Famiglie, risorse, territorio nel Basso Molise

a cura di Renato Frisanco

La ricerca sui bisogni delle famiglie del basso Molise, al di là dei risultati conoscitivi che ha permesso di conseguire, costituisce un modello di rilevazione e di analisi del contesto che si intende proporre ai volontari e agli operatori sociali. D’altra parte la conoscenza del contesto territoriale e sociale specifico e la descrizione dei suoi caratteri peculiari rispetto ad altre o più ampie realtà, è condizione imprescindibile per l’impianto di qualsiasi progetto di intervento in ambito sociale. Non solo, ma è strumento utile alla ricostruzione o al rinforzo dell’identità e dell’unità di un territorio e quindi all’affermarsi o consolidarsi di un sentimento comunitario. Attraverso l’auto-analisi e l’auto-diagnosi di comunità si favorisce il senso di appartenenza dei cittadini al proprio territorio - funzione culturale e psicologica - e quindi la possibilità di operare in una dimensione agibile e progettabile – funzione operativa concreta.

L’indagine sui bisogni condotta su 500 famiglie del basso Molise ha assunto come approccio teorico rispetto alle situazioni di disagio, e ai bisogni che le creano, non come oggetti statici ma come percorsi di crisi (eventi specifici, transizioni di vita tra stati biologico-naturali o sociali), come segmenti di traiettorie dotati di grande dinamicità che solo l’assenza di risposte nel circuito dei servizi e interventi cronicizza e fa diventare stati di crisi.
Volendo sintetizzare il profilo della famiglia del basso Molise emergono una serie di tratti specifici.
Si tratta di una compagine che rivela per lo più un forte radicamento e senso di appartenenza al proprio territorio; le famiglie propense a trasferirsi (26%) lo farebbero per garantire ai figli migliori opportunità di crescita e di formazione alla vita adulta.
Vi è una diffusa percezione anche degli elementi di problematicità del territorio: dalla stasi nello sviluppo economico, alla mancanza di servizi socio-sanitari e di strutture e momenti di vita culturale. Discreta appare vita di relazione (problema scarsamente avvertito) in un ambito ancora caratterizzato in buona parte da una "solidarietà meccanica", da un tessuto relazionale spontaneo di vicinato e di autosostegno parentale. Molto meno pronunciata è invece la partecipazione sociale delle famiglie (1 su 2 con almeno 1 componente che fa parte di gruppi od organismi locali, più a Termoli e tra le compagini a bassa problematicità).
Passando all’analisi per specifici tipi di bisogno, si è rilevata la percezione dei capofamiglia rispetto a: reddito, lavoro, abitazione, salute, accudimento dei figli, educazione, inserimento lavorativo dei figli.
Nel complesso 24 FA su 100 sono in condizione di reale problematicità (più bisogni scoperti contemporaneamente). I più diffusi sono relativi a lavoro, reddito e abitazione, bisogni di tipo materiale. Nell’ordine l’inserimento lavorativo dei figli; la difficoltà/precarietà lavorativa collegata alla problematica del reddito insufficiente (21%); l’abitazione, che anche quando è di proprietà rivela condizioni di fatiscenza.
Riguardo ai problemi di salute: 4 FA su 10 rivelano almeno un componente affetto da malattie croniche.
Le famiglie con figli in non pochi casi denunciano difficoltà nell’accudimento bambini piccoli, soprattutto per carenza di spazi di socializzazione e di spazi gioco; ma anche per quanto concerne l’educazione: 36 su 100 con difficoltà nell’esercitare con autorevolezza il ruolo educativo, di comunicazione con i figli, disarmonie tra i partner; infine non mancano i problemi scolastici: 2 FA su 10 sono alle prese con tali problemi di non facile soluzione per la diffusa componente di relazionalità che li connota.
Nel complesso poco più di un quarto delle famiglie (stimabili in circa 10 mila unità su tutto il territorio del basso Molise) rivela una sorta di disagio psicologico per sentimento di abbandono da parte dei servizi, senso di diversità rispetto alle altre famiglie e/o isolamento dal contesto. E lo sono soprattutto le famiglie multiproblematiche che risultano le più isolate e autocentrate e su cui andrebbe orientato l’intervento prima che si generino altre ricadute negative o complicazioni che cronicizzano il bisogno iniziale.

Le famiglie che stanno peggio, le più deboli, sono quelle unipersonali anziane (8 su 10 - donne sole, che spesso vivono in una sorta di confinamento domestico), quelle monogenitoriali con figli (meno dinamiche e reattive delle compagini normocostituite con prole) e quelle con figli in età scolastica, adolescenziale e giovanile per le quali si apre il fronte delle difficoltà educative e dell’inserimento lavorativo.
Infine solo le famiglie delle aree montane e più periferiche che rivelano uno svantaggio reale soprattutto nella soluzione dei problemi di inserimento professionale dei figli, dei problemi abitativi e di rapporto con il vicinato. Al contrario, tra i cittadini di Termoli si rivelano i problemi di cura e accudimento dei figli e le preoccupazioni per la situazione economica locale.

Le modalità di fronteggiamento dei bisogni da parte della famiglia indicano che essa è tuttaltro che un soggetto passivo, casomai è scoraggiato o rassegnato. Essa tende a mobilitare un’ampia gamma di aiuti e di servizi, che si può figurare con un modello a cerchi concentrici: prima di tutto si punta sulle risorse interne, poi su quelle della cerchia parentale e amicale, e infine mobilitano i servizi.
Maggiore rassegnazione vi è per i problemi relativi all’abitazione, al lavoro, a quelli scolastici ed educativi dei figli.
Le risorse interne della compagine risultano determinanti per affrontare l’accudimento dei figli piccoli e l’inserimento professionale dei più grandi dopo la loro lunga moratoria sotto la protezione domestica.
I servizi sono importanti quando si profilano problemi di salute (6 unità su 10 li chiamano in causa ma solo il 13% delle unità ha un proprio membro in carico ai servizi socio-sanitari) e, se occorre, si fa ricorso anche quelli privati (il 26% delle famiglie), soprattutto la popolazione di Termoli e di ceto sociale medio-elevato, più istruita, informata, consapevole ed esigente nei confronti di Comune e ASL e che evidentemente dimostra di non ritenere sufficiente quanto queste istituzioni producono in termini di quantità e qualità dei servizi che pur fruiscono nella quasi totalità dei casi.
Nel complesso su 100 tentativi di soluzione attuati 6 su 10 mobilitano le risorse familiari e tale aliquota sale al 72% nell’area montana, non perché queste famiglie dispongano di maggiori risorse ma, al contrario, perché vi sono meno risorse al loro esterno. Tra queste scarseggia in assoluto il volontariato che ne esce un po’ sfuocato da questa indagine: solo l’8% delle famiglie ha un rapporto diretto con il volontariato organizzato. Ma per i capofamiglia scarso è anche il contributo delle Parrocchie e del privato profit.
Un aiuto concreto e discreto viene invece da persone di fiducia come risorsa aggiunta della famiglia per 6 unità su 10; in tre casi su 10 sono due o più le persone di appoggio della famiglia. In primis vengono i parenti; poi gli amici e i vicini; infine gli agenti sociali, in particolare, il medico di base.

Il rapporto con i servizi socio-sanitari rivela che le famiglie appaiono accontentarsi dell’offerta attuale anche se poi un capofamiglia su due ritiene "molto" o "abbastanza" grave la loro carenza e se, come abbiamo visto, 6 tentativi di soluzione dei bisogni su 10 sono di tipo autarchico, si basano sulle sole risorse familiari. Solo una minoranza di intervistati manifesta una consapevole domanda di aiuto o prestazione per sé o per la propria famiglia al Comune e alla ASL. In sostanza non sanno cosa chiedere: vi è uno scarto palese tra bisogno e capacità di formularlo in termini di domanda così come vi è uno scarto in termini di informazione sulle opportunità e quindi un difficile accesso ai servizi.
Si nota anche una gerarchia d’uso dei servizi. Il medico di base è la figura chiave di riferimento per tutti i problemi familiari e talvolta è in rapporto fiduciario e intimo con la famiglia; l’unico terminale pubblico di ogni problema della compagine molisana. Viene poi l’Ospedale. La domanda di servizi appare largamente orientata sui servizi più tradizionali, mentre mancano all’appello le strutture intermedie (assistenza domiciliare, centri diurni, unità di strada, etc..). La distanza maggiore è tra le famiglie e i servizi sociali comunali, per cui già questa evidenza richiamerebbe l’ente locale ad un intenso lavoro di segretariato sociale.
Dei servizi ricevuti per il proprio congiunto (nel 13% dei casi con continuità di presa in carico) la famiglia si dimostra moderatamente soddisfatta, ma più per le caratteristiche di competenza professionale e relazionale (cortesia) degli operatori che per strutture, organizzazione e funzionamento del servizio. D’altra parte questo non è sufficiente a far fronte a tutte le esigenze assistenziali del soggetto preso in carico che richiede di fatto la mobilitazione della famiglia, anche quella allargata dei non conviventi. Talvolta anche con rinunce rilevanti ed una riorganizzazione della vita familiare.

Si sono analizzati anche il clima interno, i valori della famiglia e l’esperienza religiosa. Le famiglie molisane rivelano in generale un clima familiare sereno e comprensivo. Tensioni e conflitti riguardano in misura prevalente 14 famiglie su 100, le meno privilegiate per una serie di indicatori e non a caso le più problematiche.
I valori di riferimento della famiglia sono quelli più convenzionali che ne definiscono l’identità sociale, del rispetto e dell’onestà. Sono questi anche i valori maggiormente trasmessi ai figli e precedono di gran lunga quelli che sostengono le relazioni affettive ed educative, l’esperienza religiosa così come quelli connessi al lavoro e alla carriera scolastica dei figli. Non elevata enfasi vi è invece sull’educare bene i propri figli, quasi che questo compito non sia avvertito nella sua complessità e nella problematicità dei nostri giorni.
Le famiglie del basso Molise, che risultano quasi tutte costituite con un matrimonio religioso, dichiarano coerentemente una certa credenza in Dio (solo 9 intervistati su 100 sono agnostici o indifferenti) anche se i comportamenti che segnalano maggiormente una vita di fede (pratiche religiose, preghiera frequente, obbedienza alle indicazioni delle autorità religiose, contributo economico alla Chiesa) riguardano 4 intervistati su 10. "Vivere la propria fede religiosa con coerenza" è un’opzione valoriale che rivelano meno di tre famiglie su 10, mentre solo per il 5% è questo il valore-faro dell’intera compagine familiare.
Non vi è invece un rapporto caldo di confidenza e prossimità con il clero se non per pochi capofamiglia, nonostante sia più ampia la partecipazione e il sostegno dato alla Chiesa-istituzione. L’azione della parrocchia nel territorio è percepita come scarsamente significativa a sostegno della famiglia.

I risultati della rilevazione confermano che tocca alle forze della società civile, volontariato e associazionismo, all’unisono con le istituzioni pubbliche, intervenire per promuovere una domanda più adeguata dal punto di vista quantitativo e qualitativo di servizi e per rendere consapevoli i cittadini di un diritto ad una vita qualitativamente migliore e più partecipata. E quindi ad esercitare una cittadinanza attiva.
La promozione del volontariato nella zona appare pertanto un obiettivo di primaria importanza, soprattutto per fare azione di mediazione tra cittadini e istituzioni (riconoscimento del bisogno, formulazione della domanda) e stimolo alle istituzioni (esigibilità dei diritti e controllo dell’efficienza operativa dei servizi pubblici) a cui spetta la responsabilità prima e complessiva della risposta ai bisogni dei cittadini.
Il volontariato deve fare la sua parte non solo come motore di nuovi interventi e servizi, in grado di affrontare più qualitativamente bisogni e problemi della popolazione, ma anzitutto promuovendo e testimoniando il verbo della solidarietà e la cultura della partecipazione.

La ricerca è stata pubblicata dal Centro Servizi per il Volontariato di Larino:
a cura di R.Frisanco e A.Mastantuono, Famiglia, bisogni, territorio. Indagine sulle famiglie del basso Molise, Collana I Quaderni de "il Melograno", Larino (CB), 2001, p. 281. In allegato il CD ROM con grafici e cartine a cura di S. Menna.

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