15 Equivalenze lessicali quando i concetti sono condivisi - Testo

Bibliografia :

Larson, Mildred L.,  Meaning-Based Translation. A Guide to Cross-Language Equivalence, Lanham-New York-Oxford: University Press of America; 1997: pp. 169-178.

 

15.1 Equivalenze lessicali non letterali
15.2 Frasi descrittive
15.3 Uso di parole correlate come equivalenti
15.4 Termini in relazione generico-specifico
15.5 Sensi secondari e figurati
Esercizi

 

Le lezioni 15-16-17 (le ultime della sezione dedicata al lessico) riprendono i problemi concernenti il lessico affrontati lungo le lezioni 6-14, per approfondire i modi con cui un traduttore può trovare una appropriata equivalenza lessicale.

Si daranno tre casi:

1) I concetti del testo sorgente sono condivisi con la cultura e la lingua di arrivo, ma sono tradotti secondo una equivalenza non letterale.

2) I concetti del testo sorgente sono sconosciuti nella cultura e nella lingua di arrivo;

3) Alcuni termini nel testo sorgente sono da considerare termini "chiave", cioè termini importanti per il tema e lo sviluppo del testo, e hanno bisogno perciò di un trattamento speciale.

In questa lezione 15 parleremo del caso 1).

 

15.1 Equivalenze lessicali non letterali

Come già visto, i componenti di senso di un termine o di un concetto sono combinati diversamente nelle varie lingue. Usualmente, la dissimmetria è totale o molto forte per quanto riguarda i sensi figurati o secondari. Come dunque trovare la migliore equivalenza lessicale per un determinato termine?

Il traduttore dovrà tener presente che le lingue si differenziano :

a) sia per quanto riguarda il numero e la selezione dei componenti di significato combinati in una parola;

b) sia per quanto riguarda le interrrelazioni che possono esistere tra le parole.

Una equivalenza letterale quindi sarà possibile solo raramente, e si limiterà a quei casi quando il testo di origine usa un termine nel suo significato primario e la lingua di arrivo ha un termine equivalente con il medesimo significato primario.

 

15.2 Frasi descrittive

Nel cap. 6 abbiamo già parlato della complessità delle parole e della necessità di "scompattare" le unità di senso che le compongono. Ci si può aspettare quindi che sovente a un termine di una lingua possano corrispondere  più termini o addirittura tutta una frase descrittiva in un'altra llingua, e viceversa.

Si consideri il caso tipico della traduzione dei nomi di moneta quando si è in presenza di due sistemi diversi.
Alcune volte è possibile dare l'equivalente della stessa somma nella lingua di arrivo: "quattro dollari"  si potrà tradurre "circa diecimila lire", a seconda del valore del momento.
Altre volte, quando l'esatto valore non è importante, si potrà importare il termine straniero affiancandolo con il termine generico esplicativo : "un tipo di moneta chiamato shekel".
Se invece è importante comunicare l'esatto ammontare del valore, si può ricorrere a una frase descrittiva del tipo "il salario di un giorno" o qualsiasi altro riferimento che sia sufficientemente chiaro e corispondente.

 
15.3 Uso di parole correlate come equivalenti

Nel cap. 7 si è parlato delle equivalenze nei casi di sinonimi, antonimi, reciproci. Nel cap. 13, poi, si sono considerate le connotazioni dei sinonimi e le situazioni contestuali di comunicazione. Ogni volta si dovrà fare attenzione ai diversi fattori.

Un caso particolare è quello dell'uso di sinonimi in coppia, Si farà attenzione ai motivi che hanno portato il testo origine a usare una simile coppia come un tutto unico. Probabilmente, sarà sufficiente nella traduzione trovare il modo di dare un pò di enfasi al concetto così raddoppiato.

Un altro caso è quando una lingua, ad es. il greco su influsso ebraico, usa una coppia di termini in cui è più specifico e il secondo più generico, come "rispondendo disse". Se un tale raddoppiamento non è naturale nella lingua di arrivo, lo si potrà evitare ricorrendo ai modi più usuali di introdurre un discorso diretto.

Ovviamente, può capitare anche il caso inverso, quando ad un solo termine nel testo di origine si dovrà sostituire una coppia di sinonimi nel testo di arivo.

In breve, il significato di una "coppia di sinonimi" dovrà essere tradotto fedelmente, usando qualsiasi forma si presenti come più naturale nella lingua di arrivo.

Alcune volte si potrà fare ricorso al corrispondente antonimo usato al negativo. In tal caso a "buono" può corrispondere un "non cattivo", a "intelligente" un "non tonto", ecc.  (cfr l'uso frequente della litote nel sardo). Sempre tenendo presente che anche in questi casi non ci sarà una perfetta sovrapposizione dei significati.

Un'altra delle possibilità è l'uso di una parola  o di una frase reciproca, di cui abbiamo già parlato nella lez. 7. Ci si potrà far ricorso, ad es., nel tradurre una frase passiva con una attiva, o viceversa, a seconda dell'uso più naturale. Anche in questi casi, tuttavia, si terrà presente che una frase cambiata al passivo o all'attivo probabilmente non avrà le medesime connotazioni della forma originaria.

 

15.4 Termini in relazione generico-specifico

Delle equivalenze implicanti termini generici o specifici abbiamo parlato già diverse volte. Si possono dare tre casi:

1) Il testo sorgente  usa un termine generico, mentre la lingua di arrivo ha solo un termine specifico in quella data area semantica.

2) Il testo sorgente usa un termine specifico, mentre la lingua di arrivo ha solo un termine generico per quella data area.

3) La parola usata dalla lingua di arrivo è da intendere in senso generico, ma viene interpretata in senso specifico dai parlanti la lingua di arrivo.

Ad es., in alcuni testi "pane" è un termine di per sé specifico, usato però in senso generico di "cibo". La traduzione dipenderà dall'uso dello generico e dello specifico nella lingua di arrivo.

Altri esempi possono essere presi dale aree semantiche dei lavori o dei mestieri, dei fiori o delle piante, degli animali, ecc. Si tenga presente quanto detto a proposito delle tassonomie (lez. 7 e 8). Se un termine può essere usato in diverse posizioni sula tassnomia, sia come termine generico sia come termine più specifico, si farà attenzione ad affiancarlo con altre parole tolte dall'ambito delle cooccorrenze per chiarire quale senso è pertinente nel contesto.

 

15.5 Sensi secondari e figurati

Le lezioni 10 e 11 hanno trattato già dei sensi secondari e figurati delle unità lessicali e della loro traduzione. Il traduttore ricorderà che di regola tali sensi difficilmente potranno essere tradotti letteralmente. I termini equivalenti nel loro senso primario difficilmente saranno equivalenti anche nei loro sensi secondari. Anche i sensi primari, del resto, avranno già delle componenti che non si sovrappongono da una lingua all'altra.

Anche in questo caso, il traduttore potrà affiancare delle parole cooccorrenti in modo da chiarire il significato più appropriato nel contesto. Talvolta, sarà necessario far ricorso a una equivalenza non figurativa; altre volte si potrà ricorrere a un'altra figura equivalente esistente nella lingua di arrivo. Si farà attenzione a non eliminare del tutto le figure. A seconda dei casi, si potrà introdurre una figura per tradurre un termine non figurato. Ad es. "ipocrita"  nelle lingue nigeriane si potrà rendere come "uomo con due cuori", "uomo dalla bocca dolce", "uomo che parla con due bocche".

 

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Pagina aggiornata il 02-06-01
a cura di Antonio Pinna