©Vita Nostra 2000, anno 40, n.31, domenica 10 settembre 2000, p. 5
- Traduzione di Mc 7,24-37
- Commento: traduzione a equivalenza formale e problema dei
sinonimi
Proponiamo un anticipo della traduzione in sardo del
Vangelo di Marco, fatta da Antioco e Paolo Ghiani, a partire dal testo greco nell'edizione
critica del Nestle (27a edizione) oggi adottata dai progetti internazionali di
traduzione dell'Alleanza Biblica Universale. L'espressione sarda è quella
propria ma non esclusiva dell'area del Sarcidano e l'equivalenza seguita è
quella "formale". Ringraziamo gli autori della possibilità che ci
hanno dato e ci auguriamo che ciò possa anche contribuire a un dibattito serio
sui problemi posti dalla traduzione in sardo della Bibbia.
Chi
intendesse esprimere pareri o suggerimenti circa le traduzioni e le discussioni
proposte, può scrivere alla redazione del giornale.
31E nci fut bessiu torra a is partis de Tiru, fut passau in
Sidoni e fut torrau a su mari de sa Galilea a tretu de mesu de is làcanas de is
Dexicitais. 32E nci ddi portant unu chi fut surdu e achichiadori e
ddi pedint a ddi ponni sa manu, 33e [Gesùs] stresiendinceddu a parti aillargu de sa genti, ddiat postu is didus in ogus, iat
fatu salìa e ddiat tocau sa lìngua, 34e pesaus is ogus a celu iat suspirau e ddi narat: «Effatà», est
a nai «Oberitì totu!». 35E illuegu si ddi fiant obertas is origas e
si ddi fut istrobìu su nuu de sa lìngua e fueddàt paris. 36E ddus
iat pretzetaus a non nai nudda a nemus; ma prus ddus pretzetàt e prus e prus ddu ddu bogànt
a craru. 37 E abarrànt spantaus meda meda e narànt: «At fatu dònnia
cosa bella, fait intèndiri is surdus e
fait fueddai is mudus!».
L'episodio
del sordomuto si presenta quindi come l'immagine di una terra e di un popolo
che si apre, per grazia, alla predicazione di Gesù.
Il
racconto della donna cananea usa quattro sinonimi per indicare i figli e due
termini differenziati per indicare i "muti".
1)
Compare due volte il termine generico "thugàtêr" per
"figlia" ai versi 26 (in bocca al narratore) e 29 (in bocca a Gesù);
2)
una volta il termine diminutivo "thugàtrion" per
"figlioletta" al v. 25 (narratore, punto di vista della donna);
3)
due volte il termine generico per figli maschi e femmine "tekna"
al v. 27 (Gesù);
4) due volte il termine diminutivo
"paidion" al v. 28 (in bocca alla donna) e al v. 30 (narratore, ma
punto di vista della donna).
La
traduzione dei Ghiani, rispetto ad altre, mantiene queste differenze, usando i
termini "filla, fillixedda, pipius, pipiedda".
Allo
stesso modo, i Ghiani mantengono la differenza tra il termine specifico "achichiadori"
(così anche P. Cuccu; M. Vargiu ha "surdumudu") e il termine generico
"mudu" al v. 36.
Per
il problema dei termini usati una volta soltanto, notiamo che ci sono due verbi
che Marco usa solo qui, per il "pregare" della donna (v. 26) e per il
"prendere a parte" di Gesù (v. 33). L'interrogativo si pone se e come
una traduzione formale debba riprodurre questi usi unici (in greco hapax)
del testo originale. Ciò ha un'importanza particolare per un successivo
confronto sinottico con gli usi linguistici di Matteo e di Luca. Dato che le
traduzioni usuali in genere trascurano in gran parte il problema, una
traduzione in sardo che rispettasse queste corrispondenze avrebbe anche le
carte in regola per essere confrontata per motivi di ì P.
Cuccu e M. Vargiu). Mstudio da parte di
studenti non a perfetto agio con il greco. Certo, l'adozione di usi unici di un
certo termine non deve essere fatta a scapito della "naturalezza"
della traduzione. Ad esempio, in questo testo sarebbe risultato quanto mai
naturale in sardo usare l'espressione "pigai a parti" (cosa siccome si tratta di un hapax, resta da vedere
come usare poi termini diversi per tradurre "pigai sa gruxi" (8,34: airo),
"pighendiddu a sa manu" (9,27: krateo), "pighi sa
pobidda" (12,19: lambano), "pighendiddu a traitoria"
(14,1: krateo). La soluzione
dei Ghiani che usano solo qui il termine "stresiendinceddu a parti",
nel mentre che rispetta il senso del verbo greco sottostante apolambano,
mi sembra nello stesso tempo attenta sia ai problemi di stile del testo
originario sia, in prospettiva, alle
esigenze di studio di un confronto sinottico.