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Abbecedario Sindacale

 

MOBBING

 

Mobbing è un termine inglese che significa “attacco”, “assalto” ed è stato utilizzato per indicare una forma di violenza psicologica sul luogo di lavoro, messa in atto deliberatamente da un superiore gerarchico  o da più colleghi di lavoro nei confronti di una cosiddetta “vittima”, la quale diventa soggetta a continui attacchi ed ingiustizie che portano l’individuo ad una condizione di disagio psicologico ed avvolte ad un crollo psico-fisico.

Il più illustre teorico del “Mobbing” lo svedese Heynz Leymann, ha individuato quattro fasi di sviluppo del Mobbing:

1)    SEGNALI PREMONITORI: La “vittima” viene criticata nel proprio lavoro fino a quel momento apprezzato e rispettato;

2)    MOBBING E STIGMATIZZAZIONE: Attacchi sempre più frequenti attraverso calunnie, messe in ridicolo, esclusione dalle informazioni ed isolamento, incarichi di lavoro insignificanti e umilianti, minacce, sanzioni disciplinari;

3)    UFFICIALIZZAZIONE DEL CASO: la vittima espone la situazione di disagio, anche attraverso l’intervento del sindacato, i colleghi o i superiori interpellati colpevolizzano la vittima dando la colpa dei problemi al suo carattere;

4)    ALLONTANAMENTO: il lavoratore viene dequalificato attraverso incarichi lavorativi di scarso rilievo.

Nel lavoratore cominciano i sintomi tipici del “Mobbing”:disturbi depressivi, psicopatici, malessere generale, che spesso si tramutano in licenziamento o le dimissioni dal lavoro.

L’art. 2087 del Codice Civile assegna al datore di lavoro la responsabilità di dover adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e morale del lavoratore. Il Tribunale di Torino con sentenza 5050/1999 ha aggiunto che il datore di lavoro è tenuto altresì a impedire e scoraggiare con efficacia contegni aggressivi e vessatori da parte dei preposti  e dei responsabili, nei confronti dei rispettivi sottoposti.

E inoltre opportuno evidenziare che il mobbing incide anche sul contratto di lavoro derivante dalla violazione del citato art. 2087 C.C. e che genera una responsabilità del datore di lavoro di risarcire sia il danno patrimoniale (cosiddetto danno da dequalificazione) che quello biologico e/o neurologico subiti dal lavoratore.

Suggerimenti tecnico-operativi per il datore di lavoro al fine di evitare forme di persecuzione psicologica nel luogo di lavoro:

1)    Informazione ai dipendenti circa l’intolleranza da parte del datore di lavoro di qualsiasi forma di persecuzione nel luogo di lavoro;

2)    Organizzazione del lavoro che preveda delle procedure che consentano di individuare i sintomi di condizioni di lavoro persecutorie;

3)    Elaborare delle regole che incoraggino un clima di rispetto reciproco;

4)    Formazione dei Quadri e dei Dirigenti sulle materie inerenti il diritto di lavoro, i rischi e i modi di rispondere a quei lavoratori in difficoltà;

5)    Istituzione di un gruppo di lavoro che discuta al suo interno e con il datore di lavoro, ovvero avvalendosi della collaborazione del servizio di medicina del lavoro,  e che quindi si esamini per comprendere e superare i motivi che possono aver portato alla persecuzione del lavoratore.