Terza rilevazione FIVOL 2001
sulle organizzazioni di volontariato

A cura di Renato Frisanco
Settore Studi e Ricerche
Fondazione Italiana per il Volontariato

La rilevazione FIVOL 2001 ha esaminato 13.095 organizzazioni di volontariato di primo livello, ovvero operative e attive sul campo rispetto alle circa 26.400 stimate (Tav. 1). La rilevazione è stata condotta con un questionario di circa 30 domande inviato alle organizzazioni previamente identificate e monitorato a distanza per ottenere il massimo ritorno di informazione. L’indagine nazionale, oltre a descrivere le caratteristiche essenziali delle unità solidaristiche, permette di verificare alcuni processi in atto di questo universo ampio, articolato e dinamico.

Si sta attenuando il divario della solidarietà organizzata presente nelle diverse aree del Paese. Se è vero che il 53,3% delle unità indagate si colloca al Nord (a fronte del 47,9% della popolazione) - è soprattutto l’esistenza di un tessuto civile ricco e di politiche sociali forti, più che emergenze sociali non compiutamente affrontate dallo Stato a sollecitare la crescita del volontariato - si nota tuttavia una riduzione della forbice tra Nord e Sud per il più recente andamento incrementale di organizzazioni solidaristiche in quest’ultima area del Paese negli ultimi 5 anni (1996-2000, +22,3% nel Mezzogiorno e +17,7% al Nord.

La nascita delle organizzazioni esaminate è sempre più espressione della iniziativa di gruppi di cittadini (45 su 100) rispetto alla tradizionale capacità di affiliazione delle centrali nazionali del volontariato o della promozione ecclesiale. Tale origine cresce significativamente e linearmente nel tempo, dalle OdV più remote (37,8% se anteriori alla metà degli anni ’70) a quelle costituitesi più recentemente (51,7%, se nate negli ultimi 5 anni). Si tratta di cittadini interessati ad affrontare temi o problemi sociali dando vita a organismi che nascono su base associativa. Attraverso l’organizzazione essi intendono rispondere sia alle esigenze di tutela e di partecipazione dei soci (fondatori e/o iscritti-sostenitori o beneficiari) che della popolazione-bersaglio che rappresentano per una specifica condizione oppure affrontano tematiche relative alla qualità della vita e dell’ambiente.

Le OdV si distinguono meno di un tempo per la loro identità o matrice culturale. Rispetto all’ultima rilevazione, dove la risposta era forzatamente dicotomica nella scelta tra l’ispirazione "confessionale" e quella "aconfessionale", si è aggiunta una terza opzione ("nessuna matrice esplicita"), indicativa di una pluralità di matrici ideali all’interno delle organizzazioni. Si intendeva così rappresentare quelle OdV emergenti, i cui membri si riconoscono essenzialmente nelle finalità a cui aderiscono, nel rispetto dei valori di riferimento ideale di ciascuno. Risulta così che 44 unità su 100 si attribuiscono tale "laicità" o compresenza, non connotativa per l’organizzazione, di una pluralità di ideologie e fedi, dando conto anche della eterogeneità delle motivazioni che suffragano oggi le opzioni individuali all’impegno militante. Tra le stesse organizzazioni censite nelle due ultime rilevazioni FIVOL quelle che si autodefiniscono "confessionali" si ridimensionano passando dal 38,8% del 1997 al 28,7% del 2001. Si ravvisa pertanto un lento declino della componente confessionale che aveva invece ispirato largamente il movimento alle sue origini, e che tuttora lo anima dentro le strutture ecclesiali. D’altra parte, la crescita più recente delle OdV che sono espressione della volontà di gruppi di cittadini di partecipare e di tutelarsi, ha largamente rafforzato proprio la componente aconfessionale - e apartitica - delle compagini solidaristiche.

E’ un fenomeno sempre più strutturato per operare bene e in modo organizzato. Le organizzazioni di volontariato si rivelano nel tempo realtà più visibili e affidabili, in quanto operano con continuità (92 su 100), per lo più con un orario di apertura settimanale prestabilito (63 su 100), sono sempre più formalizzate e registrate con atto pubblico (6 su 100 sono gruppi informali), dispongono di almeno due organi di governo (9 su 10 ne hanno più di 1). La maggioranza ha anche un regolamento interno con cui i volontari si danno delle linee guida rispetto all’operatività ; si tratta di regolamenti realizzati o rinnovati in un caso su due negli ultimi 5 anni.

Si conferma anche la preminente collocazione delle organizzazioni di volontariato nei settori del Welfare, quelli delle attività socio-assistenziali e sanitarie a cui appartengono 62 organizzazioni su 100. Questa componente diminuisce di 7 punti percentuali (70 su 100) rispetto al 1996 dando conto di un tendenziale allargamento dei campi di impegno del volontariato organizzato, in particolare nei settori della protezione civile, dell’educazione (soprattutto permanente) e della promozione sportiva e ricreativa. Si dilata il campo degli interventi delle OdV dai più tradizionali settori del Welfare ai nuovi campi di impegno civico. Lo attestano anche le cifre: vi è un meno 7% tra le ultime due rilevazioni; inoltre nei settori tradizionali vi opera l’81,2% delle OdV sorte prima della metà degli anni ’70 e il 50% di quelle nate negli ultimi 5 anni.

I volontari. Si può stimare che quelli attivi nelle 26.400 organizzazioni ammontino a circa 950.000 unità e la maggioranza di essi - il 58% - vi opera assiduamente fornendo il proprio apporto con continuità. Mentre vi è stata una crescita delle organizzazioni negli ultimi 4 anni (+14,2% tra il 1997 e il 2000) non così si può dire dei volontari, almeno di quelli attivi in maniera assidua - coloro che forniscono un contributo essenziale e/o costante nella gestione delle attività. Basti pensare che nel 30,9% delle OdV esaminate non vi sono più di 5 militanti e complessivamente nel 56,5% dei casi le persone attive non superano complessivamente le 10 unità. Il dato medio dei volontari per organizzazione nel 2000 è di 21,7 unità (34 nel 1997) ma la mediana è 10. Lo conferma anche il dato di confronto delle stesse organizzazioni esaminate nelle due rilevazioni: dai 38 volontari del 1997 ai 27 del 2000. Le organizzazioni di volontariato sono piccoli gruppi di persone piuttosto che grandi compagini. Anzi tendono a crescere quantitativamente ma ad assottigliarsi quanto a numero medio di persone. Come avviene per le famiglie che aumentano ma si riducono nella dimensione media.

I volontari assidui sono collocati prevalentemente nella classe anagrafica di mezzo (46-65 anni, per il 38,4% delle unità) e si trovano quindi nel pieno della maturità umana e professionale, mentre i giovani (al di sotto dei 30 anni) risultano prevalenti solo nel 8,3% delle unità, aspetto che segnala un problema di ricambio ma anche di convivenza intergenerazionale dentro le OdV. Non vi è invece uno scarto percentuale rispetto al genere: le donne costituiscono il 50,8% dei volontari attivi anche se le OdV a esclusiva o prevalente presenza femminile sono in proporzione inferiore rispetto a quelle a dominanza maschile. Ne è prova anche il fatto che le donne sono all’apice della responsabilità in 3 organizzazioni su 10 e quasi sempre in quelle a prevalente presenza femminile.

Diminuiscono consistentemente le organizzazioni composte dai soli volontari: dal 34% del 1997 al 22,3% del 2000, in ragione di due fenomeni correlati:

un processo di professionalizzazione in atto del volontariato organizzato, con l’inserimento di operatori remunerati. Mentre nel 1997 le unità dotate di personale remunerato costituivano il 12,3% del totale, nel 2000 raggiungono il 20% (+8 punti percentuali) e sale al 22% se si considerano le consulenze occasionali pagate. Questo fenomeno si rivela soprattutto in OdV che operano in convenzione e che, proprio per stare negli standard e nei requisiti di qualità stabiliti per la gestione dei servizi, sono indotte ad avvalersi di operatori remunerati in grado di assicurare continuità e professionalità adeguata. Tale processo è altresì generato dalla difficoltà di realizzare un sufficiente turn-over tra i volontari. O di gestire tale processo di promozione e cura della componente gratuita. Sta di fatto che 14 OdV su 100 vedono la prevalenza del lavoro remunerato su quello gratuito e quindi compromesso uno dei requisiti di legge di appartenenza al volontariato. Per non poche organizzazioni si tratta di risolvere il problema di coniugare l’anima associativa con l’efficienza gestionale (identità e servizio) o di risolvere il dilemma tra il privilegiare la tenuta dei valori autofondativi, determinati dai volontari che hanno costituito l’organizzazione o l’assecondare opportunità di crescita in complessità organizzativa e gestionale con la necessità di segnare il passo di fronte alla preminente importanza di manager e operatori remunerati che dettano gli obiettivi dell’organizzazione sempre più orientata verso l’efficienza tecnica e quindi verso il modello di impresa sociale.

La stima delle forze remunerate sull’intero fenomeno nazionale è di poco meno di 44 mila unità: 12.000 dipendenti, 10.900 collaboratori e 11.500 persone che ricevono rimborsi spese forfetari (Tav. 2). 9 OdV su 100 dispongono al bisogno anche di esperti consulenti in grado di soddisfare sia le esigenze di gestione e amministrazione dell’organizzazione (es. fiscalista) sia esigenze di specifiche categorie di utenza (avvocato, specialista in campo medico ecc.). Le OdV che più si avvalgono di tali competenze, talvolta anche in forma gratuita, sono le stesse unità che fanno maggior ricorso alle prestazioni di operatori remunerati. Sono quindi risorse aggiuntive e non sostitutive di queste ultime. Il mondo del volontariato organizzato, in definitiva, è in grado di mobilitare, con diverso ruolo e impegno, poco meno di 5 milioni di cittadini. I militanti che operano con gratuità costituiscono un quinto del totale.

Negli ultimi anni si è registrata una forte istanza di pubblicizzazione da parte delle organizzazioni di volontariato (OdV): 75 su 100 risultano infatti iscritte ai registri del volontariato istituiti a livello regionale con la legge 266/91. Nel 1997 erano 52 su 100. Cresce nel tempo anche il rapporto di convenzionamento con il pubblico per la gestione di specifici interventi o servizi: dalle 34 OdV convenzionate nel 1997 alle 42 del 2000. Tuttavia l’iscrizione al registro non significa automaticamente la gestione di un’attività o di un servizio in convenzione con il pubblico. Infatti 1 OdV iscritta su 2 è convenzionata con il pubblico. Però l’essere iscritta aumenta significativamente le probabilità di ricevere dall’ente locale un contributo finanziario (il 52% a fronte del 34% delle non iscritte). Tra le due ultime rilevazioni è cresciuta ancora la propensione delle OdV ad entrare in rapporto con enti e servizi pubblici: infatti l’83,6% delle unità esaminate dichiara di avere avuto nel 2000 una collaborazione operativa con servizi e uffici pubblici oppure di operare in convenzione o di aver acquisito un finanziamento da enti locali. Nel 1997 l’aliquota corrispondente era del 71,6%. E’ crescente soprattutto la propensione ad un rapporto di integrazione (convenzionamento+collaborazione) rilevata con un apposito indice che attesta come 6 OdV su 10 sono significativamente connesse con il pubblico (livello medio-elevato di rapporto), mentre solo il 6,3% manifesta un reale distanziamento dalle istituzioni responsabili delle politiche sociali locali. Il finanziamento pubblico diventa l’entrata prevalente per una quota sempre più elevata di organizzazioni: ne era dipendente il 25% nel 1996 (bilancio annuale) e il 42% nel 2000. I contributi costituiscono ancora la modalità di finanziamento più importante (usufruiti dal 48% delle unità) e precedono le entrate da convenzioni o corrispettivi di servizi resi dal volontariato (35%), mentre le entrate per progetti finanziati alle OdV riguardano non più dell’8% delle unità esaminate. E’ evidente la ancora scarsa propensione a lavorare per progetti nel mondo del volontariato. La tendenza a iscriversi e a collaborare con il pubblico denota una tensione a "fare sfera pubblica", a candidarsi per gestire o integrare servizi, e può essere considerato un indicatore di maturità. Si tratta ora di capire se questa tendenza va nel modello dell’integrazione, se è un processo che porta all’istituzionalizzazione delle OdV, inglobate in una logica di esternalizzazione pubblica dei servizi o a quello della partecipazione per cui il volontariato organizzato assume consapevolmente il ruolo di soggetto di proposta, di elaborazione e di concertazione delle politiche sociali (ruolo " politico ") oggi riconosciutole dalle norme quadro dei nuovi sistemi di Welfare.

E’ in crescendo tra le OdV la tendenza a fare rete, a stare dentro organismi di appartenenza e rappresentanza, a collegarsi sul territorio a coordinamenti e consulte: 77 unità su 100 risultano affiliate, associate o collegate rispetto alle 71 del 1993. Il 38,2% aderisce addirittura a più reti. Il fenomeno è sempre più importante a livello locale dove nascono nuovi coordinamenti e cartelli del volontariato in grado di rappresentarlo nella sua funzione "politica", mentre si va allentando il legame tra le unità affiliate e le sedi nazionali o sovralocali, in virtù di una riconosciuta maggior autonomia della sezione locale che sempre più è chiamata a rispondere direttamente del proprio operato. Il dialogo è molto più frequente con organizzazioni omologhe che con altre realtà del terzo settore con cui le OdV potrebbero integrarsi in progetti di prevenzione o nella gestione di servizi che richiedono umanizzazione, ascolto, relazione e tutela. E senza sostituirsi a tali forze se più adatte a gestire un servizio. Non ancora frequente e intenso è invece il rapporto con i Centri di Servizio per il Volontariato: nelle regioni in cui erano funzionanti nel 2000 solo un terzo delle OdV ha avuto con essi un rapporto significativo in termini di fruizione di prestazioni o di partecipazione ad eventi e iniziative. Tale aliquota scende al 21,4% se si considerano i rapporti plurimi nell’anno. Ciò significa che per i CSV vi è ancora molto da fare per aggregare su progetti e proposte le OdV favorendone la capacità operativa e di elaborazione delle politiche sociali del territorio.

Tav. 1 - Universo di partenza, fattori di selezione e campione esaminato

Regioni

Universo di partenza

densità
(numero di
OdV x 10.000 ab.)

campione
(ODV valide inserite in BD)

n. %

Italia

n.

% su totale
regioni

% su
Italia

Valle D'Aosta

107

 

8,9

74

69,1

 

Piemonte

1.945

 

4,5

1.105

56,8

 

Liguria

1.058

 

7,0

640

60,4

 

Lombardia

5.362

 

5,9

2.432

45,3

 

Nord - Ovest

8.472

32,1

5,6

4.251

50,1

32,5

Trentino Alto Adige

436

 

4,6

261

69,9

 

Friuli Venezia Giulia

902

 

7,6

288

31,3

 

Veneto

2.426

 

5,4

907

37,3

 

Emilia Romagna

2.894

 

7,3

1.266

45,2

 

Nord - Est

6.658

25,2

6,3

2.722

41,7

20,8

Toscana

2.231

 

6,3

1.078

48,3

 

Umbria

500

 

5,9

261

52,2

 

Marche

959

 

6,6

825

86,0

 

Lazio

1.438

 

2,7

639

44,4

 

Centro

5.128

19,4

4,6

2.803

54,7

21,4

Abruzzo

363

 

2,8

232

63,9

 

Molise

172

 

5,2

99

57,5

 

Campania

1.147

 

1,9

559

48,7

 

Basilicata

241

 

4,0

171

70,9

 

Puglia

1.076

 

2,6

577

53,6

 

Calabria

700

 

3,4

410

58,5

 

Sicilia

1.178

 

2,3

665

56,4

 

Sardegna

1.239

 

7,5

600

48,4

 

Sud - Isole

6.116

23,2

2,9

3.313

54,1

25,3

Italia

26.374

100,0

4,5

13.089

49,8

100

Fonte: Rilevazione FIVOL 2001

Tav. 2 - Il quadro delle risorse umane e dei sostenitori delle ODV

Tipologia:

% su totale OdV indagate

Stima sul fenomeno nazionale

- volontari attivi e continuativi

95,3

550.000

- volontari attivi ma non continuativi (saltuari)

62,8

400.000

- soci, iscritti, tesserati non attivi

55,2

2.480.000

- donatori di sangue (attivi) o di organi

18,9

1.370.000

- obiettori di coscienza

12,1

12.000

- religiosi

11,4

6.000

- persone che usufruiscono di un rimborso spese forfetario

7,1

11.500

- retribuiti a rapporto di collaborazione

9,6

10.900

- retribuiti alle dipendenze a tempo parziale

6,0

3.500

- retribuiti alle dipendenze a tempo pieno

5,9

8.500

- persone a consulenza occasionale

9,2

9.200

TOTALE

 

4.861.600

Fonte: Rilevazione FIVOL 2001

I profili tipici del volontariato sociale italiano

Un’interpretazione sintetica del volontariato organizzato, che tiene conto delle principali caratteristiche di questo fenomeno, permette infine di classificare le organizzazioni in base alla appartenenza ad una tipologia di profili specifici di organizzazioni (Tav. 10). La loro identificazione conferma l’ipotesi di una variegata composizione del mondo del volontariato organizzato italiano. I gruppi o tipi identificati sono i seguenti cinque:

Tav. 3. Tipologia dei profili del volontariato organizzato

Descrizione variabili

 v.a. 

 % 

1° organizzazione tradizionale di welfare

4.317

33,0

2° organizzazione sanitaria di supporto alla donazione

2.197

16,8

3° organizzazione semiprofessionalizzata di gestione

2.786

21,3

4° organizzazione di tutela dei beni comuni

3.023

23,1

5° organizzazione di scarsa vitalità e realizzazione

766

5,8

Totali

13.089

100

Fonte: rilevazione FIVOL 2001

1° tipo: l’organizzazione tradizionale di Welfare: è il più diffuso e rappresenta il volontariato dei servizi alla persona, quello più tipico e tradizionale. Opera preminentemente nel settore socio-assistenziale, pur espandendosi nelle strutture sanitarie per fornire sostegno morale e psicologico a persone sofferenti. E’ connotato dalla presenza esclusiva di volontari che rivelano motivazioni altruistiche. E’ attivo a livello micro territoriale e gravita spesso nell’ambito parrocchiale da cui sorge in non pochi casi. Rivela un assetto organizzativo leggero, il necessario per funzionare. Pur se collabora sul piano operativo con il Pubblico, l’indice complessivo di rapporto è basso, in quanto manifesta un orientamento alla sussidiarietà che deriva dalla tradizione del volontariato cattolico a cui si ispira largamente. Scarsa è anche la propensione a fare rete, ovvero a partecipare a coordinamenti e Consulte. La componente di genere è marcatamente femminile e di età mediamente più avanzata. Le risorse economiche determinano budget mediamente modesti, con una o al massimo due fonti di entrata.

2° tipo: l’organizzazione sanitaria di supporto alla donazione: rappresenta in gran parte le sigle nazionali del volontariato (AVIS, AIDO, FRATRES, FIDAS..), diffuse capillarmente nel Paese, inclusi i comuni non urbani dove è più massicciamente presente. Le OdV di questo tipo coprono un’area di intervento – la promozione della donazione di sangue e organi - che in Italia è da sempre ed esclusivamente presidiata dal volontariato. Rivelano l’anzianità media più protratta e sono tra le più formalizzate per strumenti regolativi e tra le più articolate in organi di gestione, in primis quello di controllo. L’ispirazione che accomuna gli aderenti e i soci è decisamente aconfessionale, come in generale nel settore sanitario, caratterizzandosi come organizzazione dei cittadini, laica e specialistica nello scopo. Esse si integrano perfettamente con il Pubblico e proprio per questo sono iscritte ai registri del volontariato e risultano convenzionate con le istituzioni sanitarie da cui ricevono un corrispettivo per il materiale raccolto (numero di sacche di sangue) o a sostegno della loro attività. Questa consiste in misura importante nell’informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica, dei giovani fin dalla formazione scolastica e dei cittadini potenziali donatori, 532 in media per unità che tendono a fidelizzare per garantire, nel caso del sangue, donazioni periodiche e controllate. La dimensione del nucleo operativo è piccola, non supera quasi mai le dieci unità di attivisti per lo più di genere maschile.

3° tipo: organizzazione semiprofessionalizzata di gestione: è tra le più consolidate per anzianità media, avendo radici in epoca di riforma del nostro Welfare, all’insegna del decentramento dei servizi e della territorializzazione degli interventi. Le OdV semiprofessionalizzate sono particolarmente attive nei comuni capoluogo e, anche per questo, sono le organizzazioni dei grandi numeri, per presenza e impegno orario dei volontari, continuativi e non, ma anche di obiettori di coscienza, di consulenti, di personale remunerato, di soci non attivi e di operatori in totale (volontari e non). La compresenza del personale remunerato le caratterizza fortemente. Esse operano in modo peculiare in stretto rapporto con il Pubblico nei settori del Welfare, assumendo incarichi di responsabilità gestionale con una sostanziale dipendenza dai finanziamenti degli enti locali. Svolgono attività continuative finalizzate al trasporto ammalati, al soccorso di emergenza, all’assistenza diretta alla persona con servizi strutturati per orario, prestazioni e professionalità specifiche. Sono tra le più formalizzate e dispongono di un assetto organizzativo medio più articolato per organi sociali e funzioni di controllo. Anche la trama dei loro collegamenti operativi con altre organizzazioni private è fitta, così come quelli con il mondo della scuola, sia a scopo di realizzare programmi di educazione sanitaria che progetti di divulgazione dei valori e delle pratiche solidaristiche tra i giovani. Sono le organizzazioni maggiormente partecipative ai coordinamenti alle Consulte del volontariato. Una parte cospicua di esse ha le caratteristiche strutturali e le competenze per operare come imprese sociali tout court, così che la presenza dei volontari tende ad essere sempre meno determinante per la realizzazione delle loro finalità. Soprattutto laddove è forte il connubio con il pubblico per la gestione delegata di servizi.

4° tipo: l’organizzazione di tutela dei beni comuni: questo tipo rivela il maggiore trend accrescitivo, in ragione della più recente origine. Le OdV di questo tipo sono generate più frequentemente dall’iniziativa autonoma di gruppi di cittadini che si fanno carico in un determinato territorio dei problemi connessi alla tutela, fruizione e valorizzazione di beni materiali, culturali, architettonici o paesaggistici, naturali e animali e della protezione civile. Operano quindi nei vari settori della partecipazione civica. Una caratteristica peculiare di queste unità è l’assenza di una specifica matrice culturale di riferimento sottoscritta dai membri dell’organizzazione che condividono finalità e obiettivi da conseguire. Oltre a realizzare appositi servizi, esse operano soprattutto con attività di pressione e di proposta sugli Enti interessati e, in modo correlato, informando e sensibilizzando l’opinione pubblica – attraverso campagne mirate e capillari - per richiamare l’attenzione, fare consapevolezza comune, mobilitare i cittadini. La modalità operativa che più le contraddistingue è la collaborazione con gli altri attori delle politiche e delle pratiche sociali sul territorio. Gli aderenti-volontari sono la risorsa spesso esclusiva, di età prevalentemente giovane-adulta e di genere maschile; essi sono molto attivi nelle iniziative di autofinanziamento, mentre dal Pubblico ricevono più contributi al "merito" che corrispettivi per prestazioni fornite nell’ambito di convenzioni.

5° tipo: il gruppo di scarsa vitalità interna e realizzazione: costituisce la componente residuale del fenomeno, ed è emblematico della difficoltà che un certo volontariato incontra nell’operatività, anche per qualche problema di identità non risolto. Sono realtà dislocate in proporzione maggiore nei comuni più piccoli e periferici del Paese, faticano ad operare con continuità e rivelano una certa precarietà, a cominciare dalla disponibilità della sede. I problemi più evidenti riguardano le risorse, umane anzitutto: in otto casi su dieci sono prive dell’azione di volontari continuativi e, quando vi sono, costituiscono piccolissimi nuclei di persone scarsamente attive, poco coadiuvate dalla presenza di altre figure e dai soci. I loro budget sono modesti e si basano su una sola fonte di entrata. L’assetto organizzativo è essenziale. Esse operano soprattutto nei nuovi settori della partecipazione civica, ma senza gestire specifici servizi o avere in carico utenze. Il rapporto con il pubblico non è di tipo fiduciario, appare poco significativo per numero di convenzioni e di contributi ricevuti, a dimostrazione che le istituzioni tendono a valorizzare il volontariato che dimostra tensione operativa e valoriale. Sono anche le realtà più chiuse rispetto alla comunicazione esterna.

Il volontariato è pertanto un universo composito di organizzazioni caratterizzate da differenti modelli, strategie e dimensioni operative che definiscono la ricchezza del fenomeno e ne rivelano le differenti vocazioni.