LA CENTRALE DI CHERNOBYL

 

Il reattore nucleare in funzione nell'unità 4 di Chernobyl aveva una potenza elettrica di 1000 megawatt, la reazione di fissione era controllata dalla grafite e il sistema di raffreddamento funzionava ad acqua, le stesse caratteristiche dei 12 impianti oggi in funzione che ancora impegnano la tecnologia RBMK.

La notte dell'incidente i responsabili dell'impianto volevano verificare la capacità della turbina di produrre energia elettrica per inezia fino a quando non sarebbe entrato in funzione il generatore alternativo alimentato a gasolio. Una serie di procedure inappropriate dal punto di vista della sicurezza e di errori degli operatori portarono la potenza del reattore ben oltre il margine di sicurezza, in condizioni di estrema instabilità. La temperatura del nocciolo iniziò ad aumentare in modo incontrollabile. Nel giro di quattro secondi la potenza tecnica arrivò a 100 volte il valore nominale, provocando due esplosioni in rapida successione. La prima distrusse i canali di raffreddamento , sfondando la lastra da 1000 tonnellate che faceva da coperchio al reattore. La seconda proiettò all'esterno pezzi dell'impianto e produsse una pioggia di detriti radioattivi. Il contatto tra l'aria e la grafite che si trovava nel nocciolo scatenò un incendio che avrebbe richiesto dieci giorni per essere domato e diede vita a una nube radioattiva che si propagò su Bielorussia, Russia, Ucraina e buona parte dell'Europa.

L'incidente di Chernobyl fu un ordigno composto da esplosivo e materiale radioattivo ma non in grado di innescare una reazione a catena. La luce radioattiva che si sprigionò dall'incendio era composta da diversi isotopiradioattivi. Tre in particolare, lo iodio-131, il cesio-134 e il cesio-137, la fonte principale di esposizione alla radiazione, soprattutto per coloro che vivevano e vivono ancora oggi nelle aree vicino all'impianto nucleare o che hanno fatto parte delle squadre di soccorso e bonifica.

Quante furono le vittime?

le reali proporzioni dell'incidente di Chernobyl, il numero delle vittime, il suo impatto sociale e ambientale, sono stati per lungo oggetto di discussioni e polemiche. Poi, nel 2003, la IAEA, l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), la FAO, la Banca Mondiale e i governi di Bielorussia, Russia e Ucraina hanno istituito il Chernobyl Forum, un gruppo di ricerca che aveva l'obiettivo di tracciare un bilancio globale della tragedia e fare luce, nei limiti del possibile, sui punti ancora poco chiari.

Il risultato più sorprendente dell'indagine riguarda il numero delle vittime. Subito dopo la tragedia, e negli anni a seguire, si è parlato anche di migliaia di decessi attribuibili all'incidente e alla successiva esposizione della popolazione alle radiazioni. Ma il rapporto stilato dal Chernobyl Forum indica un totale di 58 vittime nel periodo che va dal momento dell'incidente a oggi.

 

 

 

 

L'impatto sulla popolazione

Furono evacuati quasi subito i 135.000 residenti nel raggio di 30 chilometri dal luogo del disastro. Ma nell'arco di tempo trascorso tra l'esplosione e l'evacuazione, queste persone furono esposte ala radioattività, sia per inalazione di particelle radioattive e consumo di alimenti inquinati sia per contatto con i radionucleidi presenti nell'ambiente.

Tra il 1986 e il 1987, mosca inviò a Chernobyl 200.000 liquidatori, che si alternarono in turni di qualche settimana, lavorando in un ambiente fortemente contaminato che li espose in media a una dose di radiazione pari a 0,1 Sievert. La bonifica proseguì fino al 1990, e alla fine i liquidatori di cui fu attestata ufficialmente la partecipazione furono 600.000.

Dei tre Stati, sarà la Bielorussia a pagare il conto più caro, con quasi un quarto del territorio inquinato dalla ricaduta della polveri radioattive.

I bambini di Chernobyl

I ragazzi che oggi vanno alla clinica di Kiev per farsi curare il tumore alla tiroide fanno parte dei circa 4000 casi diagnosticati fino ad oggi tra coloro che all'epoca dell'incidente erano bambini ed adolescenti: i "bambini di Chernobyl". Dopo il 1986 si è registrato un incremento del numero di tumori alla tiroide nei più giovani. Il fenomeno è da associare all'esposizione alle radiazioni, in particolare all'ingestione di iodio-131 trasportato dalla nube radioattiva e finito nella catena alimentare. Questo isotopo dello iodio è assorbito abbastanza rapidamente dell'organismo umano, e si concentra nella tiroide.

Fino a oggi, per tumore alla tiroide direttamente legato al disastro sono deceduti nove giovani, otto bielorussi e un russo.

Le cure sembrano efficaci, come dimostra il tasso di guarigione vicino al 99 per cento registrato tra i giovani della Bielorussia, le percentuali di guarigione del cancro della tiroide superano il 90 per cento.

Lo shock più tremendo, però, agli occhi del mondo, sono state le immagini dei bambini deformi, così come le foto di alberi o animali che sembravano partoriti da esperimenti genetici aberranti.

In Bielorussia è stato effettivamente registrato un aumento delle malformazioni alla nascita: secondo il rapporto però non è collegato con l'esposizione alle radiazioni, ma con lo screening molto più efficiente della popolazione negli anni che hanno seguito la tragedia.

Il bilancio impossibile

Gli studi epidemiologici citati nel rapporto del Chernobyl Forum hanno comunque provato a valutare il possibile aumento di incidenza di altri tumori sulle popolazioni più esposte alle radiazioni e i risultati hanno mostrato che per ora non si è registrata una variazione significativa del numero dei casi che si possa attribuire all'incidente. Ma per risposte meno approssimative occorre aspettare ancora. L'insorgenza di queste altre patologie tumorali ha un tempo di latenza di almeno 10-15 anni, e forse i primi casi iniziano a essere diagnosticati solo ora.

 

Nei liquidatori, infatti, si inizia a osservare un incremento dei casi di leucemia, probabilmente collegato alle dosi di radiazioni assorbite durante i lavori di consolidamento dell'impianto di bonifica dell'ambiente effettuati tra il 1986 e il 1990.

Contaminazione mentale

Queste persone non hanno rielaborato l'accaduto, e il futuro appare loro incerto e fuori controllo. Tutto ciò porta all'esclusione sociale e a un tasso di nascite in declino fin dal 1986. L'emergenza riguarda anzitutto 150.000 persone che ancora hanno bisogno di aiuti materiali per uscire dalla povertà in cui sono precipitati, ma in varia misura il problema coinvolge i milioni di cittadini che risiedono nelle aree più colpite di Bielorussia, Russia e Ucraina.

L'incidente di Chernobyl ha aperto una ferita che si è amplificata con il crollo dell'Unione Sovietica. La  nube radioattiva ha reso inutilizzabili circa 780.000 ettari di terreno agricolo e 700.000 di foresta.

Oggi molte delle zone contaminate stano lentamente tornando alla normalità, anche se la radioattività rimane al disopra dei valori naturali e in mancanza di adeguati lavori di bonifica rimarrà tale ancora a lungo. Lo iodio-131 è praticamente scomparso, ma permane il problema del cesio-137, con vita media di trent'anni, e mancano ancora piani per smaltire le tonnellate di rifiuti radioattivi raccolti durante la bonifica.

L'incidente del 1986 è un caso esemplare per la percezione della scienza e della tecnologia, perchè ha avuto impatto emotivo senza pari nella storia dell'era industriale.

Il nucleare civile ha subito un arresto su scala globale, in alcuni casi per volontà popolare, come in Italia con il referendum del 1987. Dal 1956, anno in cui entrarono in funzione i primi due reattori, al 1986, il numero degli impianti in funzione è cresciuto in modo esponenziale. Dopo il 1986 è iniziato il disimpegno: nel 1989 erano in funzione 423 reattori, oggi sono 441.