LA SOLIDARIETA' ORGANIZZATA
Il volontariato in Italia oggi

sintesi a cura di Simona Menna

Copertina - LA SOLIDARIETA ORGANIZZATA Il volontariato in Italia oggiIl volontariato nelle forme più moderne assume sempre più chiaramente le caratteristiche di fenomeno associativo e sempre meno quelle di fenomeno prettamente individuale. Infatti il volontariato è oggi riconoscibile dalla continua costituzione di gruppi organizzati capaci di mobilitare individui e di utilizzare il loro tempo in attività socialmente utili. "Senza il supporto e la mediazione di queste organizzazioni la disponibilità dei cittadini ad impegnarsi, per quanto diffusa possa essere, non troverebbe infatti alcuna forma di incanalamento e realizzazione pratica".

L’ottica sulla quale si è basato il lavoro di ricerca "La solidarietà organizzata" (di Costanzo Ranci e Ugo Ascoli) è stata quella di riconoscere le condizioni organizzative che determinano il successo (o fallimento) nel ciclo di vita di un’organizzazione di volontariato sociale italiano. Lo studio inoltre ha perseguito lo scopo di guardare ancora più in profondità: produrre una descrizione analitica e realistica dei problemi e, soprattutto, delle soluzioni adottate dalle organizzazioni nel tentativo di consolidare il loro percorso di sviluppo.
Porre al centro della riflessione la capacità organizzativa vuol dire rendersi conto che i successi, così come i fallimenti, del volontariato non sono direttamente riconducibili alla buona (o cattiva) volontà dei volontari, né al grado di diffusione del comune senso di solidarietà, ma soprattutto al grado di stabilità raggiunto dalle organizzazioni nel proprio funzionamento.
Per conoscere lo stato di salute del volontariato non basta dunque conoscere l’entità dei volontari, o la presenza dei gruppi attivi sul territorio nazionale. Si rende invece necessario conoscere ed analizzare soprattutto la loro struttura e la loro forma organizzativa.
I modelli ad oggi più accreditati per descrivere le dinamiche organizzative esprimono sostanzialmente due tendenze alternative: la prima basata sulle teorie della partecipazione volontaria; la seconda sulle teorie della mobilitazione delle risorse. Rispettivamente le due teorie hanno prodotto da un lato una rappresentazione "eccessivamente romantica" della partecipazione volontaria; e dall’altro un’immagine di razionalità e di efficacia lontana dal reale funzionamento delle organizzazioni volontarie. Il limite principale di entrambi gli approcci è proprio quello di porre come fondamentali e unilaterali aspetti che congiuntamente producono forme organizzative ben più complesse e articolate. Inoltre le teorie tradizionali pongono scarsa attenzione al superamento dei conflitti insiti nel processo di controllo.
Secondo gli autori va aggiunto che la conpresenza di obiettivi e le difficoltà della gestione interna esercitano sulle organizzazioni di volontariato due opposte tensioni che riducono fortemente capacità decisionali e operative a tal punto da esporre i gruppi ad una vera e propria "inerzia organizzativa". In altre parole accade spesso che le organizzazioni investano gran parte delle proprie energie e risorse per far fronte al mantenimento di un precario equilibrio costantemente "minacciato" da un lato dalle finalità degli obiettivi e dall’altro dalla gestione e controllo del gruppo, producendo così un senso di immobilismo tale da rendere le organizzazioni stesse in una costante condizione di subottimalità (cioè di inefficienza). "Anche i volontari contribuiscono all’inerzia organizzativa; la loro partecipazione avviene infatti sulla base di motivazioni e di ricompense di natura prevalentemente simbolica e relazionale: tutti benefici che appaiono relativamente indipendenti dalla performance dell’organizzazione".
In sintesi il funzionamento di un’organizzazione di volontariato è ciò che risulta da un processo che vede coinvolte varie dimensioni interne: definizione degli scopi, reclutamento delle risorse umane, reperimento delle risorse finanziarie, divisione dei ruoli, etc.

I risultati dello studio portano gli autori ad individuare tre principali dimensioni organizzative:

- la mobilitazione delle risorse,
- il rapporto tra partecipazione e gestione dei servizi,
- il rapporto con l’ambiente esterno.

La dimensione della mobilitazione delle risorse racchiude tutte quelle attività necessarie alla sopravvivenza del gruppo e allo svolgimento della sua azione. Tra queste attività rientra il reclutamento dei volontari che naturalmente costituiscono la risorsa principale di un gruppo di volontariato. Non secondario è anche il necessario reperimento di risorse economiche per garantire e sostenere le spese connesse sia al funzionamento interno, sia all’attività di servizio.
Per quanto riguarda la dimensione della partecipazione e gestione si è già avuto modo di osservare che l’organizzazione di volontariato si trova divisa al tempo stesso tra agenzia di lavoro e struttura associativa. Il dilemma tra identità e servizio riguarda soprattutto il modo di tenere distinte la funzione partecipativa e quella gestionale. Dai risultati della ricerca sembra emergere che il coordinamento di queste due funzioni si articoli nei tre seguenti livelli: 1) la concentrazione delle decisioni: il cui nucleo propulsivo è costituito di solito da un organo decisionale (Consiglio Direttivo, assemblea dei membri); 2) articolazione degli organismi interni: piccoli gruppi che svolgono attività di servizio separatamente dall’ attività svolta dall’assemblea dei soci; 3) distinzione delle forme di partecipazione, identificate: nelle responsabilità organizzative (soci attivi), nello svolgimento delle attività di servizio (volontari), nell’ adesione di natura simbolica (soci sostenitori).
La terza ed ultima dimensione identificata è relativa ai rapporti con l’ambiente. Secondo la terminologia usata nella letteratura il volontariato è anch’esso, al pari di altri tipi di organizzazioni, un sistema aperto. Interagisce, cioè con l’ambiente circostante (enti pubblici e privati, varie forme di associazionismo, popolazione, utenza, etc). L’interazione con l’ambiente circostante garantisce la sopravvivenza dei gruppi che in questo modo si mantengono sulla base della complementarità di risorse provenienti dall’esterno (scambio) e successivamente in esso reinserite (influenza).

Il volume fornisce inoltre un quadro della molteplicità e della diversificazione dei modelli organizzativi adottati dal volontariato sociale italiano. Infatti le combinazioni possibili tra le risorse accessibili alle organizzazioni sono diverse. A riguardo si sono individuati cinque modelli principali: associativo; eroico; aziendale; sinergico; semiprofessionale.
Il modello associativo è caratterizzato dalla modesta quantità complessiva di risorse mobilitate. La scarsa propensione a dotare i volontari di una formazione di ingresso segnala un reclutamento delle risorse umane poco selettivo. Questo tipo di organizzazioni privilegia il carattere associativo e partecipativo rispetto a quello connesso all’ erogazione dei servizi. Pongono scarso interesse alla preparazione dei volontari e al reperimento di risorse finanziarie.
Il modello eroico è quello che vede i volontari tutti protesi alla realizzazione di attività di spinta altruistica. Questo modello è caratterizzato da un’elevata intensità di lavoro e da una modesta intensità di capitale.
Il modello aziendale è caratterizzato dalla scarsa intensità di lavoro e dall’elevata intensità di capitale. Le organizzazioni di questo tipo reclutano pochi membri e sviluppano un modesto volume complessivo di lavoro.
Il modello sinergico è caratterizzato dalla elevata intensità sia del lavoro che del capitale. In questo modello viene mostrata molta attenzione alla formazione dei volontari.
Il modello semiprofessionale è costituito dalle organizzazioni per le quali l’intensità del lavoro è garantita innanzitutto dal livello elevato delle entrate.

Naturalmente l’individuazione di questi modelli ha avuto l’importante scopo di ampliare la conoscenza del volontariato relativamente agli aspetti organizzativi e gestionali fino ad oggi poco osservati. Si tenga infatti presente che i gruppi di volontariato sono tipi di organizzazioni del tutto particolari: la logica e la cultura che le caratterizza sono estranee a tutti gli altri contesti organizzativi tradizionalmente studiati e teorizzati (es.: organizzazioni pubbliche e private).
Non è stato pertanto tra gli intenti della ricerca stabilire quale tra i modelli presentati sia quello maggiormente di successo. Resta il fatto -come concludono gli autori- "che la mobilitazione delle risorse rappresenta per le organizzazioni volontarie il campo principale in cui si confrontano le diverse ipotesi di sviluppo e i diversi modelli d’azione perseguibili."

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