©Vita Nostra 2000, anno 40, n. 33, domenica 24 settembre 2000, p. 5

Marcu 9,30-37
Is fueddus de is iscientis – Sa primu parti

(Traduzione di Antioco e Paolo Ghiani)

30Bessius de innì, passànt peri sa Galilea, e non boliat a ddu sciri nemus. 31Ca donàt imparu a is iscientis suus e ddis naràt: «Su Fillu de s’òmini est intregau a is manus de is òminis e dd’ant a bociri e, apustis mortu tres dis, at a arresuscitai». 32Issus no isciant custus fueddus e timiant a ndi ddi pregontai.

33E fiant lòmpius a Cafarnau e candu fut aintru de sa domu ddis iat pregontàu: «Ita fiais arrexonendi in sa bia?». 34Ma issus abarrànt citius, ca s’unu cun s’atru, in sa bia, iant pigau fueddus po chini iat èssiri su prus mannu. 35Tandus, apustis sètziu, iat tzerriau a is Doxi e ddis iat nau: «Chi unu bolit èssiri su primu, at a dèpiri èssiri s’ùrtimu de totus e su srebidori de totus». 36E pigau unu pipiu, dd’iat postu in mesu insoru e imprassendiddu ddis iat nau: 37«Chini at a arriciri, a nòmini miu, unu de icustus pipius, arricit a mimi. E chini arricit a mimi, no est a mimi chi arricit ma a chini m’at mandau».

 

Traduzione. Dato che la pagina evangelica è abbastanza corta, diciamo oggi qualcosa in più circa il momento della verifica di una traduzione. Intanto, conviene dire che la verifica non è una cosa che si fa "alla fine". Momenti di verifica sono presenti fin dall'inizio e lungo tutto l'arco di un progetto ben pensato di traduzione, con diverse figure o persone a seconda  del momento e dell'aspetto della verifica. Si tratta infatti di verificare tre cose: l'accuratezza, la chiarezza e la naturalezza della traduzione in corso.  Se per verificare l'accuratezza è necessaria la collaborazione di chi conosce la lingua e la cultura di partenza, nel nostro caso la lingua e la cultura greca o ebraica, e se per verificare la naturalezza è necessaria la collaborazione di chi conosce bene la lingua d'arrivo, per verificare la chiarezza sarà opportuno invece sentire la reazione di un certo numero di persone non "specializzate", cioè che hanno la lingua d'arrivo come lingua madre ma che non hanno molta familiarità con la pagina tradotta.

Ci limitiamo a sottoporre ai lettori un confronto della traduzione dei Ghiani con altre due traduzioni, quella che si vuole "formale" del Padre Cuccu  (Cagliari 1997) e quella di M. Vargiu  (Cagliari 1990), che si ispira senza dichiararlo formalmente alla traduzione "dinamica" della Ldc-Abu 1985. Cercheremo di non esplicitare nessun parere personale, anche se attireremo l'attenzione su alcuni punti che ci sembrano significativi. Per ragioni di spazio e di opportunità, limiteremo il nostro confronto alla prima frase.

Cuccu 1997 traduce: "30 E partìus de innia truessànta sa Galiléa e no bolìada chi ddu sciéssidi chinisisìada. 31 Imparàda infatti a is discìpulus Sùus e ddis naràda: «Su Fillu de s'omini ésti intregàu  in manus de òminis e Ddu ànta a boccìri e, boccìu, a pùstis de très dìsi ad a resuscitai», 32 ma ìssus no cumprendìanta custu discùrsu e timìanta a Ddu interrogài". Si tratta, come detto, di una traduzione che si vuole "formale". Ora, dal momento che anche la traduzione dei Ghiani si dichiara come "formale", per quanto riguarda anzitutto l'accuratezza, i lettori possono confrontare le differenze lessicali e sintattiche e rendersi conto che anche quando si afferma di tradurre "parola per parola", in realtà è sempre presente lo spazio per una abbastastanza libera "interpretazione". Cfr. ad esempio partius invece di bessius (exelthontes in greco), cumprendiant invece di isciant (egnooun, in greco), e il diverso abbinamento dell'indicazione temporale a pustis de tres dis (nessuna punteggiatura nell'originale). In secondo luogo, i lettori potranno confrontare come le due traduzioni si rapportano per quanto riguarda la chiarezza dell'insieme e la naturalezza della lingua sarda usata.

Vargiu 1990 si rifà, come detto, alla traduzione dinamica Ldc-Abu 1985  che divide la prima frase in due proposizioni ed esplicita non solo il soggetto "Gesù" ma anche l'oggetto "dove erano", tutti e due assenti nel greco: "Poi se ne andarono via di là a attraversarono il territorio della Galilea. Gesù non voleva che si sapesse dove erano. Infatti preparava i suoi discepoli insegnando loro: «Il Figlio dell'uomo sarà consegnato nelle mani degli uomini ed essi lo uccideranno; ma egli risusciterà dopo tre giorni». Ma i discepoli non capivano queste parole e avevano paura di interrogare Gesù".  Il Vargiu si distacca da questa traduzione non solo per l'uso di innoi (?-  ekeithen, in greco) ma anche perché evita la prima divisione in due periodi: "30 Partius de innoi iant truessau totu sa Galilea, ma Gesus non boliat chi si sciessit  e innui fuant". Il seguito è del tutto conforme alla Ldc-Abu,  eccetto che per il verbo "preparava" (come capita sovente, quando il Vargiu si discosta dalla Ldc-Abu sembra agire senza rendersi conto dei principi "dinamici" seguiti dai traduttori): "31 Po cussu istruiat is discipulus sus narendiddis: - Su Fillu de s'omini at essi intregau a is manus de atrus ominis e issus dd'ant a boccìri; ma issu at a resuscitai a pustis de tres dis. 32 Ma is discipulus no cumprendiant custus fueddus e fuant timorosus de interrogai a Gesus".

Per quanto riguarda l'accuratezza, ci limitiamo ad osservare che tutte e tre le traduzioni fanno ricorso al verbo intregai per esprimere la "consegna" di Gesù. Si tratta di un termine che va classificato nella lista delle parole chiave da stabilire fin dall'inizio di un progetto di traduzione sul vangelo di Marco (ma anche sui libri del Nuovo Testamento in genere). È il termine usato per esprimere la "tradizione" apostolica, ma è anche il termine usato a proposito del "tradimento" di Giuda. Il termine sardo intregai appare adatto non solo per esprimere la "consegna responsabile" dei contenuti della fede da una generazione all'altra, ma anche per correggere quanto di improprio, dal punto di vista linguistico e storico, sembra essersi introdotto nell'abitudine di usare il termine "tradimento" per l'azione di Giuda. Naturalmente, una volta classificato fra le parole chiave, bisognerebbe fare attenzione a tradurre in modo omogeneo le sue diverse occorrenze. Ciò che non appare far parte delle preoccupazioni né delle traduzioni in italiano né di quelle (poche) in sardo. Un esempio. Se tutte e tre le traduzioni sarde che stiamo confrontando usano intregai negli annunci della passione (Ldc-Abu usa "consegnare"), quando poi i fatti avvengono solo Ghiani e Cuccu usano di nuovo il termine, ma non Vargiu che in Mc 14,10-11 ha invece un generico fai arrestai (sempre dipendente da Ldc-Abu). Ugualmente e sempre in dipendenza della traduzione "dinamica" Ldc-Abu i termini arrestai e traisci sono usati nel cap. 13, quando si parla delle persecuzioni dei discepoli. Mantenere anche in questo ultimo caso un'omogeneità di traduzione avrebbe il vantaggio di rendere anche linguisticamente evidente la rassomiglianza di destino fra il maestro e i discepoli. Come appare dalla traduzione di 13,9ss in Ghiani: "Castiaisì a bosatrus e totu. S’ant a intregai a is tribunalis...".

Antonio Pinna