©Vita Nostra 2001, anno 41, n. 22, domenica 27 maggio 2001, p. 6

© Vangelo di Giovanni 2001. Traduzione in sardo campidanese, variante del Sarcidano isilese, 
di Antioco e Paolo Ghiani. Consulenza esegetica di Antonio Pinna.
Proposta di traduzione di Paolo Ghiani con osservazioni di Antonio Pinna e di Antioco Ghiani.

 

Gv 14,15-26


15 Chi m'istimais, eis a fai su chi deu si cumandu; 
16 e deu puru ap'a pregai a Babbu miu e issu s'at a donai un'atru Amparu, chi abarrit po sempiri cun bosatrus,
17 su Spiridu de beridadi, cussu chi is chi non creint non podint arriciri, ca non ddu bint e no ddu connoscint. Ma bosatrus gi ddu connosceis, ca issu bivit cun bosatrus e at essiri cun bosatrus.
18 Non s'ap'a lassai comenti de is chi funt chentza de babbu e chentza de mama, ca ap'a torrai a benni acanta de bosatrus.
19 Ancora unu pagu e sa genti non m'at a biri prus, ma bosatrus invecis m'eis a torrai a biri, ca deu ap’a tenni torra vida e bosatrus puru eis a tenni vida.
20 Cussa dì, candu custu at a sussediri, eis a isciri ca deu seu impari cun Babbu miu e bosatrus seis cun mimi e deu cun bosatrus.
21 Totu cussus chi faint su chi naru deu m'istimant e is chi m'istimant Babbu miu ddus at a istimai e deu puru ddus ap'a istimai e m'ap' a fai biri de issus.
22 Giudas, non Giudas su chi fut allumingiau Iscariotu, ddi narat a Gesus: "Signori, cumenti iat essi ca ti depis fai connosci de nosu e non de totus?".
23 E Gesus dd'at arrespustu e dd'at nau: "Totu cussus chi m'istimant, ant a fai su chi ddis naru deu, e su Babbu miu ddus at a istimai e nosu eus a benni anca 'e issus e eus abarrai impari cun issus. 24 Totu cussus chi no m'istimant, no ant a fai su chi ddis naru deu: e su fueddu chi ascurtais no est de mimi, ma de Babbu miu chi m'at mandau.
25 Custas cosas si ddás naru in su mentris chi seu cun bosatrus. 26 Ma s'Amparu de Deus, su Spiridu santu, chi Babbu miu at a mandai a nòmini miu, issu s'at a imparai dònnia cosa e s'at a fai arregodai totu su chi deu e totu s'apu nau.

 

 

Il sabato della terra giubileo dimenticato
s'ora de gustai

1. Attualità. Il presidente americano affronta la crisi energetica decidendo di far di nuovo ricorso al nucleare. Grandi contestazioni. Le nazioni maggiormente industrializzate si riuniscono prossimamente a Genova. Grandi allarmi. Due modi diversi di concepire il progresso e le sue esigenze.
A Badin (Slovacchia) nei giorni scorsi si sono riuniti gli incaricati per l'ambiente presso le Conferenze episcopali europee, sul tema "Stili di vita cristiani e sviluppo sostenibile". Il 22 aprile le chiese cristiane hanno firmato una Carta ecumenica con la quale si impegnano per uno stile di vita sostenibile. Chi ne ha sentito parlare? Abbiamo inventato un altro consumismo: quello dei documenti a perdere.

2. Passato già remoto? Eppure i cattolici hanno appena finito di celebrare il cosiddetto "giubileo del 2000". Trovate ancora in giro qualcuno che parla del condono dei debiti alle nazioni povere? Questo fa parte del secolo scorso. Siamo ormai nel terzo millennio. Altre celebrazioni li aspettano.

3. Altrove. A parte le passate e sempre imminenti celebrazioni, in Israele quest'anno 5761 (= 2000 + 3761) è davvero un anno sabbatico, e il 19 maggio scorso nelle sinagoghe gli ebrei hanno letto il cap. 25 del Levitico che detta le norme per gli anni sabbatici e giubilari. Siccome gli ebrei, a differenza dei cristiani, non hanno spiritualizzato i loro testi, le parole hanno per essi anche oggi un senso concreto, e "anno giubilare" vuol dire proprio "anno giubilare" e non qualsiasi altra cosa.

4. Il "tema" prima delle "variazioni". Ciò pone un problema abbastanza concreto e anche abbastanza distante dalla problematica dei nostri pellegrinaggi romani. Il comandamento contenuto nel libro del Levitico, infatti, dice che ogni settimo anno e nell'anno giubilare ogni appezzamento di terra posseduto da un ebreo nel suo paese deve "riposare" e rimanere non coltivato. La rassomiglianza con il riposo del settimo giorno è tale che questo anno di riposo viene chiamato "il sabato della terra".
Tuttavia, in una società agricola, si tratta di molto più che di "riposo della terra". Se la terra non è coltivata, vuol dire che per un anno intero la maggior parte della popolazione non lavorerà. L'anno giubilare biblico è perciò l'immagine provocatoria di tutto un popolo che sceglierebbe di vivere per un intero anno a un livello di vita materiale significativamente più basso per dedicarsi a ricerche più spirituali che la sopravvivenza quotidiana.
La visione è anche più provocatoria nel suo aspetto ugualitario. Infatti, tutto il prodotto spontaneo della terra deve essere a libera disposizione di tutti (compresi gli animali), e tutti i debiti sono condonati, così da permettere anche a chi affoga nel debito l'opportunità di ripartire di nuovo.
In più, per capire bene lo spirito del riposo giubilare bisognerà anche rileggere il cap. 16 dell'esodo, dove il popolo d'Israele in cammino verso la sua terra riceve la sua prima lezione di libertà, e si tratta di una lezione economica: scopre il sabato e la manna. Ora, primo: la manna deve essere raccolta tanto quanto basta ad ogn famiglia per un giorno (Es 16,16-18): principio di sufficienza per tutti. Secondo: la manna non deve essere conservata per il giorno dopo (Es 16,19-20): principio del non accumulo. Terzo: il sesto giorno, se ne raccoglie il doppio, perché il settimo giorno non ce ne sarà e non si andrà a raccoglierne (Es 16,22-30): principio del sovrappiù gratuito: raccogli sei e mangi sette. Questi sono i principi economici (e teologici) che sorreggono la legislazione sabatica. Ovviamente, chi chiediamo se una cosa simile possa funzionare. Ma se lo erano già chiesti gli ebrei, e la loro domanda è rimasta nel nome stesso di questo oggetto pedagogico che è la manna: infatti, "manna"significa "Che ... razza di cosa è questa?" (Es 16,15).

5. Giubileo-problema. In realtà, chi oggi si può permettere di non lavorare per un anno? E come sarebbe possibile nutrirsi senza con un'agricoltura bloccata così a lungo? E come condividere le proprie risorse con tutti? Vista così, la shmitah - la "remissione" - è un problema, e come tale ha sempre stimolato la fantasia a trovare delle soluzioni che in realtà aggirano l'intento della legge, soluzioni anche fittizie, come quelle di vendere simbolicamente per un anno la terra a un non giudeo e oggi a un non ebreo e poter così continuare a mangiare degli stessi frutti.
Da questo punto di vista, l'osservanza dell'anno giubilare diventa una questione di "purità", quest'anno abbastanza attutita dai problemi dell'intifada, ma sempre presente come problema "interno" che fornisce, come se ce ne fosse bisogno, un ulteriore motivo di divisione tra ebrei ed ebrei. La gente si chiede se ciò che compra al mercato è kasher, se cioè è coltivato secondo le norme religiose, e non si chiede invece se la società che produce e che consuma è essa stessa kasher.

6. Giubileo-soluzione? Ma cosa succede se si guardasse al "giubileo" (quello biblico) non come ad un problema, ma come ad una "soluzione"? E soluzione di quali problemi? A questo punto, la "remissione" biblica diventa una affermazione politica di interesse sociale e ambientale, che solleva profonde domande circa la natura di una vita sana e vivibile, per gli individui, la società e la terra.

Ad esempio, oggi si parla di "anno sabatico" quasi soltanto per i professori universitari. Perché ? la nostra società del benessere diminuisce il tempo del piacere e della famiglia. La maggior parte della gente non solo sceglie di lavorare per realizzare ciò che vogliono essere, ma anche si sente costretta a lavorare, per potersi permettere ciò che la società fa pensare come indispensabile. Il "consumismo" richiama il "produttivismo", perché la domanda e l'offerta devono rimanere "alte". Il "giubileo" (sempre quello biblico) ricorda che la gente è come la terra: quando si è sovrasfruttati e al limite dello stress e dell'esaurimento, noi "ingegniamo vitalità" non con un reale rinnovamento, ma semplicemente facendo ricorso alla chimica e al doping.

7. "Variazioni"dopo il "tema". Ma, come il silenzio è una parte integrante del discorso, così puntuali periodi di "riposo biologico" sono necessari per garantire una fertilità rinnovata. Non c'è nessuna ragione perché un anno sabatico di apprendimento, riflessione e rinnovamento sia riservato ad una élite intellettuale di accademici (quando pure.. ). L'anno sabatico e giubilare (biblici) furono inventati per i contadini, non per i professori. E fare ogni anno "giubileo" per un settimo della forza lavoro potrebbe anche essere un modo da esaminare per combattere la disoccupazione.
Di fatto, non mancano variazioni sull'idea dell'anno giubilare: la proposta per una certa moratoria della ingegneria genetica, la proposta della remissione del debito estero ai paesi del terzo mondo, una crescente opposizione alla crescita senza regole dell'economica e della tecnologia. Il fatto che queste proposte sembrino soltanto utopiche e irrealizzabili, non fa che rendere più acuto il problema. L'innovazione tecnologica sopravanza le scelte etiche, e le vite umane si devono adattare a soddisfare i "bisogni" della efficienza delle macchine. La società contemporanea è l'apprendista stregone costretto a inseguire i propri strumenti. Questi le sono sfuggiti di mano e sono ormai dotati di vita autonoma.

8. Qui e ora. Il principio del giubileo (biblico), suggerendo periodi di arresto forzato, di ri-dedicazione, di aggiornamento e di ridistribuzione, presenta una alternativa alla corrente mentalità efficientistica ed affaristica. Limitare il livello che la produzione e il consumo ha raggiunto nella nostra vita può creare lo spazio per traguardi più alti. L'economia non può essere la macchina dell'eterno movimento, disancorata da preoccupazioni sociali e ambientali. L'economia presupposta dal sabato e dal giubileo (biblico) è l'espressione consapevole dei nostri valori spirituali e morali. L'abbondanza, di terra e di soldi, non è proprietà destinata all'accumulo, ma abbondanza da condividere per il benessere di tutti. Come problema, il giubileo (biblico) si limiterebbe ad interessare e dividere il mondo degli ebrei osservanti e non. Come soluzione, la legislazione sabatica biblica può diventare un ponte capace di unire tutti quelli che cercano una risposta agli impellenti problemi sociali e ambientali. Anche la Bibbia, a leggerla attentamente, dà segni di aggiornamento continuo delle sue legislazioni, compresa quella sabatica. E certo, oggi, le soluzioni specifiche proposte nel libro del Levitico o quelle aggiornate del Deuteronomio, possono essere giudicate oggi non più viabili e utili. Tuttavia, potrebbero ancora darci un aiuto indispensabile a formulare le domande cruciali.

9. Una verifica settimanale. Torniamo alla riunione di Badin. Tre caratteristiche sono proposte ai cristiani per uno stile di vita che noi chiamiamo "giubilare" (citiamo ora dall'Avvenire, 22 maggio , p. 21): "La cura del territorio, con la cura dell'agricoltura a far da sentinella contro l'abbandono. Il ritorno all'essenzialità e alla sobrietà... La decelerazione che consenta di riscoprire il valore del tempo: "La domenica - precisa in questo senso il documento finale - ha un'importanza fondamentale per uno stile sostenibile che rispetti i ritmi della creazione e che interrompa il lavoro con tempi dedicati al riposo e alla gioia per tutto il creato".

10. Letture domenicali, o sabatiche. Qualcuno pensava che il titolo di letture domenicali", dato a questa pagina, rimandasse alle letture che si leggono in chiesa la domenica. Ciò non era escluso. Ma anzitutto rimandava al concetto di riposo settimanale: l'invito a trovare una mezz'ora di tempo da dedicare non alle cose, ma al senso delle cose. Una pagina che ricordi l'economia e la teologia della "settima parte del tempo" che dà senso a tutto il resto. Letture sabatiche, appunto. Detto in sardo, ritroviamo il dono della nostra lingua di andare al fondo delle cose con poche parole: s'ora de gustai, s'ora de tastai.

PS. Era anche volutamente una pagina in cui per un certo tempo non appariva nessuna pubblicità. Poi, per varie opportunità, anche un po' frutto del caso, anche in questa pagina "sabatica" è entrato questo "indice" della produzione e del consumo, della domanda e dell'offerta. Inevitabile e provvidenziale, dice il direttore. Domanda, tuttavia: quali attenzioni saranno opportune perché il giornale, promuovendo i lati positivi della pubblicità, non smetta di ricordare ai lettori il senso economico e teologico di quella "settima parte del tempo" che ormai quasi nessuno sembra più contare?

(libera reinterpretazione di Antonio Pinna, a partire da un articolo di Jeremy Benstein, direttore generale del Centro Abraham Joshua Heschel per l'Insegnamento e la Guida Ambientale, Tel Aviv, apparso sul Jerusalem Report del 21 maggio 2001.)