©Vita Nostra
2001, anno 41, n.05, domenica 4 febbraio 2001, p. 6
- Traduzione di Lc 6,17-20
- Commento di traduzione sul problema della verifica: la accuratezza
Traduzione di Antioco e Paolo
Ghiani
«Biadus is pòburus,
ca de bosatrus est s'arrènniu de Deus.
21 Biadus is chi imoi patint fàmini,
ca eis a èssiri pràndius.
Biadus is chi imoi funt in prantu,
ca eis a arriri.
22 Biadus seis candu is òminis s'ant a tirriai
e candu s'ant a scumunigai e a isbregungiri
e nci ant a bogai a foras su nòmini de bosatrus comenti de malu,
po mori de su Fillu de s'omini.
23 Alligraisì, in cussa dì e tiddidai de prexu,
poita, castiai, si ddu nau, sa paga de bosatrus est manna in su celu.
Aici e totu, difatis, is babus insoru faiant a is profetas.
Po contra,
24 Ohi! Bosatrus is arricus,
ca eis giai comporau su contzolu de bosatrus.
25 Ohi! Bosatrus, is chi imoi seis satzaus,
ca eis a patiri fàmini.
Ohi! Is chi imoi si ndarrieis,
ca eis a èssiri in dolu e in prantu.
26 Ohi! Candu totus is òminis ant nai beni de bosatrus.
Aici e totu, difatis, is babus insoru faiant a is profetas frassus».
Nel n. 33 di Vita Nostra dellanno scorso (24
settembre 2000), avevamo accennato alla verifica di una traduzione, dicendo
brevemente che essa riguardava tre punti: laccuratezza, la chiarezza e la
naturalezza. Che cosa vuol dire verificare laccuratezza di una traduzione? In
breve, vuol dire esaminare se la traduzione proposta ha dei pezzi di
informazione in meno o in più rispetto al testo di partenza. È quanto mai
facile durante i vari passaggi di una attività di traduzione omettere
inavvertitamente, ma anche con piena consapevolezza, un aspetto del senso
originale oppure, al contrario, aggiungervi dei sensi o delle sfumature non
presenti, e questo per vari motivi. Può capitare ad esempio che il traduttore,
o il gruppo di traduzione, sia preoccupato di un aspetto particolare di
contenuto e ne trascuri uno ritenuto eventualmente secondario. Oppure può
capitare che tutta lattenzione sia stata attratta dalla preoccupazione di
usare un certo frasario della lingua di arrivo, e così si preferisca la
naturalezza di una certa espressione anche a costo di accettare la sua
troppo imprecisa corrispondenza con il testo di partenza.
Vediamo un esempio pratico nel testo delle beatitudini di
Luca.
Una traduzione pubblicata sullOrtobene nel 1985 a cura
del prof. Gavino Pau così traduceva la quarta beatitudine: Biados bois,
ca sa zente bos at a odiare, cando bokke an a bocare a irroccos e maledissiones
e azes a esser juttos a lumen comente zente de malintrannas pro more 'essu Fizu
'ess'Omine. Indubbiamente, è una traduzione che eccelle per
naturalezza e efficacia espressiva. Ma è altrettanto accurata? Due
osservazioni sono necessarie.
1) Il Pau aveva sempre introdotto il motivo o la conseguenza
della beatitudine con la causale ca: Biados sos ki sezis famìos
ca azis a esser gustaos. Biados sos ki como sezis pranghende, ca azis a
ridere. È chiaro dunque che un lettore prenda allo stesso modo la
causale ca introdotta nella quarta beatitudine, e pensi che il motivo
della beatitudine sia lessere odiati. Ora questo non corrisponde affatto al
senso del testo. Forse il Pau ha voluto introdurre di sua iniziativa (non c`è
infati in greco) la medesima causale ca per avere un testo finale
simmetrico e costante: Biados bois, ca
. Ma è proprio questa simmetria
che manca nel testo di Luca, che invece del perché usa subito dopo e per
due volte il quando: Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e
quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome
come infame
. La motivazione della quarta beatitudine arriva nel testo
di Luca in ritardo rispetto alle tre precedenti solo quando aggiunge in una
nuova frase indipendente: Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché,
ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo (Cei 1997). Il motivo
della beatitudine non è dunque lodio, ma la ricompensa nel cielo. Ciò che
è tuttaltra cosa rispetto a quanto lasciava capire la versione del Pau.
2) Il rapporto tra la quarta beatitudine e le prime tre
lascia capire che, almeno a livello del testo lucano, si sta parlando
propriamente non dei poveri o degli affamati o degli afflitti in genere, ma di
un medesimo gruppo di persone, quello dei discepoli, la cui povertà, fame e
afflizione è vista in collegamento con il loro stato di perseguitati. Il
vocabolario della quarta beatitudine è da questo punto di vista abbastanza
indicativo, sia implicitamente nelluso dei verbi sia esplicitamente
nellespressione a causa del mio nome. Si tratta infatti di verbi a
sfondo soprattutto religioso. Il primo verbo, mettere al bando traduce aphorizô,
che propriamente significa non accettare più qualcuno nel proprio gruppo. Si
tratta quindi della decisione tipica di una comunità religiosa che estromette
un suo membro dal proprio seno. Alla luce di questa prima azione devono essere
lette le seguenti due tradotte da Cei 97 con vi insulteranno e disprezzeranno
il vostro nome come infame (in Cei 71: respingeranno il vostro nome
come scellerato). Per quanto riguarda il secondo verbo, si tratta di un
insultare connotato, come si addice a una scomunica, da un aspetto
pubblico. Ciò appare chiaramente se confrontiamo ad esempio il testo di
Ebrei 10,32-33: Richiamate alla memoria quei primi giorni: dopo aver
ricevuto la luce di Cristo, avete dovuto sopportare una lotta grande e penosa,
ora esposti pubblicamente a insulti - oneidismois
- e persecuzioni, ora facendovi solidali con coloro che venivano trattati in
questo modo. Per quanto riguarda, infine, la terza azione, il greco dice
letteralmente gettare fuori - ekballô -.
Il testo più vicino che usa questa medesima espressione in ebraico è quello di
Dt 22,14.19, dove ugualmente si tratta della denuncia pubblica di un marito
contro la moglie. La connotazione di pubblicità ha qui tuttavia una
conseguenza particolare, in quanto lesclusione pubblica di un membro
scomunicato ha come conseguenza che di fatto si eviterà di fare anche il nome
di quella persona, letteralmente il loro nome è come gettato fuori,
ignorato. Non è un caso, come qualcuno ha fatto notare, che i documenti ebraici
contemporanei alla separazione del cristianesimo dallebraismo o di poco ad
essa successivi, ignorino del tutto o quasi la storia di Gesù e la presenza dei
cristiani. Tutto il contrario, anche qui, di quanto di per sé dice la
traduzione del Pau, che parla di gente portata a nome come gente di
malaffare.
Queste osservazioni spiegano le scelte fatte nella
traduzione Ghiani: Biadus seis candu is òminis s'ant a
tirriai e candu s'ant a scumunigai e a isbregungiri e nci ant a bogai a foras su
nòmini de bosatrus comenti de malu, po mori de su Fillu de s'omini. 23
Alligraisì, in cussa dì e tiddidai de prexu, poita, castiai, si ddu nau, sa
paga de bosatrus est manna in su celu.