Diversità e Differenza
"La diversità come valore"

Perché parlare di differenza e diversità?
In fondo il titolo "diversità come valore" può sembrare quasi banale e scontato nel momento in cui ci si immagina il mondo della solidarietà al lavoro, occupato nell' impegno quotidiano, nel lottare contro le "differenze".
Probabilmente il senso del voler affrontare questa tematica è proprio in questa lotta, termine non sempre corretto se applicato al concetto di differenza.
Oggi si parla molto di educazione interculturale o alla mondialità, decisamente incentrata sulle tematiche dell'accettazione delle differenze e sul superamento dei pregiudizi. Ciò che si propone in questa sede è di applicare le stesse considerazioni alla vita quotidiana dei gruppi, al loro sviluppo interno, alla loro scoperta di quelle differenze tra i membri che sono valore irrinunciabile e a quelle che sono frutto delle nostre fantasie e che in quanto tali diventano dannose.
Non si vuole naturalmente fare il processo a nessuno, ma fornire dei semplici strumenti e delle piste di lettura delle proprie esperienze per arrivare a capire sempre meglio ciò che accade nei gruppi e come questo possa influenzare i risultati del lavoro.
Le differenze tra le persone, le diversità, le peculiarità di ognuno sono la ricchezza stessa di ogni situazione sociale, allo stesso tempo si è abituati in maniera più o meno conscia a considerarla un pericolo, un rischio. Basta pensare al desiderio di assimilare ognuno a sé, a dire - di fronte ad una persona palesemente diversa da noi - "lui è uguale". Se ci si sofferma a riflettere e si immagina un bambino normale ed un portatore di handicap, forse tutti (anche per buona educazione o per "buona coscienza") siamo portati a dire che dobbiamo considerarli uguali, più difficilmente si è portati a dire "lui è diverso e pertanto va bene così".
Per molto tempo la stessa pedagogia scolastica è andata - sia pur implicitamente - verso l’annullamento delle differenze: si veniva educati e formati ad essere tutti uguali, ad assomigliare ai genitori, a non essere diversi.

"Essere normali significa rispettare sia le leggi ufficiali, sia le leggi non scritte che controllano la nostra vita morale stabilendo la distinzione tra bene e male, vizio e virtù, successo e fallimento. Chi si allontana dalla norma è invece "anormale", diverso dagli altri.
E’ diverso chi si sente tale: chi non riesce a rientrare nella norma perché è incapace di comportarsi e di vivere come gli altri o perché crede in altri valori e in altri modelli di vita. E’ diverso chi viene considerato tale e pertanto viene emarginato ed escluso.
Chi è privo di requisiti fisici o sociali ritenuti indispensabili: la salute, la bellezza, la intelligenza, il benessere economico, ecc. (...). Gli altri sono invece coloro che sono - o credono di essere - "normali", che rispettano le regole del gioco e che in virtù della loro posizione sanciscono la diversità. Eppure la distinzione tra normalità e anormalità, sebbene inevitabile e necessaria, non è un valore assoluto o eterno, ma una convenzione che può essere messa in discussione, criticata, modificata.
(...) Non sempre la diversità è anormalità. Anche senza uscire dai limiti della norma, esistono delle differenze naturali con cui dobbiamo inevitabilmente confrontarci: noi siamo diversi dagli altri e gli altri sono diversi da noi"

(M. Antonello in Le voci dell’altro, Loescher, Torino - 1995)

Diversità perciò come concetto positivo e negativo assieme, a seconda del senso e del valore che ognuno di noi, nelle varie situazioni, dà del termine.
Diversità come necessità della vita, come dato ineluttabile, come valore e ricchezza per lo scambio e la crescita umana.
Diversità come difficoltà cui andiamo incontro nel momento in cui per primi ci si sente diversi, esclusi, "fuori luogo"; come difficoltà nell'incontro con l’altro diverso da me, ma non perché di altro colore o razza, semplicemente perché "altro" ed in quanto tale pericoloso.
L’altro mette in gioco il nostro modo di vedere, mette in discussione la nostra vita perché crea il confronto, ci mette in discussione. Sembra quasi che le definizioni positive e negative di differenza si inseguano, ogni aspetto positivo ne porta dietro uno difficile da accettare, uno che pone dei problemi. E non è scontata la voglia ed il desiderio di mettersi in discussione.
La differenza non dovrebbe più essere un elemento da tollerare ma un bene da tutelare.

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