Gratuità e Azione Sociale
Il problema della Gratuità

Tra i criteri comunemente utilizzati nel definire l'azione volontaria, occupa un posto di rilievo quello della gratuità, intesa in senso negativo come assenza di retribuzione per le prestazioni del volontariato ed in senso positivo come atteggiamento etico che privilegia il fine solidaristico ed altruista rispetto a quello utilitarista. I volontari devono continuamente chiedersi perché fanno certe cose, perché dedicano tanto tempo all'impegno gratuito, in fondo devono chiedersi "chi glielo fa fare?".
Infatti la vera differenza insita nell'azione volontaria è la spinta motivazionale, è il Perché. Le persone arrivano all'impegno volontario per tante strade ed in tanti modi diversi, ognuno ha le sue ragioni che vanno valutate e non nascoste: molti giovani si avvicinano con la speranza di un lavoro (chi può giudicare di fronte ad un problema così drammatico e diffuso?), altri per la ricerca di amici, altri di senso per la propria vita; le persone anziane hanno e portano tanti e vari motivi per arrivare a fare volontariato.
Ogni persona deve essere accolta per ciò che è, ma può essere aiutata a crescere nell'impegno. Ognuno ha i suoi tempi, le sue modalità, il suo livello di consapevolezza: l'importante è condividerlo e confrontarlo con quello degli altri, dalle persone vicine, a coloro che in altri contesti hanno fatto le stesse scelte.

Le ambiguità dell’altruismo
Nel tempo si è fatta strada la convinzione che l’azione volontaria viva in simbiosi con il concetto di gratuità. Termine, questo (col suo corollario di altruismo, disinteresse, dono), evocatore di grandi generosità e spirito di dedizione ma che, se non specificato, può essere fonte anche di grande confusione.
In un contesto di volontariato maturo l’azione reale svolta del volontariato ci aiuta a superare ogni perplessità: nei comportamenti, anche quotidiani, attraverso i quali viene svelato il significato profondo della relazione che si stabilisce tra "donatore" e "beneficato". Le "ambiguità" dell’altruismo, però, sono reali solo là dove il volontariato è inteso ancora in senso assistenzialistico e dove l’aiuto verso l’altro è vissuto come una posizione di potere sull’ altro.
Le cose cambiano radicalmente se il gesto del dono si riscatta attraverso finalità ed operatività che evidenziano non solo la crescita personale di chi "dona" (lo sviluppo di un senso civico di responsabilità), ma anche e soprattutto l’impegno per il superamento delle differenze e asimmetrie iniziali (io do - tu ricevi), attraverso la promozione delle autonome capacità di gestire il proprio sistema di diritti e doveri da parte del "beneficato", il tutto in un quadro di condivisione di valori di uguaglianza.

I significati della "Gratuità"
Vi è una traduzione ingenua del significato di gratuità che vuole il volontariato completamente estraneo al rapporto con il denaro. Una concezione accattivante, in un’epoca in cui tutto sembra assorbito dal mercato ma, purtroppo, astratta perché non considera che la forma più elementare di azione prosociale è proprio il conferimento di denaro per una finalità sociale (sono un esempio la raccolta di denaro organizzata periodicamente dalla LILA per aiutare la ricerca sull’ AIDS o le vendite di piante organizzate dalla AISM per sostenere la ricerca sulla sclerosi multipla). La necessità del denaro per attivare azioni solidali, per promuovere interventi e implementare strutture di servizi, è una realtà. Non scontata e quindi fondamentale è invece la distinzione tra il profit e il non profit; nel secondo caso ( ed è il caso delle associazioni e dei gruppi di volontariato) il denaro può essere raccolto per fini sociali e non a fini di lucro ed è questa la prima vera distinzione che conta.
D'altra parte, non meno ingenuo è pensare che un’azione volontaria gratuita sia di per sé socialmente valida ed efficace. Credere che nel disinteresse ad ottenere benefici economici sia implicita la riuscita del’impegno di volontariato è come affidarsi ad un’ equazione che non considera la complessità dell’azione solidale moderna non riducibile alla sola sfera delle motivazioni personali o di gruppo. Non bisogna stancarsi di fare chiarezza su questo aspetto perché l’azione del volontariato, i servizi e gli interventi che attiva , non possono ormai prescindere dal riferimento a una cultura compiuta dei diritti. La natura dei servizi offerti dal volontariato esprime una forma di solidarietà sociale fondata sulla gratuità e oggi, di fronte alla persistenza e all’accrescersi delle quote di disagio ed esclusione sociale, questo bagaglio di esperienza, motivazioni e valori va speso per elaborare una nuova cultura della cittadinanza e per continuare a sperimentare nuove azioni senza perdere di vista l’adesione ai principi di giustizia.
Conoscere il significato dei concetti e dei riferimenti valoriali che si usano e che si condividono è allora necessario non solo per fugare i dubbi circa la loro fondatezza e spendibilità sociale, ma per evitare di qualificare l’azione solidale con "vuoti aggettivi", per evitare atteggiamenti puristi e per non rifluire nella generica indistinzione delle buone azioni. In questo senso, sottrarre il concetto di gratuità alla confusione delle affermazioni di principio è un altro passo nella direzione di un volontariato che non cresce solo sulla volontà e sullo spirito di dedizione individuali, ma che poggia la propria azione sull’attenzione ai gruppi dello svantaggio sociale, sul senso di responsabilità e di partecipazione alla vita sociale, sul rispetto delle differenze e sulla capacità di progettazione e incisività politica.
Si è portati ad ammirare chi si sacrifica per gli altri e a pensare che la società sarebbe migliore se le azioni degli uomini fossero sempre disinteressate ma è poca cosa sperare in cambiamenti significativi se non si capiscono i fattori che alimentano l’azione sociale e soprattutto se non si contribuisce ad alimentare il legame sociale migliorando la qualità della cittadinanza.

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