Lorenzo il Magnifico

 

Una figura rappresentativa dell’Umanesimo è quella di Lorenzo de’ Medici, detto il Magnifico. Egli nutre una fede salda e rigorosa nella virtù umana, considerata come plasmatrice del nostro destino terreno, un interesse vivissimo per i problemi della società e dell’organizzazione politica, e ama la cultura classica.

Lorenzo il Magnifico svolse un’importante attività politica, volta al consolidamento dello Stato fiorentino e al mantenimento della pace in Italia, attraverso un’abile politica d’equilibrio che stroncasse i tentativi espansionistici delle maggiori potenze italiane. Proprio per questo motivo Lorenzo fu l’ago della bilancia politica italiana e garantì all’Italia, e soprattutto a Firenze, alcuni decenni di pace e di prosperità.

Altro aspetto fondamentale della personalità di Lorenzo, è il suo interesse profondo per la cultura e per l’arte. Egli mantenne vivo per tutta la vita, l’amore per le lettere; fu protettore e amico d’artisti e letterati, che accolse anche nella sua casa, fu egli stesso poeta originale e interessante. La vastità della sua produzione attesta che la sua poesia non fu, per lui, un capriccio di gran signore nei momenti d’ozio, ma un’esigenza del suo spirito.

La produzione letteraria di Lorenzo presenta temi contraddittori perché egli accolse contemporaneamente tutte le suggestioni della cultura toscana, senza concentrarsi su un tema unico e dominante. Non si ha una cronologia precisa delle opere di Lorenzo. Si ritiene che in un primo tempo scrisse la "Nencia di Barberino", un idillio in ottave, costituito dal lungo monologo del pastore Vallera, che canta il suo amore per Nencia, una giovane contadina ritrosa verso di lui. Lorenzo ritrae la psicologia, il linguaggio, gli stati d’animo del suo personaggio e insieme la spontaneità e la rozzezza del mondo contadino.

In un secondo tempo scrisse le "Rime" e il "Commento ad alcuni sonetti d’amore", un’opera ispirata strutturalmente alla "Vita Nuova", di Dante, perchè comprende sonetti amorosi seguiti da un’ampia spiegazione in prosa dell’occasione e del significato dei singoli componimenti. Il canzoniere del Magnifico è più opera di cultura che di ispirazione. Esso si riallaccia alla cultura trecentesca riprendendo temi, immagini e suggestioni di Dante, del Petrarca e dello Stilnovo. In quest’opera Lorenzo racconta come, vedendo le mirabili sembianze d’una donna morta, portata alla sepoltura in un radioso giorno di primavera, fosse pervaso da un infinito desiderio d’amore, e si mettesse a cercare una donna la cui bellezza fosse pari all’estinta.

Ad un terzo ed ultimo momento si fanno risalire il "Corinto" e le "Selve". Il "Corinto" è un poemetto d’ispirazione elegiaco-pastorale, che svolge il tema dell’insoddisfatta ansia d’amore. Il pastore Corinto, innamorato della bella e sdegnosa Galatea, esprime il suo tenero amore per lei, sogna una vita vissuta insieme con la natura primaverile e l’esorta, dato che la bellezza e la gioventù, fuggono labili, a cogliere subito le gioie d’amore. Le "Selve" sono un lungo poemetto diviso in due parti, nel quale Lorenzo si abbandona al suo sogno d’amore con libera spontaneità.

Il titolo riprende quello latino di Silvae, dato da Stazio ad una raccolta di poesie che mantiene un tono di semplice ispirazione quotidiana, di lirica improvvisata, colta nel suo sgorgare, quasi sfogo dell’animo. Il primo libro racconta il giorno in cui gli apparve la sua donna in un dolce scenario di primavera e di giovinezza, il nascere del suo amore per lei, il suo contemplare rapito quel bel viso. Nel secondo libro Lorenzo piange la partenza della sua donna, poi si abbandona al dolce sogno, ispiratogli dalla speranza del ritorno di lei. Poi, svegliatosi dal sogno, ritorna con la memoria ai dolci convegni d’amore d’un tempo, e vagheggia la mitica età dell’oro, in cui serena e senza dolore scorreva la vita per gli uomini.