©Vita Nostra 2001, anno 41, n. 39  domenica  28 ottobre

In questo numero: p. 6

1) Lc 19,1-10

2) Primo articolo di Antonello Tuvone sulla "Storia Sacra"del Can. Melchiorre Dore

1) Lc 19,1-10


1 E fut intrau a Gericu e megàt de dd'atruessai
2 E, totu in d'una, un'òmini chi ddi narànt Zacheu, chi fiat su primu de is datzieris e arricu,
3 fiat cichendi de biri chini fiat Gesus, ma no dd'arrennescìat po mori de sa genti, ca fut pitiu de cantellu.
4 E aici po ddu biri at curtu ananti e nc'est artzau a una mata de sicomorèa, ca depiat passai inguni.
5 E comenti fut lòmpiu a icussu logu, Gesus, at pesau is ogus e dd'at nau: "Zacheu, toca de pressi, abasciandi, ca òi depu abarrai in domu tua".
6 E ndi fut abasciau de pressi e dd'iat arriciu totu prexau.


7 Candu iant biu sa cosa totus si fiant postus a murrungiai e narànt.: "Propiu anca est unu pecadori est intrau po allogiai!".
8 E Zacheu, ponendisì ananti strantaxu, at nau a su Sinniori: "Sinniori, mira, sa metadi de is benis mius, dda dongiu a is pòburus, e chi a calancunu ndi dd'apu scrufìu cosa ddi torru cuatru bortas tanti.
9 E Gesus dd'at nau: "Oi sa saludi est lòmpia a icusta domu, poita ca custu puru est fillu de Abramu;
10 ca su Fillu de s'òmini est bènniu a cicai e a sanai su chi fiat perdiu".
 

 

2) Su Melchiorre Dore, di Tuvone / 1

 

Antonio Loy e Melchiorre Dore

La "storia sacra"in poesia per l'evangelizzazione del popolo sardo

 

Nel numero precedente, con l'articolo di Roberto Caria sul dibattito attorno al tema della "guerra giusta" nel pensiero di Sant'Agostino, abbiamo cominciato per questa pagina una collaborazione con l'Istituto di Scienze Religiose. Il prossimo articolo su questo tema uscirà sul prossi­mo numero, a cura di Stefano Pilia, e illu­strerà il cammino dei più recenti docu­menti del magistero ecclesiastico e del catechismo universale della Chiesa cattolica.           In questo numero, uno studente di teolo­gia della diocesi di Nuoro, Antonello Tuvone, comincia una serie di brevi articoli destinati ad illustrare due versioni poetiche in sardo della "storia sacra ", quella del Canonico Melchiorre Dore e quella di Mons. Antonio Loy.

Queste "schede" analitiche fanno seguito, in realtà, a un lavoro di fine corso valido per l'esame di esegesi del Pentateuco presso la Facoltà Teologica della Sardegna. Invitato dal docente del corso, lo studente ha accettato di far parte sua ricerca sul nostro giornale diocesano, e per questo lo ringraziamo. Questa nasci­ta all'interno di un corso di esegesi bibli­ca spiega anche il taglio analitico e meto­dologico che avranno i prossimi articoli.

 

"E Custu Deus Mannu e Singulare,

segundu su chi nàt sa Sacra Istoria,

fi solu, in nd'un'estesu, immensu mare,

Veru Monarca de s'Eterna Gloria".

 

Sarebbe bello poter affermare che sono questi i celebri versi del noto poeta Can. Antonio Loy. Forse, però, tanto celebri non sono e nemmeno il loro autore lo è. Niente, però, può distoglierci dal dire che siamo di fronte ad una brillante versione, in Lingua Sarda, della Sasra Scrittura. Può apparire strano, parlando della Bibbia, accostare i termini traduzione e poe­sia, questo, però, è apparso possibile ad Antonio Loy che, nella sua opera Cantigu in limba sarda subra "S'istoria de sa crea­zione cunservazione e salvesa de sa creatura umana" ha tradotto, non solo in lingua sarda, ma anche in versi, il Libro Sacro. Un opera vasta, 2.784 ottave per un totale di 22.272 versi, tutti in un perfetto logudorese di piacevole lettura. L'opera è divisa in quattro libri nei quali si ripercorre tutta la Storia della Salvezza. In una introduzione viene esplicitato lo scopo dell'opera: il bene delle anime, eliminando la pretesa di offrire una traduzione letterale, esegetica e scientifica della Sacra Scrittura.

Antonio Loy nacque a Ortueri il 14 dicembre 1908 e morì a Ghilarza il 12 marzo 1992, all'età di 84 anni. La sua opera fu data alle stampe negli anni tra il 1966 e il 1968.

Antonio Loy non è però l'unico ad essersi inoltrato in un'impresa così ardua e allo stesso tempo appassionante. Un altro canoni­co, Giovanni Melchiorre Dore, vissuto a cavallo tra il 1700 e il 1800, compose un opera in versi: Sa Gerusalemme vittoriosa.

Melchiorre Dore nasce a Gorofai-Bitti il 15 marzo 1770. Viene ordinato sacerdote nel 1795, all'età di 25 anni. All'epoca la Rettoria delle par­rocchie veniva conseguita per concorso e nel 1804 il canonico diventa parroco di Posada.

Il Dore, appassionato di studi biblici, li coltivò fino a tarda età. A questa passione si univa una notevole vena poetica che, fin da giovanissimo, espresse in poesie a sfondo profano. Per questa sua arte egli era tenuto in grande considerazione da grandi letterati, suoi contemporanei come Giovanni Spano, sacerdote archeologo e linguista, che assumerà, poi, un ruolo fondamentale per la prima pubblicazione de Sa Gerusalemme Vittoriosa.

L'allora Vescovo di Nuoro, Fra Alberto Maria Solinas Nurra, avendo sentito Melchiorre Dore improvvisare poesie, ed essendo venuto a conoscenza di questa finissima vena poetica, gli chiese di tradurre le Sacre Scritture inpoesia per divulgarla e farla conoscere al popolo.

Il canonico si mise all'opera dando cosi vita alla meravigliosa opera che, grazie al canonico Giovanni Spano, venne data alle stampe nel 1842, arricchita di note e di commenti. L'opera ebbe da subito un successo strepitoso, tant'è che dopo soli tre anni, nel 1845, uscì la seconda edizione. A queste due edizioni ne seguirono delle altre, sino ad arrivare all'ultima presentazione de Sa Gerusalemme Vittoriosa, corredata dalle note dello Spano, curata da un successore del canonico Dore, l'attuale parroco di Posada, don Salvatore Meloni, nell'opera Melchiorre Dore e Posada.

Perché il desiderio di riesumare queste due figure? Siamo di fronte a due Sacerdoti, due poeti, e a due opere di notevole spessore. Non solo perché fanno parte della cultura e della tradizione sarda, ma anche e soprattutto perché appartengono e hanno arricchito la fede del nostro popolo, fede che è a noi giunta anche grazie all'opera di questi pastori.

Sia il canonico Loy sia il canonico Dore, nello scrivere le loro opere furono mopssi dallo stesso intento: il bene delle anime. Certo, due epoche e due culture differenti, ma in fondo lo stesso desiderio, quello di evangelizzare il popolo, calando il messaggio cristiano nella cultura e nelle ppossibilità della gente.

Leggere il testo sacro, in latino, nel 1800, non doveva essere un'impresa molto semplice per i parrocchiani del canonico Dore; ricordare e tramandare dei versi in rima e per di più nella propria lingua, forse era il modo più consono per far conoscere e comprendere la storia della salvezza. Questo era, in fondo, il solo desiderio dei due sacerdoti: che il loro popolo potesse, in qualche modo, penetrare più a fondo il messaggio contenuto nelle Sacre Scritture.