©Vita Nostra 2001, anno 41, n. 29, domenica 15 luglio 2001, p. 6

© Vangelo di Luca 2001. Traduzione in sardo campidanese, variante del Sarcidano isilese, 
di Antioco e Paolo Ghiani. Consulenza esegetica di Antonio Pinna.
Proposta di traduzione di Paolo Ghiani con osservazioni di Antonio Pinna e di Antioco Ghiani.

1) Tu lo dici (per dom. 22 luglio)

Lc 10,38-42

38 In s’interis chi Gesus fiat andendi impari cun is iscientis suus, issu est intrau a una bidda, e una fèmina chi ddi narànt Marta dd'at arriciu in domu sua.
39 Issa duncas teniat una sorri, chi ddi narànt Maria, custa si fut sètzia in peis de su Sinniori e fiat ascurtendi su fueddu suu.
40 Marta po contras fiat totu afainada po dd’atèndiri mellus.Tandus issa si dd’est posta ananti e dd’at nau: "Sinniori, non ti nd'importat nudda chi sorri mia m'apat lassau a sola po atèndiri? Naraddi duncas a mi donai una manu de agiudu".
41 Su Sinniori arrespundendi dd'at nau: "Marta, Marta, tui ti donas pistighingiu e ses atropelliada po medas cosas. 42 Ma de una cosa feti nci at abbisongiu. Est aici, est Maria chi s’at isceberau sa parti giusta e non si ndi dd'ap’a pigai deu".

 

2) Commento omiletico sulla parabola del Buon Samaritano


Avvicinarsi o passare dall'altra parte

Il buon samaritano… Una parabola conosciuta da tutti, eppure non ci si stanca mai di riascoltarla… “Un uomo scendeva da Gerusalemme…” Sembra quasi l’inizio di una bella storia. Ma questa storia è vita vera. Vita reale, vita di tutti i giorni. Tutti i giorni capita  che qualcuno venga aggredito, picchiato, derubato, abbandonato. Di certo non è una storia molto edificante e la sua conclusione non è il classico finale del tipo “…e vissero felici e contenti.” ma ha il forte monito di Gesù: “Va' e anche tu fa lo stesso”.
Quante volte ascoltando il telegiornale o sfogliando il giornale abbiamo udito e letto: “Violentata nel metrò sotto gli occhi di tutti…”. “Barbone muore di fame fra l’indifferenza dei passanti…”. “Auto pirata travolge e fugge abbandonando morente un ragazzo…”. Storie di violenza, di indifferenza, di incuria come ieri anche oggi. Ma, per fortuna, ci sono anche tante storie di bontà e di amore verso il fratello meno fortunato. Sono molto poche quelle che vengono riportate dalla televisione o dai giornali. Fa più notizia una storia di violenza, che una rosa donata ad una mamma in lacrime per la perdita del proprio figlio! Si continua a combattere guerre fratricide e casualmente  veniamo a scoprire che tante persone, nell’ombra, compiono gesti d’amore! Ma allora, il bene è possibile! E’ possibile amare! Il nostro cuore non è poi così indurito, così arido. Allora c’è ancora qualcuno che ricorda la parabola del buon samaritano e si sforza di “fare lo stesso”? Ne sono certo! Anche se il male clamorosamente porta distruzione e lacrime, il bene silenziosamente fa la sua strada portando il seme della speranza.
Non è facile la via del bene, non è facile vivere con coerenza, troppi idoli ci distraggono, ci illudono, ci accecano facendoci cadere poi nello sconforto. Ma non dobbiamo lasciarci sopraffare dallo scoraggiamento. Dobbiamo certamente soccorrere il fratello bisognoso, ricordando che ognuno di noi è anche “quell’uomo” che scendeva da Gerusalemme, uno che ha bisogno di aiuto, su cui il Signore, buon samaritano, si china per infondere la sua energia, il suo amore e ci dà il coraggio, la forza e la gioia di “fare lo stesso”.
 Una breve esperienza. Vorrei ricordare così una mamma e con lei tutte le mamme che ci guardano da lassù...
 Sorgeva l’alba… in una stanzetta d’ospedale ero accanto ad una mamma, colpita dal “Brutto Male”, ormai in fase terminale... Avevo le sue mani tra le mie e lei le stringeva con forza... Avevo la testa china... Quasi non osavo guardarla negli occhi... forse per non disturbarla, per non essere indiscreto...
 Ad un tratto, la sua fievole voce ruppe il silenzio: “...Grazie... grazie per quello che tu fai per noi... Desidero farti un regalo... un regalo a te tanto caro...”. Lentamente sollevai la testa... La guardavo negli occhi... Da quel viso stanco, triste, addolorato ad un tratto “sbocciò un sorriso”... “Portalo sempre nel cuore - mi disse - come io porterò nel mio, l’amore che tu hai per chi soffre...”.
 Poco dopo quella mamma volava in cielo… Un angelo al cospetto del Signore…. Un fiore nuovo in quel “grande giardino”… Una nuova stella che brilla  in cielo…
 Da queste briciole d’amore, frutto di quel seme della speranza, traggo la forza d’andare avanti giorno dopo giorno e continuare a dire il mio “sì” a quella voce, a quelle voci che con dolce insistenza dicono: “Vieni, e anche tu, oggi, fa' lo stesso".

                                                                          Ignazio Piras Diacono

Oristano, 4 luglio 2001
 

3) Testi del Concilio Plenario Sardo su "lingua" "lingue" "linguaggio"

 

4. Segni di speranza

 

§ 4. La gente, pur così diversificata nelle varie zone, mantiene ancora
oggi una marcata identità unitaria. Si può parlare con verità di " popolo
sardo ", con una sua caratteristica culturale originale e una sua propria
lingua. Questo spiega il forte senso di appartenenza della popolazione alla
propria terra e ad una " sardità ", profondamente segnata dalla secolare
cultura cristiana, riconosciuta come ricchezza umana da custodire e da
coltivare

 

91. L ' attuale vita liturgico-sacramentale nelle Chiese dell ' Isola

§ 1. La riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II ha avuto un
risposta positiva anche nelle Chiese della Sardegna. Le nuove forme
liturgiche sono state adottate universalmente e la liturgia rinnovata e
resa più intelligibile con l ' adozione della lingua volgare, ha favorito un
maggiore coinvolgimento dei fedeli.

 

100. L ' uso della lingua sarda nella liturgia

Il Concilio, accogliendo una diffusa istanza, che vede anche nella lingua
sarda un singolare strumento comunicativo della fede per il nostro popolo,
ne auspica un ' adeguata valorizzazione
. Riconosce come per suo mezzo sia
stato tramandato per generazioni un grande patrimonio di fede e di sapienza
cristiana, incarnate nella cultura e nella quotidianità di vita della gente
dell ' Isola. La nostra lingua materna sarda va anche apprezzata e onorata
nelle forme di preghiera, individuali o collettive, che ci sono state
tramandate e che sarà opportuno ricercare e utilizzare: esse hanno in sé,
oltre le ricchezze di contenuti spesso eccellenti, anche il fascino
evocativo di un patrimonio che ha le sue radici nel nostro tradizionale
modo di pensare e di sentire. Pertanto, nel rispetto e nell ' osservanza
delle attuali norme e disposizioni liturgiche, è possibile utilizzare la
lingua sarda, con canti e testi opportunamente scelti, in alcuni momenti
celebrativi e di preghiera, oltre che in occasioni particolari della vita
delle nostre comunità. Andranno, inoltre, studiati con serietà culturale e
con adeguata competenza teologica e pastorale, possibili, ulteriori
ampliamenti della sua utilizzazione nella liturgia. Ciò dovrà essere fatto
nello spirito di valorizzazione del patrimonio trasmessoci dalle
generazioni precedenti, di ricerca di una più incarnata comunicazione della
fede nella realtà quotidiana della popolazione sarda, e di sincera
comunione ecclesiale.

 

112. La pietà popolare nella nostra isola

 

§ 6. Nell ' ambito di questa pietà popolare sono fioriti i canti e le
preghiere in lingua sarda. Sono per lo più formulari di antiche novene,
preghiere che accompagnano diverse azioni della giornata e situazioni
varie; poesie e canti: " gosos ", canti per il Natale, per la settimana
santa.

 

79. La catechesi degli adulti

 

§ 2 ... b) adeguare il linguaggio all ' attuale contesto culturale: mirare a
raggiungere gli adulti " lontani ", sia quelli intellettualmente colti e
impegnati, ai quali la cultura secolarizzata moderna rende difficile
l ' adesione alla fede, sia quelli marginali nella società e nella comunità
cristiana;

 

§ 3. È necessario attuare una catechesi che tenga conto dei seguenti
criteri: ...

b) usi un linguaggio adeguato alla cultura degli ascoltatori;

 

91. L ' attuale vita liturgico-sacramentale nelle Chiese dell ' Isola

§ 5. Sovente manca nel popolo la familiarità con il linguaggio simbolico;
c ' è spesso difficoltà a cogliere il significato dei riti e dei gesti e,
dunque, del mistero celebrato. Da ciò viene anche la mentalità che la
liturgia sia compito esclusivo del sacerdote e che per i fedeli sia
sufficiente " assistere " passivamente.

 

97. Formazione liturgica della comunità e dell ' assemblea

§ 2. " È necessario che i candidati al ministero sacerdotale siano formati
alla comprensione dei testi eucologici che diranno, delle pagine bibliche
che proclameranno e dei simboli che tratteranno; che siano educati a un uso
rispettoso e creativo dei libri liturgici, secondo le disposizioni
contenute nei libri stessi, così da saper unire al linguaggio della
tradizione l ' indispensabile adattamento alle situazioni storiche della
comunità celebrante "300. Questo impegno formativo investe, prima di tutto,
la responsabilità della Facoltà Teologica della Sardegna, del Seminario
Regionale Sardo, della Commissione liturgica regionale, della Commissione
presbiterale regionale.

 

112. La pietà popolare nella nostra Isola

§ 2. Parliamo qui esplicitamente di " pietà popolare " volendo intendere
in modo preciso con questo termine la " vera devozione " cristiana
popolare, che deriva dalla fede genuina372, e che perciò non deve essere
confusa con il sentimentalismo devozionistico, né con la creduloneria
vagamente religiosa o apertamente superstiziosa. Essa è congiunta con " la
volontà di darsi prontamente a ciò che concerne il servizio di Dio "373 ed è
espressione esteriore di una religiosità interiore " bene orientata ",
radicata nella gente374. In essa si esprime il linguaggio singolare di una
parte del popolo di Dio e il suo proprio modo di parlare e di vivere, di
credere e di celebrare.

 

42. Il Pontificio Seminario regionale sardo del Sacro Cuore

§ 10. In particolare questo Concilio stabilisce le seguenti linee
operative

 

f) non si ammettano al Seminario regionale coloro che non abbiano prima
fatto o un cammino formativo in un Seminario minore o un adeguato cammino
formativo umano e spirituale cristiano, seriamente documentato; né coloro
che manchino di una sufficiente base di preparazione scolastica per
affrontare gli studi filosofico-teologici richiesti dalla Ratio della
formazione sacerdotale120, specialmente per la non conoscenza delle lingue
classiche
, e della storia della filosofia.

 

99. Il canto e la musica nella liturgia

§ 1. Il canto e la musica sono parte integrante, imprescindibile, della
liturgia della Chiesa ed essa ne possiede un tesoro inestimabile, che va
religiosamente custodito, tenuto vivo e incrementato312. Questo patrimonio
è formato " dal canto gregoriano, la polifonia sacra antica e moderna nei
suoi diversi generi, la musica sacra per organo e altri strumenti
legittimamente ammessi nella liturgia, e il canto popolare sacro "313. Dopo
la riforma liturgica, in particolare con l ' introduzione delle lingue
locali, si è resa necessaria un ' ampia, nuova creazione e un adattamento dei
testi e delle melodie musicali, e del modo di partecipazione dei fedeli al
canto e alla musica. Questo ha creato dei problemi, ma oggi, anche nella
nostra Regione, il popolo partecipa maggiormente al canto liturgico. Rimane
ancora vero per noi , ciò che veniva rilevato per tutta l ' Italia, alla fine
degli anni ' 60: " In alcune zone non si canta, o per incapacità, o per
rispetto umano. Cantano solamente le donne e i bambini, mentre gli uomini
rimangono in silenzio (...) In altre zone invece si canta troppo: e questo
diventa un motivo di disturbo, che fa prevalere un ' altra esigenza: il
bisogno di un frequente silenzio durante il tempo della celebrazione "314.

139. La comunità cristiana e i turisti ospiti nella nostra terra

§ 4. I problemi pastorali della mobilità vengano trattati nella formazione
culturale e spirituale dei futuri sacerdoti e animatori pastorali fin dagli
anni del Seminario Regionale e degli studi nella Facoltà Teologica o negli
Istituti di scienze religiose. È necessario favorire anche l ' apprendimento
da parte loro delle lingue straniere461.

 

§ 2. Le forme concrete e le espressioni particolari della pietà popolare
sono frutto di una catechesi efficace377 e di una profonda inculturazione
liturgica378, che hanno coinvolto nel credere e nel vivere, oltre
l ' espressione linguistica, la pienezza della persona e la totalità socio-
culturale del gruppo umano: corpo e spirito, fantasia ed intelligenza,
sentimento e ragione, creatività e ordine, canto e danza, rievocazioni e
rappresentazioni, simboli e istituzioni379. La pietà popolare, nella sua
vena genuina, è espressione di aneliti di preghiera e di vitalità
carismatica. Di fronte a celebrazioni liturgiche eseguite con precisione
formale, ma talvolta fredde e distanti, quasi senz ' anima, la pietà popolare
riattiva il ruolo partecipativo del popolo, ridona spazio alla gratuità dei
gesti e alla ricchezza simbolica ed espressiva dei segni, esprime in modo
vitale la comunicazione circolare tra Dio e il suo popolo. Essa può offrire
alla liturgia un dinamismo di creatività che, se umilmente colto, dà
indicazioni e stimoli al non facile compito di incarnare la preghiera della
Chiesa universale nel " genio " della comunità locale. La prassi secolare
e il magistero della Chiesa accolgono e raccomandano la pietà popolare,
perché la vita spirituale non si esaurisce nella sola partecipazione
liturgica, ma passa attraverso i pii esercizi del popolo cristiano, purché
" siano conformi alle leggi e alle norme della Chiesa " e purché siano "
ordinati in modo da essere in armonia con la sacra liturgia, derivino in
qualche modo da essa e ad essa, data la sua natura di gran lunga superiore,
conducano il popolo cristiano "380. Il punto decisivo è che la pietà
popolare sia orientata e animata in modo da essere per le " masse popolari
un vero incontro con Dio in Gesù Cristo "381.