©Vita Nostra 2000, anno 40, n. 44, domenica 10 dicembre 2000, p. 6

Nel numero del 10 dicembre 2000 vengono pubblicati:

- il commento al vangelo della III domenica di Avvento di Valerio Casula, parroco di Desulo;

- in sinossi Lc 3,10-18, Mc 1,7-8; Mt 3,11-12; Gv 1,26-27 (forma in colonne alla fine di questo file) - la terza parte di “Che cosa sappiamo dell’evangelista Luca”

*

In neretto le parole esclusive di un vangelo. In corsivo le parole comuni ai tre vangeli sinottici o anche a Giovanni. In corsivo sottolineato le parole che Luca e Matteo prendono forse dalla fonte Q, indipendentemente da Marco. A parole uguali in sardo corrispondono parole uguali in greco.

 Luca 3,10-18 

310 E sa genti ddi  pregontąt (a Giuanni), narendi: «Tandus ita eus a fai?» 11 E arrespundendi ddis narąt: «Chini tenit duas bestis ndi fatzat parti a chini no ndi tenit, e a chini tenit  mandiari fatzat sa matessi cosa».

12 Fiant andaus fintzas e datzieris po si batiai e dd’ant nau: «Su maistu, ita eus fai?». 13 Issu tandus ddis at nau: «Non pretendais prus de cantu s’ant cumandau.

14 Fintzas e unuscantu sordaus ddi pregontąnt, narendi: «E fintzas e nosu  ita eus fai?». E ddis at nau: «No axagareis a nemus e non ndi scrufais nudda a nemus e cuntentaisģ de sa paga cosa de bosatrus».

15 Sigomenti sa genti fiat abetendi e totus fiant arrexonendi  in coru insoru po su contu de Giuanni chi non fessat issu su Messia, 16 Giuanni at arrespustu narendi a totus:

«Deu si bątiu cun ącua feti; ma benit cussu chi est prus forti de mimi, a issu non seu bonu de ndi ddi scapiai sa corria de is sąndullus: issu s’at a batiai in Spģritu santu e fogu.

17 Sa pąlia de bentulai issu dda portat in sa manu sua po illimpiai s’axrola sua e po incungiai su trigu

in su stąulu cosa sua; sa palla, a s’imbessi, dd’at a abbruxai cun fogu chi no si ndi studat.

18 Aici duncas narendi cun sentidu medas e atras cosas, donąt novas bonas a su pņpulu. 

Mt  3,11-12

Deu si battiu in ącua feti po si fai furriai de penzamentu, ma cussu chi benit apustis miu est prus forti de mimi, a issu non seu bonu de ndi ddi pigai is sąndullus ;issu s’at a batiai in Spģritu santu e fogu.

Sa pąlia de bentulai issu dda portat in sa manu sua e at a illimpiai s’axrola sua e at a incungiai su trigu suu in su stąulu cosa sua; sa palla, a s’imbessi, dd’at a abbruxai cun fogu chi non si ndi studat. 

Mc 1,7-8: 

7e predicąt narendi: «Benit apustis miu cussu chi est prus forti de mimi, a issu non non seu bonu, incrubendimģ, de ndi ddi scapiai sa corria de is sąndullus. 8Deu s’apu batiau cun ącua, ma issu s’at a batiai cun Spiritu santu».

Gv 1,26-27 : 

Giuanni ddis at arrespustu narendi : Deu bątiu in ącua; in mesu de bosatrus ddu est unu chi bosatrus non conosceis, su chi benit apustis miu ; a issu non seu dģnniu deu e totu po ndi ddi scapiai sa corria de is sąndullus.

 

Che cosa sappiamo dell’evangelista Luca - Parte 3 (fine)
 - di Antonio Pinna

  (NB. le righe in corsivo indicano le pagine proprie di Luca che vengono saltate nelle letture liturgiche della domenica).

Se, come abbiamo visto, i Padri della Chiesa attingono le loro informazioni su Luca dalle stesse fonti gią conosciute del Nuovo Testamento, per delineare la personalitą dell’autore del terzo Vangelo e degli Atti non ci resta che osservare da vicino la sua opera.

Nel prologo al vangelo egli dice di conoscere altri scritti sui fatti che si sono “compiuti”. Non č stato un testimone oculare, ma si annovera fra quelli che hanno ricevuto la tradizione trasmessa “da coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola” (1,2).

Fra gli scritti conosciuti da Luca, gli studiosi in modo oggi quasi unanime annoverano lo stesso Vangelo di Marco. Luca ne farebbe uso, apportando modifiche di contenuto e di ordine, omettendo dei passi e aggiungendo dei materiali che egli avrebbe in parte da fonti proprie (nel prologo egli dice di aver fatto ricerche “accurate”) e in parte da una cosiddetta fonte Q, che risulterebbe usata anche dal vangelo di Matteo. La sigla Q con cui gli studiosi indicano questa fonte č  abbreviazione del termine tedesco Quelle. Č chiaro che queste modifiche di Luca rispetto al Vangelo di Marco, aggiunte, mutamenti di ordine, omissioni, possono fornire valide indicazioni non solo sullo stile di Luca, ma anche sui suoi scopi, sulle sue idee, sulle sue preferenze, e in qualche modo anche sulla sua personalitą. In questo procedimento deduttivo, si eviterą perņ isolare in modo troppo individualistico la figura dell’autore che se ne ricava. Egli infatti non scrive per sé stesso, ma tiene conto delle esigenze e delle situazioni delle comunitą cristiane per le quali scrive. 

Fra i racconti esclusivi di Luca sono significativi quelli si trovano all’inizio e alla fine del vangelo. I cosiddetti “racconti dell’infanzia” di Luca sono infatti molto diversi da quelli di Matteo, e Marco non ha una sezione introduttiva sulla nascita di Gesł. Nei primi due capitoli, sono propri di Luca l’annuncio a Zaccaria nel tempio di Gerusalemme (1,5-25), seguito dall’annuncio a Maria a Nazaret (1,26-38), la visita ad Elisabetta (1,39-45) e il canto del Magnificat (1,46-56), la nascita e la circoncisione di Giovanni  con il canto del Benedictus (1,57-80),  il racconto della nascita di Gesł, l’annuncio ai pastori, la circoncisione e la presentazione di Gesł al tempio (2,1-40), il suo ritrovamento nel tempio in occasione del viaggio a Gerusalemme al compimento dei dodici anni d’etą. Alla fine del vangelo soltanto Luca ha il racconto dei due discepoli di Emmaus  che partono da e fanno ritorno a Gerusalemme (24,13-35), la lezione di Gesł agli apostoli sul compimento delle Scritture (24,44-45) e sull’annuncio del perdono a tutte le genti a partire da Gerusalemme (Lc 24,46-49), e infine il racconto dell’Ascensione e la preghiera costante degli apostoli nel tempio (Lc 24,50-53; si noti che nessun altro evangelista racconta questo fatto). 

Il resto del suo materiale esclusivo Luca lo pone soprattutto in due sequenze alternate con altre due dove invece segue da vicino il vangelo di Marco. Gli studiosi le chiamano piccola e grande interpolazione. Nella piccola interpolazione (Lc 6,20-8,3), il “materiale proprio” di Luca comprende i “guai” dopo le beatitudini, il racconto della vedova di Nain (7,11-17), l’episodio della donna prostituta che va a trovare Gesł nella casa di un fariseo con il dibattito sul perdono (7,36-50), i nomi delle donne che seguono Gesł (8,1-3). La grande interpolazione (Lc 9,51-18,14) organizza i diversi episodi all’interno della descrizione continuata del “viaggio verso Gerusalemme”. Luca sposta diversi episodi in questa sezione e inserisce in situazioni sociali precise (sovente si tratta di inviti a pranzo) diversi detti che Matteo situa invece nei suoi cinque discorsi e in modo non contestualizzato. Materiale esclusivo di Luca sono invece: le difficoltą trovate dagli apostoli in Samaria proprio all’inizio del viaggio (9,51-56), il discepolo che vuole andare a salutare i suoi familiari (9,61-62), la parabola del buon samaritano (10,29-37), le due sorelle Marta e Maria (10,38-42), la parabola dell’amico importuno (11,5-8), la parabola del ricco stolto (12,13-21), il detto di Gesł sul fuoco e sul battesimo (12,49-50), l’invito al pentimento ricordando le vittime di Pilato e di un disastro avvenuto a Gerusalemme (13,1-5), la guarigione di una donna curva in giorno di sabato (13,10-17), il ricordo di alcuni farisei che vogliono proteggere Gesł da Erode e la risposta di Gesł che parla della sua morte a Gerusalemme (13,31-33), la parabola sulla scelta dei posti (14,7-11) e degli invitati (14,12-14) con la beatitudine di chi mangerą nel regno (14,15), il discorso di Gesł sulla necessitą di scelte radicali (14,28-33), la parabola della donna che ha perso i soldi (15,8-10), la parabola del figlio prodigo (15,11-32) e dell’amministratore infedele ma previdente (16,1-13), il racconto-parabola del ricco cattivo e del povero Lazzaro (16,19-31), il detto di Gesł sul padrone e sui servi (17,7-10), la guarigione di dieci lebbrosi, di cui uno samaritano (17,11-19), la parabola del giudice iniquo e della vedova insistente (18,1-8), l’episodio delle preghiere del  fariseo e del pubblicano (18,9-14).

Dopo la sezione del viaggio, Luca riprende la trama narrativa di Marco, riportando l’ultima tappa a Gerico, l’arrivo e il ministero di Gesł nella cittą prima della passione. In questa sezione Luca ha ancora del materiale esclusivo: l’episodio di Zaccheo (19,1-10), la parabola dell’uomo che diventa re inserita in una propria interpretazione della parabola delle “mine”(19,11-27), il pianto di Gesł su Gerusalemme (19,41-44), ancora alcune frasi sulla caduta di Gerusalemme all’interno del discorso escatologico (21,21b-22.24), l’avvertimento a sulla necessitą di vigilare e non lasciarsi sopraffare dalle preoccupazioni della vita (21,34-36). 

Anche nelle due sezioni intercalate con queste interpolazioni, e nelle quali Luca segue da vicino il Vangelo di Marco, Luca ha del materiale proprio. Nella prima (3,1-6,19): la contestualizzazione storica dell’inizio della predicazione del Battista (3,1-2) e i consigli di questi alle folle, ai pubblicani e ai soldati (3,10-14) e in pił il giudizio su Erode il quale perņ interrompe con l’arresto la predicazione di Giovanni (3,19-20), il particolare ordinamento della genealogia di Gesł che si estende a ritroso e in modo pił universale fino ad Adamo e a Dio, mentre quella di  Matteo si ferma ad Abramo (3,23-38), un diverso ordinamento delle tentazioni che culminano a Gerusalemme (4,1-13), il discorso di Gesł a Nazaret con il riferimento alla vedova straniera e a Naaman il siriano (4,17-21.23-30), la pesca miracolosa prima della chiamata dei discepoli (5,3-10), i miracoli prima del grande “discorso della pianura” (“della montagna” in Matteo; Lc 6,17-19). Nella seconda (8,4-9,50), Luca ha soprattutto una diversa sistemazione e interpretazione dell’episodio dei parenti che vengono da Gesł: mentre in Marco questo episodio č raccontato prima del discorso delle parabole e i parenti sono fra coloro che non voglio ascoltare Gesł, Luca invece sistema l’episodio a conclusione del discorso delle parabole e i parenti diventano l’immagine di un ascolto riuscito e fruttuoso (8,19-21).

I racconti della passione e resurrezione li analizzeremo pił approfonditamente a suo tempo. Ora segnaliamo solo che Luca racconta l’ultima cena arricchendola di discorsi e istruzioni di Gesł ai dodici discepoli, presentati come nucleo rappresentativo dell’intero popolo di Dio (22,14-38). Anche l’agonia nel Getsemani perde la drammaticitą che ha nel racconto di Marco, mostrando Gesł come il modello da seguire nella preghiera ed evitando i rimproveri specifici a Pietro (22,47-53). Ugualmente, il rinnegamento di Pietro č raccontato subito, senza essere pił in parallelo con gli insulti dei soldati (22,54-52). Luca ha in proprio anche lo scambio di Gesł tra Pilato ed Erode (23,6-12), le ripetute affermazioni di innocenza da parte del procuratore romano in 23,13-24, il lamento delle donne e la risposta di Gesł lungo il cammino di Gesł verso il Calvario (23,27-32), e infine il dialogo fra i due ladri e Gesł e le ultime parole prima della morte (23,39-43.46).

Sono propri di Luca, infine, i nomi delle donne e l’intero loro gruppo che parlano agli apostoli della risurrezione, senza essere da loro credute (24,10-11).

Fra le “omissioni”di Luca, significative la cosiddetta “grande omissione” (Luca salta quasi del tutto Mc 6,45-8,26, con la controversia sulle tradizioni giudaiche e il doppio racconto delle moltiplicazione dei pani) e la “piccola omissione” (Mc 9,41-10,12, con le parole di Gesł sullo scandalo e la questione sul divorzio nella legge di Mosč).

Tutti questi interventi propri di Luca sono gią per sé stessi indicativi di alcune preferenze e caratteristiche dell’evangelista Luca.

(conclusione non pubblicata)

Nelle sezioni precedenti abbiamo visto che ciņ che i Padri della Chiesa dicono su Luca riposa in ultima analisi su ciņ che gli stessi testi del Nuovo Testamento avevano gią detto, senza darci ulteriori informazioni sicure (Vita Nostra, nn.   ). Abbiamo perciņ cominciato a conoscere pił da vicino l’evangelista Luca, passando in rassegna i racconti e i detti di Gesł in cui egli si differenzia dagli altri evangelisti. Abbiamo cosģ visto che egli ha in proprio alcune pagine, attinte a sue fonti esclusive o alla cosiddetta Fonte Q  che egli avrebbe in comune con Matteo. Altre pagine invece le modifica e altre le omette, almeno rispetto a Marco, che sarebbe un’altra delle fonti da lui utilizzate (Vita Nostra, nn.    ).

Vediamo in questa sezione come alcuni aspetti della sua personalitą possono essere dedotti dalle caratteristiche della sua stessa opera.

Luca, anzitutto, vi appare come uno scrittore esperto, si dimostra a suo agio nella lingua greca, conosce le convenzioni storiografiche ellenistiche, ha una notevole familiaritą con gli scritti sacri dell’ebraismo (Antico Testamento), che egli mostra di conoscere nella traduzione  greca fatta dalla diaspora ebraica in Egitto (Settanta), della quale sovente imita lo stile.

Luca č nello stesso tempo un maestro nell’arte della miniatura e del grande mosaico. Egli č capace di racchiudere i messaggi principali del suo vangelo in una piccola storia o in una breve pagina. Č un buon narratore. Sa come delineare con pochi tratti i personaggi, come dare colore e vivacitą alla scena. Luca, perņ, sa anche come dare una struttura solida all’intera sua opera. Situa Gesł non solo nel quadro universale del suo tempo ma anche nello sviluppo del disegno di Dio verso il popolo di Israele e verso tutti i popoli.

Egli estende cosģ in diversi modi il genere del vangelo: collega pił precisamente la storia di Gesł alle figure pił importanti del tempo, narra l’annuncio e la nascita di Giovanni Battista e di Gesł, inserisce una genealogia che traccia all’indietro la discendenza di Gesł fino ad Adamo, “figlio di Dio” (3,28), include pił insegnamenti nei contesti dei racconti, lega la storia del vangelo agli eventi successivi degli Atti degli Apostoli. In tal modo Luca racconta la chiamata alla conversione per Israele, il rifiuto dei suoi capi e gli inizi della missione ai pagani.

Dal breve quadro appena delineato le capacitą artistiche dell’autore del terzo vangelo e del libro degli Atti risultano evidenti, e potranno essere confermate dall’esame pił approfondito sia di scene particolari sia dell’insieme dello sviluppo narrativo e tematico dell’intera sua opera.

Per quanto riguarda, invece, i particolari biografici, esaminando ancora i suoi scritti, č possibile dire che, oltre alla familiaritą con la Bibbia ebraica, egli dimostra una conoscenza operativa anche delle pratiche e delle istituzioni giudaiche. Le sue descrizioni di case (cf 5,19 dove parla di tetto e di tegole a differenza di Mc 2,4, che parla di terrazza), di cittą, di classi sociali (cf Lc 14,15-24 con le diverse categorie di invitati alle nozze molto pił specifiche che in Mt 22,1-14), mostra che egli era familiare con la struttura e l’organizzazione sociale di cittą ellenistiche come Antiochia o Efeso. Il suo rispetto deferente verso il “molto eccellente Teofilo” che forse era egli stesso membro di una classe artigiana piuttosto che della elite, quindi subordinato a Teofilo e non suo collega. Anche se la tradizione e l’identificazione basata su Col 4,14 č corretta (“vi salutano Luca, il caro medico, e Dema”) e l’evangelista č davvero medico, ciņ non lo poneva automaticamente tra i benestanti o tra la classe dirigente. Nel primo secolo, i medici appartenevano alla classe degli artigiani. Sono stati fatti non pochi tentativi per mostrare che le descrizioni di malattie e guarigioni fatte da Luca sono pił precise di quelle contenute negli altri vangeli, ma i dati non sono sufficienti per provare che il terzo vangelo č scritto da un medico.

In ultimo, le differenze di teologia tra Luca e Paolo significano che, anche se Luca č stato davvero compagno di viaggio dell’apostolo (ciņ di cui non pochi studiosi dubitano), il suo vangelo deve essere letto per sé stesso e non sullo sfondo della teologia paolina.

 

 Riportiamo la medesima sinossi precedente in forma di colonne, forma che non era possibile pubblicare come tale sul giornale.

 

Matteo

Marco

Luca

 

 

 

310 E sa genti ddi  pregontąt (a Giuanni), narendi: «Tandus ita eus a fai?» 11 E arrespundendi ddis narąt: «Chini tenit duas bestis ndi fatzat parti a chini no ndi tenit, e a chini tenit  mandiari fatzat sa matessi cosa».
12
Fiant andaus fintzas e datzieris po si batiai e dd’ant nau: «Su maistu, ita eus fai?». 13 Issu tandus ddis at nau: «Non pretendais prus de cantu s’ant cumandau.
14
Fintzas e unuscantu sordaus ddi pregontąnt, narendi: «E fintzas e nosu  ita eus fai?». E ddis at nau: «No axagareis a nemus e non ndi scrufais nudda a nemus e cuntentaisģ de sa paga cosa de bosatrus».

 

 

 

15 Sigomenti sa genti fiat abetendi e totus fiant arrexonendi  in coru insoru po su contu de Giuanni chi non fessat issu su Messia,

 

 

Deu si battiu in ącua feti
po si fai furriai de penzamentu,
 


ma cussu chi benit
apustis miu
est prus forti de mimi,
a issu non seu bonu 
de ndi pigai is sąndullus

 issu s’at a batiai 
in Spģritu santu 
e fogu.
Sa pąlia de bentulai issu dda portat in sa manu sua
e at a illimpiai s’axrola sua 
e at a incungiai su trigu suu 
in su stąulu cosa sua;
sa palla, a s’imbessi, dd’at a abbruxai cun fogu chi non si ndi studat.

7e predicąt narendi:

 

  

«Benit
apustis miu
cussu chi est prus forti de mimi,
a issu non non seu bonu, incrubendimģ,
de ndi scapiai sa corria de is sąndullus.

8Deu s’apu batiau cun ącua,
ma issu s’at a batiai cun Spiritu santu».

16 Giuanni at arrespustu narendi a totus:
«Deu si bątiu cun ącua feti;

  

ma benit

 cussu chi est prus forti de mimi,
a issu non seu bonu
de ndi scapiai sa corria de is sąndullus:

 issu s’at a batiai 
in Spģritu santu 
e fogu.
17
Sa pąlia de bentulai issu dda portat in sa manu sua
po illimpiai s’axrola sua
e po incungiai su trigu
in su stąulu cosa sua;
sa palla, a s’imbessi, dd’at a abbruxai cun fogu chi no si ndi studat.
18 Aici duncas narendi cun sentidu medas e atras cosas, donąt novas bonas a su pņpulu.

Giuanni ddis at arrespustu narendi : 
Deu si bątiu in acua;

 in mesu de bosatrus ddu est unu chi bosatrus non conosceis,
su chi benit
apustis miu ;

 
a issu non seu dģnniu deu e totu
po
ndi ddi scapiai sa corria de is sąndullus.