Volontari e volontarie

Simona Menna

Copertina - IL RUOLO DELLA DONNA NEL VOLONTARIATO SOCIALEl'articolo presenta i risultati della ricerca: il ruolo della donna nel volontariato sociale italiano

Le organizzazioni censite dalla Banca Dati della Fondazione Italiana per il Volontariato sono più di 10500. In queste organizzazioni operano continuativamente e gratuitamente circa 400.000 (una media di 35 per gruppo) volontari equamente distribuiti tra uomini e donne.
I dati sembrerebbero fornire un quadro uniforme relativamente all’impegno offerto in attività di volontariato dal genere maschile e femminile. Tuttavia ad uno sguardo più attento emergono sfumature diverse che rendono tipico l’impegno dei due sessi.


grafico - Distribuzione dei volontari in base al sesso


Vediamo ora più nel dettaglio in quali campi, o in quali attività, emerge l’impegno delle donne e in quali quello degli uomini. Le donne sono più presenti nei settori di cura alla persona, dove l’aspetto relazionale assume una importanza predominante rispetto ad altri elementi come ad esempio quello organizzativo e gestionale. Un esempio interessante sul quale prestare attenzione è notare come in campo sanitario, sebbene la presenza delle donne è paritaria a quella degli uomini, le competenze sembrano essere diversificate. Le attività maggiormente svolte dalle donne riguardano quelle più propriamente assistenziali rivolte agli anziani, ai malati, agli handicappati, alle persone nella aggravata condizione di solitudine e indigenza. A quanto detto si può ancora aggiungere che spesso si tratta di donne di età superiore ai 65 anni, con orientamento culturale di matrice cattolica. Rimanendo sempre in campo sanitario si constata che le attività prevalentemente svolte dagli uomini riguardano il trasporto malati, la guida di ambulanze, la donazione di sangue, gli interventi in situazioni di emergenza e calamità, etc. Altro campo di pertinenza maschile è quello della protezione civile.
Un campo che, seppure coinvolge indistintamente le risorse umane del volontariato, sembra tuttavia più presente la componente femminile è quello delle attività formative ed educative rivolte alle fasi evolutive dello sviluppo umano. L’impegno del volontariato in questo settore si orienta verso varie categorie di utenza come ad esempio: minori e giovani in quartieri e zone ritenute a rischio e deprivate, minori in condizione di adozione o affidamento, giovani in condizione di precarietà e disoccupazione (l’attenzione alla disoccupazione si segnala come emergente), con situazioni familiari problematiche, figli di immigrati, etc. In questo ambito di volontariato si riscontra anche una forma di impegno ritenuta ‘di attualità’ in quanto prende in considerazione i minori e i giovani non per un vero e proprio disagio conclamato, ma per le difficoltà che spesso le famiglie hanno - a causa dei prolungati impegni fuori casa - ad offrire ai propri figli attività educative e ricreative. Si segnalano al riguardo attività di volontariato sottoforma di ludoteche e associazioni costituite da insegnanti per offrire ulteriori apporti didattici e formativi. Attività dunque con specifiche finalità di prevenzione verso nuove forme di bisogni.
Si segnala come ulteriore campo di pertinenza femminile quello relativo ad attività di aiuto rivolte a donne vittime di maltrattamenti e violenze.
Ancora, di pertinenza tipicamente femminile sono le associazioni, vicine alle forme dell’ auto-aiuto, per donne operate al seno.
Anche sotto un profilo organizzativo emergono delle differenze tra le organizzazioni composte prevalentemente da donne e quelle composte prevalentemente da uomini.
Oltre alle differenze già indicate si segnalano percentuali diverse in relazione alla carica di presidente. Su 5000 organizzazioni esaminate tale carica è ricoperta da un uomo nel 70,3% dei casi mentre per il rimanente 29,7% da una donna.


Grafico - Distribuzione della carica di Presidente


Il Settore Studi e Ricerche della Fondazione ha recentemente condotto una ricerca di approfondimento sul ruolo della donna nel volontariato sociale italiano. La ricerca di tipo qualitativo, affidata alla Prof.ssa Paola Di Nicola (Università del Molise) e al Dott. Fabio Ferrucci (Università di Perugia), ha coinvolto un campione statisticamente non rappresentativo di 32 volontarie sulle quali è stato condotto un colloquio in profondità.
Dai colloqui è emerso che per alcune donne svolgere attività di volontariato costituisce una maturazione di un proprio percorso individuale, di un proprio stile di vita. Superati gli impegni familiari più assidui (es. figli piccoli, genitori ammalati) un impegno nel sociale fuori casa consente la continuità di un loro modo di vivere.
Per altre invece l’impegno nel volontariato nasce da una esperienza vissuta in prima persona; oppure per caso, sollecitate magari da una amica.
Per molte ancora fare volontariato costituisce l’opportunità di realizzare un proprio interesse, di fare cose che non sarebbe stato possibile realizzare nel mondo del lavoro o in ambito familiare. Rientra in questa motivazione, ad esempio, la necessità di stabilire rapporti con persone nuove.
Un comune denominatore per le donne impegnate in attività di volontariato che è emerso in tutta la sua centralità è l’elemento del ‘tempo’ , la difficile conciliabilità tra i diversi impegni: il tempo per la famiglia; il tempo per il lavoro; il tempo per gli altri; il tempo per sé; il tempo per la maternità; etc.
Un altro aspetto molto interessante emerso dai colloqui riguarda gli stereotipi legati al genere maschile e femminile. Infatti, seppure con una dichiarazione iniziale venivano attenuate, se non addirittura negate le differenze tra uomini e donne; in seconda battuta, quando si chiedeva di pensare quali delle caratteristiche dell’uomo e della donna il volontariato valorizzasse, la figura femminile spesso evocava immagini legate alla maternità, al ruolo educativo, alla più spiccata sensibilità e attenzione per gli altri, alla pazienza e al saper aspettare.
Di converso la figura maschile veniva spesso associata alla predisposizione per le attività dinamiche, alla forza fisica, etc.
In conclusione non si tratta di confrontare, o valutare, il genere maschile e quello femminile, ma solo riuscire a conoscere meglio le varie componenti della risorsa umana del volontariato. In questa ottica non vanno trascurati quegli elementi che segnalano processi di trasformazione di cui si deve tenere conto. Più in dettaglio: sebbene la maggior parte delle donne, soprattutto se anziane, tendono a privilegiare gli aspetti relazionali e informali, le volontarie più giovani si orientano maggiormente verso si aspetti organizzativi, gestionali e professionali. Emerge inoltre un forte interesse verso attività formative che consentono di acquisire specifiche competenze per la gestione delle relazioni di cura. L’esigenza dunque di avere anche nel campo più tradizionale dell’ assistenza competenze e conoscenze di tipo più professionalizzato. Infine si segnala un orientamento verso l’assunzione di ruoli di responsabilità all’interno delle organizzazioni di volontariato.

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