroviamo ha pensato bene di seguire la scia dello sdegno, dell'interventismo e del "prepariamoci ad una libertà limitata" che ha tutta l'aria di poter diventare uno slogan "gratuito" anche per il futuro...
E' sicuramente azzardato dire che l'attentato alle torri sia stata tutta una messinscena organizzata dagli USA. E' certo però che, eccezion fatta per i 5.000 che si sono ritrovati direttamente coinvolti, finora il governo americano ne ha avuto solo benefici. Sorvoliamo sulle palesi motivazioni economiche che spingono una potenza mondiale a dire la propria su quella sfigatissima parte del mondo, tralasciamo le conseguenze patite da chi si è beccato due mesi di bombardamenti sulla capoccia, evitiamo di parlare della sicura rielezione di Bush e del suo governo, nonchè del bel tornaconto di chi commercia in armamenti. Il fatto è che, come sorvoliamo noi, sorvolano anche i grandi media, che preferiscono rimbambirci con le immagini delle due Torri e tutti gli aneddoti commoventi ad esse legati. Se dobbiamo "prepararci a tempi duri", come diceva Ignazio LaRussa alla Camera il giorno dopo gli attentati, non sarà certo per colpa dei Talebani.



Ok, avete qualche riga a disposizione, per salutare i lettori e per farvi un po' di pubblicita’:

Dopo la domanda di prima l'unica pubblicità che riusciamo a fare è: piantatela di votare Berlusconi!

Marco - Bron Y Aur




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