SULPM CENTRO
STUDI E DOCUMENTAZIONE
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D.
Lgs. n. 626/1994:
( pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12
novembre 1994 n. 265 S.O. )
ATTUAZIONE DELLE DIRETTIVE 89/391/CEE, 89/654/CEE,
89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE E 90/679/CEE
RIGUARDANTI IL MIGLIORAMENTO DELLA SICUREZZA E DELLA SALUTE DEI LAVORATORI SUL
LUOGO DI LAVORO.
(AGGIORNAMENTI
- Il D.Lgs 19 dicembre
1994, n. 758 ha modificato (con l'art. 27) l'art. 93.
- Il D.Lgs 19 marzo 1996 , n. 242 ha
modificato (con gli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 14, 15, 18, 19,
20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29 e 30) gli artt. 1, 2, 4, 6, 7, 8, 10,
12, 17, 22, 23, 24, 25, 28, 31, 43, 50, 51, 55, 58, 61, 63, 69, 70, 73, 78, 86,
87, 89, 90, 91, 92, 93, 96, allegato I, allegato IV, allegato V e allegato VII.
- Il D.L. 1 ottobre 1996, n. 510 , nel testo
introdotto dalla legge di conversione 28 novembre 1996, n. 608, (in S.O. n. 209
relativo alla G.U. 30/11/1996 n. 281), ha disposto (con l'art. 9) la modifica
dell'art. 1.
- Il D.Lgs 4 agosto 1999 , n. 359 ha modificato
(con gli artt. 2, 3, 5, 6, 7) gli artt. 35, 36, 37, 89, 90 ed aggiunto
l'allegato XIV e l'allegato XV. )
Il Presidente della Repubblica
Visti gli
articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la legge
19 febbraio 1992, n. 142, ed in particolare l'articolo 43, recante delega al
governo per l'attuazione delle direttive del consiglio 89/391/cee, 89/654/cee,
89/655/cee, 89/656/cee, 90/269/cee, 90/270/cee, 90/394/cee e 90/679/cee in
materia di sicurezza e salute dei lavoratori durante il lavoro;
Vista la legge
22 febbraio 1994, n. 146, recante proroga del termine della delega legislativa
contemplata dall'art. 43 della citata legge n. 142 del 1992, nonché delega al
governo per l'attuazione delle direttive particolari già adottate, ai sensi
dell'art. 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/cee , successivamente alla
medesima legge 19 febbraio 1992, n. 142;
Vista la
preliminare deliberazione del consiglio dei ministri, adottata nella riunione
del 7 luglio 1994;
Acquisiti i
pareri delle competenti commissioni permanenti della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica;
Vista la
deliberazione del consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 16
settembre 1994;
Sulla proposta
del ministro per il coordinamento delle politiche dell'Unione europea, di
concerto con i ministri degli affari esteri, di grazia e giustizia, del tesoro,
del lavoro e della previdenza sociale, della sanità, dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, dell'interno e per la funzione pubblica e gli
affari regionali;
Emana Il
seguente decreto legislativo:
TITOLO I
CAPO I
Disposizioni
generali
Campo di
applicazione
1. Il presente
decreto legislativo prescrive misure per la tutela della salute e per la
sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori di attività
privati o pubblici.
2. Nei riguardi
delle Forze armate e di Polizia, dei servizi di protezione civile, nonché
nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per
finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di
ordine e sicurezza pubblica, delle università, degli istituti di istruzione
universitaria, degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e
grado degli archivi, delle biblioteche, dei musei e delle aree archeologiche
dello Stato, delle rappresentanze diplomatiche e consolari e dei mezzi di
trasporto aerei e marittimi le norme del presente decreto sono applicate
tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato,
individuate con decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri del
lavoro e della previdenza sociale, della sanità e della funzione pubblica.
3. Nei riguardi
dei lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, nonché dei
lavoratori con rapporto contrattuale privato di portierato, le norme del
presente decreto si applicano nei casi espressamente previsti.
4. Le
disposizioni di cui al presente decreto si applicano nelle regioni a statuto
speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i
rispettivi statuti e relative norme di attuazione.
4-bis. Il datore
di lavoro che esercita le attività di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 e, nell'ambito
delle rispettive attribuzioni e competenze, i dirigenti e i preposti che
dirigono o sovraintendono le stesse attivit{, sono tenuti all'osservanza delle
disposizioni del presente decreto.
4-ter.
Nell'ambito degli adempimenti previsti dal presente decreto, il datore di
lavoro non puº delegare quelli previsti dall'art. 4, commi 1, 2, 4, lettera a),
e 11, primo periodo.
Definizioni
1. L'art. 2 del
decreto legislativo n. 626/1994, è sostituito dal seguente:
"Art. 2
(Definizioni). - 1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto
si intendono per:
a) lavoratore:
persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro,
esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari, con rapporto di lavoro
subordinato anche speciale. Sono equiparati i soci lavoratori di cooperative o
di società, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle
società e degli enti stessi, e gli utenti dei servizi di orientamento o di
formazione scolastica, universitaria e professionale avviati presso datori di
lavoro per agevolare o per perfezionare le loro scelte professionali. Sono
altresì equiparati gli allievi degli istituti di istruzione ed universitari e i
partecipanti a corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di
laboratori, macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro in genere, agenti
chimici, fisici e biologici. I soggetti di cui al precedente periodo non
vengono computati ai fini della determinazione del numero dei lavoratori dal
quale il presente decreto fa discendere particolari obblighi;
b) datore di
lavoro: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o,
comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'organizzazione dell'impresa, ha la
responsabilità dell'impresa stessa ovvero dell'unità produttiva, quale definita
ai sensi della lettera i), in quanto titolare dei poteri decisionali e di
spesa.
Nelle pubbliche
amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i
poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale,
nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia
gestionale;
c) servizio di
prevenzione e protezione dai rischi: insieme delle persone, sistemi e mezzi
esterni o interni all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione e
protezione dai rischi professionali nell'azienda, ovvero unità produttiva;
d) medico
competente: medico in possesso di uno dei seguenti titoli:
1)
specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori
e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in
fisiologia ed igiene del lavoro o in clinica del lavoro ed altre
specializzazioni individuate, ove necessario, con decreto del Ministro della
sanità di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica
e tecnologica;
2) docenza o
libera docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e
psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in
fisiologia ed igiene del lavoro;
3)
autorizzazione di cui all'art. 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n.
277; e) responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona
designata dal datore di lavoro in possesso di attitudini e capacità adeguate;
f)
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona, ovvero persone, eletta
o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti
della salute e della sicurezza durante il lavoro, di seguito denominato
rappresentante per la sicurezza;
g) prevenzione:
il complesso delle disposizioni o misure adottate o previste in tutte le fasi
dell'attività lavorativa per evitare o diminuire i rischi professionali nel
rispetto della salute della popolazione e dell'integrità dell'ambiente esterno;
h) agente:
l'agente chimico, fisico o biologico, presente durante il lavoro e
potenzialmente dannoso per la salute;
i) unità
produttiva: stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni o
servizi, dotata di autonomia finanziaria e tecnico funzionale.
Art. 3.
Misure generali
di tutela
1. Le misure
generali per la protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori sono:
a) valutazione
dei rischi per la salute e la sicurezza;
b) eliminazione
dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico
e, ove ciò non é possibile, loro riduzione al minimo;
c) riduzione dei
rischi alla fonte;
d)
programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che integra in modo
coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive ed organizzative
dell'azienda nonché l'influenza dei fattori dell'ambiente di lavoro;
e) sostituzione
di ciò che é pericoloso con ciò che non lo é, o é meno pericoloso;
f) rispetto dei
principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle
attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per
attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo;
g) priorità
delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione
individuale;
h) limitazione
al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al
rischio;
i) utilizzo
limitato degli agenti chimici, fisici e biologici, sui luoghi di lavoro;
l) controllo
sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi specifici;
m)
allontanamento del lavoratore dall'esposizione a rischio, per motivi sanitari
inerenti la sua persona;
n) misure
igieniche;
o) misure di
protezione collettiva ed individuale;
p) misure di
emergenza da attuare in caso di pronto soccorso, di lotta antincendio, di
evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave ed immediato;
q) uso di
segnali di avvertimento e di sicurezza;
r) regolare manutenzione
di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti, con particolare riguardo ai
dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti;
s) informazione,
formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti,
sulle questioni riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro;
t) istruzioni
adeguate ai lavoratori.
2. Le misure
relative alla sicurezza, all'igiene ed alla salute durante il lavoro non devono
in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori.
Obblighi del
datore di lavoro del dirigente e del preposto
1. L'art. 4 del
decreto legislativo n. 626/1994, è sostituito dal seguente:
"Art. 4
(Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto). - 1. Il datore
di lavoro, in relazione alla natura dell'attività dell'azienda ovvero
dell'unità produttiva, valuta, nella scelta delle attrezzature di lavoro e
delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei
luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi
compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari.
2. All'esito
della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro elabora un documento
contenente:
a) una relazione
sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro,
nella quale sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;
b)
l'individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi
di protezione individuale, conseguente alla valutazione di cui alla lettera a);
c) il programma
delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei
livelli di sicurezza.
3. Il documento
è custodito presso l'azienda ovvero l'unità produttiva.
4. Il datore di
lavoro:
a) designa il
responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno o esterno
all'azienda secondo le regole di cui all'art. 8;
b) designa gli
addetti al servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all'azienda
secondo le regole di cui all'art. 8;
c) nomina, nei
casi previsti dall'art. 16, il medico competente.
5. Il datore di
lavoro adotta le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori,
e in particolare:
a) designa
preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di
prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso
di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque,
di gestione dell'emergenza;
b) aggiorna le
misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che
hanno rilevanza ai fini della salute e della sicurezza del lavoro, ovvero in
relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della
protezione;
c) nell'affidare
i compiti ai lavoratori tiene conto delle capacità e delle condizioni degli
stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;
d) fornisce ai
lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito
il responsabile del servizio di prevenzione e protezione;
e) prende le
misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate
istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
f) richiede
l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle
disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso
dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali
messi a loro disposizione;
g) richiede
l'osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti dal
presente decreto, informandolo sui processi e sui rischi connessi all'attività
produttiva;
h) adotta le
misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dà
istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed
inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
i) informa il
più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e
immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in
materia di protezione;
l) si astiene,
salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di
riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un
pericolo grave e immediato;
m) permette ai
lavoratori di verificare, mediante il rappresentante per la sicurezza,
l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute e
consente al rappresentante per la sicurezza di accedere alle informazioni ed
alla documentazione aziendale di cui all'art. 19, comma 1, lettera e);
n) prende
appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare
rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno;
o) tiene un
registro nel quale sono anti cronologicamente gli infortuni sul lavoro che
comportano un'assenza dal lavoro di almeno un giorno. Nel registro sono anti il
nome, il cognome, la qualifica professionale dell'infortunato, le cause e le
circostanze dell'infortunio, nonché la data di abbandono e di ripresa del
lavoro. Il registro è redatto conformemente al modello approvato con decreto
del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione
consultiva permanente, di cui all'art. 393 del decreto del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e successive modifiche, ed è conservato sul
luogo di lavoro, a disposizione dell'organo di vigilanza. Fino all'emanazione
di tale decreto il registro è redatto in conformità ai modelli già disciplinati
dalle leggi vigenti;
p) consulta il
rappresentante per la sicurezza nei casi previsti dall'art. 19, comma 1,
lettere b), c) e d); q) adotta le misure necessarie ai fini della prevenzione
incendi e dell'evacuazione dei lavoratori, nonché per il caso di pericolo grave
e immediato. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle
dimensioni dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, e al numero delle
persone presenti.
6. Il datore di
lavoro effettua la valutazione di cui al comma 1 ed elabora il documento di cui
al comma 2 in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e
protezione e con il medico competente nei casi in cui sia obbligatoria la
sorveglianza sanitaria, previa consultazione del rappresentante per la
sicurezza.
7. La
valutazione di cui al comma 1 e il documento di cui al comma 2 sono rielaborati
in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della
sicurezza e della salute dei lavoratori.
8. Il datore di
lavoro custodisce, presso l'azienda ovvero l'unità produttiva, la cartella
sanitaria e di rischio del lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, con
salvaguardia del segreto professionale, e ne consegna copia al lavoratore
stesso al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, ovvero quando lo
stesso ne fa richiesta.
9. Per le
piccole e medie aziende, con uno o più decreti da emanarsi entro il 31 marzo
1996 da parte dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale,
dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la
commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per
l'igiene del lavoro, in relazione alla natura dei rischi e alle dimensioni
dell'azienda, sono definite procedure standardizzate per gli adempimenti
documentali di cui al presente articolo. Tali disposizioni non si applicano
alle attività industriali di cui all'art. 1 del decreto del Presidente della
Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive modifiche, soggette all'obbligo
di dichiarazione o notifica ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso,
alle centrali, termoelettriche, agli impianti e laboratori nucleari, alle
aziende estrattive ed altre attività minerarie, alle aziende per la
fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, e alle
strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
10. Per le
medesime aziende di cui al comma 9, primo periodo, con uno o più decreti dei
Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria, del commercio e
dell'artigianato e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente
per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, possono essere
altresì definiti:
a) i casi relativi
a ipotesi di scarsa pericolosità, nei quali è possibile lo svolgimento diretto
dei compiti di prevenzione e protezione in aziende ovvero unità produttive che
impiegano un numero di addetti superiore a quello indicato nell'allegato I;
b) i casi in cui
è possibile la riduzione a una sola volta all'anno della visita di cui all'art.
17, lettera h), degli ambienti di lavoro da parte del medico competente, ferma
restando l'obbligatorietà di visite ulteriori, allorché si modificano le
situazioni di rischio.
11. Fatta
eccezione per le aziende indicate nella
(1) dell'allegato I, il datore di lavoro delle aziende familiari, nonché
delle aziende che occupano fino a dieci addetti non è soggetto agli obblighi di
cui ai commi 2 e 3, ma è tenuto comunque ad autocertificare per iscritto
l'avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi e l'adempimento degli
obblighi ad essa collegati. L'autocertificazione deve essere inviata al
rappresentante per la sicurezza. Sono in ogni caso soggette agli obblighi di
cui ai commi 2 e 3 le aziende familiari nonché le aziende che occupano fino a
dieci addetti, soggette a particolari fattori di rischio, individuate
nell'ambito di specifici settori produttivi con uno o più decreti del Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità,
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, delle risorse agricole
alimentari e forestali e dell'interno, per quanto di rispettiva competenza.
12. Gli obblighi
relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per
assicurare, ai sensi del presente decreto, la sicurezza dei locali e degli
edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi
comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione
tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione.
In tal caso gli obblighi previsti dal presente decreto, relativamente ai
predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari
preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento
all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.
Art. 5.
Obblighi dei
lavoratori
1. Ciascun
lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e
di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono
ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua
formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
2. In
particolare i lavoratori:
a) osservano le
disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e
dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;
b) utilizzano
correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli utensili, le sostanze e i
preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e le altre attrezzature di lavoro,
nonché i dispositivi di sicurezza;
c) utilizzano in
modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;
d) segnalano
immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze
dei mezzi e dispositivi di cui alle lettere b) e c), nonché le altre eventuali
condizioni di pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi direttamente,
in caso di urgenza, nell'ambito delle loro competenze e possibilità, per
eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia al
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
e) non rimuovono
o modificano senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione
o di controllo;
f) non compiono
di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza
ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;
g) si
sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro confronti;
h)
contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti,
all'adempimento di tutti gli obblighi imposti dall'autorità competente o
comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori durante
il lavoro.
Art. 6.
Obblighi dei
progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e degli installatori
1. I progettisti
dei luoghi o posti di lavoro e degli impianti rispettano i principi generali di
prevenzione in materia di sicurezza e di salute al momento delle scelte
progettuali e tecniche e scelgono macchine nonché dispositivi di protezione
rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza previsti nella disposizioni
legislative e regolamentari vigenti.
2. Sono vietati
la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di macchine,
di attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alle disposizioni
legislative e regolamentari vigenti in materia di sicurezza. Chiunque concede
in locazione finanziaria beni assoggettati a forme di certificazione o di
omologazione obbligatoria è tenuto a che gli stessi siano accompagnati dalle
previste certificazioni o dagli altri documenti previsti dalla legge.
3. Gli
installatori e montatori di impianti, macchine o altri mezzi tecnici devono
attenersi alle norme di sicurezza e di igiene del lavoro, nonché alle istruzioni
fornite dai rispettivi fabbricanti dei macchinari e degli altri mezzi tecnici
per la parte di loro competenza.
Art. 7.
Contratto di
appalto o contratto d'opera
1. Il datore di
lavoro, in caso di affidamento dei lavori all'interno dell'azienda, ovvero
dell'unità produttiva, ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi:
a) verifica,
anche attraverso l'iscrizione alla camera di commercio, industria e
artigianato, l'idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei
lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o contratto
d'opera; b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi
specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle
misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria
attività.
2. Nell'ipotesi
di cui al comma 1 i datori di lavoro:
a) cooperano
all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro
incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto;
b) coordinano gli
interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i
lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi
dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte
nell'esecuzione dell'opera complessiva.
3. Il
datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento di
cui al comma 2. Tale obbligo non si estende ai rischi specifici propri
dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.
CAPO II
Servizio di
prevenzione e protezione
Servizio di
prevenzione e protezione
1. Salvo quanto
previsto dall'art. 10, il datore di lavoro organizza all'interno dell'azienda,
ovvero dell'unità produttiva, il servizio di prevenzione e protezione, o
incarica persone o servizi esterni all'azienda, secondo le regole di cui al
presente articolo.
2. Il datore di
lavoro designa all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, una o più
persone da lui dipendenti per l'espletamento dei compiti di cui all'articolo 9,
tra cui il responsabile del servizio in possesso di attitudini e capacità
adeguate, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
3. I dipendenti
di cui al comma 2 devono essere in numero sufficiente, possedere le capacità
necessarie e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei
compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa
dell'attività svolta nell'espletamento del proprio incarico.
4. Salvo quanto
previsto dal comma 2, il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne
all'azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie per integrare
l'azione di prevenzione o protezione.
5.
L'organizzazione del servizio di prevenzione e protezione all'interno
dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, è comunque obbligatoria nei
seguenti casi:
a) nelle aziende
industriali di cui all'art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 17
maggio 1988, n. 175 e successive modifiche, soggette all'obbligo di
dichiarazione o notifica, ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso;
b) nelle
centrali termoelettriche;
c) negli
impianti e laboratori nucleari;
d) nelle aziende
per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni;
e) nelle aziende
industriali con oltre duecento dipendenti;
f) nelle
industrie estrattive con oltre cinquanta lavoratori dipendenti;
g) nelle
strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
6. Salvo quanto
previsto dal comma 5, se le capacità dei dipendenti all'interno dell'azienda
ovvero dell'unità produttiva sono insufficienti, il datore di lavoro può far
ricorso a persone o servizi esterni all'azienda, previa consultazione del
rappresentante per la sicurezza.
7. Il servizio
esterno deve essere adeguato alle caratteristiche dell'azienda, ovvero unità
produttiva, a favore della quale è chiamato a prestare la propria opera, anche
con riferimento al numero degli operatori. 8. Il responsabile del servizio
esterno deve possedere attitudini e capacità adeguate.
9. Il Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, con decreto di concerto con i Ministri
della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la
commissione consultiva permanente, può individuare specifici requisiti,
modalità e procedure, per la certificazione dei servizi, nonché il numero
minimo degli operatori di cui ai commi 3 e 7.
10. Qualora il
datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni egli non è per questo
liberato dalla propria responsabilità in materia.
11. Il datore di
lavoro comunica all'ispettorato del lavoro e alle unità sanitarie locali
territorialmente competenti il nominativo della persona designata come
responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno ovvero esterno
all'azienda. Tale comunicazione è corredata da una dichiarazione nella quale si
attesti con riferimento alle persone designate:
a) i compiti
svolti in materia di prevenzione e protezione;
b) il periodo
nel quale tali compiti sono stati svolti;
c) il curriculum
professionale.
Art. 9.
Compiti del
servizio di prevenzione e protezione
1. Il servizio
di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:
a)
all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e
all'individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti
di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica
conoscenza dell'organizzazione aziendale;
b) ad elaborare,
per quanto di competenza, le misure preventive e protettive e i sistemi di cui
all'art. 4, comma 2, lettera b) e i sistemi di controllo di tali misure;
c) ad elaborare
le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;
d) a proporre i
programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
e) a partecipare
alle consultazioni in materia di tutela della salute e di sicurezza di cui
all'art. 11;
f) a fornire ai
lavoratori le informazioni di cui all'art. 21.
2. Il datore di
lavoro fornisce ai servizi di prevenzione e protezione informazioni in merito a:
a) la natura dei
rischi;
b)
l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure
preventive e protettive;
c) la
descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
d) i dati del
registro degli infortuni e delle malattie professionali;
e) le
prescrizioni degli organi di vigilanza.
3. I componenti
del servizio di prevenzione e protezione e i rappresentanti dei lavoratori per
la sicurezza sono tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui
vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni di cui al presente decreto.
4. Il servizio
di prevenzione e protezione é utilizzato dal datore di lavoro.
Art. 10.
Svolgimento
diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione
dai rischi
1. Il datore di
lavoro può svolgere direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e
protezione dai rischi nonché di prevenzione incendi e di evacuazione, nei casi
previsti nell'allegato I, dandone preventiva informazione al rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai commi successivi. Esso
può avvalersi della facoltà di cui all'art. 8, comma 4.
2. Il datore di
lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve frequentare
apposito corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di
lavoro, promosso anche dalle associazioni dei datori di lavoro e trasmettere
all'organo di vigilanza competente per territorio:
a) una
dichiarazione attestante la capacità di svolgimento dei compiti di prevenzione
e protezione dai rischi;
b) una
dichiarazione attestante gli adempimenti di cui all'art. 4, commi 1, 2, 3 e 11;
c) una relazione
sull'andamento degli infortuni e delle malattie professionali della propria
azienda elaborata in base ai dati degli ultimi tre anni del registro infortuni
o, in mancanza dello stesso, di analoga documentazione prevista dalla
legislazione vigente;
d)
l'attestazione di frequenza del corso di formazione in materia di sicurezza e
salute sul luogo di lavoro.
Art. 11.
Riunione periodica
di prevenzione e protezione dai rischi
1. Nelle
aziende, ovvero unità produttive, che occupano più di 15 dipendenti, il datore
di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai
rischi, indice almeno una volta all'anno una riunione cui partecipano:
a) il datore di
lavoro o un suo rappresentante;
b) il
responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
c) il medico
competente ove previsto;
d) il
rappresentante per la sicurezza.
2. Nel corso
della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame dei partecipanti:
a) il documento,
di cui all'art. 4, commi 2 e 3;
b) l'idoneità
dei mezzi di protezione individuale;
c) i programmi
di informazione e formazione dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione
della loro salute.
3. La riunione
ha altresì luogo in occasione di eventuali significative variazioni delle
condizioni di esposizione al rischio, compresa la programmazione e
l'introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e salute
dei lavoratori.
4. Nelle
aziende, ovvero unità produttive, che occupano fino a 15 dipendenti, nelle
ipotesi di cui al comma 3, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
può chiedere la convocazione di una apposita riunione.
5. Il datore di
lavoro, anche tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi,
provvede alla redazione del verbale della riunione che é tenuto a disposizione
dei partecipanti per la sua consultazione.
CAPO III
Prevenzione
incendi, evacuazione dei lavoratori, pronto soccorso
Art. 12.
Disposizioni
generali
1. Ai fini degli
adempimenti di cui all'art. 4, comma 5, lettera q), il datore di lavoro:
a) organizza i
necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di pronto
soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell'emergenza;
b) designa
preventivamente i lavoratori incaricati di attuare le misure di cui all'art. 4,
comma 5, lettera a).
c) informa tutti
i lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo grave ed immediato circa
le misure predisposte ed i comportamenti da adottare;
d) programma gli
interventi, prende i provvedimenti e dà istruzioni affinché i lavoratori
possano, in caso di pericolo grave ed immediato che non può essere evitato,
cessare la loro attività, ovvero mettersi al sicuro, abbandonando
immediatamente il luogo di lavoro;
e) prende i
provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo
grave ed immediato per la propria sicurezza ovvero per quella di altre persone
e nell'impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, possa
prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo,
tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.
2. Ai fini delle
designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore di lavoro tiene conto
delle dimensioni dell'azienda ovvero dei rischi specifici dell'azienda ovvero
dell'unità produttiva.
3. I lavoratori
non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione. Essi
devono essere formati, essere in numero sufficiente e disporre di attrezzature
adeguate, tenendo conto delle dimensioni ovvero dei rischi specifici
dell'azienda ovvero dell'unità produttiva.
4. Il datore di
lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate, astenersi dal chiedere ai
lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui
persiste un pericolo grave ed immediato.
Prevenzione
incendi
1. Fermo
restando quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio
1982, n. 577, i ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale,
in relazione al tipo di attività, al numero dei lavoratori occupati ed ai
fattori di rischio, adottano uno o più decreti nei quali sono definiti:
a) i criteri
diretti ad individuare:
1) misure intese
ad evitare l'insorgere di un incendio e a limitarne le conseguenze qualora esso
si verifichi;
2) misure
precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo
e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio;
4) criteri per
la gestione delle emergenze;
b) le
caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione
antincendio di cui all'art. 12, compresi i requisiti del personale addetto e la
sua formazione.
2. Per il
settore minerario il decreto di cui al comma 1 é adottato dai ministri
dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale e dell'industria, del
commercio e dell'artigianato.
Art. 14.
Diritti dei
lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato
1. Il lavoratore
che, in caso di pericolo grave, immediato e che non può essere evitato, si
allontana dal posto di lavoro ovvero da una zona pericolosa, non può subire
pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa.
2. Il lavoratore
che, in caso di pericolo grave e immediato e nell'impossibilità di contattare
il competente superiore gerarchico, prende misure per evitare le conseguenze di
tale pericolo, non può subire pregiudizio per tale azione, a meno che non abbia
commesso una grave negligenza.
Art. 15.
Pronto soccorso
1. Il datore di
lavoro, tenendo conto della natura dell'attività e delle dimensioni
dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, sentito il medico competente ove
previsto, prende i provvedimenti necessari in materia di pronto soccorso e di
assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone
presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi
esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati.
2. Il datore di
lavoro, qualora non vi provveda direttamente, designa uno o più lavoratori
incaricati dell'attuazione dei provvedimenti di cui al comma 1.
3. Le
caratteristiche minime delle attrezzature di pronto soccorso, i requisiti del
personale addetto e la sua formazione sono individuati in relazione alla natura
dell'attività, al numero dei lavoratori occupati e ai fattori di rischio, con
decreto dei ministri della sanità, del lavoro e della previdenza sociale, della
funzione pubblica e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita
la commissione consultiva permanente e il consiglio superiore di sanità.
4. Fino
all'emanazione del decreto di cui al comma 3 si applicano le disposizioni
vigenti in materia.
CAPO IV
Sorveglianza
sanitaria
Art. 16.
Contenuto della
sorveglianza sanitaria
1. La
sorveglianza sanitaria é effettuata nei casi previsti dalla normativa vigente.
2. La
sorveglianza di cui al comma 1 é effettuata dal medico competente e comprende:
a) accertamenti
preventivi intesi a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui i
lavoratori sono destinati, ai fini della valutazione della loro idoneità alla
mansione specifica;
b) accertamenti
periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il
giudizio di idoneità alla mansione specifica.
3. Gli
accertamenti di cui al comma 2 comprendono esami clinici e biologici e indagini
diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente.
Art. 17.
Il medico
competente
1. Il medico
competente:
a) collabora con
il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione di cui
all'art. 8, sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione dell'azienda
ovvero dell'unità produttiva e delle situazioni di rischio, alla
predisposizione dell'attuazione delle misure per la tutela della salute e
dell'integrità psico-fisica dei lavoratori;
b) effettua gli
accertamenti sanitari di cui all'art. 16;
c) esprime i
giudizi di idoneità alla mansione specifica al lavoro, di cui all'art. 16;
d) istituisce ed
aggiorna, sotto la propria responsabilità, per ogni lavoratore sottoposto a
sorveglianza sanitaria, una cartella sanitaria e di rischio da custodire presso
il datore di lavoro con salvaguardia del segreto professionale;
e) fornisce
informazioni ai lavoratori sul significato degli accertamenti sanitari cui sono
sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine,
sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione
dell'attività che comporta l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a
richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza;
f) informa ogni
lavoratore interessato dei risultati degli accertamenti sanitari di cui alla
lettera b) e, a richiesta dello stesso, gli rilascia copia della documentazione
sanitaria;
g) comunica, in
occasione delle riunioni di cui all'art. 11, ai rappresentanti per la
sicurezza, i risultati anonimi collettivi degli accertamenti clinici e
strumentali effettuati e fornisce indicazioni sul significato di detti
risultati;
h)
congiuntamente al responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai
rischi, visita gli ambienti di lavoro almeno due volte all'anno e partecipa
alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori i cui
risultati gli sono forniti con tempestività ai fini delle valutazioni e dei
pareri di competenza;
i) fatti salvi i
controlli sanitari di cui alla lettera b), effettua le visite mediche richieste
dal lavoratore qualora tale richiesta sia correlata ai rischi professionali;
l) collabora con
il datore di lavoro alla predisposizione del servizio di pronto soccorso di cui
all'art. 15;
m) collabora
all'attività di formazione e informazione di cui al capo VI.
2. Il medico
competente può avvalersi, per motivate ragioni, della collaborazione di medici
specialisti scelti dal datore di lavoro che ne sopporta gli oneri.
3. Qualora il
medico competente, a seguito degli accertamenti di cui all'art. 16, comma 2,
esprima un giudizio sull'inidoneità parziale o temporanea o totale del
lavoratore, ne informa per iscritto il datore di lavoro e il lavoratore.
4. Avverso il
giudizio di cui al comma 3 è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di
comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente
competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la
modifica o la revoca del giudizio stesso.
5. Il medico
competente svolge la propria opera in qualità di: a) dipendente da una
struttura esterna pubblica o privata convenzionata con l'imprenditore per lo
svolgimento dei compiti di cui al presente capo; b) libero professionista; c)
dipendente del datore di lavoro.
6. Qualora il
medico competente sia dipendente del datore di lavoro, questi gli fornisce i
mezzi e gli assicura le condizioni necessarie per lo svolgimento dei suoi
compiti.
7. Il dipendente
di una struttura pubblica non può svolgere l'attività di medico competente,
qualora esplichi attività di vigilanza.
CAPO V
Consultazione e
partecipazione dei lavoratori
Art. 18.
Rappresentante
per la sicurezza
1. In tutte le
aziende, o unità produttive, é eletto o designato il rappresentante per la
sicurezza.
2. Nella aziende,
o unità produttive, che occupano sino a 15 dipendenti il rappresentante per la
sicurezza é eletto direttamente dai lavoratori al loro interno. Nelle aziende
che occupano fino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza può essere
individuato per più aziende nell'ambito territoriale ovvero del comparto
produttivo. Esso può essere designato o eletto dai lavoratori nell'ambito delle
rappresentanze sindacali, così come definite dalla contrattazione collettiva di
riferimento.
3. Nelle
aziende, ovvero unità produttive, con più di 15 dipendenti il rappresentante
per la sicurezza é eletto o designato dai lavoratori nell'ambito delle
rappresentanze sindacali in azienda.
In assenza di
tali rappresentanze, é eletto dai lavoratori dell'azienda al loro interno.
4. Il numero, le
modalità di designazione o di elezione del rappresentante per la sicurezza,
nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle
funzioni, sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.
5. In caso di
mancato accordo nella contrattazione collettiva di cui al comma 4, il ministro
del lavoro e della previdenza sociale, sentite le parti, stabilisce con proprio
decreto, da emanarsi entro tre mesi dalla comunicazione del mancato accordo,
gli standards relativi alle materie di cui al comma 4. Per le amministrazioni
pubbliche provvede il ministro per la funzione pubblica sentite le
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale.
6. In ogni caso
il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 1 é il seguente:
a) un
rappresentante nelle aziende ovvero unità produttive sino a 200 dipendenti;
b) tre
rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive da 201 a 1000 dipendenti;
c) sei rappresentanti
in tutte le altre aziende ovvero unità produttive.
7. Le modalità e
i contenuti specifici della formazione del rappresentante per la sicurezza sono
stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale di categoria con il
rispetto dei contenuti minimi previsti dal decreto di cui all'art. 22, comma 7.
Art. 19.
Attribuzioni del
rappresentante per la sicurezza
1. Il
rappresentante per la sicurezza:
a) accede ai
luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) é consultato
preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla
individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione
nell'azienda ovvero unità produttiva;
c) é consultato
sulla designazione degli addetti al servizio di prevenzione, all'attività di
prevenzione incendi, al pronto soccorso, alla evacuazione dei lavoratori;
d) é consultato
in merito all'organizzazione della formazione di cui all'art. 22, comma 5;
e) riceve le
informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e
le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti le sostanze e i
preparati pericolosi, le macchine, gli impianti, l'organizzazione e gli
ambienti di lavoro, gli infortuni e le malattie professionali;
f) riceve le
informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
g) riceve una
formazione adeguata, comunque non inferiore a quella prevista dall'art. 22;
h) promuove
l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione
idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori;
i) formula
osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità
competenti;
l) partecipa
alla riunione periodica di cui all'art. 11;
m) fa proposte
in merito all'attività di prevenzione;
n) avverte il responsabile
dell'azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;
o) può fare
ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e
protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro e i mezzi impiegati per
attuarle non sono idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il
lavoro.
2. Il
rappresentante per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo
svolgimento dell'incarico senza perdita di retribuzione, nonché dei mezzi
necessari per l'esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli.
3. Le modalità
per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di
contrattazione collettiva nazionale.
4. Il
rappresentante per la sicurezza non può subire pregiudizio alcuno a causa dello
svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano le stesse
tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.
5. Il
rappresentante per la sicurezza ha accesso, per l'espletamento della sua
funzione, al documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, nonché al registro degli
infortuni sul lavoro di cui all'art. 4, comma 5, lettera o).
Organismi
paritetici
1. A livello
territoriale sono costituiti organismi paritetici tra le organizzazioni
sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, con funzioni di orientamento e
di promozione di iniziative formative nei confronti dei lavoratori. Tali
organismi sono inoltre prima istanza di riferimento in merito a controversie
sorte sull'applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e
formazione, previsti dalle norme vigenti.
2. Sono fatti
salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali o partecipativi previsti
da accordi interconfederali, di categoria, nazionali, territoriali o aziendali.
3. Agli effetti
dell'art. 10 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, gli organismi di
cui al comma 1 sono parificati alla rappresentanza indicata nel medesimo
articolo.
CAPO VI
Informazione e formazione
dei lavoratori
Art. 21.
Informazione dei
lavoratori
1. Il datore di
lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva un'adeguata informazione su:
a) i rischi per
la sicurezza e la salute connessi all'attività dell'impresa in generale;
b) le misure e
le attività di protezione e prevenzione adottate;
c) i rischi
specifici cui é esposto in relazione all'attività svolta, le normative di
sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;
d) i pericoli
connessi all'uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle
schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di
buona tecnica;
e) le procedure
che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio, l'evacuazione dei
lavoratori;
f) il
responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il medico competente;
g) i nominativi
dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 12 e 15.
2. Il datore di
lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1, lettere a), b), c), anche ai
lavoratori di cui all'art. 1, comma 3.
Art. 22.
Formazione dei
lavoratori
1. Il datore di
lavoro assicura che ciascun lavoratore, ivi compresi i lavoratori di cui
all'art. 1, comma 3, riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia
di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di
lavoro ed alle proprie mansioni.
2. La formazione
deve avvenire in occasione:
a)
dell'assunzione;
b) del
trasferimento o cambiamento di mansioni;
c)
dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di
nuove sostanze e preparati pericolosi.
3. La formazione
deve essere periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi
ovvero all'insorgenza di nuovi rischi.
4. Il
rappresentante per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in
materia di salute e sicurezza, concernente la normativa in materia di sicurezza
e salute e i rischi specifici esistenti nel proprio ambito di rappresentanza,
tale da assicurargli adeguate nozioni sulle principali tecniche di controllo e
prevenzione dei rischi stessi.
5. I lavoratori
incaricati dell'attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di
evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato, di
salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza devono
essere adeguatamente formati.
6. La formazione
dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui al comma 4 deve
avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'art. 20,
durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei
lavoratori.
7. I Ministri
del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione
consultiva permanente, possono stabilire i contenuti minimi della formazione
dei lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di lavoro di
cui all'art. 10, comma 3, tenendo anche conto delle dimensioni e della
tipologia delle imprese.
CAPO VII
Disposizioni
concernenti la pubblica amministrazione
Art. 23.
Vigilanza
1. La vigilanza
sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute nei
luoghi di lavoro è svolta dall'unità sanitaria locale e, per quanto di
specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché, per il
settore minerario, dal Ministero dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, e per le industrie estrattive di seconda categoria e le acque
minerali e termali dalle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano.
2. Ferme restando
le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla legislazione vigente
all'ispettorato del lavoro, per attività lavorative comportanti rischi
particolarmente elevati, da individuare con decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza
sociale e della sanità, sentita la Commissione consultiva permanente,
l'attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di
sicurezza può essere esercitata anche dall'ispettorato del lavoro che ne
informa preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza dell'unità
sanitaria locale competente per territorio.
3. Il decreto di
cui al comma 2 è emanato entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto.
4. Restano ferme
le competenze in materia di sicurezza e salute dei lavoratori attribuite dalle
disposizioni vigenti agli uffici di sanità aerea e marittima ed alle autorità
marittime, portuali ed aeroportuali, per quanto riguarda la sicurezza dei
lavoratori a bordo di navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed
aeroportuale, ed ai servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e
per le Forze di polizia; i predetti servizi sono competenti altresì per le aree
riservate o operative e per quelle che presentano analoghe esigenze da
individuarsi, anche per quel che riguarda le modalità di attuazione, con
decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri del lavoro e della
previdenza sociale e della sanità. L'Amministrazione della giustizia può avvalersi
dei servizi istituiti per le Forze armate e di polizia, anche mediante
convenzione con i rispettivi ministeri, nonché dei servizi istituiti con
riferimento alle strutture penitenziarie.
Art. 24.
Informazione,
consulenza, assistenza
1. Le regioni e
le province autonome di Trento e di Bolzano, il Ministero dell'interno tramite
le strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l'Istituto superiore per
la prevenzione e sicurezza sul lavoro, anche mediante i propri dipartimenti
periferici, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per mezzo degli
ispettorati del lavoro, il Ministero dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, per il settore estrattivo, tramite gli uffici della direzione
generale delle miniere, l'Istituto italiano di medicina sociale, l'Istituto
nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e gli enti di
patronato svolgono attività di informazione, consulenza e assistenza in materia
di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, in particolare nei confronti delle
imprese artigiane e delle piccole e medie imprese delle rispettive associazioni
dei datori di lavoro.
2. L'attività di
consulenza non può essere prestata dai soggetti che svolgono attività di
controllo e di vigilanza.
Art. 25.
Coordinamento
1. Con atto di
indirizzo e coordinamento, da emanarsi, su proposta dei Ministri del lavoro e
della previdenza sociale e della sanità, previa deliberazione del Consiglio dei
Ministri, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
sono individuati criteri al fine di assicurare unità ed omogeneità di
comportamenti in tutto il territorio nazionale nell'applicazione delle
disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori e di
radioprotezione.
Commissione
consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro
1. L'art. 393
del decreto del presidente della repubblica 27 aprile 1955, n. 547, é
sostituito dal seguente:
"art. 393
(costituzione della commissione). - 1. Presso il ministero del lavoro e della
previdenza sociale é istituita una commissione consultiva permanente per la
prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro. Essa é presieduta dal
ministro del lavoro e della previdenza sociale o dal direttore generale della
direzione generale dei rapporti di lavoro da lui delegato, ed é composta da:
a) cinque
funzionari esperti designati dal ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di cui tre ispettori del lavoro, laureati uno in ingegneria, uno in
medicina e chirurgia e uno in chimica o fisica;
b) il direttore
e tre funzionari dell'istituto superiore per la prevenzione e sicurezza del
lavoro;
c) un
funzionario dell'istituto superiore di sanità;
d) un funzionario
per ciascuno dei seguenti ministeri: sanità;
Industria,
commercio ed artigianato; interno; funzione pubblica;
Trasporti;
risorse agricole, alimentari e forestali; ambiente;
e) sei
rappresentanti delle regioni e province autonome designati dalla conferenza
stato-regioni;
f) un
rappresentante dei seguenti organismi: istituto nazionale assicurazioni e
infortuni sul lavoro; corpo nazionale dei vigili del fuoco; consiglio nazionale
delle ricerche; uni; cei; agenzia nazionale protezione ambiente;
g) quattro
esperti nominati dal ministro del lavoro e della previdenza sociale su
designazione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente
rappresentative a livello nazionale;
h) quattro
esperti nominati dal ministro del lavoro e della previdenza sociale su
designazione delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro maggiormente
rappresentative a livello nazionale;
i) un esperto
nominato dal ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione
delle organizzazioni sindacali dei dirigenti d'azienda maggiormente
rappresentative a livello nazionale.
2. Per ogni
rappresentante effettivo é designato un membro supplente.
3. All'inizio di
ogni mandato la commissione può istituire comitati speciali permanenti dei
quali determina la composizione e la funzione.
4. La
commissione può chiamare a far parte dei comitati di cui al comma 3 persone
particolarmente esperte, anche su designazione delle associazioni
professionali, dell'università e degli enti di ricerca, in relazione alle
materie trattate.
5. Le funzioni
inerenti alla segreteria della commissione sono disimpegnate da due funzionari
del ministero del lavoro e della previdenza sociale.
6. I componenti
della commissione consultiva permanente ed i segretari sono nominati con decreto
del ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione degli
organismi competenti e durano in carica tre anni.".
2. L'art. 394
del decreto del presidente della repubblica 27 aprile 1955, n. 547, é
sostituito dal seguente:
"art. 394
(compiti della commissione). - 1. La commissione consultiva permanente ha il
compito di:
a) esaminare i
problemi applicativi della normativa in materia di sicurezza e salute sul posto
di lavoro e predisporre una relazione annuale al riguardo;
b) formulare proposte
per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione vigente e per il suo
coordinamento con altre disposizioni concernenti la sicurezza e la protezione
della salute dei lavoratori, nonché per il coordinamento degli organi preposti
alla vigilanza;
c) esaminare le
problematiche evidenziate dai comitati regionali sulle misure preventive e di
controllo dei rischi adottate nei luoghi di lavoro;
d) proporre
linee guida applicative della normativa di sicurezza;
e) esprimere
parere sugli adeguamenti di natura strettamente tecnica relativi alla normativa
cee da attuare a livello nazionale;
f) esprimere
parere sulle richieste di deroga previste dall'art. 48 del decreto legislativo
15 agosto 1991, n. 277;
g) esprimere
parere sulle richieste di deroga previste dall'art. 8 del decreto legislativo
25 gennaio 1992, n. 77;
h) esprimere
parere sul riconoscimento di conformità alle prescrizioni per la sicurezza e la
salute dei lavoratori di norme tecniche;
i) esprimere il
parere sui ricorsi avverso le disposizioni impartite dagli ispettori del lavoro
nell'esercizio della vigilanza, sulle attività comportanti rischi
particolarmente elevati, individuate ai sensi dell'art. 43, comma 1, lettera
g), n. 4, della legge 19 febbraio 1991, n. 142, secondo le modalità di cui
all'art. 402;
l) esprimere
parere, su richiesta del ministero del lavoro e della previdenza sociale o del
ministero della sanità o delle regioni, su qualsiasi questione relativa alla
sicurezza del lavoro e alla protezione della salute dei lavoratori.
2. La relazione
di cui al comma precedente, lettera a), é resa pubblica ed é trasmessa alle
commissioni parlamentari competenti ed ai presidenti delle regioni.
3. La
commissione, per l'espletamento dei suoi compiti, può chiedere dati o
promuovere indagini e, su richiesta o autorizzazione del ministero del lavoro e
della previdenza sociale, effettuare sopralluoghi.".
3. L'art. 395
del decreto del presidente della repubblica 27 aprile 1995, n. 547, é
soppresso.
Art. 27.
Comitati
regionali di coordinamento
1. Con atto di
indirizzo e coordinamento, da emanarsi entro un anno dalla data di entrata in
vigore del presente decreto, sentita la conferenza stato - regioni, su proposta
dei ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, previa
deliberazione del consiglio dei ministri, sono individuati criteri generali
relativi all'individuazione di organi operanti nella materia della sicurezza e
della salute sul luogo di lavoro al fine di realizzare uniformità di interventi
ed il necessario raccordo con la commissione consultiva permanente.
2. Alle riunioni
della conferenza stato-regioni, convocate per i pareri di cui al comma 1,
partecipano i rappresentanti dell'ANCI, dell'UPI e dell'UNICEM.
Art. 28.
Adeguamenti al
progresso tecnico
1. Con decreto
del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri
della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la
commissione consultiva permanente:
a) è
riconosciuta la conformità alle vigenti norme per la sicurezza e la salute dei
lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza;
b) si dà
attuazione alle direttive in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul
luogo di lavoro della Comunità europea per le parti in cui modificano modalità
esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di altre direttive già recepite
nell'ordinamento nazionale;
c) si provvede
all'adeguamento della normativa di natura strettamente tecnica e degli allegati
al presente decreto in relazione al progresso tecnologico.
CAPO VIII
Statistiche
degli infortuni e delle malattie professionali
Statistiche
degli infortuni e delle malattie professionali
1. L'ISPESL e l'INAIL
si forniscono reciprocamente i dati relativi agli infortuni ed alle malattie
professionali anche con strumenti telematici.
2. L'ISPESL e
l'INAIL indicono una conferenza permanente di servizio per assicurare il
necessario coordinamento in relazione a quanto previsto dall'art. 8, comma 3,
del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, nonché per verificare
l'adeguatezza dei sistemi di prevenzione ed assicurativi, e per studiare e
proporre soluzioni normative e tecniche atte a ridurre il fenomeno degli
infortuni e delle malattie professionali.
3. I criteri per
la raccolta ed elaborazione delle informazioni relative ai rischi e ai danni
derivanti da infortunio durante l'attività lavorativa sono individuati nelle
norme uni, riguardanti i parametri per la classificazione dei casi di
infortunio, ed i criteri per il calcolo degli indici di frequenza e gravità e
loro successivi aggiornamenti.
4. Con decreto
del ministro del lavoro e della previdenza sociale e del ministro della sanità,
sentita la commissione consultiva permanente, possono essere individuati
criteri integrativi di quelli di cui al comma 3 in relazione a particolari
rischi.
5. I criteri per
la raccolta e l'elaborazione delle informazioni relative ai rischi e ai danni
derivanti dalle malattie professionali, nonché ad altre malattie e forme
patologiche eziologicamente collegate al lavoro, sono individuati con decreto
del ministro del lavoro e della previdenza sociale e del ministro della sanità,
sentita la commissione consultiva permanente, sulla base delle norme di buona
tecnica.
TITOLO II
Luoghi di lavoro
Art. 30.
Definizioni
1. Ai fini
dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono per
luoghi di lavoro:
a) i luoghi
destinati a contenere posti di lavoro, ubicati all'interno dell'azienda ovvero
dell'unità produttiva, nonché ogni altro luogo nell'area della medesima azienda
ovvero unità produttiva comunque accessibile per il lavoro.
2. Le
disposizioni del presente titolo non si applicano:
a) ai mezzi di
trasporto;
b) ai cantieri
temporanei o mobili;
c) alle
industrie estrattive;
d) ai
pescherecci;
e) ai campi,
boschi e altri terreni facenti parte di una impresa agricola o forestale, ma
situati fuori dall'area edificata dell'azienda.
3. Ferme
restando le disposizioni di legge vigenti, le prescrizioni di sicurezza e di
salute per i luoghi di lavoro sono specificate nell'allegato II.
4. I luoghi di
lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, di eventuali
lavoratori portatori di handicap.
5. L'obbligo di
cui al comma 4 vige, in particolare, per le porte, le vie di circolazione, le
scale, le docce, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati od occupati
direttamente da lavoratori portatori di handicap.
6. La
disposizione di cui al comma 4 non si applica ai luoghi di lavoro già
utilizzati prima del 1 gennaio 1993, ma debbono essere adottate misure idonee a
consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene
personale.
Art. 31.
Requisiti di
sicurezza e di salute
1. Ferme
restando le disposizioni legislative e regolamentari vigenti e fatte salve le
disposizioni di cui all'art. 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517,
i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati anteriormente all'entrata in vigore
del presente decreto devono essere adeguati alle prescrizioni di sicurezza e
salute di cui al presente titolo entro il 1 gennaio 1997.
2. Se gli
adeguamenti di cui al comma 1 richiedono un provvedimento concessorio o
autorizzatorio il datore di lavoro deve immediatamente iniziare il procedimento
diretto al rilascio dell'atto ed ottemperare agli obblighi entro sei mesi dalla
data del provvedimento stesso.
3. Sino a che i
luoghi di lavoro non vengano adeguati, il datore di lavoro, previa
consultazione del rappresentante per la sicurezza, adotta misure alternative
che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.
4. Ove vincoli
urbanistici o architettonici ostino agli adeguamenti di cui al comma 1, il
datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza,
adotta le misure alternative di cui al comma 3. Le misure, nel caso di cui al
presente comma, sono autorizzate dall'organo di vigilanza competente per
territorio.
Art. 32.
Obblighi del datore
di lavoro
1. Il datore di
lavoro provvede affinché:
a) le vie di
circolazione interne o all'aperto che conducono a uscite o ad uscite di
emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne
l'utilizzazione in ogni evenienza;
b) i luoghi di
lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione
tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti
rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;
c) i luoghi di
lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura,
onde assicurare condizioni igieniche adeguate;
d) gli impianti
e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei
pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro
funzionamento.
Art. 33.
( note )
Adeguamenti di
norme
1. L'art. 13 del
decreto del presidente della repubblica 27 aprile 1955, n. 547, é sostituito
dal seguente:
"art. 13
(vie e uscite di emergenza). - 1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) via di
emergenza: percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che
occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro;
b) uscita di
emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro;
c) luogo sicuro:
luogo nel quale le persone sono da considerarsi al sicuro dagli effetti
determinati dall'incendio o altre situazioni di emergenza.
2. Le vie e le
uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire di raggiungere il più
rapidamente possibile un luogo sicuro.
3. In caso di
pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere evacuati rapidamente e in
piena sicurezza da parte dei lavoratori.
4. Il numero, la
distribuzione e le dimensioni delle vie e delle uscite di emergenza devono
essere adeguate alle dimensioni dei luoghi di lavoro, alla loro ubicazione,
alla loro destinazione d'uso, alle attrezzature in essi installate, nonché al
numero massimo di persone che possono essere presenti in detti luoghi.
5. Le vie e le
uscite di emergenza devono avere altezza minima di m 2,0 e larghezza minima
conforme alla normativa vigente in materia antincendio.
6. Qualora le
uscite di emergenza siano dotate di porte, queste devono essere apribili nel
verso dell'esodo e, qualora siano chiuse, devono poter essere aperte facilmente
ed immediatamente da parte di qualsiasi persona che abbia bisogno di
utilizzarle in caso di emergenza.
7. Le porte
delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a chiave, se non in casi
specificamente autorizzati dall'autorità competente.
8. Nei locali di
lavoro e in quelli destinati a deposito é vietato adibire, quali porte delle
uscite di emergenza, le saracinesche a rullo, le porte scorrevoli verticalmente
e quelle girevoli su asse centrale.
9. Le vie e le
uscite di emergenza, nonché le vie di circolazione e le porte che vi danno
accesso non devono essere ostruite da oggetti in modo da poter essere
utilizzate in ogni momento senza impedimenti.
10. Le vie e le
uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita segnaletica, conforme
alle disposizioni vigenti, durevole e collocata in luoghi appropriati.
11. Le vie e le
uscite di emergenza che richiedono un'illuminazione devono essere dotate di
un'illuminazione di sicurezza di intensità sufficiente, che entri in funzione
in caso di guasto dell'impianto elettrico.
12. Gli edifici
che siano costruiti o adattati interamente per lavorazioni che comportano un
numero di lavoratori superiore a 25, ed in ogni caso quando le lavorazioni ed i
materiali ivi utilizzati presentino pericoli di esplosione o di incendio e
siano adibiti nello stesso locale più di 5 lavoratori, devono avere almeno due
scale distinte di facile accesso. Per gli edifici già costruiti si dovrà
provvedere in conformità, quando non ne esista la impossibilità accertata
dall'organo di vigilanza: in quest'ultimo caso sono disposte le misure e
cautele ritenute più efficienti.
13. Per i luoghi
di lavoro già utilizzati prima del 1 gennaio 1993 non si applica la
disposizione contenuta nel comma 4, ma gli stessi debbono avere un numero
sufficiente di vie ed uscite di emergenza.".
2. L'art. 14 del
decreto del presidente della repubblica 27 aprile 1955, n. 547, é sostituito
dal seguente:
"art. 14
(porte e portoni). - 1. Le porte dei locali di lavoro devono, per numero,
dimensioni, posizione, e materiali di realizzazione, consentire una rapida
uscita delle persone ed essere agevolmente apribili dall'interno durante il
lavoro.
2. Quando in un
locale le lavorazioni ed i materiali comportino rischi di esplosione e di
incendio e siano adibiti alle attività che si svolgono nel locale stesso più di
5 lavoratori, almeno una porta ogni 5 lavoratori deve essere apribile nel verso
dell'esodo ed avere larghezza minima di m 1,20.
3. Quando in un
locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle previste al comma 2, la
larghezza minima delle porte é la seguente:
a) quando in uno
stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano fino a 25, il locale
deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 0,90;
b) quando in uno
stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso
tra 26 e 50, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima
di m 1,20 che si apra nel verso dell'esodo;
c) quando in uno
stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso
tra 51 e 100, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima
di m 1,20 e di una porta avente larghezza minima di m 0,90, che si aprano
entrambe nel verso dell'esodo;
d) quando in uno
stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero superiore a
100, in aggiunta alle porte previste alla lettera c) il locale deve essere
dotato di almeno 1 porta che si apra nel verso dell'esodo avente larghezza
minima di m 1,20 per ogni 50 lavoratori normalmente ivi occupati o frazione
compresa tra 10 e 50, calcolati limitatamente all'eccedenza rispetto a 100.
4. Il numero
complessivo delle porte di cui al comma 3 può anche essere minore, purché la
loro larghezza complessiva non risulti inferiore.
5. Alle porte
per le quali é prevista una larghezza minima di m 1,20 é applicabile una
tolleranza in meno del 5% (cinque per cento).
6. Quando in un
locale di lavoro le uscite di emergenza di cui all'art. 13, comma 5, coincidono
con le porte di cui al comma 1, si applicano le disposizioni di cui all'art.
13, comma 5.
7. Nei locali di
lavoro ed in quelli adibiti a magazzino non sono ammesse le porte scorrevoli,
le saracinesche a rullo, le porte girevoli su asse centrale, quando non
esistano altre porte apribili verso l'esterno del locale.
8.
Immediatamente accanto ai portoni destinati essenzialmente alla circolazione
dei veicoli devono esistere, a meno che il passaggio dei pedoni sia sicuro,
porte per la circolazione dei pedoni che devono essere segnalate in modo
visibile ed essere sgombre in permanenza.
9. Le porte e i
portoni apribili nei due versi devono essere trasparenti o essere muniti di
pannelli trasparenti.
10. Sulle porte
trasparenti deve essere apposto un segno indicativo all'altezza degli occhi.
11. Se le
superfici trasparenti o traslucide delle porte e dei portoni non sono
costituite da materiali di sicurezza e c'é il rischio che i lavoratori possano
rimanere feriti in caso di rottura di dette superfici, queste devono essere
protette contro lo sfondamento.
12. Le porte
scorrevoli devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di
uscire dalle guide o di cadere.
13. Le porte ed
i portoni che si aprono verso l'alto devono disporre di un sistema di sicurezza
che impedisca loro di ricadere.
14. Le porte ed
i portoni ad azionamento meccanico devono funzionare senza rischi di infortuni
per i lavoratori. Essi devono essere muniti di dispositivi di arresto di
emergenza facilmente identificabili ed accessibili e poter essere aperti anche
manualmente, salvo che la loro apertura possa avvenire automaticamente in caso
di mancanza di energia elettrica.
15. Le porte
situate sul percorso delle vie di emergenza devono essere contrassegnate in
maniera appropriata con segnaletica durevole conformemente alla normativa
vigente. Esse devono poter essere aperte, in ogni momento, dall'interno senza
aiuto speciale.
16. Quando i
luoghi di lavoro sono occupati le porte devono poter essere aperte.
17. Per i luoghi
di lavoro già utilizzati prima del 1 gennaio 1993 non si applicano le
disposizioni dei commi precedenti. I locali di lavoro e quelli adibiti a deposito
devono essere provvisti di porte di uscita che abbiano la larghezza di almeno m
1,10 e che siano in numero non inferiore ad una per ogni 50 lavoratori
normalmente ivi occupati o frazione compresa fra 10 e 50. Il numero delle porte
può anche essere minore, purché la loro larghezza complessiva non risulti
inferiore.".
3. L'art. 8 del
decreto del presidente della repubblica 27 aprile 1955, n. 547, é sostituito
dal seguente:
"art. 8
(vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi). 1. Le vie di
circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e rampe di carico, devono
essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i veicoli possano
utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro
destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie di
circolazione non corrano alcun rischio.
2. Il calcolo
delle dimensioni delle vie di circolazione per persone ovvero merci dovrà
basarsi sul numero potenziale degli utenti e sul tipo di impresa.
3. Qualora sulle
vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto, dovrà essere prevista
per i pedoni una distanza di sicurezza sufficiente.
4. Le vie di
circolazione destinate ai veicoli devono passare ad una distanza sufficiente da
porte, portoni, passaggi per pedoni, corridoi e scale.
5. Nella misura
in cui l'uso e l'attrezzatura dei locali lo esigano per garantire la protezione
dei lavoratori, il tracciato delle vie di circolazione deve essere evidenziato.
6. Se i luoghi
di lavoro comportano zone di pericolo in funzione della natura del lavoro e
presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di cadute d'oggetti, tali
luoghi devono essere dotati di dispositivi per impedire che i lavoratori non
autorizzati possano accedere a dette zone.
7. Devono essere
prese misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati ad accedere
alle zone di pericolo.
8. Le zone di
pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile.
9. I pavimenti
degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio non devono presentare
buche o sporgenze pericolose e devono essere in condizioni tali da rendere
sicuro il movimento ed il transito delle persone e dei mezzi di trasporto.
10. I pavimenti
ed i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che ostacolano la
normale circolazione.
11. Quando per
evidenti ragioni tecniche non si possono completamente eliminare dalle zone di
transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono un pericolo per i lavoratori
o i veicoli che tali zone devono percorrere, gli ostacoli devono essere
adeguatamente segnalati.".
4.
L'intestazione del Titolo II del decreto del presidente della repubblica 19
marzo 1956, n. 303, é sostituita dalla seguente:
"titolo II
Disposizioni particolari".
5. Nell'art. 6,
primo comma, del decreto del presidente della repubblica 19 marzo 1956, n. 303,
dopo le parole "da destinarsi al lavoro nelle aziende" é soppressa la
parola "industriali".
6. L'art. 9 del
decreto del presidente della repubblica 19 marzo 1956, n. 303, é sostituito dal
seguente:
"art. 9
(aerazione dei luoghi di lavoro chiusi). -
1. Nei luoghi di
lavoro chiusi, é necessario far sì che tenendo conto dei metodi di lavoro e
degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di
aria salubre in quantità sufficiente.
2. Se viene
utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere sempre mantenuto
funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un sistema di
controllo, quando ciò é necessario per salvaguardare la salute dei lavoratori.
3. Se sono
utilizzati impianti di condizionamento dell'aria o di ventilazione meccanica,
essi devono funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti a correnti
d'aria fastidiosa.
4. Qualsiasi
sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato per la
salute dei lavoratori dovuto all'inquinamento dell'aria respirata deve essere
eliminato rapidamente.".
7. L'art. 11 del
decreto del presidente della repubblica 19 marzo 1956, n. 303, é sostituito dal
seguente:
"art. 11
(temperatura dei locali). - 1. La temperatura nei locali di lavoro deve essere
adeguata all'organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei
metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori.
2. Nel giudizio sulla
temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener conto della influenza che
possono esercitare sopra di essa il grado di umidità ed il movimento dell'aria
concomitanti.
3. La
temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di sorveglianza,
dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso deve essere
conforme alla destinazione specifica di questi locali.
4. Le finestre,
i lucernari e le pareti vetrate devono essere tali da evitare un soleggiamento
eccessivo dei luoghi di lavoro, tenendo conto del tipo di attività e della
natura del luogo di lavoro.
5. Quando non é
conveniente modificare la temperatura di tutto l'ambiente, si deve provvedere
alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o troppo basse
mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di protezione.".
8. L'art. 10 del
decreto del presidente della repubblica 19 marzo 1956, n. 303, é sostituito dal
seguente:
"art. 10
(illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro). 1. I luoghi di
lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale ed essere dotati di
dispositivi che consentono un'illuminazione artificiale adeguata per
salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere di lavoratori.
2. Gli impianti
di illuminazione dei locali di lavoro e delle vie di circolazione devono essere
installati in modo che il tipo d'illuminazione previsto non rappresenta un
rischio di infortunio per i lavoratori.
3. I luoghi di
lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a rischi in caso di
guasto dell'illuminazione artificiale, devono disporre di un'illuminazione di
sicurezza di sufficiente intensità.
4. Le superfici
vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione artificiale devono essere
tenuti costantemente in buone condizioni di pulizia e di efficienza.".
9. L'art. 7 del
decreto del presidente della repubblica 19 marzo 1956, n. 303, é sostituito dal
seguente:
"art. 7
(pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali scale e marciapiedi
mobili, banchina e rampe di carico). - 1. A meno che non sia richiesto
diversamente dalle necessità della lavorazione, é vietato adibire a lavori
continuativi i locali chiusi i che non rispondono alle seguenti condizioni:
a) essere ben
difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti di un isolamento termico
sufficiente, tenuto conto del tipo di impresa e dell'attività fisica dei
lavoratori;
b) avere
aperture sufficienti per un rapido ricambio d'aria;
c) essere ben
asciutti e ben difesi contro l'umidità;
d) avere le
superfici dei pavimenti, delle pareti, dei soffitti tali da poter essere pulite
e deterse per ottenere condizioni adeguate di igiene.
2. I pavimenti
dei locali devono essere esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati
pericolosi, devono essere fissi, stabili ed antisdrucciolevoli.
3. Nelle parti
dei locali dove abitualmente si versano sul pavimento sostanze putrescibili o
liquidi, il pavimento deve avere superficie unita ed impermeabile e pendenza
sufficiente per avviare rapidamente i liquidi verso i punti di raccolta e scarico.
4. Quando il
pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio si mantiene bagnato,
esso deve essere munito in permanenza di palchetti o di graticolato, se i
lavoratori non sono forniti di idonee calzature impermeabili.
5. Qualora non ostino
particolari condizioni tecniche, le pareti dei locali di lavoro devono essere a
tinta chiara.
6. Le pareti
trasparenti o traslucide, in particolare le pareti completamente vetrate, nei
locali o nelle vicinanze dei posti di lavoro e delle vie di circolazione,
devono essere chiaramente segnalate e costituite da materiali di sicurezza
ovvero essere separate dai posti di lavoro e dalle vie di circolazione
succitati, in modo tale che i lavoratori non possono entrare in contatto con le
pareti, né essere feriti qualora esse vadano in frantumi.
7. Le finestre,
i lucernari e i dispositivi di ventilazione devono poter essere aperti, chiusi,
regolati e fissati dai lavoratori in tutta sicurezza. Quando sono aperti essi
devono essere posizionati in modo da non costituire un pericolo per i
lavoratori.
8. Le finestre e
i lucernari devono essere concepiti congiuntamente con l'attrezzatura o dotati
di dispositivi che consentono la loro pulitura senza rischi per i lavoratori
che effettuano tale lavoro nonché per i lavoratori presenti nell'edificio ed
intorno ad esso.
9. L'accesso ai
tetti costituiti da materiali non sufficientemente resistenti può essere
autorizzato soltanto se sono fornite attrezzature che permettono di eseguire il
lavoro in tutta sicurezza.
10. Le scale ed
i marciapiedi mobili devono funzionare in piena sicurezza, devono essere muniti
dei necessari dispositivi di sicurezza e devono possedere dispositivi di
arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili.
11. Le banchine
e rampe di carico devono essere adeguate alle dimensioni dei carichi
trasportati.
12. Le banchine
di carico devono disporre di almeno un'uscita. Ove é tecnicamente possibile, le
banchine di carico che superano m 25,0 di lunghezza devono disporre di
un'uscita a ciascuna estremità.
13. Le rampe di
carico devono offrire una sicurezza tale da evitare che i lavoratori possono
cadere.".
10. L'art. 14
del decreto del presidente della repubblica 19 marzo 1956, n. 303, é sostituito
dal seguente:
"art. 14
(locali di riposo). - 1. Quando la sicurezza e la salute dei lavoratori,
segnatamente a causa del tipo di attività, lo richiedono, i lavoratori devono
poter disporre di un locale di riposo facilmente accessibile.
2. La
disposizione di cui al comma 1 non si applica quando il personale lavora in
uffici o in analoghi locali di lavoro che offrono equivalenti possibilità di
riposo durante la pausa.
3. I locali di
riposo devono avere dimensioni sufficienti ed essere dotati di un numero di
tavoli e sedili con schienale in funzione del numero dei lavoratori.
4. Nei locali di
riposo si devono adottare misure adeguate per la protezione dei non fumatori
contro gli inconvenienti del fumo.
5. Quando il
tempo di lavoro é interrotto regolarmente e frequentemente e non esistono
locali di riposo, devono essere messi a disposizione del personale altri locali
affinché questi possa soggiornarvi durante l'interruzione del lavoro nel caso
in cui la sicurezza o la salute dei lavoratori lo esige. In detti locali é
opportuno prevedere misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro
gli inconvenienti del fumo.
6. L'organo di
vigilanza può prescrivere che, anche nei lavori continuativi, il datore di
lavoro dia modo ai dipendenti di lavorare stando a sedere ogni qualvolta ciò
non pregiudica la normale esecuzione del lavoro.
7. Le donne
incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità di riposarsi in
posizione distesa e in condizioni appropriate.".
11. L'art. 40
del decreto del presidente della repubblica 19 marzo 1956, n. 303, é sostituito
dal seguente:
"art. 40
(spogliatoi e armadi per il vestiario). - 1. Locali appositamente destinati a
spogliatoi devono essere messi a disposizione dei lavoratori quando questi
devono indossare indumenti di lavoro specifici e quando per ragioni di salute o
di decenza non si può loro chiedere di cambiarsi in altri locali.
2. Gli
spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e convenientemente arredati.
3. I locali
destinati a spogliatoio devono avere una capacità sufficiente, essere
possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati, illuminati, ben difesi dalle
intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di sedili.
4. Gli
spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentono a ciascun
lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di lavoro.
5. Qualora i
lavoratori svolgano attività insudicianti, polverose, con sviluppo di fumi o
vapori contenenti in sospensione sostanze untuose od incrostanti, nonché in
quelle dove si usano sostanze venefiche, corrosive od infettanti o comunque
pericolose, gli armadi per gli indumenti da lavoro devono essere separati da
quelli per gli indumenti privati.
6. Qualora non
si applichi il comma 1 ciascun lavoratore deve poter disporre delle
attrezzature di cui al comma 4 per poter riporre i propri indumenti.".
12. Gli articoli
37 e 39 del decreto del presidente della repubblica 19 marzo 1956, n. 303, sono
sostituiti dai seguenti:
"art. 37
(docce e lavabi). - 1. Docce sufficienti ed appropriate devono essere messe a
disposizione dei lavoratori quando il tipo di attività o la salubrità lo
esigono.
2. Devono essere
previsti locali per le docce separati per uomini e donne o un'utilizzazione
separata degli stessi. Le docce o i lavabi e gli spogliatoi devono comunque
facilmente comunicare tra loro.
3. I locali
delle docce devono avere dimensioni sufficienti per permettere a ciascun
lavoratore di rivestirsi senza impacci e in condizioni appropriate di igiene.
4. Le docce
devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di mezzi detergenti e per
asciugarsi.
5. Devono essere
previsti lavabi separati per uomini e donne ovvero un'utilizzazione separata
dei lavabi, qualora ciò sia necessario per motivi di decenza.
Art. 39
(gabinetti e lavabi). - 1. I lavoratori devono disporre, in prossimità dei loro
posti di lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi, delle docce o lavabi,
di locali speciali dotati di un numero sufficiente di gabinetti e di lavabi,
con acqua corrente calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per
asciugarsi.
2. Per uomini e
donne devono essere previsti gabinetti separati.".
13. L'art. 11
del decreto del presidente della repubblica 27 aprile 1955, n. 547, é
sostituito dal seguente:
"art. 11
(posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni). - 1. I posti di lavoro
e di passaggio devono essere idoneamente difesi contro la caduta o
l'investimento di materiali in dipendenza dell'attività lavorativa.
2. Ove non é
possibile la difesa con mezzi tecnici, devono essere adottate altre misure o
cautele adeguate.
3. I posti di
lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti all'aperto utilizzati
od occupati dai lavoratori durante le loro attività devono essere concepiti in
modo tale che la circolazione dei pedoni e dei veicoli può avvenire in modo
sicuro.
4. Le disposizioni
di cui all'art. 7 e le disposizioni sulle vie di circolazione e zone di
pericolo sono altresì applicabili alle vie di circolazione principali sul
terreno dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro
fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e
sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonché alle banchine di carico.
5. Le
disposizioni sulle vie di circolazione e zone di pericolo si applicano per
analogia ai luoghi di lavoro esterni.
6. I luoghi di
lavoro all'aperto devono essere opportunamente illuminati con luce artificiale
quando la luce del giorno non é sufficiente.
7. Quando i
lavoratori occupano posti di lavoro all'aperto, questi devono essere
strutturati, per quanto tecnicamente possibile, in modo tale che i lavoratori:
a) sono protetti
contro gli agenti atmosferici e, se necessario, contro la caduta di oggetti;
b) non sono
esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni nocivi, quali gas, vapori,
polveri;
c) possono
abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di pericolo o possono essere
soccorsi rapidamente;
d) non possono
scivolare o cadere.".
14. Le
disposizioni di cui al presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la
pubblicazione del presente decreto nella gazzetta ufficiale della repubblica
italiana.
TITOLO III
Uso delle
attrezzature di lavoro
Art. 34.
Definizioni
1. Agli effetti
delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono per:
a) attrezzatura
di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile od impianto destinato ad
essere usato durante il lavoro;
b) uso di una
attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa ad una
attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio, l'impiego,
il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia,
lo smontaggio;
c) zona
pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimità di una attrezzatura
di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per
la salute o la sicurezza dello stesso.
Art. 35.
Obblighi del
datore di lavoro
1. Il datore di
lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da
svolgere ovvero adattate a tali scopi ed idonee ai fini della sicurezza e della
salute.
2. Il datore di
lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo
i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori
e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni
e secondo condizioni per le quali non sono adatte. Inoltre il datore di lavoro
prende le misure necessarie affinché durante l'uso delle attrezzature di lavoro
siano rispettate le disposizioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter.
3. All'atto della
scelta delle attrezzature di lavoro il datore di lavoro prende in
considerazione: a
) le condizioni
e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
b) i rischi
presenti nell'ambiente di lavoro;
c) i rischi
derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse.
c-bis) i sistemi
di comando, che devono essere sicuri anche tenuto conto dei guasti, dei
disturbi e delle sollecitazioni prevedibili in relazione all'uso progettato
dell'attrezzatura.
4. Il datore di
lavoro prende le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano:
a) installate in
conformità alle istruzioni del fabbricante;
b) utilizzate
correttamente;
c) oggetto di
idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la rispondenza ai requisiti
di cui all'art. 36 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni
d'uso;
c-bis) disposte
in maniera tale da ridurre i rischi per gli utilizzatori e per le altre
persone, assicurando in particolare sufficiente spazio disponibile tra gli
elementi mobili e gli elementi fissi o mobili circostanti e che tutte le
energie e sostanze utilizzate o prodotte possano essere addotte o estratte in
modo sicuro.
4-bis. Il datore
di lavoro provvede affinché nell'uso di attrezzature di lavoro mobili,
semoventi o non semoventi sia assicurato che:
a) vengano
disposte e fatte rispettare regole di circolazione per attrezzature di lavoro
che manovrano in una zona di lavoro;
b) vengano
adottate misure organizzative atte a evitare che i lavoratori a piedi si
trovino nella zona di attività di attrezzature di lavoro semoventi e comunque
misure appropriate per evitare che, qualora la presenza di lavoratori a piedi
sia necessaria per la buona esecuzione dei lavori, essi subiscano danno da tali
attrezzature;
c) il trasporto
di lavoratori su attrezzature di lavoro mobili mosse meccanicamente avvenga
esclusivamente su posti sicuri, predisposti a tale fine, e che, se si devono
effettuare lavori durante lo spostamento, la velocità dell'attrezzatura sia
adeguata;
d) le
attrezzature di lavoro mobili, dotate di motore a combustione, siano utilizzate
nelle zone di lavoro soltanto qualora sia assicurata una quantità sufficiente
di aria senza rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori.
4-ter. Il datore
di lavoro provvede affinché nell'uso di attrezzature di lavoro destinate a
sollevare carichi sia assicurato che:
a) gli accessori
di sollevamento siano scelti in funzione dei carichi da movimentare, dei punti
di presa, del dispositivo di aggancio, delle condizioni atmosferiche, nonché
tenendo conto del modo e della configurazione dell'imbracatura; le combinazioni
di più accessori di sollevamento siano contrassegnate in modo chiaro per
consentire all'utilizzatore di conoscerne le caratteristiche qualora esse non
siano scomposte dopo l'uso; gli accessori di sollevamento siano depositati in
modo tale da non essere danneggiati o deteriorati;
b) allorché due
o più attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati
sono installate o montate in un luogo di lavoro in modo che i loro raggi di azione
si intersecano, siano prese misure appropriate per evitare la collisione tra i
carichi e gli elementi delle attrezzature di lavoro stesse;
c) i lavori
siano organizzati in modo tale che, quando un lavoratore aggancia o sgancia
manualmente un carico, tali operazioni possano svolgersi con la massima
sicurezza e, in particolare, in modo che il lavoratore ne conservi il controllo
diretto o indiretto;
d) tutte le
operazioni di sollevamento siano correttamente progettate nonché adeguatamente
controllate ed eseguite al fine di tutelare la sicurezza dei lavoratori; in
particolare, per un carico da sollevare simultaneamente da due o più
attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati, sia
stabilita e applicata una procedura d'uso per garantire il buon coordinamento
degli operatori;
e) qualora
attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati non
possano trattenere i carichi in caso di interruzione parziale o totale
dell'alimentazione di energia, siano prese misure appropriate per evitare di
esporre i lavoratori ai rischi relativi; i carichi sospesi non devono rimanere
senza sorveglianza salvo il caso in cui l'accesso alla zona di pericolo sia
precluso e il carico sia stato agganciato e sistemato con la massima sicurezza;
f) allorché le
condizioni meteorologiche si degradano ad un punto tale da mettere in pericolo
la sicurezza di funzionamento, esponendo così i lavoratori a rischi,
l'utilizzazione all'aria aperta di attrezzature di lavoro che servono al
sollevamento di carichi non guidati sia sospesa e siano adottate adeguate
misure di protezione per i lavoratori e, in particolare, misure che impediscano
il ribaltamento dell'attrezzatura di lavoro.
4-quater. Il
datore di lavoro, sulla base della normativa vigente, provvede affinché le
attrezzature di cui all'allegato XIV siano sottoposte a verifiche di prima
installazione o di successiva installazione e a verifiche periodiche o
eccezionali, di seguito denominate "verifiche", al fine di
assicurarne l'installazione corretta e il buon funzionamento.
4-quinquies. I
risultati delle verifiche di cui al comma 4-quater sono tenuti a disposizione
dell'autorità di vigilanza competente per un periodo di cinque anni dall'ultima
registrazione o fino alla messa fuori esercizio dell'attrezzatura, se avviene
prima. Un documento attestante l'esecuzione dell'ultima verifica deve
accompagnare le attrezzature di lavoro ovunque queste sono utilizzate.
5. Qualora le
attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità
particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro si
assicura che:
a) l'uso
dell'attrezzatura di lavoro è riservato a lavoratori all'uopo incaricati;
b) in caso di
riparazione, di trasformazione o manutenzione, il lavoratore interessato è
qualificato in maniera specifica per svolgere tali compiti.
Art. 36.
( note )
Disposizioni
concernenti le attrezzature di lavoro
1. Le attrezzature
di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono soddisfare alle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di tutela della sicurezza e
salute dei lavoratori stessi ad esse applicabili.
2. Le modalità e
le procedure tecniche delle verifiche seguono il regime giuridico
corrispondente a quello in base al quale l'attrezzatura è stata costruita e
messa in servizio.
3. Il Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri
dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la
commissione consultiva permanente stabilisce modalità e procedure per
l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 2.
4. Nell'art. 52
del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il
comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente comma: "Se ciò è appropriato e
funzionale rispetto ai pericoli dell'attrezzatura di lavoro e del tempo di
arresto normale, un'attrezzatura di lavoro deve essere munita di un dispositivo
di arresto di emergenza.".
5. Nell'art. 53
del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il
comma 3 è aggiunto, in fine, il seguente comma: "Qualora i mezzi di cui al
comma 1 svolgano anche la funzione di allarme essi devono essere ben visibili
ovvero comprensibili senza possibilità di errore.".
6. Nell'art. 374
del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il
comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente comma: "Ove per le
apparecchiature di cui al comma 2 è fornito il libretto di manutenzione occorre
prevedere l'aggiornamento di questo libretto.".
7. Nell'art. 20
del decreto del Presidente della Repubblica 18 marzo 1956, n. 303, dopo il
comma 2 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi: "Un'attrezzatura che
presenta pericoli causati da cadute o da proiezione di oggetti deve essere
munita di dispositivi appropriati di sicurezza corrispondenti a tali pericoli.
Un'attrezzatura di lavoro che comporta pericoli dovuti ad emanazione di gas,
vapori o liquidi ovvero ad emissioni di polvere, deve essere munita di
appropriati dispositivi di ritenuta ovvero di estrazione vicino alla fonte
corrispondente a tali pericoli.".
8. Le
disposizioni del presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la
pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.
8-bis. Il datore
di lavoro adegua ai requisiti di cui all'allegato XV, entro il 30 giugno 2001,
le attrezzature di lavoro indicate nel predetto allegato, già messe a
disposizione dei lavoratori alla data del 5 dicembre 1998 e non soggette a
norme nazionali di attuazione di direttive comunitarie concernenti disposizioni
di carattere costruttivo, allorché esiste per l'attrezzatura di lavoro
considerata un rischio corrispondente.
8-ter. Fino a
che le attrezzature di lavoro di cui al comma 8-bis non vengono adeguate il
datore di lavoro adotta misure alternative che garantiscano un livello di
sicurezza equivalente.
8-quater. Le
modifiche apportate alle macchine definite all'art. 1, comma 2, del decreto del
Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, a seguito dell'applicazione
delle disposizioni del comma 8- bis, e quelle effettuate per migliorare le
condizioni di sicurezza sempre che non comportino modifiche delle modalità di
utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore, non configurano
immissione sul mercato ai sensi dell'art. 1, comma 3, secondo periodo, del
predetto decreto.
Art. 37.
Informazione
1. Il datore di
lavoro provvede affinché per ogni attrezzatura di lavoro a disposizione, i
lavoratori incaricati dispongano di ogni informazione e di ogni istruzione
d'uso necessaria in rapporto alla sicurezza e relativa:
a) alle
condizioni di impiego delle attrezzature anche sulla base delle conclusioni
eventualmente tratte dalle esperienze acquisite nella fase di utilizzazione
delle attrezzature di lavoro;
b) alle
situazioni anormali prevedibili.
1-bis. Il datore
di lavoro provvede altresì a informare i lavoratori sui rischi cui sono esposti
durante l'uso delle attrezzature di lavoro, sulle attrezzature di lavoro presenti
nell'ambiente immediatamente circostante, anche se da essi non usate
direttamente, nonché sui cambiamenti di tali attrezzature.
2. Le
informazioni e le istruzioni d'uso devono risultare comprensibili ai lavoratori
interessati.
Art. 38.
Formazione ed
addestramento
1. Il datore di
lavoro si assicura che:
a) i lavoratori
incaricati di usare le attrezzature di lavoro ricevono una formazione adeguata
sull'uso delle attrezzature di lavoro;
b) i lavoratori
incaricati dell'uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e
responsabilità particolari di cui all'art. 35, comma 5, ricevono un
addestramento adeguato e specifico che li metta in grado di usare tali
attrezzature in modo idoneo e sicuro anche in relazione ai rischi causati ad
altre persone.
Art. 39.
Obblighi dei
lavoratori
1. I lavoratori
si sottopongono ai programmi di formazione o di addestramento eventualmente
organizzati dal datore di lavoro.
2. I lavoratori
utilizzano le attrezzature di lavoro messe a loro disposizione conformemente
all'informazione, alla formazione ed all'addestramento ricevuti.
3. I lavoratori:
a) hanno cura
delle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione;
b) non vi
apportano modifiche di propria iniziativa;
c) segnalano immediatamente
al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto od
inconveniente da essi rilevato nelle attrezzature di lavoro messe a loro
disposizione.
TITOLO IV
Uso dei
dispositivi di protezione individuale
Art. 40.
Definizioni
1. Si intende
per dispositivo di protezione individuale (DPI) qualsiasi attrezzatura
destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo
contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute
durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.
2. Non sono
dispositivi di protezione individuale:
a) gli indumenti
di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la
sicurezza e la salute del lavoratore;
b) le attrezzature
dei servizi di soccorso e di salvataggio;
c) le
attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di
polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell'ordine pubblico;
d) le
attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto stradali;
e) i materiali
sportivi;
f) i materiali
per l'autodifesa o per la dissuasione;
g) gli
apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.
Art. 41.
Obbligo di uso
1. I DPI devono
essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente
ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva,
da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.
Requisiti dei
DPI
1. I DPI devono
essere conformi alle norme di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1992, n.
475.
2. I DPI di cui
al comma 1 devono inoltre:
a) essere
adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio
maggiore;
b) essere
adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
c) tenere conto
delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
d) poter essere
adattati all'utilizzatore secondo le sue necessità.
3. In caso di
rischi multipli che richiedono l'uso simultaneo di più DPI, questi devono
essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell'uso simultaneo, la
propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti.
Art. 43.
Obblighi del
datore di lavoro
1. Il datore di
lavoro ai fini della scelta dei DPI:
a) effettua
l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri
mezzi;
b) individua le caratteristiche
dei DPI necessarie affinché questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera
a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate
dagli stessi DPI;
c) valuta, sulla
base delle informazioni a corredo dei DPI fornite dal fabbricante e delle norme
d'uso di cui all'art. 45 le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e
le raffronta con quelle individuate alla lettera b);
d) aggiorna la
scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di
valutazione.
2. Il datore di
lavoro, anche sulla base delle norme d'uso di cui all'art. 45, individua le
condizioni in cui un DPI deve essere usato, specie per quanto riguarda la
durata dell'uso, in funzione di:
a) entità del
rischio;
b) frequenza
dell'esposizione al rischio; c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun
lavoratore; d) prestazioni del DPI. 3. Il datore di lavoro fornisce ai
lavoratori i DPI conformi ai requisiti previsti dall'art. 42 e dal decreto di
cui all'art. 45, comma 2. 4.
Il datore di
lavoro:
a) mantiene in
efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d'igiene, mediante la
manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie;
b) provvede a
che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici
ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante;
c) fornisce
istruzioni comprensibili per i lavoratori;
d) destina ogni
DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano l'uso di uno
stesso DPI da parte di più persone, prende misure adeguate affinché tale uso
non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori;
e) informa
preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge;
f) rende
disponibile nell'azienda ovvero unità produttiva informazioni adeguate su ogni
DPI; g) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno
specifico addestramento circa l'uso corretto e l'utilizzo pratico dei DPI. 5.
In ogni caso
l'addestramento è indispensabile:
a) per ogni DPI
che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, appartenga alla
terza categoria;
b) per i
dispositivi di protezione dell'udito.
Art. 44.
Obblighi dei
lavoratori
1. I lavoratori
si sottopongono al programma di formazione e addestramento organizzato dal
datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell'art. 43, commi 4,
lettera g), e 5.
2. I lavoratori
utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente all'informazione e
alla formazione ricevute e all'addestramento eventualmente organizzato.
3. I lavoratori:
a) hanno cura
dei DPI messi a loro disposizione;
b) non vi
apportano modifiche di propria iniziativa.
4. Al termine
dell'utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia di
riconsegna dei DPI.
5. I lavoratori
segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto
qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro
disposizione.
Art. 45.
Criteri per
l'individuazione e l'uso
1. Il contenuto degli
allegati III, IV e V costituisce elemento di riferimento per l'applicazione di
quanto previsto all'art. 43, commi 1 e 4.
2. Il ministro
del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione
consultiva permanente, tenendo conto della natura, dell'attività e dei fattori
specifici di rischio, indica:
a) i criteri per
l'individuazione e l'uso dei DPI;
b) le
circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le priorità delle misure di
protezione collettiva, si rende necessario l'impiego dei DPI.
Norma
transitoria
1. Fino alla
data del 31 dicembre 1998 e, nel caso di dispositivi di emergenza destinati
all'autosalvataggio in caso di evacuazione, fino al 31 dicembre 2004, possono
essere impiegati:
a) i DPI
commercializzati ai sensi dell'art. 15, comma 1, del decreto legislativo 4
dicembre 1992, n. 475;
b) i DPI già in
uso alla data di entrata in vigore del presente decreto prodotti conformemente
alle normative vigenti nazionali o di altri paesi della comunità europea.
TITOLO V
Movimentazione
manuale dei carichi
Art. 47.
Campo di
applicazione
1. Le norme del
presente titolo si applicano alle attività che comportano la movimentazione
manuale dei carichi con i rischi, tra l'altro, di lesioni dorso-lombari per i
lavoratori durante il lavoro.
2. Si intendono
per:
a)
movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto o di sostegno di
un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare,
deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico che, per le loro
caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli,
comportano tra l'altro rischi di lesioni dorso-lombari;
b) lesioni
dorso-lombari: lesioni a carico delle strutture osteomiotendinee e
nerveovascolari a livello dorso lombare.
Art. 48.
Obblighi dei
datori di lavoro
1. Il datore di
lavoro adotta le misure organizzative necessarie o ricorre ai mezzi
appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità
di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori. 2. Qualora
non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei
lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie,
ricorre ai mezzi appropriati o fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati,
allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di
detti carichi, in base all'allegato VI.
3. Nel caso in
cui la necessità di una movimentazione manuale di un carico ad opera del
lavoratore non può essere evitata, il datore di lavoro organizza i posti di
lavoro in modo che detta movimentazione sia quanto più possibile sicura e sana.
4. Nei casi di
cui al comma 3 il datore di lavoro:
a) valuta, se
possibile, preliminarmente, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al
lavoro in questione e tiene conto in particolare delle caratteristiche del
carico, in base all'allegato VI;
b) adotta le
misure atte ad evitare o ridurre tra l'altro i rischi di lesioni dorso-lombari,
tenendo conto in particolare dei fattori individuali di rischio, delle
caratteristiche dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività
comporta, in base all'allegato VI;
c) sottopone
alla sorveglianza sanitaria di cui all'art. 16 gli addetti alle attività di cui
al presente titolo.
Art. 49.
Informazione e
formazione
1. Il datore di
lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda:
a) il peso di un
carico;
b) il centro di
gravità o il lato più pesante nel caso in cui il contenuto di un imballaggio
abbia una collocazione eccentrica;
c) la
movimentazione corretta dei carichi e i rischi che i lavoratori corrono se queste
attività non vengono eseguite in maniera corretta, tenuto conto degli elementi
di cui all'allegato VI.
2. Il datore di
lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata, in particolare in ordine
a quanto indicato al comma 1.
TITOLO VI
Uso di attrezzature
munite di videoterminali
Art. 50.
Campo di
applicazione
1. Le norme del
presente titolo si applicano alle attività lavorative che comportano l'uso di
attrezzature munite di videoterminali.
2. Le norme del
presente titolo non si applicano ai lavoratori addetti:
a) ai posti di
guida di veicoli o macchine;
b) ai sistemi
informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto; c) ai sistemi informatici
destinati in modo prioritario all'utilizzazione da parte del pubblico;
d) ai sistemi
denominati "portatili" ove non siano oggetto di utilizzazione
prolungata in un posto di lavoro;
e) alle macchine
calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un
piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure, necessario
all'uso diretto di tale attrezzatura;
f) alle macchine
di videoscrittura senza schermo separato.
Art. 51.
D e f i n i z i
o n i
1. Ai fini del
presente titolo si intende per:
a)
videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di
procedimento di visualizzazione utilizzato;
b) posto di
lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale,
eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione dati, ovvero
software per l'interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le
apparecchiature connesse, comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il modem,
la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonché
l'ambiente di lavoro immediatamente circostante;
c) lavoratore:
il lavoratore che utilizza una attrezzatura munita di videoterminale in modo
sistematico ed abituale, per almeno quattro ore consecutive giornaliere,
dedotte le interruzioni di cui all'art. 54, per tutta la
settimana lavorativa.
Art. 52.
Obblighi del datore
di lavoro
1. Il datore di
lavoro, all'atto della valutazione del rischio di cui all'art. 4, comma 1,
analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:
a) ai rischi per
la vista e per gli occhi;
b) ai problemi
legati alla postura ed all'affaticamento fisico o mentale;
c) alle
condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
2. Il datore di
lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base
alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero della
combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.
Art. 53.
Organizzazione
del lavoro
1. Il datore di
lavoro assegna le mansioni e i compiti lavorativi comportanti l'uso dei
videoterminali anche secondo una distribuzione del lavoro che consente di evitare
il più possibile la ripetitività e la monotonia delle operazioni.
Art. 54.
Svolgimento
quotidiano del lavoro
1. Il
lavoratore, qualora svolga la sua attività per almeno quattro ore consecutive,
ha diritto ad una interruzione della sua attività mediante pause ovvero
cambiamento di attività.
2. Le modalità
di tali interruzioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva anche
aziendale.
3. In assenza di
una disposizione contrattuale riguardante l'interruzione di cui al comma 1, il
lavoratore comunque ha diritto ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi
minuti di applicazione continuativa al videoterminale.
4. Le modalità e
la durata delle interruzioni possono essere stabilite temporaneamente a livello
individuale ove il medico competente ne evidenzi la necessità.
5. É comunque
esclusa la cumulabilità delle interruzioni all'inizio ed al termine dell'orario
di lavoro.
6. Nel computo
dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi di attesa della risposta da
parte del sistema elettronico, che sono considerati, a tutti gli effetti, tempo
di lavoro, ove il lavoratore non possa abbandonare il posto di lavoro.
7. La pausa é
considerata a tutti gli effetti parte integrante dell'orario di lavoro e, come
tale, non é riassorbibile all'interno di accordi che prevedono la riduzione
dell'orario complessivo di lavoro.
Art. 55.
Sorveglianza
sanitaria
1. I lavoratori,
prima di essere addetti alle attività di cui al presente titolo, sono
sottoposti ad una visita medica per evidenziare eventuali malformazioni
strutturali e ad un esame degli occhi e della vista effettuati dal medico
competente. Qualora l'esito della visita medica ne evidenzi la necessità, il
lavoratore è sottoposto ad esami specialistici.
2. In base alle
risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i lavoratori vengono
classificati in:
a) idonei, con o
senza prescrizioni;
b) non idonei.
3. I lavoratori
classificati come idonei con prescrizioni ed i lavoratori che abbiano compiuto
il quarantacinquesimo anno di età sono sottoposti a visita di controllo con
periodicità almeno biennale.
4. Il lavoratore
è sottoposto a controllo oftalmologico a sua richiesta, ogni qualvolta sospetta
una sopravvenuta alterazione della funzione visiva, confermata dal medico
competente.
5. La spesa
relativa alla dotazione di dispositivi speciali di correzione in funzione
dell'attività svolta è a carico del datore di lavoro.
Art. 56.
Informazione e
formazione
1. Il datore di
lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda:
a) le misure
applicabili al posto di lavoro, in base all'analisi dello stesso di cui
all'art. 52;
b) le modalità
di svolgimento dell'attività;
c) la protezione
degli occhi e della vista.
2. Il datore di
lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine
a quanto indicato al comma 1.
3. Il ministro
del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il ministro della
sanità, stabilisce con decreto una guida d'uso dei videoterminali.
Art. 57.
Consultazione e
partecipazione
1. Il datore di
lavoro informa preventivamente i lavoratori e il rappresentante per la
sicurezza dei cambiamenti tecnologici che comportano mutamenti
nell'organizzazione del lavoro, in riferimento alle attività di cui al presente
titolo.
Art. 58.
Adeguamento alle
norme
1. I posti di
lavoro utilizzati successivamente alla data di entrata in vigore del presente
decreto devono essere conformi alle prescrizioni dell'allegato VII.
2. I posti di
lavoro utilizzati anteriormente alla data di entrata in vigore del presente
decreto devono essere adeguati a quanto prescritto al comma 1 entro il 1
gennaio 1997.
Art. 59.
Caratteristiche
tecniche
1. Con decreto
dei ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione
consultiva permanente, sono disposti, anche in recepimento di direttive
comunitarie, gli adattamenti di carattere tecnico all'allegato VII in funzione
del progresso tecnico, della evoluzione delle normative e specifiche internazionali
oppure delle conoscenze nel settore delle attrezzature dotate di
videoterminali.
TITOLO VII
Protezione da
agenti cancerogeni
CAPO I
Disposizioni
generali
Art.
60. ( note )
Campo di
applicazione
1. Le norme del
presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali i lavoratori sono
o possono essere esposti ad agenti cancerogeni a causa della loro attività
lavorativa.
2. Le norme del
presente titolo non si applicano alle attività disciplinate dal:
a) decreto del
presidente della repubblica 10 settembre 1982, n. 962;
b) decreto
legislativo 25 gennaio 1992, n. 77;
c) decreto
legislativo 15 agosto 1991, n. 277, capo III.
3. Il presente
titolo non si applica ai lavoratori esposti soltanto alle radiazioni previste
dal trattato che istituisce la comunità europea dell'energia atomica.
Art.
61. ( note )
D e f i n i z i
o n i
1. Agli effetti
del presente decreto si intende per agente cancerogeno:
a) una sostanza
alla quale, nell'allegato 1 della direttiva 67/548/CEE, è attribuita la
menzione R 45: "Può provocare il cancro" o la menzione R 49:
"Può provocare il cancro per inalazione";
b) un preparato
su cui, a norma dell'art. 3, paragrafo 5, lettera j), della direttiva
88/379/CEE deve essere apposta l'etichetta con la menzione R 45: "Può
provocare il cancro" o con la menzione R 49: "Può
provocare il cancro per inalazione";
c) una sostanza,
un preparato o un processo di cui all'allegato VIII nonché una sostanza od un
preparato prodotti durante un processo previsto all'allegato VIII.
CAPO II
Obblighi del
datore di lavoro
Art. 62.
Sostituzione e
riduzione
1. Il datore di lavoro
evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno sul luogo di lavoro in
particolare sostituendolo, sempre che ciò é tecnicamente possibile, con una
sostanza o un preparato o un procedimento che nelle condizioni in cui viene
utilizzato non é o é meno nocivo alla salute e eventualmente alla sicurezza dei
lavoratori.
2. Se non é
tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno il datore di lavoro
provvede affinché la produzione o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno
avvenga in un sistema chiuso sempre che ciò é tecnicamente possibile.
3. Se il ricorso
ad un sistema chiuso non é tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede
affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso
valore tecnicamente possibile.
Art. 63.
Valutazione del
rischio
1. Fatto salvo
quanto previsto all'art. 62, il datore di lavoro effettua una valutazione
dell'esposizione a agenti cancerogeni, i risultati della quale sono riportati
nel documento di cui all'art. 4, comma 2.
2. Detta valutazione
tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della
loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni
prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli
stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di assorbimento, anche in
relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se in
massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o meno contenuti in
una matrice solida che ne riduce o ne impedisce la fuoriuscita.
3. Il datore di
lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta
le misure preventive e protettive del presente titolo, adattandole alle
particolarità delle situazioni lavorative.
4. Il documento
di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato con i seguenti dati:
a) le attività
lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni o di
processi industriali di cui all'allegato VIII, con l'indicazione dei motivi per
i quali sono impiegati agenti cancerogeni;
b) i
quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni prodotti ovvero
utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti;
c) il numero dei
lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni;
d) l'esposizione
dei suddetti lavoratori, ove e il grado
della stessa;
e) le misure
preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione
individuale utilizzati;
f) le indagini
svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le sostanze e i
preparati eventualmente utilizzati come sostituti.
5. Il datore di
lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di
modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della
salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione
effettuata.
6. Il
rappresentante per la sicurezza ha accesso anche ai dati di cui al comma 4,
fermo restando l'obbligo di cui all'art. 9, comma 3.
Art. 64.
Misure tecniche,
organizzative, procedurali
1. Il datore di
lavoro:
a) assicura,
applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni
lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni non superiori alle
necessità delle lavorazioni e che gli agenti cancerogeni in attesa di impiego,
in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati
sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette;
b) limita al
minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti
ad agenti cancerogeni, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate
provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i
segnali "vietato fumare", ed accessibili soltanto ai lavoratori che
debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro
funzione. In dette aree é fatto divieto di fumare;
c) progetta,
programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi é emissione di agenti
cancerogeni nell'aria. Se ciò non é tecnicamente possibile, l'eliminazione
degli agenti cancerogeni deve avvenire il più vicino possibile al punto di
emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'art. 4, comma 5,
lettera n). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato
sistema di ventilazione generale;
d) provvede alla
misurazione di agenti cancerogeni per verificare l'efficacia delle misure di
cui alla lettera c) e per individuare precocemente le esposizioni anomale
causate da un evento non prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura
e di misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato VIII del decreto
legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
e) provvede alla
regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli
impianti;
f) elabora
procedure per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni elevate;
g) assicura che
gli agenti cancerogeni sono conservati, manipolati, trasportati in condizioni
di sicurezza;
h) assicura che
la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello smaltimento degli scarti e dei
residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni, avvengano in
condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici
etichettati in modo chiaro, netto, visibile;
i) dispone, su conforme
parere del medico competente, misure protettive particolari per quelle
categorie di lavoratori per i quali l'esposizione a taluni agenti cancerogeni
presenta rischi particolarmente elevati.
Art. 65.
Misure igieniche
1. Il datore di
lavoro:
a) assicura che
i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati ed adeguati;
b) dispone che i
lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da riporre in posti
separati dagli abiti civili;
c) provvede
affinché i dispositivi di protezione individuale siano custoditi in luoghi
determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì
a far riparare o sostituire quelli difettosi, prima di ogni nuova
utilizzazione.
2. É vietato
assumere cibi e bevande o fumare nelle zone di lavoro di cui all'art. 64,
lettera b).
Informazione e
formazione
1. Il datore di
lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni
ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a) gli agenti
cancerogeni presenti nei cicli lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per
la salute connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti
al fumare;
b) le precauzioni
da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure
igieniche da osservare;
d) la necessità
di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi
individuali di protezione ed il loro corretto impiego;
e) il modo di
prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare per ridurre al
minimo le conseguenze.
2. Il datore di
lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine
a quanto indicato al comma 1.
3.
L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i
lavoratori siano adibiti alle attività in questione e vengono ripetute, con
frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle
lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Il datore di
lavoro provvede inoltre affinché gli impianti, i contenitori, gli imballaggi
contenenti agenti cancerogeni siano etichettati in maniera chiaramente
leggibile e comprensibile. I contrassegni utilizzati e le altre indicazioni
devono essere conformi al disposto della legge 29 maggio 1974, n. 256, e
successive modifiche ed integrazioni.
Art. 67.
Esposizione non
prevedibile
1. Se si
verificano eventi non prevedibili o incidenti che possono comportare
un'esposizione anomala dei lavoratori, il datore di lavoro adotta quanto prima
misure appropriate per identificare e rimuovere la causa dell'evento e ne
informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.
2. I lavoratori
devono abbandonare immediatamente l'area interessata, cui possono accedere
soltanto gli addetti agli interventi di riparazione ed ad altre operazioni
necessarie, indossando idonei indumenti protettivi e dispositivi di protezione
delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal datore di lavoro. In ogni
caso l'uso dei dispositivi di protezione non può essere permanente e la sua
durata, per ogni lavoratore, é limitata al minimo strettamente necessario.
3. Il datore di
lavoro comunica al più presto all'organo di vigilanza il verificarsi degli
eventi di cui al comma 1 e riferisce sulle misure adottate per ridurre al
minimo le conseguenze.
Art. 68.
Operazioni
lavorative particolari
1. Nel caso di
determinate operazioni lavorative, come quella di manutenzione, per le quali,
nonostante l'adozione di tutte le misure di prevenzione tecnicamente
applicabili, é prevedibile un'esposizione rilevante dei lavoratori addetti, il
datore di lavoro previa consultazione del rappresentante per la sicurezza:
a) dispone che
soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree anche provvedendo,
ove tecnicamente possibile, all'isolamento delle stesse ed alla loro
identificazione mediante appositi contrassegni;
b) fornisce ai
lavoratori speciali indumenti e dispositivi di protezione individuale che
devono essere indossati dai lavoratori adibiti alle suddette operazioni.
2. La presenza
nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti é in ogni caso ridotta al
minimo compatibilmente con le necessità delle lavorazioni.
CAPO III
Sorveglianza
sanitaria
Accertamenti
sanitari e norme preventive e protettive specifiche
1. I lavoratori
per i quali la valutazione di cui all'art. 63 ha evidenziato un rischio per la
salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria. 2. Il datore di lavoro, su
conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive
per singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e
biologici effettuati.
3. Le misure di
cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le
procedure dell'art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.
4. Ove gli
accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo
analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di una anomalia imputabile a tale
esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
5. A seguito
dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro effettua: a) una nuova
valutazione del rischio in conformità all'art. 63; b) ove sia tecnicamente
possibile, una misurazione della concentrazione dell'agente in aria per
verificare l'efficacia delle misure adottate.
6. Il medico
competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza
sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all'opportunità di
sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività
lavorativa.
Art. 70.
Registro di
esposizione e cartelle sanitarie
1. I lavoratori di
cui all'art. 69 sono iscritti in un registro nel quale è riportata, per
ciascuno di essi, l'attività svolta, l'agente cancerogeno utilizzato e, ove
noto, il valore dell'esposizione a tale agente. Detto registro è istituito ed
aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico
competente. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi
e il rappresentante per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
2. Il datore di
lavoro:
a) consegna
copia del registro di cui al comma 1 all'Istituto superiore per la prevenzione
e sicurezza sul lavoro ed all'organo di vigilanza competente per territorio e
comunica loro ogni 3 anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano
richiesta, le variazioni intervenute;
b) consegna, a
richiesta, all'Istituto superiore di sanità copia del registro di cui al comma
1;
c) comunica
all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e all'organo
di vigilanza competente per territorio la cessazione del rapporto di lavoro dei
lavoratori di cui all'art. 69, con le eventuali variazioni sopravvenute
dall'ultima comunicazione delle relative anzioni individuali contenute nel
registro di cui al comma 1. Consegna all'Istituto superiore per la prevenzione
e sicurezza sul lavoro le relative cartelle sanitarie e di rischio;
d) in caso di
cessazione di attività dell'azienda, consegna il registro di cui al comma 1
all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro copia dello
stesso all'organo di vigilanza competente per territorio. Consegna all'Istituto
superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro le cartelle sanitarie e di
rischio;
e) in caso di
assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attività con
esposizione al medesimo agente, richiede all'Istituto superiore per la
prevenzione e sicurezza sul lavoro copia delle anzioni individuali contenute
nel registro di cui al comma 1, nonché copia della cartella sanitaria e di
rischio;
f) tramite il
medico competente comunica ai lavoratori interessati le relative anzioni
individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e nella cartella sanitaria
e di rischio ed al rappresentante per la sicurezza i dati collettivi anonimi
contenuti nel registro di cui al comma 1.
3. Le anzioni
individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e
di rischio sono conservate dal datore di lavoro almeno fino a risoluzione del
rapporto di lavoro e dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza
sul lavoro fino a quaranta anni dalla cessazione di ogni attività che espone ad
agenti cancerogeni.
4. La
documentazione di cui ai commi 1, 2 e 3 è custodita e trasmessa con
salvaguardia del segreto professionale.
5. I modelli e
le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1 e delle cartelle sanitarie
e di rischio sono determinati con decreto del Ministro della sanità di concerto
con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione
consultiva permanente.
6. L'Istituto
superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro trasmette annualmente al
Ministero della sanità dati di sintesi relativi alle risultanze dei requisiti
di cui al comma 1.
Art. 71.
Registrazione
dei tumori
1. I medici, le
strutture sanitarie pubbliche e private, nonché gli istituti previdenziali
assicurativi pubblici o privati, che refertano casi di neoplasie da loro
ritenute causate da esposizione lavorativa ad agenti cancerogeni, trasmettono
all'ISPESL copia della relativa documentazione clinica ovvero anatomopatologica
e quella inerente l'anamnesi lavorativa.
2. Presso
l'ISPESL é tenuto, ai fini di analisi aggregate, un archivio nominativo dei
casi di neoplasia di cui al comma 1.
3. Con decreto
dei ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la
commissione consultiva permanente, sono determinate le caratteristiche dei
sistemi informativi che, in funzione del tipo di neoplasia accertata, ne
stabiliscono la raccolta, l'acquisizione, l'elaborazione e l'archiviazione,
nonché le modalità di registrazione di cui al comma 2, e le modalità di
trasmissione di cui al comma 1.
4. Il ministero
della sanità fornisce, su richiesta, alla commissione ce, informazioni sulle
utilizzazioni dei dati del registro di cui al comma 1.
Art. 72.
Adeguamenti
normativi
1. Nelle attività
con uso di sostanze o preparati ai quali é attribuita dalla direttiva
comunitaria la menzione r 45: "può provocare il cancro" o la menzione
r 49: "può provocare il cancro per inalazione", il datore di lavoro
applica le norme del presente titolo.
2. Con decreto
dei ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la
commissione consultiva permanente e la commissione tossicologica nazionale, é
aggiornato periodicamente l'elenco delle sostanze e dei processi di cui
all'allegato VIII in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di
normative e specifiche internazionali e delle conoscenze nel settore degli
agenti cancerogeni.
TITOLO VIII
CAPO I
Art. 73.
Campo di
applicazione
1. Le norme del
presente titolo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è
rischio di esposizione ad agenti biologici.
2. Restano ferme
le disposizioni particolari di recepimento delle norme comunitarie sull'impiego
confinato di microrganismi geneticamente modificati e sull'emissione deliberata
nell'ambiente di organismi geneticamente modificati. Il comma 1 dell'art. 7 del
decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, è soppresso.
Art. 74.
Definizioni
1. Ai sensi del
presente titolo si intende per:
a) agente
biologico: qualsiasi microrganismo anche se geneticamente modificato, coltura
cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o
intossicazioni;
b)
microrganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di
riprodursi o trasferire materiale genetico;
c) coltura
cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule derivate da
organismi pluricellulari.
Art. 75.
Classificazione
degli agenti biologici
1. Gli agenti
biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a seconda del rischio di
infezione:
a) agente
biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare
malattie in soggetti umani;
b) agente
biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie in soggetti umani e
costituire un rischio per i lavoratori;
É poco probabile
che si propaga nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure
profilattiche o terapeutiche;
c) agente
biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti
umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l'agente biologico può
propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure
profilattiche o terapeutiche;
d) agente
biologico del gruppo 4: un agente biologico che può provocare malattie gravi in
soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare
un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili, di
norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.
2. Nel caso in
cui l'agente biologico oggetto di classificazione non può essere attribuito in
modo inequivocabile ad uno fra i due gruppi sopraindicati, esso va classificato
nel gruppo di rischio più elevato tra le due possibilità.
3. L'allegato XI
riporta l'elenco degli agenti biologici classificati nei gruppi 2, 3, 4.
Comunicazione
1. Il datore di
lavoro che intende esercitare attività che comportano uso di agenti biologici dei
gruppi 2 o 3, comunica all'organo di vigilanza territorialmente competente le
seguenti informazioni, almeno 30 giorni prima dell'inizio dei lavori:
a) il nome e
l'indirizzo dell'azienda e il suo titolare;
b) il documento
di cui all'art. 78, comma 5.
2. Il datore di
lavoro che é stato autorizzato all'esercizio di attività che comporta
l'utilizzazione di un agente biologico del gruppo 4 é tenuto alla comunicazione
di cui al comma 1.
3. Il datore di
lavoro invia una nuova comunicazione ogni qualvolta si verificano nelle
lavorazioni mutamenti che comportano una variazione significativa del rischio
per la salute sul posto di lavoro, o, comunque, ogni qualvolta si intende
utilizzare un nuovo agente classificato dal datore di lavoro in via
provvisoria.
4. Il rappresentante
per la sicurezza ha accesso alle informazioni di cui al comma 1.
5. Ove le
attività di cui al comma 1 comportano la presenza di microrganismi
geneticamente modificati appartenenti al gruppo II, come definito all'art. 4
del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, il documento di cui al comma 1,
lettera b), é sostituito da copia della documentazione prevista per i singoli
casi di specie dal predetto decreto.
6. I laboratori
che forniscono un servizio diagnostico sono tenuti alla comunicazione di cui al
comma 1 anche per quanto riguarda gli agenti biologici del gruppo 4.
Art. 77.
Autorizzazione
1. Il datore di
lavoro che intende utilizzare, nell'esercizio della propria attività, un agente
biologico del gruppo 4 deve munirsi di autorizzazione del ministero della
sanità.
2. La richiesta
di autorizzazione é corredata da:
a) le
informazioni di cui all'art. 76, comma 1;
b) l'elenco
degli agenti che si intende utilizzare.
3.
L'autorizzazione é rilasciata dal ministero della sanità sentito il parere
dell'istituto superiore di sanità. Essa ha la durata di 5 anni ed é
rinnovabile. L'accertamento del venir meno di una delle condizioni previste per
l'autorizzazione ne comporta la revoca.
4. Il datore di
lavoro in possesso dell'autorizzazione di cui al comma 1 informa il ministero
della sanità di ogni nuovo agente biologico del gruppo 4 utilizzato, nonché di
ogni avvenuta cessazione di impiego di un agente biologico del gruppo 4.
5. I laboratori
che forniscono un servizio diagnostico sono esentati dagli adempimenti di cui
al comma 4.
6. Il ministero
della sanità comunica all'organo di vigilanza competente per territorio le
autorizzazioni concesse e le variazioni sopravvenute nell'utilizzazione di
agenti biologici del gruppo 4. Il ministero della sanità istituisce ed aggiorna
un elenco di tutti gli agenti biologici del gruppo 4 dei quali é stata
comunicata l'utilizzazione sulla base delle previsioni di cui ai commi 1 e 4.
CAPO II
Obblighi del
datore di lavoro
Art. 78.
Valutazione del
rischio
1. Il datore di
lavoro, nella valutazione del rischio di cui all'art. 4, comma 1, tiene conto
di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell'agente
biologico e delle modalità lavorative, ed in particolare:
a) della
classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un
pericolo per la salute umana quale risultante dall'allegato XI o, in assenza,
di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze
disponibili e seguendo i criteri di cui all'art. 75, commi 1 e 2;
b)
dell'informazione sulle malattie che possono essere contratte; c
) dei potenziali
effetti allergici e tossici;
d) della
conoscenza di una patologia della quale è affetto un lavoratore, che è da porre
in correlazione diretta all'attività lavorativa svolta;
e) delle
eventuali ulteriori situazioni rese note dall'autorità sanitaria competente che
possono influire sul rischio; f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti
biologici utilizzati.
2. Il
datore di lavoro applica i principi di buona prassi microbiologica, ed adotta,
in relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive di cui al
presente titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.
3. Il datore di lavoro
effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche
dell'attività lavorativa significative ai fini della sicurezza e della salute
sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione
effettuata.
4. Nelle
attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativo nell'allegato IX,
che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti
biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli
stessi, il datore di lavoro può prescindere dall'applicazione delle
disposizioni di cui agli articoli 80, 81, commi 1 e 2, 82, comma 3, e 86,
qualora i risultati della valutazione dimostrano che l'attuazione di tali
misure non è necessaria.
5. Il documento
di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato dai seguenti dati: a) le fasi del
procedimento lavorativo che comportano il rischio di esposizione ad agenti
biologici;
b) il numero dei
lavoratori addetti alle fasi di cui alla lettera a);
c) le generalità
del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
d) i metodi e le
procedure lavorative adottate, nonché le misure preventive e protettive
applicate;
e) il programma
di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad
un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel caso di un difetto nel
contenimento fisico.
6. Il
rappresentante per la sicurezza è consultato prima dell'effettuazione della
valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso anche ai dati di cui al comma 5.
Art. 79.
Misure tecniche,
organizzative, procedurali
1. In tutte le
attività per le quali la valutazione di cui all'art. 78 evidenzia rischi per la
salute dei lavoratori il datore di lavoro attua misure tecniche, organizzative
e procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici.
2. In
particolare, il datore di lavoro:
a) evita
l'utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo di attività lavorativa
lo consente;
b) limita al
minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al rischio di agenti
biologici;
c) progetta
adeguatamente i processi lavorativi;
d) adotta misure
collettive di protezione ovvero misure di protezione individuali qualora non
sia possibile evitare altrimenti l'esposizione;
e) adotta misure
igieniche per prevenire e ridurre al minimo la propagazione accidentale di un
agente biologico fuori dal luogo di lavoro;
f) usa il
segnale di rischio biologico, rappresentato nell'allegato x, e altri segnali di
avvertimento appropriati;
g) elabora
idonee procedure per prelevare, manipolare e trattare campioni di origine umana
ed animale;
h) definisce
procedure di emergenza per affrontare incidenti;
i) verifica la
presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro al di fuori del contenimento
fisico primario, se necessario o tecnicamente realizzabile;
l) predispone i
mezzi necessari per la raccolta, l'immagazzinamento e lo smaltimento dei
rifiuti in condizioni di sicurezza, mediante l'impiego di contenitori adeguati
ed identificabili eventualmente dopo idoneo trattamento dei rifiuti stessi;
m) concorda
procedure per la manipolazione ed il trasporto in condizioni di sicurezza di
agenti biologici all'interno del luogo di lavoro.
Art. 80.
Misure igieniche
1. In tutte le
attività nelle quali la valutazione di cui all'art. 78 evidenzia rischi per la
salute dei lavoratori, il datore di lavoro assicura che:
a) i lavoratori
dispongano dei servizi sanitari adeguati provvisti di docce con acqua calda e
fredda, nonché, se del caso, di lavaggi oculari e antisettici per la pelle;
b) i lavoratori
abbiano in dotazione indumenti protettivi od altri indumenti idonei, da riporre
in posti separati dagli abiti civili;
c) i dispositivi
di protezione individuale siano controllati, disinfettati e puliti dopo ogni
utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi
prima dell'utilizzazione successiva;
d) gli indumenti
di lavoro e protettivi che possono essere contaminati da agenti biologici
vengano tolti quando il lavoratore lascia la zona di lavoro, conservati separatamente
dagli altri indumenti, disinfettati, puliti e, se necessario, distrutti.
2. É vietato
assumere cibi o bevande e fumare nelle aree di lavoro in cui c'é rischio di
esposizione.
Art. 81.
Misure
specifiche per le strutture sanitarie e veterinarie
1. Il datore di
lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie, in sede di valutazione dei
rischi, presta particolare attenzione alla possibile presenza di agenti
biologici nell'organismo dei pazienti o degli animali e nei relativi campioni e
residui e al rischio che tale presenza comporta in relazione al tipo di
attività svolta.
2. In relazione
ai risultati della valutazione, il datore di lavoro definisce e provvede a che
siano applicate procedure che consentono di manipolare, decontaminare ed
eliminare senza rischi per l'operatore e per la comunità, i materiali ed i
rifiuti contaminati.
3. Nei servizi
di isolamento che ospitano pazienti od animali che sono, o potrebbero essere,
contaminati da agenti biologici del gruppo 3 o del gruppo 4, le misure di contenimento
da attuare per ridurre al minimo il rischio di infezione sono indicate
nell'allegato XII.
Art. 82.
Misure
specifiche per i laboratori e gli stabulari
1. Fatto salvo
quanto specificatamente previsto all'allegato XI, punto 6, nei laboratori comportanti
l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4 a fini di ricerca, didattici o
diagnostici, e nei locali destinati ad animali da laboratorio deliberatamente
contaminati con tali agenti, il datore di lavoro adotta idonee misure di
contenimento in conformità all'allegato XII.
2. Il datore di
lavoro assicura che l'uso di agenti biologici sia eseguito:
a) in aree di
lavoro corrispondenti almeno al secondo livello di contenimento, se l'agente
appartiene al gruppo 2;
b) in aree di
lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di contenimento, se l'agente
appartiene al gruppo 3;
c) in aree di
lavoro corrispondenti almeno al quarto livello di contenimento, se l'agente
appartiene al gruppo 4.
3. Nei
laboratori comportanti l'uso di materiali con possibile contaminazione da
agenti biologici patogeni per l'uomo e nei locali destinati ad animali da
esperimento, possibili portatori di tali agenti, il datore di lavoro adotta
misure corrispondenti almeno a quelle del secondo livello di contenimento.
4. Nei luoghi di
cui ai commi 1 e 3 in cui si fa uso di agenti biologici non ancora
classificati, ma il cui uso può far sorgere un rischio grave per la salute dei
lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle
del terzo livello di contenimento.
5. Per i luoghi
di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il ministero della sanità, sentito l'istituto
superiore di sanità, può individuare misure di contenimento più elevate.
Art. 83.
Misure
specifiche per i processi industriali
1. Fatto salvo
quanto specificatamente previsto all'allegato XI, punto 6, nei processi
industriali comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4, il
datore di lavoro adotta misure opportunamente scelte tra quelle elencate
nell'allegato XIII, tenendo anche conto dei criteri di cui all'art. 82, comma
2.
2. Nel caso di
agenti biologici non ancora classificati, il cui uso può far sorgere un rischio
grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure
corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
Art. 84.
Misure di
emergenza
1. Se si
verificano incidenti che possono provocare la dispersione nell'ambiente di un
agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4, i lavoratori devono
abbandonare immediatamente la zona interessata, cui possono accedere soltanto
quelli addetti ai necessari interventi, con l'obbligo di usare gli idonei mezzi
di protezione.
2. Il datore di
lavoro informa al più presto l'organo di vigilanza territorialmente competente,
nonché i lavoratori ed il rappresentante per la sicurezza, dell'evento, delle
cause che lo hanno determinato e delle misure che intende adottare, o che ha
già adottato, per porre rimedio alla situazione creatasi.
3. I lavoratori
segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto,
qualsiasi infortunio o incidente relativo all'uso di agenti biologici.
Art. 85.
Informazioni e
formazione
1. Nelle
attività per le quali la valutazione di cui all'art. 78 evidenzia rischi per la
salute dei lavoratori, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base
delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per
quanto riguarda:
a) i rischi per
la salute dovuti agli agenti biologici utilizzati;
b) le
precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche
da osservare;
d) la funzione
degli indumenti di lavoro e protettivi e dei dispositivi di protezione
individuale ed il loro corretto impiego;
e) le procedure
da seguire per la manipolazione di agenti biologici del gruppo 4;
f) il modo di
prevenire il verificarsi di infortuni e le misure da adottare per ridurne al
minimo le conseguenze.
2. Il datore di
lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine
a quanto indicato al comma 1.
3.
L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i
lavoratori siano adibiti alle attività in questione, e ripetute, con frequenza
almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni
cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Nel luogo di
lavoro sono apposti in posizione ben visibile cartelli su cui sono riportate le
procedure da seguire in caso di infortunio od incidente.
CAPO III
Sorveglianza
sanitaria
Prevenzione e
controllo
1. I lavoratori
addetti alle attività per le quali la valutazione dei rischi ha evidenziato un
rischio per la salute sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria. 2. Il datore
di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive
particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari
individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali:
a) la messa a
disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni
all'agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del
medico competente;
b)
l'allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell'art. 8 del
decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.
2-bis. Ove gli
accertamenti sanitari abbiamo evidenziato, nei lavoratori esposti in modo
analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di anomalia imputabile a tale
esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
2-ter. A seguito
dell'informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro effettua una nuova
valutazione del rischio in conformità all'art. 78.
2-quater. Il
medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sul controllo
sanitario cui sono sottoposti e sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti
sanitari anche dopo la cessazione dell'attività che comporta rischio di
esposizione a particolari agenti biologici individuati nell'allegato XI, nonché
sui vantaggi ed inconvenienti della vaccinazione e della non vaccinazione.
Art. 87.
Registri degli
esposti e degli eventi accidentali
1. I lavoratori
addetti ad attività comportanti uso di agenti del gruppo 3 ovvero 4 sono
iscritti in un registro in cui sono riportati, per ciascuno di essi, l'attività
svolta, l'agente utilizzato e gli eventuali casi di esposizione individuale.
2. Il datore di
lavoro istituisce ed aggiorna il registro di cui al comma 1 e ne cura la tenuta
tramite il medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione e
protezione e il rappresentante per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
3. Il datore di
lavoro:
a) consegna
copia del registro di cui al comma 1 all'Istituto superiore di sanità,
all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e all'organo
di vigilanza competente per territorio, comunicando ad essi, ogni tre anni e
comunque ogni qualvolta questi ne fanno richiesta, le variazioni intervenute;
b) comunica
all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e all'organo
di vigilanza competente per territorio la cessazione del rapporto di lavoro dei
lavoratori di cui al comma 1 fornendo al contempo l'aggiornamento dei dati che
li riguardano e consegna al medesimo Istituto le relative cartelle sanitarie e
di rischio;
c) in caso di
cessazione di attività dell'azienda, consegna all'Istituto superiore di sanità
e all'organo di vigilanza competente per territorio, copia del registro di cui
al comma 1 e all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro
copia del medesimo registro nonché le cartelle sanitarie e di rischio;
d) in caso di
assunzione di lavoratori che hanno esercitato attività che comportano rischio
di esposizione allo stesso agente richiede all'ISPESL copia delle anzioni
individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonché copia della
cartella sanitaria e di rischio;
e) tramite il
medico competente comunica ai lavoratori interessati le relative anzioni
individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e nella cartella sanitaria
e di rischio ed al rappresentante per la sicurezza i dati collettivi anonimi
contenuti nel registro di cui al comma 1.
4. Le anzioni
individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e
di rischio sono conservate dal datore di lavoro fino a risoluzione del rapporto
di lavoro e dall'ISPESL fino a dieci anni dalla cessazione di ogni attività che
espone ad agenti biologici. Nel caso di agenti per i quali è noto che possono
provocare infezioni consistenti o latenti o che danno luogo a malattie con
recrudescenza periodica per lungo tempo o che possono avere gravi sequele a
lungo termine tale periodo è di quaranta anni.
5. La
documentazione di cui ai precedenti commi è custodita e trasmessa con
salvaguardia del segreto professionale.
6. I modelli e
le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1 e delle cartelle sanitarie
e di rischio sono determinati con decreto del Ministro della sanità e del
lavoro e della previdenza sociale sentita la commissione consultiva permanente.
7. L'ISPESL
trasmette annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi relativi alle
risultanze del registro di cui al comma 1.
Art. 88.
Registro dei
casi di malattia e di decesso
1. Presso
l'ISPESL é tenuto un registro dei casi di malattia ovvero di decesso dovuti
all'esposizione ad agenti biologici.
2. I medici,
nonché le strutture sanitarie, pubbliche o private, che refertano i casi di
malattia, ovvero di decesso di cui al comma 1, trasmettono all'ISPESL copia
della relativa documentazione clinica.
3. Con decreto
dei ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la
commissione consultiva, sono determinati il modello e le modalità di tenuta del
registro di cui al comma 1, nonché le modalità di trasmissione della
documentazione di cui al comma 2.
4. Il ministero
della sanità fornisce alla commissione ce, su richiesta, informazioni su
l'utilizzazione dei dati del registro di cui al comma 1.
TITOLO IX
Sanzioni
Art. 89.
Contravvenzioni
commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti
1. Il datore di
lavoro e ' punito con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre
milioni a otto milioni per la violazione degli articoli 4, commi 2, 4, lettera
a), 6, 7 e 11, primo periodo; 63, commi 1, 4 e 5; 69, comma 5, lettera a); 78,
commi 3 e 5; 86, comma 2-ter.
2. Il datore di
lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto
da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per
la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere b), d), e), h), l), n) e q);
7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e) e 4; 15, comma 1; 22, commi 1 a 5;
30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4, 4-bis, 4-ter,
4-quater e 5; 36, comma 8-ter; 38; 41; 43, commi 3, 4, lettere a), b), d) e g)
e 5; 48; 49, comma 2; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 56, comma 2; 58; 62;
63, comma 3; 64; 65, comma 1; 66, comma 2; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1, 2
e 5, lettera b); 77, comma 1; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2 e 3;
82; 85, comma 2; 86, commi 1 e 2;
b) con l'arresto
da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire cinque milioni
per la violazione degli articoli 4, commi 4, lettere b) e c), 5, lettere c),
f), g), i), m) e p); 7, commi 1 e 3; 9, comma 2; 10; 12, comma 1, lettere a),
b) e c); 21; 37; 43, comma 4, lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56, comma 1;
57; 66, commi 1 e 4; 67, comma 3; 70, comma 1; 76, commi 1, 2 e 3; 77, comma 4;
84, comma 2; 85, commi 1 e 4; 87, commi 1 e 2.
3. Il datore di
lavoro ed il dirigente sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da
lire un milione a lire sei milioni per la violazione degli articoli 4, commi 5,
lettera o), e 8; 8, comma 11; 11; 70, commi 2 e 3; 87, commi 3 e 4.
Art. 90.
Contravvenzioni
commesse dai preposti
1. I preposti
sono puniti:
a) con l'arresto
sino a due mesi o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni per
la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere b), d), e), h), l), n) e q);
7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e), e 4; 15, comma 1; 30, commi 3, 4, 5
e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4, 4-bis, 4-ter e 4-quater, 41; 43,
commi, 3, 4, lettere a), b) e d); 48; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 58;
62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1 e 2; 78,
comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2 e 3; 82; 83; 86, commi 1 e 2;
b) con l'arresto
sino a un mese o con l'ammenda da lire trecentomila a lire un milione per la
violazione degli articoli 4, comma 5, lettere c), f), g), i) e m); 7, commi 1,
lettera b), e 3; 9, comma 2; 12, comma 1, lettere a) e c); 21; 37; 43, comma 4,
lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 66, commi 1 e 4; 85, commi
1 e 4.
Art. 91.
Contravvenzioni
commesse dai progettisti, dai fabbricanti e dagli installatori
1. La violazione
dell'art. 6, comma 2, è punita con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da
lire quindici milioni a lire sessanta milioni.
2. La violazione
dell'art. 6, commi 1 e 3, è punita con l'arresto fino ad un mese o con
l'ammenda da lire seicentomila a lire due milioni.
Art. 92.
Contravvenzioni commesse
dal medico competente
1. Il medico
competente è punito:
a) con l'arresto
fino a due mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire sei milioni per la
violazione degli articoli 17, comma 1, lettere b), d), h) e l); 69, comma 4;
86, comma 2-bis;
b) con l'arresto
fino a un mese o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire tre milioni per
la violazione degli articoli 17, comma 1, lettere e), f), g) ed i), nonché del
comma 3.
Art. 93.
Contravvenzioni
commesse dai lavoratori
1. I lavoratori
sono puniti:
a) con l'arresto
fino a un mese o con l'ammenda da lire quattrocentomila a lire un milione e
duecentomila per la violazione degli articoli 5, comma 2; 12, comma 3, primo
periodo; 39; 44; 84, comma 3;
b) con l'arresto
fino a quindici giorni o con l'ammenda da lire duecentomila a lire seicentomila
per la violazione degli articoli 67, comma 2; 84, comma 1.
Art. 94.
Violazioni
amministrative
1. Chiunque
viola le disposizioni di cui agli articoli 65, comma 2, e 80,comma 2, é punito
con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire centomila a lire
trecentomila.
TITOLO X
Disposizioni
transitorie e finali
Art. 95.
Norma
transitoria
1. In sede di
prima applicazione del presente decreto e comunque non oltre il 31 dicembre
1996 il datore di lavoro che intende svolgere direttamente i compiti di
prevenzione e protezione dai rischi é esonerato dalla frequenza del corso di
formazione di cui al comma 2 dell'art. 10, ferma restando l'osservanza degli
adempimenti previsti dal predetto art. 10, comma 2, lettere a), b) e c).
Art. 96.
Decorrenza degli
obblighi di cui all'art. 4
1. É fatto
obbligo di adottare le misure di cui all'art. 4 nel termine di dodici mesi
dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Art.
96-bis.
Attuazione degli
obblighi.
1. Il datore di
lavoro che intraprende un'attività lavorativa di cui all'art. 1 è tenuto a
elaborare il documento di cui all'art. 4, comma 2, del presente decreto entro
tre mesi dall'effettivo inizio dell'attività.
Art. 97.
Obblighi
d'informazione
1. Il ministero
del lavoro e della previdenza sociale trasmette alla commissione:
a) il testo
delle disposizioni di diritto interno adottate nel settore della sicurezza e
della salute dei lavoratori durante il lavoro;
b) ogni cinque
anni, una relazione sull'attuazione pratica delle disposizioni dei titoli I,
II, III e IV;
c) ogni quattro
anni, una relazione sull'attuazione pratica delle disposizioni dei titoli V e
VI.
2. Le relazioni
di cui al comma 1 sono trasmesse anche alle commissioni parlamentari.
Art. 98.
Norma finale
1. Restano in
vigore, in quanto non specificatamente modificate dal presente decreto, le
disposizioni vigenti in materia di prevenzione degli infortuni ed igiene del
lavoro.
Il presente
decreto, munito del sigillo dello stato, sarà inserito nella raccolta ufficiale
degli atti normativi della repubblica italiana. É fatto obbligo a chiunque
spetti di osservarlo e di farlo osservare.
ALLEGATO I
CASI IN CUI E' CONSENTITO LO SVOLGIMENTO DIRETTO DA PARTE
DEL DATORE DI LAVORO DEI COMPITI
DI PREVENZIONE E PROTEZIONE DAI RISCHI (ART. 10).
1. Aziende
artigiane e industriali (1) ..... fino a 30 addetti
2. Aziende
agricole e zootecniche ........fino a 10 addetti (2)
3. Aziende della
pesca....... fino a 20 addetti
4. Altre aziende
....... fino a 200 addetti
(1) Escluse le
aziende industriali di cui all'art. 1 del decreto del Presidente della
Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive modifiche, soggette all'obbligo
di dichiarazione o notifica ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso,
le centrali termoelettriche, gli impianti ed i laboratori nucleari, le aziende
estrattive ed altre attività minerarie, le aziende per la fabbricazione ed il
deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, le strutture di ricovero e
cura sia pubbliche sia private.
(2) Addetti
assunti a tempo indeterminato.
ALLEGATO II
PRESCRIZIONI DI SICUREZZA E DI SALUTE PER I LUOGHI DI
LAVORO
1. Rilevazione e
lotta antincendio. A seconda delle dimensioni e dell'uso degli edifici, delle
attrezzature presenti, delle caratteristiche fisiche e chimiche delle sostanze
presenti, nonché del numero massimo di persone che possono essere presenti, i
luoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi adeguati per combattere
l'incendio, e se del caso, di rilevatori di incendio e di sistemi di allarme.
I dispositivi
non automatici di lotta antincendio devono essere facilmente accessibili e
utilizzabili.
Essi devono
essere oggetto di una segnaletica conforme alla normativa vigente.
Questa
segnaletica deve essere apposta nei luoghi appropriati ed essere durevole.
2. Locali
adibiti al pronto soccorso.
Qualora
l'importanza dei locali, il tipo di attività in essi svolta e la frequenza
degli infortuni lo richiedano, occorre prevedere uno o più locali adibiti al
pronto soccorso.
I locali adibiti
al pronto soccorso devono essere dotati di apparecchi e di materiale di pronto
soccorso indispensabili ed essere facilmente accessibili con barelle.
Essi devono
essere oggetto di una segnaletica conforme alla normativa vigente.
Il materiale di
pronto soccorso deve inoltre essere disponibile in tutti i luoghi in cui le
condizioni di lavoro lo richiedano.
Esso deve essere
oggetto di una segnaletica appropriata e deve essere facilmente accessibile.
ALLEGATO III
SCHEMA INDICATIVO PER L'INVENTARIO DEI RISCHI AI FINI
DELL'IMPIEGO
DI ATTREZZATURE DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
(parte di
testo non memorizzata)
ALLEGATO IV
ELENCO INDICATIVO E NON ESAURIENTE DELLE ATTREZZATURE DI
PROTEZIONE INDIVIDUALE
Dispositivi di
protezione della testa.
- Caschi di
protezione per l'industria (caschi per miniere, cantieri di lavori pubblici,
industrie varie);
- Copricapo
leggero per proteggere il cuoio capelluto (berretti, cuffie, retine con o senza
visiera);
- Copricapo di
protezione (cuffie, berretti, cappelli di tela cerata, ecc., in tessuto, in
tessuto rivestito, ecc.).
Dispositivi di
protezione dell'udito.
- Palline e
tappi per le orecchie;
- Caschi
(comprendenti l'apparato auricolare);
- Cuscinetti
adattabili ai caschi di protezione per l'industria;
- Cuffie con
attacco per ricezione a bassa frequenza;
- Dispositivi di
protezione contro il rumore con apparecchiature di intercomunicazione.
Dispositivi di
protezione degli occhi e del viso.
- Occhiali a
stanghette;
- Occhiali a
maschera;
- Occhiali di
protezione contro i raggi x, i raggi laser, le radiazioni ultraviolette,
infrarosse, visibili;
- Schermi
facciali;
- Maschere e
caschi per la saldatura ad arco (maschere a mano, a cuffia o adattabili a
caschi protettivi).
Dispositivi di
protezione delle vie respiratorie.
- Apparecchi
antipolvere, antigas e contro le polveri radioattive;
- Apparecchi
isolanti a presa d'aria;
- Apparecchi
respiratori con maschera per saldatura amovibile;
- Apparecchi ed
attrezzature per sommozzatori;
- Scafandri per
sommozzatori.
Dispositivi di
protezione delle mani e delle braccia.
- Guanti: contro
le aggressioni meccaniche (perforazioni, tagli, vibrazioni, ecc.); contro le
aggressioni chimiche; per elettricisti e antitermici;
- Guanti a sacco;
- Ditali;
- Manicotti;
- Fasce di
protezione dei polsi;
- Guanti a mezze
dita;
- Manopole.
Dispositivi di
protezione dei piedi e delle gambe.
- Scarpe basse,
scarponi, tronchetti, stivali di sicurezza;
- Scarpe a
slacciamento o sganciamento rapido.
- Scarpe con
protezione supplementare della punta del piede;
- Scarpe e
soprascarpe con suola anticalore;
- Scarpe,
stivali e soprastivali di protezione contro il calore;
- Scarpe,
stivali e soprastivali di protezione contro il freddo;
- Scarpe,
stivali e soprastivali di protezione contro le vibrazioni;
- Scarpe,
stivali e soprastivali di protezione antistatici;
- Scarpe,
stivali e soprastivali di protezione isolanti;
- Stivali di
protezione contro le catene delle trance meccaniche;
- Zoccoli;
- Ginocchiere;
Dispositivi di
protezione amovibili del collo del piede.
- Ghette;
- Suole
amovibili (anticalore, antiperforazione o antitraspirazione);
- Ramponi
amovibili per ghiaccio, neve, terreno sdrucciolevole.
Dispositivi di
protezione della pelle.
- Creme
protettive/pomate.
Dispositivi di
protezione del tronco e dell'addome.
- Giubbotti,
giacche e grembiuli di protezione contro le aggressioni meccaniche
(perforazioni, tagli, spruzzi di metallo fuso, ecc.);
- Giubbotti, giacche
e grembiuli di protezione contro le aggressioni chimiche;
- Giubbotti
termici;
- Giubbotti di
salvataggio;
- Grembiuli di
protezione contro i raggi x;
- Cintura di
sicurezza del tronco.
Dispositivi
dell'intero corpo.
- Attrezzature
di protezione contro le cadute;
- Attrezzature
cosiddette anticaduta (attrezzature complete comprendenti tutti gli accessori
necessari al funzionamento);
- Attrezzature
con freno 'ad assorbimento di energia cinetica (attrezzature complete
comprendenti tutti gli accessori necessari al funzionamento);
Dispositivo di
sostegno del corpo (imbracatura di sicurezza).
- Indumenti di
protezione
- Indumenti di
lavoro cosiddetti 'di sicurezza' (due pezzi e tute);
- Indumenti di
protezione contro le aggressioni meccaniche (perforazioni, tagli, ecc.);
- Indumenti di
protezione contro le aggressioni chimiche;
- Indumenti di
protezione contro gli spruzzi di metallo fuso e di raggi infrarossi;
- Indumenti di
protezione contro il calore;
- Indumenti di
protezione contro il freddo;
- Indumenti di
protezione contro la contaminazione radioattiva;
- Indumenti
antipolvere;
- Indumenti
antigas;
- Indumenti ed
accessori (bracciali e guanti, ecc.) fluorescenza di segnalazione,
catarifrangenti;
- Coperture di
protezione.
ALLEGATO V
ELENCO INDICATIVO E NON ESAURIENTE DELLE ATTIVITA' E DEI
SETTORI DI ATTIVITA' PER I QUALI PUO'
RENDERSI NECESSARIO METTERE A DISPOSIZIONE ATTREZZATURE DI PROTEZIONE
INDIVIDUALE
1. Protezione
del capo (protezione del cranio).
Elmetti di
protezione.
- lavori edili,
soprattutto lavori sopra, sotto o in prossimità di impalcature e di posti di
lavoro sopraelevati, montaggio e smontaggio di armature, lavori di
installazione e di posa di ponteggi e operazioni di demolizione;
- lavori su ponti
d'acciaio, su opere edili in strutture d'acciaio di grande altezza, piloni,
torri, costruzioni idrauliche in acciaio, altiforni, acciaierie e laminatoi,
grandi serbatoi, grandi condotte, caldaie e centrali elettriche;
- lavori in
fossati, trincee, pozzi e gallerie di miniera;
- lavori in
terra e in roccia;
- lavori in
miniere sotterranee, miniere a cielo aperto e lavori di spostamento di ammassi
di sterile;
- uso di
estrattori di bulloni;
- brillatura
mine;
- lavori in
ascensori e montacarichi, apparecchi di sollevamento, gru e nastri
trasportatori;
- lavori nei
pressi di altiforni, in impianti di riduzione diretta, in acciaierie, in
laminatoi, in stabilimenti metallurgici, in impianti di fucinatura a maglio e a
stampo, nonché in fonderie;
- lavori in
forni industriali, contenitori, apparecchi, silos, tramogge e condotte;
- costruzioni
navali;
- smistamento
ferroviario;
- macelli.
2. Protezione
del piede.
Scarpe di
sicurezza con suola imperforabile.
- lavori di
rustico, di genio civile e lavori stradali;
- lavori su
impalcature;
- demolizioni di
rustici;
- lavori in
calcestruzzo ed in elementi prefabbricati con montaggio e smontaggio di
armature;
- lavori in
cantieri edili e in aree di deposito;
- lavori su
tetti.
Scarpe di
sicurezza senza suola imperforabile.
- lavori su
ponti d'acciaio, opere edili in strutture di grande altezza, piloni, torri,
ascensori e montacarichi, costruzioni idrauliche in acciaio, altiforni,
acciaierie, laminatoi, grandi contenitori, grandi condotte, gru, caldaie, e
impianti elettrici;
- costruzioni di
forni, installazione di impianti di riscaldamento e di aerazione, nonché
montaggio di costruzioni metalliche;
- lavori di
trasformazione e di manutenzione;
- lavori in
altiforni, impianti di riduzione diretta, acciaierie e laminatoi, stabilimenti
metallurgici, impianti di fucinatura a maglio e a stampo, impianti di
pressatura a caldo e di trafilatura;
- lavori in cave
di pietra, miniere, a cielo aperto e rimozione di discarica;
- lavorazione e
finitura di pietre;
- produzione di
vetri piani e di vetri cavi, nonché lavorazione e finitura;
- manipolazione
di stampi nell'industria della ceramica;
- lavori di
rivestimenti in prossimità del forno nell'industria della ceramica;
- lavori nell'industria
della ceramica pesante e nell'industria dei materiali da costruzione;
- movimentazione
e stoccaggio;
- manipolazione
di blocchi di carni surgelate e di contenitori metallici di conserve;
- costruzioni
navali;
- smistamento
ferroviario.
Scarpe di
sicurezza con tacco o con suola continua e con intersuola imperforabile.
- lavori sui
tetti.
Scarpe di
sicurezza con intersuola termoisolante.
- attività su e
con masse molto fredde o ardenti.
Scarpe di
sicurezza a slacciamento rapido.
- in caso di
rischio di penetrazione di masse incandescenti fuse.
3. Protezione
degli occhi o del volto.
Occhiali di
protezione, visiere o maschere di protezione.
- lavori di
saldatura, molatura e tranciatura;
- lavori di
mortasatura e di scalpellatura;
- lavorazione e
finitura di pietre;
- uso di
estrattori di bulloni;
- impiego di
macchine asportatrucioli durante la lavorazione di materiale che producono
trucioli corti;
- fucinatura a
stampo;
- rimozione e
frantumazione di schegge;
- operazioni di
sabbiatura;
- manipolazione
di prodotti acidi e alcalini, disinfettanti e detergenti corrosivi;
- impiego di
pompe a getto liquido;
- manipolazione
di masse incandescenti fuse o lavori in prossimità delle stesse;
- lavori che
comportano esposizione al calore radiante;
- impiego di
laser.
4. Protezione
delle vie respiratorie.
Autorespiratori.
- lavori in
contenitori, in vani ristretti ed in forni industriali riscaldati a gas,
qualora sussista il rischio di intossicazione da gas o di carenza di ossigeno.
- lavoro nella
zona di caricamento dell'altoforno;
- lavori in
prossimità dei convertitori e delle condutture di gas di altoforno;
- lavori in
prossimità della colata in siviera qualora sia prevedibile che se ne
sprigionino fumo di metalli pesanti;
- lavori di
rivestimento di forni e di siviere qualora sia prevedibile la formazione di
polveri;
- verniciatura a
spruzzo senza sufficiente aspirazione;
- lavori in
pozzetti, canali ed altri vani sotterranei nell'ambito della rete fognaria;
- attività in impianti
frigoriferi che presentino un rischio di fuoriuscita del refrigerante.
5. Protezione
dell'udito.
Otoprotettori.
- lavori nelle
vicinanze di presse per metalli;
- lavori che
implicano l'uso di utensili pneumatici;
- attività del
personale a terra negli aeroporti;
- battitura di
pali e costipazione del terreno;
- lavori nel
legname e nei tessili.
6. Protezione
del tronco, delle braccia e delle mani.
Indumenti
protettivi.
- manipolazione
di prodotti acidi e alcalini, disinfettanti e detergenti corrosivi;
- lavori che
comportano la manipolazione di masse calde o la loro vicinanza o comunque
un'esposizione al calore;
- lavorazione di
vetri piani;
- lavori di
sabbiatura;
- lavori in
impianti frigoriferi.
Indumenti
protettivi difficilmente infiammabili.
- lavori di
saldatura in ambienti ristretti.
Grembiuli
imperforabili.
- operazioni di
disossamento e di squartamento nei macelli;
- lavori che
comportano l'uso di coltelli, nel caso in cui questi siano mossi in direzione
del corpo.
Grembiuli di
cuoio.
- saldatura;
- fucinatura;
- fonditura;
Bracciali.
- operazioni di
disossamento e di squartamento nei macelli.
Guanti.
- saldatura;
- manipolazione
di oggetti con spigoli vivi, esclusi i casi in cui sussista il rischio che il guanto
rimanga impigliato nelle macchine;
- manipolazione
a cielo aperto di prodotti acidi e alcalini.
Guanti a maglia
metallica.
- operazione di
disossamento e di squartamento nei macelli;
- attività
protratta di taglio con il coltello nei reparti di produzione e macellazione;
- sostituzione
di coltelli nelle taglierine.
7. Indumenti di
protezione contro le intemperie.
- lavori edili
all'aperto con clima piovoso e freddo.
8. Indumenti
fosforescenti
- lavori in cui
é necessario percepire in tempo la presenza dei lavoratori.
9. Attrezzatura
di protezione anticaduta (imbracature di sicurezza).
- lavori su
impalcature;
- montaggio di
elementi prefabbricati;
- lavori su
piloni.
10. Attacco di
sicurezza con corda.
- posti di
lavoro in cabine sopraelevate di gru;
- posti di
lavoro in cabine di manovra sopraelevate di transelevatori;
- posti di
lavoro sopraelevati su torri di trivellazione;
- lavori in
pozzi e in fogne.
11. Protezione
dell'epidermide.
- manipolazione
di emulsioni;
- concia di
pellami.
ALLEGATO VI
Elementi di riferimento
1.
Caratteristiche del carico. La movimentazione manuale di un carico può
costituire un rischio tra l'altro dorso-lombare nei casi seguenti:
- il carico é
troppo pesante (kg 30);
- é ingombrante
o difficile da afferrare;
- é in
equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi;
- é collocato in
una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato ad una certa
distanza dal tronco o con una torsione o inclinazione del tronco;
- può, a motivo
della struttura esterna e/o della consistenza, comportare lesioni per il
lavoratore, in particolare in caso di urto.
2. Sforzo fisico
richiesto.
Lo sforzo fisico
può presentare un rischio tra l'altro dorso-lombare nei seguenti casi:
- é eccessivo;
- può essere effettuato
soltanto con un movimento di torsione del tronco;
- può comportare
un movimento brusco del carico;
- é compiuto con
il corpo in posizione instabile.
3.
Caratteristiche dell'ambiente di lavoro.
Le
caratteristiche dell'ambiente di lavoro possono aumentare le possibilità di
rischio tra l'altro dorso-lombare nei seguenti casi:
- lo spazio
libero, in particolare verticale, é insufficiente per lo svolgimento
dell'attività richiesta;
- il pavimento é
ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o di scivolamento per le scarpe
calzate dal lavoratore;
- il posto o
l'ambiente di lavoro non consentono al lavoratore la movimentazione manuale di
carichi a un'altezza di sicurezza o in buona posizione;
- il pavimento o
il piano di lavoro presenta dislivelli che implicano la manipolazione del
carico a livelli diversi;
- il pavimento o
il punto di appoggio sono instabili;
- la
temperatura, l'umidità o la circolazione dell'aria sono inadeguate.
4. Esigenze
connesse all'attività.
L'attività può
comportare un rischio tra l'altro dorso-lombare se comporta una o più delle
seguenti esigenze:
- sforzi fisici
che sollecitano in particolare la colonna vertebrale, troppo frequenti o troppo
prolungati;
- periodo di
riposo fisiologico o di recupero insufficiente;
- distanze
troppo grandi di sollevamento, di abbassamento o di trasporto;
- un ritmo
imposto da un processo che non può essere modulato dal lavoratore.
Fattori
individuali di rischio
Il lavoratore
può correre un rischio nei seguenti casi:
- inidoneità fisica
a svolgere il compito in questione;
- indumenti,
calzature o altri effetti personali inadeguati portati dal lavoratore;
- insufficienza
o inadeguatezza delle conoscenze o della formazione.
ALLEGATO VII
PRESCRIZIONI MINIME
Osservazione
preliminare.
Gli obblighi
previsti dal presente allegato si applicano al fine di realizzare gli obiettivi
del Titolo VI e qualora gli elementi esistano sul posto di lavoro e non
contrastino con le esigenze o caratteristiche intrinseche della mansione.
1. Attrezzature.
a) osservazione
generale.
L'utilizzazione
in sé dell'attrezzatura non deve essere fonte di rischio per i lavoratori.
b) schermo.
I caratteri
sullo schermo devono avere una buona definizione e una forma chiara, una
grandezza sufficiente e vi deve essere uno spazio adeguato tra i caratteri e le
linee.
L'immagine sullo
schermo deve essere stabile; esente da sfarfallamento o da altre forme
d'instabilità.
La brillanza e/o
il contrasto tra i caratteri e lo sfondo dello schermo devono essere facilmente
regolabili da parte dell'utilizzatore del videoterminale e facilmente
adattabili alle condizioni ambientali.
Lo schermo deve
essere orientabile ed inclinabile liberamente e facilmente per adeguarsi alle
esigenze dell'utilizzatore.
É possibile
utilizzare un sostegno separato per lo schermo o un piano regolabile.
Lo schermo non
deve avere riflessi e riverberi che possano causare molestia all'utilizzatore.
c) tastiera.
La tastiera
dev'essere inclinabile e dissociata dallo schermo per consentire al lavoratore
di assumere una posizione confortevole e tale da non provocare l'affaticamento
delle braccia o delle mani.
Lo spazio
davanti alla tastiera dev'essere sufficiente onde consentire un appoggio per le
mani e le braccia dell'utilizzatore.
La tastiera deve
avere una superficie opaca onde evitare i riflessi.
La disposizione
della tastiera e le caratteristiche dei tasti devono tendere ad agevolare l'uso
della tastiera stessa.
I simboli dei
tasti devono presentare sufficiente contrasto ed essere leggibili dalla normale
posizione di lavoro.
d) piano di
lavoro.
Il piano di
lavoro deve avere una superficie poco riflettente, essere di dimensioni
sufficienti e permettere una disposizione flessibile dello schermo, della
tastiera, dei documenti e del materiale accessorio.
Il supporto per
i documenti deve essere stabile e regolabile e deve essere collocato in modo
tale da ridurre al massimo i movimenti fastidiosi della testa e degli occhi.
É necessario uno
spazio sufficiente che permetta ai lavoratori una posizione comoda.
e) sedile di
lavoro.
Il sedile di
lavoro dev'essere stabile, permettere all'utilizzatore una certa libertà di
movimento ed una posizione comoda.
I sedili debbono
avere altezza regolabile.
Il loro
schienale deve essere regolabile in altezza e in inclinazione.
Un poggiapiedi
sarà messo a disposizione di coloro che lo desiderino.
2. Ambiente
a) Spazio Il
posto di lavoro deve essere ben dimensionato e allestito in modo che vi sia
spazio sufficiente per permettere cambiamenti di posizione e di movimenti
operativi.
b) Illuminazione
L'illuminazione generale ovvero l'illuminazione specifica (lampade di lavoro)
devono garantire un'illuminazione sufficiente ed un contrasto appropriato tra
lo schermo e l'ambiente, tenuto conto delle caratteristiche del lavoro e delle
esigenze visive dell'utilizzatore. Fastidiosi abbagliamenti e riflessi sullo
schermo o su altre attrezzature devono essere evitati strutturando
l'arredamento del locale e del posto di lavoro in funzione dell'ubicazione
delle fonti di luce artificiale e delle loro caratteristiche tecniche.
c) Riflessi e
abbagliamenti I posti di lavoro devono essere sistemati in modo che le fonti
luminose quali le finestre e le altre aperture, le pareti trasparenti o
traslucide, nonché le attrezzature e le pareti di colore chiaro non producano
riflessi sullo schermo. Le finestre devono essere munite di un opportuno
dispositivo di copertura regolabile per attenuare la luce diurna che illumina
il posto di lavoro.
d) Rumore Il
rumore emesso dalle attrezzature appartenenti al/ai posto/i di lavoro deve
essere preso in considerazione al momento della sistemazione del posto di
lavoro, in particolare al fine di non perturbare l'attenzione e la
comunicazione verbale.
e) Calore Le
attrezzature appartenenti al/ai posto/i di lavoro non devono produrre un
eccesso di calore che possa essere fonte di disturbo per i lavoratori.
f) Radiazioni
Tutte le radiazioni, eccezion fatta per la parte visibile dello spettro
elettromagnetico, devono essere ridotte a livelli trascurabili dal punto di vista
della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori.
g) Umidità Si
deve fare in modo di ottenere e mantenere un'umidità soddisfacente.
3. Interfaccia
elaboratore/uomo
All'atto
dell'elaborazione, della scelta, dell'acquisto del software, o allorché questo
viene modificato, come anche nel definire le mansioni che implicano
l'utilizzazione di unità videoterminali, il datore di lavoro terrà conto dei
seguenti fattori:
a) il software
deve essere adeguato alla mansione da svolgere;
b) il software deve
essere di facile uso e, se del caso, adattabile a livello di conoscenza e di
esperienza dell'utilizzatore; nessun dispositivo o controllo quantitativo o
qualitativo può essere utilizzato all'insaputa dei lavoratori;
c) i sistemi
debbono fornire ai lavoratori delle indicazioni sul loro svolgimento;
d) i sistemi
devono fornire l'informazione di un formato e ad un ritmo adeguato agli
operatori; e) i principi dell'ergonomia devono essere applicati in particolare
all'elaborazione dell'informazione da parte dell'uomo.
ALLEGATO VIII
ELENCO DI SISTEMI, PREPARATI E PROCEDIMENTI
1. Produzione di
auramina col metodo michler.
2. Lavori che
espongono agli idrocarburi policiclici aromatici presenti nella fuliggine, nel
catrame, nella pece, nel fumo o nelle polveri di carbone.
3. Lavori che
espongono alle polveri, fumi e nebbie prodotti durante il raffinamento del
nichel a temperature elevate.
4. Processo agli
acidi forti nella fabbricazione di alcool isopropilico.
ALLEGATO IX
ELENCO ESEMPLIFICATIVO DI ATTIVITA' LAVORATIVE CHE
POSSONO COMPORTARE LA PRESENZA DI AGENTI BIOLOGICI
1. Attività in
industrie alimentari.
2. Attività
nell'agricoltura.
3. Attività
nelle quali vi é contatto con animali e/o con prodotti di origine animale.
4. Attività nei
servizi sanitari, comprese le unità di isolamento e post mortem.
5. Attività nei
laboratori clinici, veterinari e diagnostici, esclusi i laboratori di diagnosi
microbiologica.
6. Attività in
impianti di smaltimento rifiuti e di raccolta di rifiuti speciali
potenzialmente infetti.
7. Attività
negli impianti per la depurazione delle acque di scarico.
ALLEGATO X
SEGNALE DI RISCHIO BIOLOGICO
(parte di
testo non memorizzata)
ALLEGATO XI
ELENCO DEGLI AGENTI BIOLOGICI CLASSIFICATI
1.Sono inclusi
nella classificazione unicamente gli agenti di cui è noto che possono provocare
malattie infettive in soggetti umani.
I rischi tossico
ovvero allergenico eventualmente presenti sono indicati a fianco di ciascun
agente in apposita colonna.
Non sono stati
presi in considerazione gli agenti patogeni di animali e piante di cui è noto
che non hanno effetto sull'uomo.
In sede di
compilazione di questo primo elenco di agenti biologici classificati non si è
tenuto conto dei microrganismi geneticamente modificati.
2. La
classificazione degli agenti biologici si basa sull'effetto esercitato dagli
stessi su lavoratori sani.
Essa non tiene
conto dei particolari effetti sui lavoratori la cui sensibilità potrebbe essere
modificata da altre cause quali malattia preesistente, uso di medicinali,
immunità compromessa, stato di gravidanza o allattamento, fattori dei quali è
tenuto conto nella sorveglianza sanitaria di cui all'art. 95.
3. Gli agenti
biologici che non sono stati inclusi nei gruppi 2, 3, 4 dell'elenco non sono
implicitamente inseriti nel gruppo 1.
Per gli agenti
di cui è per numerose specie la
patogenicità per l'uomo, l'elenco comprende le specie più frequentemente
implicate nelle malattie, mentre un riferimento di carattere più generale
indica che altre specie appartenenti allo stesso genere possono avere effetti
sulla salute dell'uomo.
Quando un intero
genere è menzionato nell'elenco degli agenti biologici, è implicito che i ceppi
e le specie definiti non patogeni sono esclusi dalla classificazione.
4. Quando un
ceppo è attenuato o ha perso geni notoriamente virulenti, il contenimento
richiesto dalla classificazione del ceppo parentale non è necessariamente
applicato a meno che la valutazione del rischio da esso rappresentato sul luogo
di lavoro non lo richieda.
5. Tutti i virus
che sono già stati isolati nell'uomo e che ancora non figurano nel presente
allegato devono essere considerati come appartenenti almeno al gruppo due, a
meno che sia provato che non possono provocare malattie nell'uomo.
6. Taluni agenti
classificati nel gruppo tre ed indicati con doppio asterisco (**) nell'elenco
allegato possono comportare un rischio di infezione limitato perché normalmente
non sono veicolati dall'aria. Nel caso di particolari attività comportanti l'utilizzazione
dei suddetti agenti, in reazione al tipo di operazione effettuata e dei
quantitativi impiegati può risultare sufficiente, per attuare le misure di cui
ai punti 2 e 13 dell'allegato XII ed ai punti 2, 3, 5 dell'allegato XIII,
assicurare i livelli di contenimento ivi previsti per gli agenti del gruppo 2.
7. Le misure di
contenimento che derivano dalla classificazione dei parassiti si applicano
unicamente agli stadi del ciclo del parassita che possono essere infettivi per
l'uomo.
8. L'elenco
contiene indicazioni che individuano gli agenti biologici che possono provocare
reazioni allergiche o tossiche, quelli per i quali è disponibile un vaccino
efficace e quelli per i quali è opportuno conservare per almeno dieci anni
l'elenco dei lavoratori che hanno operato in attività con rischio di
esposizione a tali agenti.
Tali indicazioni
sono:
A: possibili
effetti allergici;
D: l'elenco dei
lavoratori che hanno operato con detti agenti deve essere conservato per almeno
dieci anni dalla cessazione dell'ultima attività comportante rischio di
esposizione;
T: produzione di
tossine;
V: vaccino
efficace disponibile.
( Seguono,
in formato PDF, gli elenchi degli agenti biologici e relative
classificazioni )
ALLEGATO XII
SPECIFICHE SULLE MISURE DI CONTENIMENTO E SUI LIVELLI DI
CONTENIMENTO
preliminare:
Le misure
contenute in questo allegato debbono essere applicate in base alla natura delle
attività, la valutazione del rischio per i lavoratori e la natura dell'agente
biologico di cui trattasi.
A. |
B. |
||
2 |
3 |
4 |
|
1. LA ZONA
DI LAVORO DEVE ESSERE SEPARATA DA QUALSIASI ALTRA ATTIVITÀ NELLO STESSO
EDIFICIO |
NO |
RACCOMANDATO |
SI |
2. L'ARIA IMMESSA
NELLA ZONA DI LAVORO E L'ARIA ESTRATTA ESSERE FILTRATE ATTRAVERSO UN
ULTRAFILTRO (HEPA) O UN FILTRO SIMILE |
NO |
SI, SULL'ARIA
ESTRATTA |
SI, SULL'ARIA
IMMESSA E SU QUELLA ESTRATTA |
3. L'ACCESSO
DEVE ESSERE LIMITATO ALLE PERSONE AUTORIZZATE |
RACCOMANDATO |
SI |
SI, ATTRAVERSO UNA
CAMERA DI COMPENSAZIONE |
4. LA ZONA DI
LAVORO DEVE POTER ESSERE CHIUSA A TENUTA PER CONSENTIRE LA DISINFEZIONE |
NO |
RACCOMANDATO |
SI |
5. SPECIFICHE
PROCEDURE DI DISINFEZIONE |
SI |
SI |
SI |
6. LA ZONA DI
LAVORO DEVE ESSERE MANTENUTA AD UNA PRESSIONE NEGATIVA RISPETTO A QUELLA
ATMOSFERICA |
NO |
RACCOMANDATO |
SI |
7. CONTROLLO
EFFICACE DEI VETTORI, AD ESEMPIO, RODITORI ED INSETTI |
RACCOMANDATO |
SI |
SI |
8. SUPERFICI
IDROREPELLENTI E DI FACILE PULITURA |
SI, PER IL BANCO DI
LAVORO |
SI, PER IL BANCO DI
LAVORO L'ARREDO E IL PAVIMENTO |
SI, PER IL BANCO DI
LAVORO L'ARREDO, I MURI IL PAVIMENTO E IL SOFFITTO |
9. SUPERFICI RESISTENTI
AGLI ACIDI, AGLI ALCALI, AI SOLVENTI, AI DISINFETTANTI |
RACCOMANDATO |
SI |
SI |
10. DEPOSITO
SICURO PER AGENTI BIOLOGICI |
SI |
SI |
SI, DEPOSITO SICURO |
11.FINESTRA
D'ISPEZIONE O ALTRO DISPOSITIVO CHE PERMETTA DI VEDERNE GLI OCCUPANTI |
RACCOMANDATO |
RACCOMANDATO |
SI |
12.I
LABORATORI DEVONO CONTENERE L'ATTREZZATURA A LORO NECESSARIA |
NO |
RACCOMANDATO |
SI |
13.I
MATERIALI INFETTI, COMPRESI GLI ANIMALI, DEVONO ESSERE MANIPOLATI IN CABINE
DI SICUREZZA, ISOLATORI O ALTRI ADEGUATI CONTENITORI |
OVE OPPORTUNO |
SI, QUANDO
L'INFEZIONE É VEICOLATA DALL'ARIA |
SI |
14.INCENERITORI
PER L'ELIMINAZIONE DELLE CARCASSE DI ANIMALI |
RACCOMANDATO |
SI (DISPONIBILE) |
SI, SUL POSTO |
15. MEZZI E
PROCEDURE PER IL TRATTAMENTO DEI RIFIUTI |
SI |
S |
SI, CON
STERILIZZAZIONE |
16. TRATTAMENTO DELLE ACQUE REFLUE |
NO |
FACOLTATIVO |
SI |
ALLEGATO XIII
SPECIFICHE PER PROCESSI INDUSTRIALI
Agenti biologici
del gruppo 1
Per le attività
con agenti biologici del gruppo 1, compresi i vaccini spenti, si osserveranno i
principi di una buona sicurezza ed igiene professionali.
Agenti biologici
dei gruppi 2, 3 e 4
Può risultare
opportuno selezionare ed abbinare specifiche di contenimento da diverse
categorie tra quelle sottoindicate, in base ad una valutazione di rischio
connessa con un particolare processo o parte di esso.
|
LIVELLI DI CONTENIMENTO |
||
MISURE DI CONTENIMENTO |
2 |
3 |
4 |
1.GLI ORGANISMI
VIVI DEVONO ESSERE MANIPOLATI IN UN SISTEMA CHE SEPARI FISICAMENTE IL
PROCESSO DALL'AMBIENTE |
SI |
SI |
SI |
2. I GAS DI
SCARICO DEL SISTEMA CHIUSO DEVONO ESSERE TRATTATI IN MODO DA: |
RIDURRE AL MINIMO
LE EMISSIONI |
EVITARE LE
EMISSIONI |
EVITARE LE
EMISSIONI |
3. IL PRELIEVO
DI CAMPIONI, L'AGGIUNTA DI MATERIALI IN UN SISTEMA CHIUSO E IL
TRASFERIMENTO DI ORGANISMI VIVI IN UN ALTRO SISTEMA CHIUSO DEVONO
ESSERE EFFETTUATI IN MODO DA: |
RIDURRE AL MINIMO
LE EMISSIONI |
EVITARE LE
EMISSIONI |
EVITARE LE
EMISSIONI |
4. LA COLTURA
DEVE ESSERE RIMOSSA DAL SISTEMA CHIUSO SOLO DOPO CHE GLI
ORGANISMI VIVI SONO STATI: |
INATTIVATI CON
MEZZI COLLAUDATI |
INATTIVATI CON
MEZZI CHIMICI O FISICI COLLAUDATI |
INATTIVATI CON MEZZI
CHIMICI O FISICI COLLAUDATI |
5. I
DISPOSITIVI DI CHIUSURA DEVONO ESSERE PREVISTI IN MODO DA: |
RIDURRE AL MINIMO
LE EMISSIONI |
EVITARE LE
EMISSIONI |
EVITARE LE
EMISSIONI |
6.I
SISTEMI CHIUSI DEVONO ESSERE COLLOCATI IN UNA ZONA CONTROLLATA |
FACOLTATIVO |
FACOLTATIVO |
SI E COSTRUITA
ALL'UOPO |
A) VANNO
PREVISTE SEGNALAZIONI DI PERICOLO BIOLOGICO |
FACOLTATIVO |
SI |
SI |
B) É
AMMESSO SOLO IL PERSONALE ADDETTO |
FACOLTATIVO |
SI |
SI, ATTRAVERSO
CAMERE DI CONDIZIONAMENTO |
C) IL
PERSONALE DEVE INDOSSARE TUTE DI PROTEZIONE |
SI, TUTE DA
LAVORO |
SI |
RICAMBIO COMPLETO |
D) OCCORRE
PREVEDERE UNA ZONA DI DECONTAMINAZIONE E LE DOCCE PER IL PERSONALE |
SI |
SI |
SI |
E) IL PERSONALE
DEVE FARE UNA DOCCIA PRIMA DI USCIRE DALLA ZONA CONTROLLATA |
NO |
FACOLTATIVO |
SI |
F) GLI
EFFLUENTI DEI LAVANDINI E DELLE DOCCE DEVONO ESSERE RACCOLTI E INATTIVATI
PRIMA DELL'EMISSIONE |
NO |
FACOLTATIVO |
SI |
G) LA ZONA CONTROLLATA
DEVE ESSERE ADEGUATAMENTE VENTILATA PER RIDURRE AL MINIMO LA CONTAMINAZIONE
ATMOSFERICA |
FACOLTATIVO |
FACOLTATIVO |
SI |
H) LA
PRESSIONE AMBIENTE NELLA ZONA CONTROLLATA DEVE ESSERE MANTENUTA AL DI SOTTO
DI QUELLA ATMOSFERICA |
NO |
FACOLTATIVO |
SI |
I) L'ARIA
IN ENTRATA E IN USCITA DALLA ZONA CONTROLLATA DEVE ESSERE FILTRATA CON
ULTRAFILTRI (HEPA) |
NO |
FACOLTATIVO |
SI |
J) LA ZONA
CONTROLLATA DEVE ESSERE CONCEPITA IN MODO DA IMPEDIRE QUALSIASI FUORIUSCITA
DAL SISTEMA CHIUSO |
NO |
FACOLTATIVO |
SI |
K) LA
ZONA CONTROLLATA DEVE POTER ESSERE SIGILLATA IN MODO DA RENDERE
POSSIBILE LE FUMIGAZIONI |
NO |
FACOLTATIVO |
SI |
L)TRATTAMENTO
DEGLI EFFLUENTI PRIMA DELLO SMALTIMENTO FINALE |
INATTIVATI CON
MEZZI COLLAUDATI |
INATTIVATI CON
MEZZI CHIMICI O FISICI COLLAUDATI |
INATTIVATI CON
MEZZI FISICI COLLAUDATI |
ALLEGATO XIV
ELENCO DELLE ATTREZZATURE DA SOTTOPORRE A VERIFICA
1) scale aeree
ad inclinazione variabile;
2) ponti mobili
sviluppabili su carro;
3) ponti sospesi
muniti di argano;
4)
idroestrattori centrifughi con diametro esterno del paniere 450 cm;
5) funi e catene
di impianti ed apparecchi di sollevamento;
6) funi e catene
di impianti ed apparecchi di trazione;
7) gru e apparecchi
di sollevamento di portata4 200 kg;
8) organi di
trazione, di attacco e dispositivi di sicurezza dei piani inclinati;
9) macchine e
attrezzature per la lavorazione di esplosivi;
10) elementi di
ponteggio;
11) ponteggi
metallici fissi;
12) argani dei
ponti sospesi;
13) funi dei
ponti sospesi;
14) armature
degli scavi;
15) freni dei
locomotori;
16) micce;
17) materiali
recuperati da costruzioni sceniche;
18) opere
sceniche;
19) riflettori e
batterie di accumulatori mobili;
20) teleferiche
private;
21) elevatori
trasferibili;
22) ponteggi
sospesi motorizzati;
23) funi dei
ponteggi sospesi motorizzati;
24) ascensori e
montacarichi in servizio privato;
25) apparecchi a
pressione semplici;
26) apparecchi a
pressione di gas;
27) generatori e
recipienti di vapore d'acqua;
28) generatori e
recipienti di liquidi surriscaldati;
29) forni per
oli minerali;
30) generatori
di calore per impianti di riscaldamento ad acqua calda;
31) recipienti
per trasporto di gas compressi, liquefatti e disciolti.
ALLEGATO XV
PRESCRIZIONI SUPPLEMENTARI APPLICABILI ALLE ATTREZZATURE
DI LAVORO SPECIFICHE
0. Osservazione
preliminare.
Le disposizioni
del presente allegato si applicano allorché esiste, per l'attrezzatura di lavoro
considerata, un rischio corrispondente.
Ai fini del loro
adempimento ed in quanto riferite ad attrezzature in esercizio, esse non
richiedono necessariamente l'adozione delle stesse misure corrispondenti ai
requisiti essenziali applicabili alle attrezzature di lavoro nuove.
1. Prescrizioni
applicabili alle attrezzature di lavoro mobili, semoventi o non semoventi.
1.1. Qualora il
bloccaggio intempestivo degli elementi di trasmissione d'energia accoppiabili
tra un'attrezzatura di lavoro mobile e suoi accessori e traini possa provocare
rischi specifici, l'attrezzatura di lavoro deve essere attrezzata o sistemata
in modo tale da impedire il bloccaggio degli elementi di trasmissione
d'energia.
Nel caso in cui
tale bloccaggio non possa essere impedito, dovrà essere presa ogni precauzione
possibile per evitare conseguenze pregiudizievoli per i lavoratori.
1.2. Se gli
organi di trasmissione di energia accoppiabili tra attrezzature di lavoro
mobili rischiano di sporcarsi e di rovinarsi strisciando al suolo, si devono
prevedere possibilità di fissaggio.
1.3. Le
attrezzature di lavoro mobili con lavoratore o lavoratori a bordo devono
limitare, nelle condizioni di utilizzazione reali, i rischi derivanti da un
ribaltamento dell'attrezzatura di lavoro:
a) mediante una
struttura di protezione che impedisca all'attrezzatura di ribaltarsi di più di
un quarto di giro,
b) ovvero
mediante una struttura che garantisca uno spazio sufficiente attorno al
lavoratore o ai lavoratori trasportati a bordo qualora il movimento possa
continuare oltre un quarto di giro,
c) ovvero da
qualsiasi altro dispositivo di portata equivalente.
Queste strutture
di protezione possono essere integrate all'attrezzatura di lavoro.
Queste strutture
di protezione non sono obbligatorie se l'attrezzatura di lavoro è stabilizzata
durante tutto il periodo d'uso, oppure se l'attrezzatura di lavoro è concepita
in modo da escludere qualsiasi ribaltamento della stessa.
Se sussiste il
pericolo che il lavoratore trasportato a bordo, in caso di ribaltamento,
rimanga schiacciato tra parti dell'attrezzatura di lavoro e il suolo, deve
essere installato un sistema di ritenzione del lavoratore o dei lavoratori
trasportati.
1.4. I carrelli
elevatori su cui prendono posto uno o più lavoratori devono essere sistemati o
attrezzati in modo da limitarne i rischi di ribaltamento, ad esempio:
a) installando
una cabina per il conducente;
b) mediante una
struttura atta ad impedire il ribaltamento del carrello elevatore;
c) mediante una
struttura concepita in modo tale da lasciare, in caso di ribaltamento del
carrello elevatore, uno spazio sufficiente tra il suolo e talune parti del
carrello stesso per il lavoratore o i lavoratori a bordo;
d) mediante una
struttura che trattenga il lavoratore o i lavoratori sul sedile del posto di
guida per evitare che, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, essi
possano essere intrappolati da parti del carrello stesso.
1.5. Le
attrezzature di lavoro mobili semoventi il cui spostamento può comportare
rischi per le persone devono soddisfare le seguenti condizioni:
a) esse devono
essere dotate dei mezzi necessari per evitare la messa in moto non autorizzata;
b) esse devono
essere dotate dei mezzi appropriati che consentano di ridurre al minimo le
conseguenze di un'eventuale collisione in caso di movimento simultaneo di più
attrezzature di lavoro circolanti su rotaia;
c) esse devono
essere dotate, qualora considerazioni di sicurezza l'impongano, di un
dispositivo di emergenza con comandi facilmente accessibili o automatici che ne
consenta la frenatura e l'arresto in caso di guasto del dispositivo di
frenatura principale;
d) quando il
campo di visione diretto del conducente è insufficiente per garantire la
sicurezza, esse devono essere dotate di dispositivi ausiliari per migliorare la
visibilità;
e) le
attrezzature di lavoro per le quali è previsto un uso notturno o in luoghi bui
devono incorporare un dispositivo di illuminazione adeguato al lavoro da
svolgere e garantire sufficiente sicurezza ai lavoratori;
f) le
attrezzature di lavoro che comportano, di per sé o a causa dei loro carichi o
traini, un rischio di incendio suscettibile di mettere in pericolo i
lavoratori, devono essere dotate di appropriati dispositivi antincendio a meno
che tali dispositivi non si trovino già ad una distanza sufficientemente
ravvicinata sul luogo in cui esse sono usate;
g) le
attrezzature di lavoro comandate con sistemi immateriali devono arrestarsi
automaticamente se escono dal campo di controllo;
h) le attrezzature
di lavoro telecomandate che, usate in condizioni normali possono comportare
rischi di urto o di intrappolamento dei lavoratori devono essere dotate di
dispositivi di protezione contro tali rischi, a meno che non siano installati
altri dispositivi per controllare il rischio di urto.
2. Prescrizioni
applicabili alle attrezzature di lavoro adibite al sollevamento di carichi.
2.1. Gli
accessori di sollevamento devono essere contrassegnati in modo da poterne identificare
le caratteristiche essenziali ai fini di un'utilizzazione sicura.
Se
l'attrezzatura di lavoro non è destinata al sollevamento di persone, una
segnalazione in tal senso dovrà esservi apposta in modo visibile onde non
ingenerare alcuna possibilità di confusione.
2.2. Le macchine
per il sollevamento o lo spostamento di persone devono essere di natura tale:
a) da escludere
qualsiasi rischio di schiacciamento, di intrappolamento oppure di urto
dell'utilizzatore, in particolare i rischi dovuti a collisione accidentale;
b) da garantire
che i lavoratori bloccati in caso di incidente nell'abitacolo non siano esposti
ad alcun pericolo e possano essere liberati.
AVVERTENZA: Il testo delle note qui
pubblicato è stato redatto ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico
delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti
del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della
Repubblica italiana, approvato con d.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo
fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle
quali è operato il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti
legislativi qui trascritti.
Note
alle premesse:
- L'art. 76
della Costituzione regola la delega al Governo dell'esercizio della funzione
legislativa e stabilisce che essa non può avvenire se non con determinazione di
principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti
definiti.
- L'art. 87,
comma quinto, della Costituzione conferisce al Presidente della Repubblica il
potere di promulgare le leggi e di emanare i decreti aventi valore di legge e i
regolamenti.
- La legge n.
142/1992 reca disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee (Legge comunitaria per il
1991). L'art. 43 così recita:
"Art. 43
(Sicurezza e salute dei lavoratori durante il lavoro: criteri di delega). - 1.
L'attuazione delle direttive del Consiglio 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE,
89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE sarà informata ai
seguenti principi e criteri direttivi:
a) fissare in
materia di sicurezza del lavoro e di prevenzione il rispetto dei livelli di
protezione previsti dalla legislazione nazionale, ove più favorevoli alla
sicurezza ed alla salute dei lavoratori;
b) fissare gli
obblighi generali e le responsabilità per l'attuazione delle misure di
sicurezza negli ambienti di lavoro e per l'osservanza delle condizioni e le
altre finalità di prevenzione e tutela dei lavoratori;
c) definire le
forme organizzative di sicurezza a livello aziendale e le forme di cooperazione
dei lavoratori al processo prevenzionale;
d) dettare le
disposizioni generali sull'impiego dei mezzi personali di protezione;
e) indicare le
caratteristiche e le funzioni dei servizi sanitari e di pronto soccorso
aziendale, prevedendo altresì la definizione delle competenze, dei requisiti
professionali e delle responsabilità del medico incaricato della sorveglianza
sanitaria dei lavoratori;
f) dettare le
misure di sicurezza in presenza di condizioni particolari di rischio;
g) prevedere, al
fine di assicurare il pieno raggiungimento delle finalità di prevenzione e di
tutela dei lavoratori perseguite dalle direttive da attuare:
1) il necessario
coordinamento tra le funzioni esercitate dallo Stato e quelle esercitate nella
materia dalle regioni, dai comuni e dalle unità sanitarie locali, anche la fine
di assicurare unità di indirizzi ed omogeneità di comportamento in tutto il
territorio nazionale nell'applicazione delle disposizioni in materia di
sicurezza del lavoro;
2) che i
competenti enti ed istituzioni svolgano attività di informazione, consulenza ed
assistenza in materia antinfortunistica e prevenzionale, con particolare
riferimento alle piccole e medie imprese, anche tramite la istituzione di
specifici corsi, anche obbligatori di formazione in detta materia;
3) i criteri per
la raccolta e l'elaborazione delle informazioni relative ai rischi e ai danni
derivanti dell'attività lavorativa;
4) che per
attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, da individuare
con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri
del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, l'attività di vigilanza
possa essere esercitata anche dall'ispettorato del lavoro;
5) che le
interruzioni periodiche di cui all'articolo 7 della direttiva del Consiglio
90/270/CEE, nonché le prescrizioni minime di cui all'allegato alla medesima
direttiva, siano espressamente definite e quantificate nel decreto legislativo
di attuazione.
2. Il decreto
legislativo recante le norme necessarie per l'attuazione delle direttive di cui
al comma 1 in materia di sicurezza e di salute dei lavoratori durante il lavoro
deve assicurare il mantenimento dei livelli di protezione più favorevoli
rispetto alla sicurezza e alla tutela della salute dei lavoratori previsti
dalla legislazione italiana vigente.
3. In deroga a
quanto previsto nell'articolo 1, il termine per l'emanazione del decreto
legislativo di attuazione delle direttive di cui al comma 1 del presente
articolo è fissato in diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge".
- La direttiva
89/391/CEE è pubblicata in GUCE n. L 183 del 29 giugno 1989. L'art. 16 così
recita:
"Art. 16
(Direttive particolari - Modifiche - Portata generale della presente
direttiva). - 1. Il Consiglio, su proposta della Commissione fondata
sull'articolo 118 A del trattato, stabilisce direttive particolari riguardanti,
fra l'altro, i settori di cui all'allegato.
2. La presente
direttiva e, fatta salva la procedura prevista all'articolo 17 per quanto
riguarda gli adattamenti tecnici, le direttive particolari possono essere
modificate conformemente alla procedura prevista all'articolo 118 A del
trattato.
3. Le
disposizioni della presente direttiva si applicano interamente all'insieme dei
settori contemplati dalle direttive particolari, fatte salve le disposizioni
più rigorose e/o specifiche contenute in queste direttive particolari".
- La direttiva
89/654/CEE è pubblicata in GUCE n. L 393 del 30 dicembre 1989.
- La direttiva
89/655/CEE è pubblicata in GUCE n. L 393 del 30 dicembre 1989.
- La direttiva
89/656/CEE è pubblicata in GUCE n. L 393 del 30 dicembre 1989.
- La direttiva
90/269/CEE è pubblicata in GUCE n. L 156 del 21 giugno 1990.
- La direttiva
90/270/CEE è pubblicata in GUCE n. L 156 del 21 giugno 1990.
- La direttiva
90/394/CEE è pubblicata in GUCE n. L 196 del 26 luglio 1990.
- La direttiva
90/679/CEE è pubblicata in GUCE n. L 374 del 31 dicembre 1990.
- La legge n.
146/1994 reca disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia dalle Comunità europee (legge comunitaria 1993).
all'art. 1:
- La legge n.
877/1973 reca norme per la tutela del lavoro a domicilio.
all'art. 2:
- Il D.Lgs. n.
277/1991 reca attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n.
83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei
lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e
biologici durante il lavoro. L'art. 55 così recita:
"Art. 55
(Esercizio dell'attività di medico competente). - 1. I laureati in medicina e
chirurgia che pur non possedendo i requisiti di cui all'art. 3, comma 1,
lettera c), alla data di entrata in vigore del presente decreto abbiano svolto
l'attività di medico del lavoro per almeno quattro anni, sono autorizzati ad
esercitare la funzione di medico competente.
2. L'esercizio
della funzione di cui al comma 1 è subordinato alla presentazione,
all'assessorato regionale alla sanità territorialmente competente, di apposita
domanda corredata dalla documentazione comprovante lo svolgimento dell'attività
di medico del lavoro per almeno quattro anni.
3. La domanda è
presentata entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto. L'assessorato alla sanità provvede entro novanta giorni dalla
data di ricezione della domanda stessa".
all'art. 4:
- Il D.P.R. n.
547/1955 reca norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. L'art. 394
così recita:
"Art. 394
(Compiti della commissione). - La commissione consultiva permanente di cui
all'articolo precedente ha il compito di:
a) esaminare e
formulare proposte sulle questioni generali relative alla prevenzione degli
infortuni sul lavoro o all'igiene del lavoro;
b) formulare
proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione vigente e per
il suo coordinamento con altre disposizioni concernenti in genere la tutela
fisica dei lavoratori;
c) esprimere
parere sulle richieste di deroga previste all'art. 395;
d) esprimere
parere sui ricorsi previsti all'art. 402;
e) esprimere
parere su richiesta del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sulle
questioni inerenti alla applicazione delle norme vigenti in materia di
prevenzione degli infortuni e di igiene del lavoro e su qualsiasi altra
questione relativa alla sicurezza del lavoro.
La commissione,
per l'espletamento dei suoi compiti può chiedere dati o promuovere indagini e,
su richiesta o autorizzazione del Ministro per il lavoro e la previdenza
sociale, effettuare sopralluoghi".
- Il D.P.R. n.
175/1988 reca attuazione della direttiva 82/501/CEE relativa ai rischi di
incidenti rilevanti connessi a determinare attività industriali. L'art. 1 così
recita:
"Art. 1
(Campo di applicazione). - 1. Le disposizioni del presente decreto concernono
la prevenzione di incidenti rilevanti che potrebbero essere causati da
determinate attività industriali e la limitazione delle loro conseguenze per
l'uomo e per l'ambiente.
2. Ai sensi
delle disposizioni di cui al comma 1 si intende per:
a) attività
industriali:
1) qualsiasi
operazione effettuata in impianti industriali di cui all'allegato I, che comporti
o possa comportare l'uso di una o più sostanze pericolose e che possa
presentare rischi di incidenti rilevanti, nonché il trasporto effettuato
all'interno dello stabilimento per ragioni interne ed il deposito connesso a
tali operazioni all'interno del medesimo;
2) qualsiasi
altro deposito effettuato nelle condizioni specifiche all'allegato II;
b) fabbricante:
1) chiunque sia
responsabile di una attività industriale;
c) incidente
rilevante:
1) un
avvenimento quale un'emissione un incendio o un'esplosione di rilievo connessi
ad uno sviluppo incontrollato di una attività industriale che dia luogo a un
periodo grave, immediato o differito, per l'uomo, all'interno o all'esterno
dello stabilimento, e per l'ambiente e che comporti l'uso di una o più sostanze
pericolose;
d) sostanze
pericolose:
1) per
l'applicazione dell'articolo 6, le sostanze generalmente considerate
rispondenti ai criteri stabiliti nell'allegato IV, nonché le sostanze comprese
nell'elenco dell'allegato II, nelle quantità menzionate nella prima colonna;
2) per
l'applicazione dell'articolo 4, le sostanze comprese nell'elenco dell'allegato
III e dell'allegato II, nelle quantità menzionate nella seconda colonna".
all'art. 8:
- Per il D.P.R.
n. 175/1988 vedi all'art. 4.
all'art. 13:
- Il D.P.R. n.
577/1982 reca il regolamento sull'espletamento dei servizi antincendi.
all'art. 20:
- Il D.Lgs. n.
29/1993 reca razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni
pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma
dell'art. 2 della legge 23 ottobre 1992 n. 421. L'art. 10 così recita:
"Art. 10
(Partecipazione sindacale). - 1. Le amministrazioni pubbliche informano le
rappresentanze sindacali sulla qualità dell'ambiente di lavoro e sulle misure
inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro; su loro richiesta, nei casi
previsti dal presente decreto, le incontrano per l'esame delle predette
materie, ferme restando l'autonoma determinazione definitiva e la
responsabilità dei dirigenti nelle stesse materie.
2. L'eventuale
esame previsto dal comma 1 deve espletarsi nel termine tassativo di quindici
giorni dalla ricezione dell'informazione, ovvero entro un termine più breve per
motivi di urgenza; decorsi tali termini le amministrazioni pubbliche assumono
le proprie autonome determinazioni".
all'art. 26:
- Per il D.P.R.
n. 547/1955 vedi all'art. 4. L'art. 393
così recitava:
"Art. 393
(Costituzione della commissione). - Presso il Ministero del lavoro e della
previdenza sociale è istituita una commissione consultiva permanente per la
prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro.
Essa è
presieduta dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale ed è composta:
dal direttore
generale dei rapporti di lavoro e da quattro esperti designati dal Ministero
del lavoro e della previdenza sociale, di cui tre ispettori del lavoro,
laureati due in ingegneria ed uno in medicina e chirurgia;
due esperti
designati dal Ministero dell'industria e del commercio;
un esperto
designato da ciascuno dei Ministeri dell'interno, delle finanze, dei lavori
pubblici, dell'agricoltura e foreste;
due esperti
designati dall'Alto Commissariato per l'igiene e la sanità;
un esperto
designato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri;
un esperto
designato dal Consiglio nazionale delle ricerche;
un esperto
designato dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro;
due esperti
designati dall'Ente nazionale della prevenzione infortuni;
tre esperti scelti
dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale su designazione delle
organizzazioni sindacali dei datori di lavoro a carattere nazionale;
tre esperti
scelti dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale su designazione delle
organizzazioni sindacali dei lavoratori a carattere nazionale;
un esperto
scelto dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale su designazione delle
organizzazioni sindacali dei dirigenti di azienda a carattere nazionale.
In
corrispondenza di ogni rappresentante effettivo, è designato un membro
supplente.
Le funzioni
inerenti alla segreteria della Commissione sono disimpegnate da due funzionari
del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
I componenti
della commissione consultiva permanente, ed i segretari sono nominati con
decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale e durano in carica
tre anni.
La commissione
consultiva permanente può costituire nel suo seno comitati speciali, dei quali
determina la composizione e le funzioni.
Il presidente ha
la facoltà, anche su richiesta della commissione o dei comitati, di far
assistere alle singole riunioni rappresentanti di pubbliche amministrazioni o
di enti pubblici o privati, nonché persone particolarmente esperte nelle
questioni in discussione".
- Per l'art. 394
del D.P.R. n. 547/1955 vedi all'art. 4.
- Per il D.P.R.
n. 277/1991 vedi all'art. 2. L'art. 48
così recita:
"Art. 48
(Deroghe per situazioni lavorative particolari). - 1. Il datore di lavoro può
richiedere deroghe:
a)
all'applicazione dell'art. 43, per situazioni eccezionali, nelle quali non sia
possibile mediante misure tecniche ovvero organizzative, ivi compresa la
riduzione del tempo di esposizione, ridurre l'esposizione quotidiana personale
di un lavoratore al di sotto di 90 dBA anche con l'uso dei mezzi individuali di
protezione di cui allo stesso art. 43;
b)
all'applicazione dell'art. 43, per lavoratori che svolgono compiti particolari,
che comportano un'esposizione quotidiana personale superiore a 90 dBA se
l'applicazione di detta misura provoca un aggravamento complessivo del rischio
per la salute e la sicurezza dei lavoratori considerati e non è possibile
evitare tale rischio con altri mezzi.
2. Le richieste
di deroga sono inviate al Ministero del lavoro e della previdenza sociale,
ovvero al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato per ciò
che attiene alle attività estrattive, e comprendono:
a) per i casi di
cui al comma 1, lettera a):
1) la
descrizione dell'attività lavorativa;
2) le misure
preventive e protettive previste;
3) i mezzi
individuali di protezione dell'udito da utilizzare;
4) l'esposizione
quotidiana personale dei lavorativi interessati;
5) la
certificazione del medico competente, contenente anche una valutazione degli
esami della funzione uditiva dei lavoratori interessati;
b) per i casi di
cui al comma 1, lettera b):
1) la
descrizione delle mansioni che comportano la esposizione anomala, con la
specificazione delle cause che determinano un aggravamento del rischio
complessivo in caso di utilizzazione dei mezzi personali di protezione;
2) le misure
previste per ridurre, per quanto possibile, il rischio complessivo;
3) l'esposizione
quotidiana personale dei lavoratori interessati;
4) la
certificazione del medico competente, contenente anche una valutazione degli
esami della funzione uditiva dei lavoratori interessati.
3. La
concessione delle deroghe di cui al comma 1, lettere a) e b), è condizionata
dall'intensificazione del controllo sanitario da parte del medico competente.
4. Le deroghe
sono concesse dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto
con i Ministri della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato,
sentita la commissione consultiva per la prevenzione degli infortuni e l'igiene
del lavoro di cui all'art. 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27
aprile 1955, n. 547. Per le attività estrattive le deroghe sono concesse dal
Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con i
Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, sentito il
Consiglio superiore delle miniere. Tali deroghe sono comunicate al Ministero
del lavoro e della previdenza sociale per la compilazione del prospetto di cui
al comma 6.
5.
L'accertamento del venir meno di una delle condizioni previste per le deroghe
di cui al comma 1, lettera a) e b), comporta la revoca nella stessa forma di
cui al comma 4.
6. Il Ministero
del lavoro e della previdenza sociale trasmette ogni due anni alla Commissione delle
Comunità europee il prospetto globale delle deroghe concesse ai sensi del
presente articolo".
- Il D.Lgs. n.
77/1992 reca attuazione della direttiva 88/364/CEE in materia di protezione dei
lavoratori contro i rischi da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici
durante il lavoro. L'art. 8 così recita:
"Art. 8
(Autorizzazioni in deroga per attività di ricerca e sperimentazione). - 1.
Chiunque intenda intraprendere un'attività intesa a produrre o utilizzare un
agente di cui all'art. 1 per ricerche, sperimentazioni ivi comprese le analisi,
deve inviare una richiesta di autorizzazione in deroga al disposto dell'art. 1
al Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
2. La richiesta
di autorizzazione contiene i seguenti dati:
a) descrizione
detta ricerca o sperimentazione e indicazione dei motivi che rendono
indispensabile l'utilizzazione dell'agente;
b) quantitativi
di agente impiegato o eventualmente prodotto;
c) numero dei
lavoratori addetti;
d)
caratteristiche dei locali ove gli agenti vengono prodotti, custoditi,
utilizzati e delle strumentazioni dei lavoratori;
e) misure di
sicurezza previste per evitare l'esposizione dei lavoratori;
f) misure
previste per distruggere gli agenti presenti negli scarti al termini di ogni
operazione.
3. L'autorizzazione
di cui al comma 1 è rilasciata dal Ministro del lavoro e della previdenza
sociale di concerto con i Ministri della sanità e dell'industria, del commercio
e dell'artigianato su conforme parere della commissione consultiva per la
prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro di cui all'art. 393 del
decreto del presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547. Essa ha la
durata di tre anni ed è rinnovabile. Tali autorizzazioni sono comunicate
all'organo di vigilanza competente.
4. I lavoratori
ovvero i loro rappresentanti hanno accesso ai dati di cui al comma 2".
- Per l'art. 43
della legge n. 142/1992 vedi alle
premesse.
- Per il D.P.R.
n. 547/1955 vedi all'art. 4. L'art. 395
così recitava:
"Art. 395
(Deroghe di carattere generale). - Le disposizioni del presente decreto non si
applicano per il periodo di tempo da stabilirsi con decreto del Ministro per il
lavoro e la previdenza sociale, sentita la Commissione consultiva permanente di
cui all'art. 393, per gli edifici, locali, macchine, impianti e loro parti,
preesistenti o in corso di costruzione alla data di entrata in vigore del
decreto medesimo, relativamente alle attività produttive ed ai settori
industriali per i quali ricorrono esigente tecniche o di esercizio o altri
motivi eccezionali, sempre che sussistono o vengano adottate idonee misure di
sicurezza.
Il predetto
Ministro, col decreto, col quale stabilisce la durata della suddetta deroga,
determina le attività produttive ed i settori industriali per i quali si
applica la deroga medesima e riconosce l'idoneità delle misure di sicurezza
necessarie e ne prescrive l'adozione.
Le disposizioni
del presente decreto non si applicano, altresì, per le macchine, impianti e
loro parti, costruiti o installati dopo l'entrata in vigore del presente decreto,
quando si tratti di adottare nuovi mezzi o sistemi di sicurezza, di
riconosciuta efficacia, diversi da quelli prescritti dal decreto stesso. Il
riconoscimento dell'efficacia dei nuovi mezzi o sistemi è effettuato con
decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentita la
Commissione consultiva permanente di cui all'art. 393".
all'art. 29:
- L'art. 8 del
D.Lgs. n 517/1993 sostituisce l'art. 7 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502,
recante riordino della disciplina in materia sanitaria, con il seguente:
"Art. 7
(Dipartimenti di prevenzione). - 1. Le regioni istituiscono presso ciascuna
unità sanitaria locale un dipartimento di prevenzione cui sono attribuite le
funzioni attualmente svolte dai servizi delle unità sanitarie locali ai sensi
degli articoli 16, 20 e 21 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Il
dipartimento è articolato almeno nei seguenti servizi:
a) igiene e
sanità pubblica;
b) prevenzione e
sicurezza degli ambienti di lavoro;
c) igiene degli
alimenti e della nutrizione;
d) veterinari,
articolati distintamente nelle tre aree funzionali della sanità animale,
dell'igiene della produzione, trasformazione, commercializzazione,
conservazione e trasporto degli alimenti di origine animale e loro derivati, e
dell'igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche.
I servizi
veterinari si avvalgono delle prestazioni e della collaborazione
tecnico-scientifica degli istituti zooprofilattici sperimentali. La
programmazione regionale individua le modalità di raccordo funzionale tra i dipartimenti
di prevenzione e gli istituti zooprofilattici per il coordinamento delle
attività di sanità pubblica veterinaria.
2. Le attività
di indirizzo e coordinamento necessarie per assicurare la uniforme attuazione
delle normative comunitarie e degli organismi internazionali sono assicurate
dal Ministero della sanità che si avvale, per gli aspetti di competenza,
dell'Istituto superiore di Sanità, dell'Istituto superiore per la prevenzione e
la sicurezza del lavoro, degli istituti zooprofilattici sperimentali,
dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, dell'Agenzia nazionale per la
protezione dell'ambiente e degli istituti di ricerca del CNR e dell'ENEA.
3. I
dipartimenti di prevenzione, tramite la regione, acquisiscono dall'Istituto
superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro e dell'Istituto
nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro ogni informazione
utile ai fini della conoscenza dei rischi per la tutela della salute e per la
sicurezza degli ambienti di lavoro. L'Istituto nazionale per l'assicurazione
contro gli infortuni sul lavoro garantisce la trasmissione delle anzidette
informazioni anche attraverso strumenti telematici.".
Note
all'art. 33:
- Per il D.P.R.
n. 547/1955 vedi all'art. 4. Gli
articoli 8, 11, 13 e 14 così recitavano:
"Art. 8
(Pavimenti e passaggi). - I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi
destinati al passaggio non devono presentare buche o sporgenze pericolose e
devono essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed il transito delle
persone e dei mezzi di trasporto.
Qualora i
passaggi siano destinati al transito delle persone e dei veicoli, la loro
larghezza deve essere sufficiente a consentire il passaggio contemporaneo delle
une e degli altri. A tale scopo la larghezza del passaggio deve superare di
almeno cm 70 l'ingombro massimo dei veicoli.
I pavimenti ed i
passaggi non devono essere ingombrati da materiale che ostacolano, la normale
circolazione.
Quando per
evidenti ragioni tecniche non si possano completamente eliminare dalle zone di
transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono un pericolo per i lavoratori
o i veicoli che tali zone devono percorrere, gli ostacoli devono essere
adeguatamente segnalati".
"Art. 11
(Posti di lavoro e di passaggio). - I posti di lavoro e di passaggio devono
essere idoneamente difesi contro la caduta o l'investimento di materiali in
dipendenza dell'attività lavorativa.
Ove non sia
possibile la difesa con mezzi tecnici, devono essere adottate altre misure o
cautele adeguate".
"Art. 13
(Uscite dai locali di lavoro). - Le porte dei locali devono per numero ed
ubicazione, consentire la rapida uscita delle persone ed essere agevolmente
apribili dall'interno durante il lavoro.
Quando in uno
stesso locale i lavoratori siano in numero superiore a 25, ed in ogni caso
quando le lavorazioni ed i materiali presentino pericoli di esplosione o di
incendio e siano adibiti nel locale stesso più di 5 lavoratori, almeno una
porta, rispettivamente ogni 25 o 5 lavoratori, deve essere apribile verso
l'esterno.
L'apertura verso
l'esterno delle porte non è richiesta quando possa determinare pericoli per
passaggi di mezzi di trasporto o per altre cause.
Nei locali di
lavoro ed in quelli adibiti a deposito non sono ammesse le porte scorrevoli, le
saracinesche a rullo e le porte girevoli su asse centrale, quando non esistono
altre porte apribili verso l'esterno, atte ad assicurare, in caso di necessità,
l'agevole e rapida uscita delle persone.
Ove l'esercizio
normale del lavoro richieda l'adozione di porte scorrevoli verticalmente o di
saracinesche a rullo, queste sono ammesse purché fornite di idoneo dispositivo
di fermo, nella posizione di apertura.
Gli edifici che
siano costruiti o adattati interamente per le lavorazioni di cui al secondo
comma devono avere almeno due scale distinte, di facile accesso. Per gli
edifici già costruiti si dovrà provvedere in conformità, quando non ne esista
la impossibilità accertata dall'Ispettorato del lavoro: in quest'ultimo caso
saranno disposte le misure e cautele ritenute più efficienti.
L'Ispettorato
del lavoro può prescrivere l'adozione di aperture e di scale di sicurezza,
quando possano verificarsi particolari esigenze di rapida uscita delle
persone".
"Art. 14. -
I locali di lavoro e quelli adibiti a deposito devono essere provvisti di porte
di uscita, che abbiano la larghezza di almeno m. 1,10 e che siano in numero non
inferiore ad una per ogni 50 lavoratori normalmente ivi occupati o frazione
compresa fra 10 e 50. Il numero delle porte può anche essere minore, purché la
loro larghezza complessiva non risulti inferiore".
- Il D.P.R. 19
marzo 1956, n. 303, reca norme generali per l'igiene del lavoro. Il titolo II
era così formulato: "Titolo II - Disposizioni relative alle aziende
industriali e commerciali".
L'art. 6, come
modificato dal presente decreto, così recita:
"Art. 6
(Altezza, cubatura e superficie). - I limiti minimi per l'altezza, cubatura e
superficie dei locali chiusi destinati o da destinare al lavoro nelle aziende
che occupano più di 5 lavoratori, ed in ogni caso in quelle che eseguono
lavorazioni indicate nell'art. 33, devono essere i seguenti:
a) altezza netta
non inferiore a m. 3;
b) cubatura non
inferiore a mc. 10 per lavoratore;
c) ogni
lavoratore occupato in ciascun ambiente deve disporre di una superficie di
almeno mq. 2.
I valori
relativi alla cubatura e alla superficie s'intendono lordi cioè senza deduzione
dei mobili macchine e impianti fissi.
L'altezza netta
dei locali deve essere misurata dal pavimento alla altezza media della
copertura dei soffici o delle volte.
Quando necessità
tecniche aziendali lo richiedano, l'ispettorato del lavoro, d'intesa con
l'ufficio sanitario può consentire altezze minime inferiori a quelle sopra
indicate e prescrivere che siano adottati adeguati mezzi di ventilazione
dell'ambiente.
L'osservanza dei
limiti stabiliti dal presente articolo circa l'altezza, la cubatura e
superficie dei locali chiusi di lavoro è estesa anche alle aziende industriali
che occupano meno di 5 lavoratori quando le lavorazioni che in esse si svolgono
siano ritenute, a giudizio dell'Ispettorato del lavoro, pregiudizievoli alla
salute dei lavoratori occupati".
Gli articoli 7,
9, 10, 11, 14, 37, 39, 40 e 43 così recitavano:
"Art. 7
(Coperture, pavimento, pareti ed aperture). - A meno che non sia richiesto
diversamente dalle necessità della lavorazione, è vietato adibire a lavori
continuativi i locali chiusi i quali non rispondono alle seguenti condizioni:
a) essere ben
difesi contro gli agenti atmosferici ed avere aperture sufficienti per un
rapido ricambio dell'aria;
b) essere ben
asciutti e ben difesi contro l'umidità;
c) avere
pavimento e pareti la cui superficie sia sistemata in guisa da permettere una
facile pulizia. Qualora non ostino particolari condizioni tecniche, le pareti
dei locali di lavoro devono essere a tinta chiara. Nelle parti dei locali dove
abitualmente si versano sul pavimento sostanze putrescibili o liquidi, il
pavimento deve avere superficie unita ed impermeabile e pendenza sufficiente
per avviare rapidamente i liquidi verso i punti di raccolta e scarico.
Quando il
pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio si mantenga bagnato,
esso deve essere munito a permanenza di palchetti o di graticolato se i
lavoratori non sono forniti di zoccoli o di soprascarpe impermeabili".
"Art. 9 (Ricambio
dell'aria). - L'aria dei locali di lavoro deve essere convenientemente e
frequentemente rinnovata.
Qualunque sia il
mezzo adottato per il ricambio dell'aria, si deve evitare che le correnti
colpiscono direttamente i lavoratori addetti a posti fissi di lavoro".
"Art. 10
(Illuminazione naturale e artificiale). - A meno che non sia richiesto
diversamente dalle necessità della lavorazione e salvo che non si tratti di
locali sotterranei, i locali di lavoro devono essere convenientemente illuminati
a luce naturale diretta.
Anche le vie di
comunicazione tra i vari locali e fra questi e l'esterno, come passaggi, i
corridoi e le scale, devono essere ben illuminati, quando è possibile, a luce
naturale.
L'illuminazione
artificiale deve essere idonea per intensità, qualità e distribuzione delle
sorgenti luminose alla natura del lavoro.
Per quanto
riguarda l'intensità, ove esigenze tecniche non ostino, devono essere
assicurati i valori minimi seguenti:
per ambienti
destinati a deposito di materiali grossi ........... 10 lux
per i passaggi,
corridoi e scale ................................................ 20 "
per lavori
grossolani ................................................................. 40
"
per lavori di
media finezza ...................................................... 100 "
per lavori fini
............................................................................
200 "
per lavori
finissimi ...................................................................
300 "
Per i lavori di
media finezza, fini e finissimi i suddetti valori possono essere conseguiti
mediante sistemi di illuminazione localizzata sui singoli posti di lavoro; in
tal caso si deve provvedere a che il livello medio di illuminazione generale
dell'ambiente non sia inferiore ad un quinto di quello esistente nei posti di
lavoro.
Le superfici
vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione artificiale devono essere
tenuti costantemente in buone condizioni di pulizia e di efficienza".
"Art. 11
(Temperatura) - La temperatura dei locali chiusi di lavoro deve essere
mantenuta entro i limiti convenienti alla buona esecuzione dei lavori e ad
evitare pregiudizio alla salute dei lavoratori.
Quando non sia
conveniente modificare la temperatura di tutto l'ambiente, si deve provvedere
alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o troppo basse
mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di protezione.
Nel giudizio
sulla temperatura conveniente per i lavoratori si deve tenere conto della
influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di umidità ed il
movimento dell'aria concomitanti".
"Art. 14
(Sedili). - Nei locali in cui si compiono lavori non continuativi, interrotti
cioè da periodi di riposo, il datore di lavoro deve mettere a disposizione dei
lavoratori sedie o panche idonee in numero sufficiente perché possano sedersi
durante tali periodi.
L'Ispettorato
del lavoro può prescrivere che, anche nei lavori continuativi, il datore di
lavoro dia modo ai dipendenti di lavorare stando a sedere ogni qualvolta ciò
non pregiudichi la normale esecuzione del lavoro".
"Art. 37
(Lavandini). - La distribuzione dell'acqua per lavarsi deve essere fatta in
modo da evitare l'uso di vaschette o di catinelle con acqua ferma.
I lavandini
devono essere in numero di almeno uno per ogni 5 dipendenti occupati in un
turno, ed i lavandini collettivi devono disporre di uno spazio di almeno 60
centimetri per ogni posto.
Agli operai che
si trovano nelle condizioni indicate dall'art. 38 il datore di lavoro deve
fornire anche adatti mezzi detersivi e per asciugarsi".
"Art. 39
(Latrine e orinatoi). - Nelle aziende industriali e commerciali, e nelle loro
immediate adiacenze, deve esservi almeno una latrina a disposizione dei
lavoratori.
Nelle aziende
che occupano lavoratori di sesso diverso in numero non inferiore a 10, vi
devono essere di regola latrine separate per uomini e per donne.
Il numero delle
latrine nell'azienda non deve essere inferiore ad una per ogni 40 persone in
essa occupate.
Nelle nuove
costruzioni, il numero delle latrine non deve essere inferiore ad una per ogni
30 persone occupate per un turno.
I locali delle
latrine non devono, di norma, comunicare direttamente coi locali di lavoro; le
pareti divisorie e le porte delle latrine devono essere di altezza sufficiente
a salvaguardare la decenza.
Le condizioni
igieniche delle latrine, degli orinatoi, delle condutture, dei bottini, come
pure la vuotatura ed il trasporto delle materie in questi contenute, devono
rispondere alle norme consigliate dalla ingegneria sanitaria".
"Art. 40
(Spogliatoi). - Le aziende che occupano più di 50 dipendenti, quelle che si
trovano nelle condizioni indicate all'art. 38, e quelle dove gli abiti dei
lavoratori possono essere bagnati durante il lavoro devono possedere locali
appositamente destinati ad uso spogliatoio, distinti per i due sessi e
convenientemente arredati.
I locali
destinati ad uso di spogliatoio devono essere possibilmente vicini ai locali di
lavoro, aerati, illuminati, ben difesi dalle intemperie e riscaldati durante la
stagione fredda".
"Art. 43
(Locali di ricovero e di riposo). - Nei lavori eseguiti normalmente all'aperto
deve essere messo a disposizione dei lavoratori un locale in cui possano
ricoverarsi durante le intemperie e nelle ore dei pasti o dei riposi. Detto
locale deve essere fornito di sedili e di un tavolo, e deve essere riscaldato
durante la stagione fredda".
Note
all'art. 36:
- Per il D.P.R.
n. 547/1955 vedi all'art. 4. Gli
articoli 52, 53 e 374, ai quali vanno aggiunti i commi introdotti dal presente
decreto, così recitano:
"Art. 52
(Messa in moto e arresto dei motori). - Gli organi o apparecchi di messa in
moto e di arresto dei motori debbono essere facilmente manovrabili dal
personale addetto alle manovre e disposti in modo da non poter essere azionati
accidentalmente.
Per l'avviamento
dei motori a combustione interna devono adottarsi dispositivi che impediscano
al lavoratore di agire direttamente sul volano. Le manovelle di avviamento
diretto devono essere costruite in maniera da potersi disinnestare automaticamente
per evitare il contraccolpo.
"Art. 53. -
Quando un motore aziona un sistema esteso e complesso di trasmissioni o di
macchine e vi siano particolari condizioni di pericolosità, devono essere
predisposti dispositivi supplementari, facilmente accessibili per poterne
conseguire l'arresto.
Possono essere
impiegati mezzi acustici, associati, se necessario, a mezzi ottici, per la
trasmissione, al personale addetto alla manovra, di segnalazioni convenute di
arresto dei motori non azionati da energia elettrica. In ogni caso, gli organi
di comando dell'arresto o della segnalazione devono essere chiaramente
individuabili mediante avvisi indicatori".
"Art. 374
(Edifici, opere, impianti, macchine ed attrezzature). - Gli edifici, le opere
destinate ad ambienti o posti di lavoro, compresi i servizi accessori, devono
essere costruiti e mantenuti in buono stato di stabilità, di conservazione e di
efficienza in relazione alle condizioni di uso e alle necessità della sicurezza
del lavoro.
Gli impianti, le
macchine, gli apparecchi, le attrezzature, gli utensili, gli strumenti,
compresi gli apprestamenti di difesa, devono possedere, in relazione alle
necessità della sicurezza del lavoro, i necessari requisiti di resistenza e di
idoneità ed essere mantenuti in buono stato di conservazione e di
efficienza".
- Per il D.P.R.
n. 303/1956 vedi all'art. 33. L'art. 20
così recita:
"Art. 20
(Difesa dell'aria degli inquinamenti con prodotti nocivi). - Nei lavori in cui
si svolgono gas o vapori irrespirabili o tossici od infiammabili, ed in quelli
nei quali si sviluppano normalmente odori o fumi di qualunque specie di datore
di lavoro deve adottare provvedimenti atti ad impedirne o a ridurre, per quanto
è possibile, lo sviluppo e la diffusione.
L'aspirazione
dei gas, vapori, odori o fumi deve farsi, per quanto è possibile,
immediatamente vicino al luogo dove si producono".
all'art. 42:
- Il D.Lgs. n.
475/1992 reca attuazione della direttiva 89/686/CEE in materia di
ravvicinamento della legislazione degli Stati membri relativa ai dispositivi di
protezione individuale.
all'art. 46:
- Per il D.Lgs.
n. 475/1992 vedi all'art. 42. L'art. 15
così recita:
"Art. 15
(Norme finali e transitorie). - 1. I DPI, già prodotti alla data di entrata in
vigore del presente decreto conformemente alle normative vigenti nazionali o di
altri Paesi della Comunità europea, possono essere commercializzati fino alla
data del 31 dicembre 1994.
2. Gli uffici
provinciali della motorizzazione civile che già svolgono l'attività di
omologazione dei caschi e visiere per motociclisti in base al regolamento ECE
Ginevra n. 22 possono continuare tale attività fino al termine del periodo
transitorio di cui al primo comma".
Note
all'art. 60:
- Il D.P.R. n. 962/1982
reca attuazione della direttiva 78/610/CEE sulla protezione sanitaria dei
lavoratori esposti al cloruro di vinile monomero.
- Per il D.Lgs.
n. 77/1992 vedi all'art. 26.
- Per il D.Lgs.
n. 277/1991 vedi all'art. 2. Il capo
III disciplina la protezione dei lavoratori contro i rischi connessi
all'esposizione ad amianto durante il lavoro.
Note
all'art. 61:
- La direttiva
67/548/CEE è pubblicata in GUCE L 196 del 16 agosto 1967.
- La direttiva
88/379/CEE è pubblicata in GUCE L 187 del 16 luglio 1988.
all'art. 66:
- La legge n.
256/1974 reca classificazione e disciplina dell'imballaggio e
dell'etichettatura delle sostanze e dei preparati pericolosi.
all'art. 69:
- Per il D.Lgs.
n. 277/1991 vedi all'art. 2. L'art. 8
così recita:
"Art. 8 (Allontanamento
temporaneo dall'esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici). - 1. Nel
caso in cui il lavoratore per motivi sanitari inerenti la sua persona, connessi
all'esposizione ad un agente chimico o fisico o biologico, sia allontanato
temporaneamente da un'attività comportante esposizione ad un agente, in
conformità al parere del medico competente è assegnato, in quanto possibile, ad
un altro posto di lavoro nell'ambito della stessa azienda. Avverso il parere
del medico competente è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di
comunicazione del parere medesimo, all'organo di vigilanza. Tale organo
riesamina la valutazione degli esami degli accertamenti effettuati dal medico
competente disponendo, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma o la
modifica o la revoca delle misure adottate nei confronti dei lavoratori.
2. Il lavoratore
di cui al comma 1 che viene adibito a mansioni inferiori conserva la
retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonché la
qualifica originaria. Si applicano le norme di cui all'art. 13 della legge 20
maggio 1970, n. 300, qualora il lavoratore venga adibito a mansioni equivalenti
o superiori.
3. I contratti
collettivi di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali di categoria maggiormente
rappresentative, sul piano nazionale, dei datori di lavoro e dei lavoratori
determinano il periodo massimo dell'allontanamento temporaneo agli effetti del
comma 2".
all'art. 76:
- Il D.Lgs. n.
91/1993 reca attuazione della direttiva 90/219/CEE sull'impiego confinato di
microrganismi geneticamente modificati. L'art. 4 così recita:
"Art. 4. -
1. Ai sensi del presente decreto i microrganismi modificati geneticamente sono
classificati nel modo seguente:
a) gruppo I: i
microrganismi che soddisfano i criteri dell'allegato II;
b) gruppo II: i
microrganismi diversi da quelli del gruppo I;
2. Per le
operazioni di tipo A taluni dei criteri di cui all'allegato II possono essere
applicabili ai fini della classificazione di un particolare microrganismo
geneticamente modificato. In tal caso la classificazione è operata
dall'utilizzatore in via provvisoria e il Ministero della sanità applica
criteri appropriati che permettano di ottenere la maggior equivalenza
possibile.
3. Con decreto
del Ministro della sanità di concerto con i Ministri di cui all'art. 1, comma
2, si provvede a determinare e ad aggiornare i criteri di classificazione di
cui i commi 1 e 2, in relazione alle determinazioni delle Comunità europee
ovvero sulla base delle eventuali indicazioni fornite dal Comitato scientifico
per i rischi derivanti dall'impiego di agenti biologici, istituito presso la
Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell'art. 40, comma 2, della
legge 19 febbraio 1992, n. 142.
4. Con decreto
del Ministro della sanità di concerto con i Ministri di cui all'art. 1, comma
2, è data attuazione, ai sensi dell'art. 20 della legge 16 aprile 1987, n. 183,
alle direttive delle Comunità europee nella parte in cui modificano le modalità
esecutive e le caratteristiche di ordine tecnico relative al presente decreto.
5. Copia dei
decreti di cui ai commi 3 e 4 sono trasmessi al Ministro per il coordinamento
delle politiche comunitarie e degli affari regionali".
all'art. 86:- Per il D.Lgs. n. 277/1991 vedi all'art. 2. Per l'art. 8 vedi all'art. 69.