domenica 7 novembre 1999
il colle sotto i miei piedi non è poi così
solido in ogni punto,
ogni tanto rischio di cadere, mentre scendo a vedere
la valle.
La luce è lontana e il freddo mi è
entrato nel cuore, nelle mani,
e io tremo.
oggi ho visto il sole ed è stata per me una
tale gioia, sembrava che
non fosse quasi inverno
sembrava
sono pacata da questa pace chimica
che mi impedisce di scendere oltre, di tornate la
dove tutto è buio
io so come è il buio, ho abitato nelle sue
viscere, mi ricordo le sue regole,
anche se ogni volta il buoi è leggermente
diverso
volevo morire, morire per rinascere
questa volta rinascerò senza essere morta prima,
ci proverò, sarà difficile
ma questa volta devo imparare a fare questo.
lasciar andarsi andare lo so già fare, è
fermarmi in caduta che devo imparare.
guardami dentro e scoprire che ho di nuovo paura di
rischiare
la paura che avevo messo da parte per lui, per noi.
soffrire, rischiare e poi perdere.
girarmi a guardare
le orge di affetto che lui ha sperperato,
come guardare
un generale che guarda un massacro ordinato per soddisfare
una impersonale brama di sangue
il freddo oggi non mi fa buona compagnia, non riesco a scacciarlo.
e mi viene in mente Marquez:
" che in qualunque luogo fossero si ricordassero che il passato era menzogna, che la memoria non aveva via di ritorno, che qualsiasi primavera antica è irrecuperabile, e che l'amore più sfrenato e tenace era in ogni modo una verità effimera."
CENT'ANNI DI SOLITUDINE.