Accoglienza

Accogliere... sembra essere un'azione ed un verbo molto comune, molto usato in particolare nel mondo del volontariato; decidere di scrivere un numero di "pagine" per la formazione su questo aspetto sembrava una cosa semplice.
In realtà raccogliendo materiale, confrontandosi con i gruppi ci si è accorti che la capacità di accogliere, che l'apertura all'altro non è né semplice, né scontata.
Di accoglienza si è soliti parlare quando ci si riferisce all’apertura al diverso, sia esso immigrato, portatore di handicap, anziano... Con più difficoltà ci si riferisce al "diverso" solo perché "altro" da noi, ed allora sembra quasi che il problema non si ponga quando invece si tratta di essere aperti a qualcuno molto simile a noi, che come altri è alla ricerca di qualcosa, è per esempio alla ricerca di un impegno in un gruppo.
E' esperienza comune di molti gruppi (sia pur spesso negata), la totale disponibilità verso le persone considerate "fruitori" di un servizio ed invece la chiusura o la diffidenza verso coloro che chiedono di iniziare il loro cammino di volontari. Nei casi più "fortunati" la chiusura viene celata con un disinteresse, si finisce per far lavorare le persone, utilizandole in modo quasi eccessivo, contando e facendo leva sulla loro motivazione, senza rendersi conto che chi arriva a fare il volontario o a chiedere di far parte di un gruppo, ha prima di tutto bisogno di essere accolto, forse di essere compreso, certamente di essere guidato ed aiutato ad inserirsi in una nuova realtà, in un nuovo gruppo.
Il volontario "spremuto" senza attenzione da parte degli altri, diventa spesso un volontario perso in partenza, una persona che finisce per sentirsi usata e che, se particolarmente motivato, deciderà di vivere in un mondo a parte, di fare il suo servizio ma di rimanere distaccato dagli altri. L’accoglienza, il momento di ingresso, diventa perciò un aspetto fondamentale rispetto a come il gruppo di volontariato si pone sia al proprio interno sia rispetto all’immagine di sé data all’esterno.
Diventa perciò necessario domandarsi :come il gruppo si è organizzato per l’ingresso di nuovi volontari? C’è qualcuno che li segue?
Il tema dell’accoglienza rimanda però anche ad altre problematiche: accogliere vuol dire non avere paura dei conflitti e saperli gestire nel caso emergessero tra volontari, tra i vecchi e i nuovi; accogliere vuol dire dare al gruppo degli strumenti per non farsi "sconvolgere" dal nuovo, ma crescere con esso aumentando le proprie risorse.
Diventa perciò fondamentale che il gruppo rifletta sulla propria capacità di apertura all’altro, ad un altro che ha molte facce.
Quali le "facce" diverse che si posssono incontrare e che richiedono disponibilità al dialogo, al confronto, allo scambio? Altro per il gruppo è il nuovo volontario, è la persona da aiutare, è chi non crede nel volontariato e pone delle domande; ma altro è anche il mondo esterno al gruppo, è la comunità nella quale si è inseriti, è il territorio nel quale si lavora e nel quale vanno ricercate risorse, alleanze, aiuti.
Essere accoglienti vuole perciò anche dire saper recepire le domande, le sollecitazioni che pone il mondo esterno, vuol dire sapersi modificare come gruppo per non rimanere ancorato solo a vecchi schemi ma per essere al passo con i tempi e pronti a rispondere alle esigenze che cambiano. (E’ inutile continuare a pensare attività per i bambini in un quartiere di soli anziani!).
Il volontariato ha da sempre la capacità di precorrere i tempi, di essere innovatore rispetto ai servizi offerti, alle risposte messe in atto di fronte al disagio, tanto più questa funzione può essere portata avanti, quanto più rimane capace di farsi interrogare e di accogliere il nuovo.
Essere accoglienti però non è di per sé una capacità innata, o almeno non solo, deve avere una sua preparazione; richiede una riflessione su come si percepisce il gruppo, sulle finalità che si è dato, sul metodo di lavoro scelto.

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