©Vita Nostra 2001, anno 41, n.  42  domenica 18 novembre
In questo numero: p. 6

 

1) Lc 23,33-43

2) Tuvone su Melchiorre Dore / 2

3) Introduzione a "Sa Gerusalemme Vittoriosa"
 

 

 

1) Lc 23,33-43 Andendi andendi e conta conta

 


33 E candu funt lòmpius a su logu chi ddi narànt Conca de mortu, innì ant crucifissau a issu (Gesus) e a is malusfaidoris, unu a manu dereta e s'atru a manu manca
34 E Gesus naràt: "Babbu, perdonaddus, ca no iscint ita funt faendi". E ant pratzìu is bestiris suus e ddus ant tiraus a sorti.
35 E su pòpulu abarràt castiendi; ma is capus ddu pigànt a inciàscu, narendi: "At sarvau a atri, sarvit a issu e totu, chi custu est su Cristus de Deus, su chi s'at isceberau".
36 Ddu scerriànt is sordaus puru acostiendi e aporrendiddi binixeddu spuntu
37 e narendi: "Chi tui ses s'urrei de is Giudeus, sarva a tui e totu".
38 E in pitzus suu ddu'iat fintzas e una scritura: "S'urrei de is Giudeus est custu".


39 Unu de is malus faidoris, ddu frastimàt, narendi: "Ses o non ses tui su Messia?". Sarva a tui e totu e a nosu!".
40 Ma s'atru dd'at certau e dd'at nau: "E nemancu timis a Deus tui, ca ses in sa pròpria cundenna?
41 E nosu, comenti est giustu, arriceus su paris po su chi eus fatu; issu invecis no at fatu mali perunu".
42 E naràt: "Gesus, arregodatindi de mimi candu as a bènniri comenti e urrei".
43 E dd'at nau: "Ti ddu seu nendi deaderus: oi e totu as èssiri cun mimi in su celu".

 

2) Su Melchiorre Dore, di Tuvone /2

Antonio Loy e Melchiorre Dore. La "storia sacra" in poesia per l'evangelizzazione del popolo sardo

 

Tradurre la Sacra Scrittura in sardo è certamente un impresa ardua. Farlo seguendo la metrica della poesia, diviene ancora più difficile. Ma l'amore per la Bibbia e per il proprio popolo non hanno distolto Antonio Loy e Melchiorre Dore dall'avventurarsi in tale lavoro.

Nel porsi di fronte alle loro opere, Cantigu in limba sarda subra "s'istoria de sa creazione conservazione e salvesa de sa creatura umana", del Loy, e Sa Gerusalemme Vittoriosa, del Dore, si rimane stupiti dalla musicalità della poesia nelle sue rime, rischiando di dimenticare, però, che siamo di fronte a qualcosa di ben più profondo e di più sacro di una semplice raccolta di ottave in lingua sarda. .

Quando ci si accosta ad una qualsiasi opera, si considera sempre la sua provenienza, la mano che l'ha redatta e, soprattutto, le ragioni per cui è stata pensata. Ancor di più, questo deve avvenire se si affronta la lettura di un testo che nella bellezza dei versi cela un suo carattere sacro.

Sia il can. Loy, sia il can. Dore, nello scrivere le loro opere avevano un intento ben preciso: semplificare l'approccio al testo Sacro proponendo il suo messaggio in una forma e in una lingua più accessibile al popolo.

È chiaro che i due autori, per lo studio della Sacra Scrittura, non.avevano in mano gli strumenti e i metodi, che noi oggi possediamo. Forse se ne fossero stati a conoscenza, avrebbero cercato di trasmettere il messaggio della Parola di Dio, in maniera più conforme e più vicino a quello che essa ci vuole comunicare. Non per questo le due opere sono da svalutare, ma vanno colte nel loro contesto storico e rilette anche alla luce dei moderni metodi e approcci dell'ermeneutica biblica.

Uno dei principi per la traduzione della Sacra Scrittura, in qualunque lingua essa sia, è quello della fedeltà al testo originale. Il motivo di questa fedeltà appare chiaro: aggiunte o tagli di alcune parti rischierebbero di deformare il messaggio del testo Sacro. Questo però non esclude il fatto che in un processo di inculturazione della Bibbia, il passaggio da una lingua all'altra, comporti un cambiamento di contesto culturale. Una traduzione, infatti, è sempre qualcosa di più di una semplice trascrizione del testo originale (cfr. L'interpretazione della Bibbia nella Chiesa, n. 109). Possiamo porre a confronto l'opera di Antonio Loy e quella di Melchiorre Dore per vedere quanto siano rimasti fedeli a questo principio. Cominciamo questo confronto facendo una semplice dello spazio che essi hanno dedicato ai vari Libri o alle varie parti di un libro della Bibbia, ponendolo in relazione con quello che l'autore sacro, realmente, ha concesso ad ognuno di essi. Ci limitiamo, per semplificare l'esempio, al libro della Genesi, seguendo una possibile suddivisione di esso. Il libro degli "inizi" è composto di cinquanta capitoli, organizzati per "genealogie" e così ripartiti:

1. Dagli inizi alla nascita di Abramo;

2. Dalla nascita alla morte di Abramo;

3. Dalla nascita di Giacobbe alla sua residenza in Canaan;

4. La famiglia di Giacobbe, più comunemente conosciuta come la storia di Giuseppe.

 

Osserviamo il grafico:

 

Il periodo dagli inizi fino alla nascita di Abramo occupa il 21% sia nel testo biblico sia nel Dore, mentre sale al 49% nel Loy.

Il periodo dalla nascita alla morte di Abramo occupa il 28% nel testo biblico, diminuisce al 19% nel Dore e diminuisce ancora al 15% nel Loy.

 

Il periodo dalla nascita di Giacobbe alla sua residenza in Canaan occupa il 23% nel testo biblico, diminuisce di poco al 21% nel Dore, ma nel Loy diminuisce ancora fino all' 11 %.

nel Dore, ma nel Loy diminuisce ancora fino all' 11 %.

I racconti sulla famiglia di Giacobbe (la storia di Giuseppe) rappresentano il 28% nel testo biblico, salgono al 39% nel Dore e diminuiscono al 25% nel Loy.

Ciò che emerge  immediatamente dal grafico è il fatto che in Sa Gerusalemme Vittoriosa, del Dore, si riscontra una mag­giore fedeltà alle proporzioni del testo Sacro, rispetto all'opera del Loy. Forse 1'o­pera del Dore è fruttò di un più attento stu­dio della Sacra Scrittura.

Non bisogna però dimenticare quanto si è detto prima, e cioè che una traduzione non è semplice trascrizione, ma è anche rilettura. Il Loy, nel tradurre la Genesi, là arricchisce di- elementi che sono frutto di una rielaborazione teologica, ma che si allontanano, spesso; dal testo originale.

Queste affermazioni non ci portano a concludere che l'opera di Melchiorre Dore è migliore di quella di Antonio Loy, ma solamente che siamo di fronte a due opere di carattere diverso. L'una nel rileggere e tradurre la Bibbia cerca di restare più lega­ta al testo, l'altra inserisce e congiunge, a quello che è il puro messaggio biblico, elementi che si possono definire di cate­chesi. Nessuno dei due autori, però, tradi­sce quello che è l'intento delle due opere: l'evangelizzazione e la trasmissione della fede.

 

Antonello Tuvone

 

 

 

La suddivisione della Genesi nella Bibbia :

 

 

   La suddivisione della Genesi nell'opera del Dore :

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La suddivisione della Genesi nell'opera del Loy:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3) Introduzione a "Sa Gerusalemme Vittoriosa"

 

Riportiamo una parte dell 'introduzione de Sa Gerusalemme victoriosa. Dopo nove ottave in cui il Dore dice di abnadndonare la poesia profana, invoca l'aiuto di Dio per l'opera che intraprende e ne indica gli scopi. Riportiamo le ottave 10-15.

 

Ah! Deus Creadore Onnipotente!

Coment'eo app'a poder compendiare,

su libru su piùs sacro ed eccellente

si Tue no mi cheres ajuare?

­Deh! assistimi, illumina sa mente;

senza Te non si podet operare.

Deh! suggérimi, Ispíritu Divinu,

chi tante chi ses Deus, Unu e Trinu.

 

Jerusalèm, permíttimi chi cante

sa vittoria tua e non s'ostinu;

ti canto che celeste e che trionfante,

che santa in terra pro su ch'has in sinu.

Sa materia est forte e importante

piùs de s'arma de Tito e Constantinu.

Cheres ind'una chi pius manifeste?

Ti canto pro esse Patria Celeste.

 

Dami, Segnore, ispiritu e talentos

de poder esplicare dignamente,

sas glorias, prodigios e portentos

de su populu tou, eletta gente,

opprimidu in s'Egyttu con turmentos,

ch'has liberadu cum manu potente;

dami forza chi cante a perfezione

su thronu de David e Salomone.

 

Alza sa cara a Deus Soberanu,

hómine duru, e sias pius amabile;

connosche chi salvèresi un'humanu

cum propria virtude non est abile.

Preghemus duncas sa Divina manu

pro non jughere a logu piùs istabile,

lassende sa terrena isclavitùdine.

 

pro godire in s'eterna beatitudine.

Tenzat puru pro certo ogni Lettore

chi canto pro sa Sede Celestiale,

pro fuire ogni male e ogni errore;

ite menzus principiu morale?

Imparat su creadu su Creadore

cum su propriu istintu naturale;

mira su sole cum su mundu interu

e crês chi 1'at creadu se Deus veru.

 

Connotta sa Divina Onnipotenzia,

in Abel s'innocenzia dês proare,

dês bídere in Abram s'ubbidienzia,

in Jacob sa costanzia a tribagliare,

in Job s'humilidade e sa passenzia,

in Mosè sos precettos de osservare;

imita custos cum coro e cum zelu

pro sa Celeste Patria, ch' est su Chelu.

 

Deus in su principiu hat creadu

chelu e terra, sa lughe e firmamentu,

mares, hervas et astros hat formadu,

pisches, aves e bestias cum portentu;

rettiles puru e tottu hat animadu,

e fattu hat dogni cosa a cumplimentu.

Fattu hat s'hómine in mente a Isse uguale,

de terra sí, ma d'anima immortale.

 

(da Sa Jerusalem Victoriosa, osiat s'historia de su populu de Deus, reduida ad poema historicu-sacro dae su sacerdote Canonigu Melcioro Dore, rettore de Posada, cum breves adnotaziones de su sacerdote Johanne Ispanu, Cagliari 1842, come riprodotta in: Salvatore Meloni, Melchiorre Dore e Posada, Olbia 1998).